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Le note numeriche presso i Latini ci sono state conservate, come vedemmo, da’ Grammatici, o si traggono dagli antichi monumenti (''Conf. not. numeror. ex antiq. Cod. inter Grammat. lat. Auctor. a Putschio pag. ''1683'', ec. - Tennul''. 1. ''c. pag''. 159 - ''{{Ac|Ludovico Antonio Muratori|Muratori}}, thes. vet. inscript. t''. 4, ''pag. <small>MMCXXVI</small> - Bevereg. l. c''.); dove non trovando alcun cenno d’altra specie di numeri, convien persuadersi che appunto di queste sole note si valessero a conteggiare.
Le note numeriche presso i Latini ci sono state conservate, come vedemmo, da’ Grammatici, o si traggono dagli antichi monumenti (''Conf. not. numeror. ex antiq. Cod. inter Grammat. lat. Auctor. a Putschio pag. ''1683'', ec. - Tennul''. 1. ''c. pag''. 159 - ''{{Ac|Ludovico Antonio Muratori|Muratori}}, thes. vet. inscript. t''. 4, ''pag. <small>MMCXXVI</small> - Bevereg. l. c''.); dove non trovando alcun cenno d’altra specie di numeri, convien persuadersi che appunto di queste sole note si valessero a conteggiare.


Dalla loro inspezione oserei sospettare che l’Aritmetica romana fosse quinaria, se non mi arrestasse una riflessione, che saggiamente mi si oppose dall’illustre antiquario e letterato Signor Professor D. Celestino Cavedoni ; vo’ dire che nelle due favelle, greca e latina, le voci de’ numeri avanzano, come presso noi, dall’uno al dieci, e le altre decine continuano sino al cento, aggiugnendo sempre le nove prime voci all’ espressione di cadauna decina. Potrebbe allegarsi altresì che se le nazioni quasi tutte, come avvisammo, calcolarono secondo questa progressione, anche i romani pei rapporti ch’ ebbero in ogni parte ne avranno conosciuta ed ammessa l’usanza. È indubitato però, che il metodo quinario non è nuovo in pratica, veggendosi pure impiegato da qualche popolo moderno (''Montucla l. c. t''. 1, ''part''. 1, ''liv''. 2, §. 2). Nè dovrebbe dirsi lontano dal vero chi lo giudicasse proprio eziandio ad essi romani, fondato all’ordinamento delle loro cifre, che ha il suo primo limite al numero v, il secondo al x, figura composta di due v opposti l’uno all’ altro, il terzo al xv formato di tre, il quarto al xx di quattro, e così progressivamente sino al <sub>L</sub>,<sub> </sub>che da principio forse non era, se non un v inclinato, procedendo poi da questo numero egualmente agli altri limiti successivi. Fu parimente col segno v che indicarono la libbra o l’asse (''Ven.Beda de ration. unciar''.). Oltracciò sappiamo che il numero quinto si tenne in grande venerazione, gli si {{pt|attri-|attribuirono}}
Dalla loro inspezione oserei sospettare che l’Aritmetica romana fosse quinaria, se non mi arrestasse una riflessione, che saggiamente mi si oppose dall’illustre antiquario e letterato Signor Professor D. {{Ac|Celestino Cavedoni}} ; vo’ dire che nelle due favelle, greca e latina, le voci de’ numeri avanzano, come presso noi, dall’uno al dieci, e le altre decine continuano sino al cento, aggiugnendo sempre le nove prime voci all’ espressione di cadauna decina. Potrebbe allegarsi altresì che se le nazioni quasi tutte, come avvisammo, calcolarono secondo questa progressione, anche i romani pei rapporti ch’ ebbero in ogni parte ne avranno conosciuta ed ammessa l’usanza. È indubitato però, che il metodo quinario non è nuovo in pratica, veggendosi pure impiegato da qualche popolo moderno (''Montucla l. c. t''. 1, ''part''. 1, ''liv''. 2, §. 2). Nè dovrebbe dirsi lontano dal vero chi lo giudicasse proprio eziandio ad essi romani, fondato all’ordinamento delle loro cifre, che ha il suo primo limite al numero v, il secondo al x, figura composta di due v opposti l’uno all’ altro, il terzo al xv formato di tre, il quarto al xx di quattro, e così progressivamente sino al <sub>L</sub>,<sub> </sub>che da principio forse non era, se non un v inclinato, procedendo poi da questo numero egualmente agli altri limiti successivi. Fu parimente col segno v che indicarono la libbra o l’asse (''Ven.Beda de ration. unciar''.). Oltracciò sappiamo che il numero quinto si tenne in grande venerazione, gli si {{pt|attri-|attribuirono}}