Annali d'Italia dal principio dell'era volgare sino all'anno 1750/49: differenze tra le versioni

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{{Anno di|CRISTO XLIX. Indizione VII.|PIETRO APOSTOLO papa 21.|TIBERIO CLAUDIO, figliuolo di Druso imperadore 9.}}
 
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Ma Claudio, benchè ardente di voglia di effettuar questo matrimonio, tuttavia non osava, perchè presso i Romani non era lecito, non che in uso, che uno zio sposasse una nipote. Prese ancor qui l’assunto di provvedere al bisogno quel gran faccendiere di Lucio Vitellio; ne parlò egli con energia al senato; e i senatori, schiavi d’ogni volere del principe, decretarono la validità di un tal contratto. Celebraronsi dunque le nozze, e in quello stesso dì Lucio Silano, stato genero di Claudio, si diede la morte da sè stesso. Entrata nell’imperial palazzo Agrippina, poca pena ebbe a rendersi padrona dello scimunito consorte e de’ pubblici affari, con voler anch’ella, al pari di Claudio, essere ossequiata dal senato, dai principi stranieri e dagli ambasciadori. Cominciò ad ammassar della roba, senza perdonare a sordidezza alcuna, tirando colle lusinghe alcuni a dichiararla erede, ed atterrando altri con calunnie, per occupare i lor beni. Promosse gli sponsali del giovinetto Lucio Domizio suo figliuolo, già pervenuto all’età di dodici anni, colla suddetta Ottavia figliuola di Claudio, a cui questa alleanza fu il primo gradino per salire al trono imperiale. Fece parimente richiamare a Roma dall’esilio della Corsica Lucio Anneo Seneca, insigne filosofo stoico, e il diede per precettore al figliuolo, sperando di farne una cima d’uomo, e un mirabil imperadore, giacchè a questo bersaglio tendevano le principali sue mire. Impetrò anche la pretura pel medesimo Seneca. Appresso rivolse Agrippina lo spirito vendicativo contro a Lollia Paolina, che seco avea gareggiato pel matrimonio di Claudio. Fecesi comparire, che avesse interrogati strologhi e l’oracolo di Apollo di Clario, in pregiudizio dell’imperadore; questi perciò, senza lasciarle agio per le difese, la cacciò in esilio fuori d’Italia, e confiscò la maggior parte del suo ricchissimo patrimonio. Mandò Agrippina dipoi anche a levarle la vita; e fece appresso bandire Calpurnia, illustre donna, solo perchè accidentalmente a Claudio era scappato di bocca che era bella. Accrebbe Claudio in quest’anno il pomerio, o sia il circondario delle mura di Roma: il che era riputato di singolar gloria. Alle preghiere de’ Parti mandò loro per re Meerdate di quella nazione, che poca fortuna provò per sè e svergognò i Romani. Nella Tracia furono guerre tali nondimeno, che io mi dispenso dal riferirle, perchè di niun momento per la storia presente. Se crediamo ad Orosio<ref>327 Orosius in Histor.</ref>, seguì in quest’anno l’editto di Claudio, che tutti i Giudei uscissero di Roma, del che parla san Luca negli Atti degli Apostoli<ref>328 Actus Apostolor., c. 18, vers. 2.</ref>. Prodigiosa era la quantità d’essi in quella gran città. Orosio cita Giuseppe ebreo per testimonio di tal fatto all’anno presente; ma nei testi di Giuseppe ebreo oggidì non si trova un tal passo. Per altro è certo il fatto, asserendolo ancora Svetonio<ref>329 Sueton. in Claudio, cap. 25.</ref> con dire di Claudio: Judaeos, impulsore Chresto (così egli nomina il divino Salvator nostro) assidue tumultuantes Roma expulit. Sotto nome de’ Giudei erano allora compresi anche i Cristiani; e forse i Giudei, perseguitando i Cristiani, svegliavano que’ tumulti.
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