Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
mNessun oggetto della modifica
ThomasBot (discussione | contributi)
m OrbiliusMagister: split
Riga 40:
 
 
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/14]]==
 
<pages index="Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu" from=14 to=72 />
Nella primavera del 1652 gli arciduchi d’Austria conti del Tirolo Ferdinando Carlo colla moglie e Sigismondo Francesco, si partirono dal castello imperiale di Innsbruck con un seguito di 400 persone per recarsi in Italia a visitare la sorella Isabella Chiara maritata da circa due anni a Carlo II Gonzaga Duca di Mantova .
Erano figli dell’arciduca Leopoldo conte del Tirolo e della Claudia Medici sorella di Cosimo II , che, rimasta vedova, ebbe per tre anni a maggiordomo e consigliere di Stato nella tutela
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/15]]==
dei figli Girolamo Montecuccoli zio del famoso Raimondo . Ferdinando Carlo aveva poi sposato nel 1646 Anna Medici sorella di Ferdinando II ed a Firenze, ove gli arciduchi recaronsi più tardi, come vedremo, invitati dal granduca cognato del primo e cugino di entrambi, l’arciduca Ferdinando poté liquidare la dote alla sorella con una parte di quella della moglie. Lo racconta l’abate Nicola Strozzi incaricato estense in una sua da Firenze, 4 maggio 1652 , “si è aggiustato il paghamento del resto della dote (dell’arciduchessa Anna) in tanti beni nel mantovano ed il sig. Duca (Carlo II) ne prende parte per la sua dote”.
A Mantova si fecero grandi feste , alle
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/16]]==
quali, come narra il Muratori , intervenne anche il duca di Modena Francesco I; poscia gli arciduchi, passando da Piacenza, vennero a Parma alli 15 di marzo.
 
Che vi fossero attesi lo prova una lettera scritta da Firenze dieci giorni innanzi, ossia il 5 marzo, dal Cav. Tommaso Guidoni residente estense presso la corte di Toscana . La lettera sembra diretta al principe ereditario Alfonso d’Este e comincia così: “Scrivo dall’Ambrogiana dove queste Altezze (parla della famiglia del granduca) sono per quattro giorni stati a caccia a cignali et n’hanno amazzati una buona quantità et alcuni presi vivi con le reti. Questa sera si torna a Firenze, di dove partirà in breve il sig. Bartolomeo Ugolini Gran Generale delle Poste con due camerati per andare a Parma a invitare i Serenissimi Arciduchi da parte di queste Altezze a venire a Firenze. Dicono che sarà spedito con titolo di Ambasciatore et mostrerà d’andare per la posta”.
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/17]]==
 
E qui ci sia concessa una breve digressione. Vogliamo avvertire, che quantunque il brano di storia, che abbiamo preso a trattare, non possa essere ricco di documenti di molto rilievo, pure coi pochi mezzi consentitici dalla brevità del tempo cercammo corredarlo di minuti particolari, onde in qualche modo renderlo interessante. E come una parte dei fatti che avremo a narrare riguarda la corte Toscana, non potendo in questi giorni recarci in persona a rovistare nel R. Archivio di Stato in Firenze, ci rivolgemmo alla cortesia di un amico, all’erudito giovane sig. Eugenio Casanova impiegato a quell’Archivio, cui rendiamo pubblico atto di grazie, poiché quanto ci occorreva dalla Toscana a completare il nostro studio ci venne da lui.
 
Nel celebre diario del Settimanni ms. fiorentino al tomo X, c. 285 e seguenti (R. Archivio di Stato in Firenze), troviamo una conferma di quanto scriveva il Guidoni da Firenze, che cioè “il giorno 7 di marzo il Granduca commette a Bartolomeo di Giorgio Ugolini suo gentiluomo di camera e generale delle poste di trovarsi il 17 del mese nello Stato di Parma e d’invitare gli arciduchi a venire in Toscana. L’Ugolini parte il giorno 8 insieme con Alessandro Marzimedici e Lodovico Magalotti e arriva a Modena
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/18]]==
il 9 a ora 1 di notte. Viene a prenderlo con due carrozze il sig. Francesco Tirignani scudiere del Duca e lo conduce a Palazzo, ove desina. Il 10 ottiene un’udienza dal Duca. Il marchese Rangoni maestro di camera lo riceve alla porta della sala degli staffieri. Visita i principi modenesi. Il giorno appresso, 11, parte per Reggio colle carrozze del sig. Trattenitore (il Tirignani) sino fuori la porta della città, dove n’era stata inviata una a sei cavalli di velluto verde, d’ordine del Duca. A ore 21 arriva a Reggio, ove il Cardinale , avendo inteso il suo arrivo lo manda a prendere in carrozza dal suo scudiere Alfonso Signoretti. Il giorno 12 parte da Reggio in carrozza a sei di velluto paonazzo messa a sua disposizione dal Cardinale, giunge a Parma, ove scende all’osteria della Posta per non esservi la corte. La sera riparte per Borgo San Donnino sempre nella carrozza del Cardinale. Il 13, avendo inteso che gli Arciduchi dovevano arrivare in giornata da Pavia e che il Duca di Parma si era recato ai confini in
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/19]]==
riva del Po per riceverli, prosegue il suo viaggio. Ma, giunto al Monastero dei Canonici Lateranensi 8 miglia distante da Piacenza, sente che le LL. AA. non verranno altrimenti quel giorno e delibera di riposarsi in detto monastero e rimanda la carrozza del Cardinale. Arriva in posta a Piacenza il 15 alle 24, cioè due ore dopo che v’erano entrati gli Arciduchi, li quali erano stati incontrati da 62 carrozze a 6. Per mezzo del suo segretario Lorenzo Chimentelli avvisò del suo arrivo il barone Chinigh maestro di camera dell’Arciduca Carlo, il Conte di Aspur maestro di camera dell’Arciduchessa e il Conte Giorgio Cherghen maestro di camera dell’Arciduca Sigismondo , il Marchese Pallavicino maestro di camera del Duca di Parma e il Marchese Lando d.o della Duchessa . Fu mandato a prendere in 2 carrozze ed accompagnato a Palazzo. Viene ricevuto il giorno dopo, 16, dagli Arciduchi, dal
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/20]]==
Duca, non dall’Arciduchessa. Il 17 visita l’Arciduchessa. Le LL. AA. partono per Parma. Egli le segue in due carrozze messe a sua disposizione. Dorme alla Badia di Cadè. Arriva a Parma la sera del 18 ed è condotto a palazzo in due carrozze. Non vede le AA. perché parte erano andate alla commedia degli Strioni. Il 19 visita la Duchessa di Parma, che vuole rimanga nella città anche quella sera. L’Arciduchessa lo vuole rivedere . Il giorno 20 con due carrozze del Duca di Parma giunge a Modena di sera, vede il Duca, che vuole che il 21 vada a visitare la sua bellissima villa di Sassuolo . Parte per Bologna il 22 in una carrozza a 6 di velluto rosso del Duca e arriva il 23 a Firenze.
 
Riporta il Muratori che “invitati que’ principi, da Francesco I, vennero nel dì dieci d’aprile insieme col Duca Carlo II e colla Duchessa di Mantova a Modena”. Quanto alla data, sembra che il Muratori abbia preso un equivoco, poiché
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/21]]==
un diario di quell’epoca, che conservasi nell’archivio privato dei conti Forni di Modena, scritto dal conte Guglielmo Codebò e pubblicato dal Campori , parlando delle feste fatte in quei giorni, dice, che “il Duca va il 5 aprile ad incontrare i Principi forestieri all’Enza (ossia al confine tra Parma e Reggio) con 48 carrozze a 6 cavalli, pernotta a Reggio e giungono il 6 a Modena, primi i Duchi di Mantova, poi gli Arciduchi incontrati da 190 carrozze”.
 
Non apparisce dal diario del Codebò che gli arciduchi prima del loro ingresso nella capitale estense abbiano fatto sosta a Reggio, eppure trovammo fra i mandati del 1652 “i recapiti di spese fatte dal sig. Francesco Boccalini Proveditore a Reggio per l’Illuminazione in occasione delle Foresterie degli Arciduchi Leopoldi (così detti, perché figli dell’Arc. Leopoldo) per le quali s’è gli è spedito mandato, ecc.” ed acclusa vedesi una “nota di pittori che hanno servito sotto il comando di me Paolo Emilio Besenzi nel dipingere le aquile, gilli et torziere (ossia candelabri) et altri edifici per illuminazione del cortile, portone e porta della Cittadella a Reggio in occasione della venuta de Ser.mi
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/22]]==
Arc.i d’Austria, come per ordine e comando del Seren.mo Principe Cardinale d’Este”.
 
Il giorno stesso della venuta in Modena degli arciduchi, 6 aprile, il Cav. Guidoni scriveva da Firenze al principe Alfonso, annunciando la venuta a Modena dei principi di Toscana Leopoldo e Cardinale Gio. Carlo per assistere alle feste . “Ill.mo mio Padrone colen.mo. Firenze 6 aprile 1652. Si è poi risoluto il sig. Principe Leopoldo di aspettare il ritorno di Nocchio corriere, che si è mandato costà, per partire a questa volta subito che vi sia avviso sicuro della partenza da Parma de Ser.mi Arciduchi et subito arriverà detto corriere partirà il sig. Principe et il sig. Card. Gio. Carlo un giorno doppo volendo far la strada di qui a Bologna in un giorno et il sig. Principe in due. Anderanno in Bologna in Casa del sig. Marchese Cospi et in Modena in quella del sig. Marchese Bagnesi o dove lui havrà proveduto, volendo essere affatto incogniti . Doppo la festa vorrebbono veder Sassuolo, ma non dare, ne ricevere soggezione alcuna. Da Sassuolo poi hanno qualche pensiero d’arrivar fino a Parma, ma questo non è per ancora affatto
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/23]]==
risoluto. Il sig. Card. conduce seco il S. D. Giulio Medici , sig. Bartolomeo Ugolini, sig. Giovanni Cellesi, sig. Baron Bonsi e sig. Bernardino Guasconi suo coppiero et circa 12 altre persone di servizio, che in tutti arriveranno alla somma di 18 persone. Il sig. Principe non ha seco altri che il sig. Conte Ferdinando Bardi che non sia suo servitore stipendiato. Gli altri sono il sig. Com. Gallilei suo maiordomo maggiore , sig. Rabistufà suo coppiere e il sig. Cav. Martelli suo gentiluomo della Camera con circa otto altre persone di servizio basso”.
 
I Principi di Toscana passarono da Bologna l’8 aprile e giunsero a Modena il 9, ossia alla vigilia del torneo che, come vedremo, si tenne il 10. Da un diario Bolognese comunicatoci dalla cortesia del chiar.mo Comm. Carlo Malagola Direttore di quell’Archivio di Stato , rileviamo infatti che “a dì suddetto - 8 aprile 1652 - verso le 23 hore in lunedì per via di Fiorenza
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/24]]==
giunse qui incognito il Ser.mo Principe Leopoldo Medici nella carrozza del sig. Balì Marchese Ferdinando Cospi et andò a smontare a San Petronio. Donde a piedi si portò a casa del suddetto sig. Marchese et verso le 4 hore di notte vi arrivò l’Em.mo sig. Principe Cardinale Gio. Carlo suo Fratello et alloggiarono quivi ambidue, la mattina seguente sul tardi pure incogniti serviti dalla carrozza dell’Em.mo Legato Carafa, se ne passorno alla volta di Modena”.
Ed ora, due parole su questo cavaliere bolognese, che ospitò i principi di Toscana e più tardi, come vedremo, gli arciduchi. Ferdinando Cospi era senatore di Bologna, ministro del granduca, balì di Arezzo, marchese di Petriolo e fu il fondatore del museo Cospi, che poi regalò alla sua città natale. Ebbe in moglie Smeralda Banzi di Bologna, dalla quale ebbe solo una figlia, per nome Dorotea, che sposò il Conte Annibale Ranuzzi. Il Comelli , che ha scritto sul Cospi un’erudita biografia, lo dice “gentiluomo
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/25]]==
eminente per senno e per lo spirito cavalleresco de suoi tempi e sopratutto pel nobile uso delle sue ricchezze e per l’amore con cui protesse le lettere e le arti” .
 
In casa Cospi, in via S. Vitale, dimora modesta, ma decorata all’interno con sfarzo, ove più volte fu accolto anche il granduca, certamente i principi toscani e gli arciduchi saranno stati degnamente ospitati. Quanto ai particolari, non tralasciammo di fare ricerche nell’archivio Cospi, per mezzo di un amico, il sig. Dott. Cav. Umberto Dallari sottarchivista al R. Archivio di Stato in Bologna, previo gentile consenso dell’attuale possessore marchese Francesco Ranuzzi Cospi, cui dobbiamo rendere atto di riconoscenza; ma disgraziatamente i Registri dei conti di casa, poco prima del 1652, sono interrotti.
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/26]]==
 
Non è a dire quanto festosamente venissero ospitati gli arciduchi alla Corte di Francesco I. “E perché (continua il Muratori) uno dei pregi dell’Estense era la magnificenza, trattenne egli per più dì quell’illustre brigata con suntuosi divertimenti di commedie, caccie, conviti e danze. Superbo spezialmente riuscì un torneamento a cavallo fatto nella piazza del castello, per le ricche comparse, per la rarità delle macchine, voli e battaglie, spettacolo descritto e pubblicato dalla famosa penna del Conte Girolamo Graziani Segretario del Duca . Restò nullameno funestata sì allegra giornata da un sinistro accidente, cioè la morte di Giovanni Maria Molza cavaliere Modenese, il quale correndo colla lancia incontro al Conte Raimondo Montecuccoli miseramente ferito alla gola perdé tosto la vita”.
 
La festa d’armi, secondo il citato diario del Codebò, ed altri documenti da noi trovati, fu data la sera del 10 aprile, mentre il triste caso era successo sugli ultimi di marzo, durante le
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/27]]==
prove . Ciò è constatato da due lettere. Una del Guidoni al Principe Alfonso sotto la data del 1° aprile, che termina con queste parole: “et compassionando grandemente al caso del signor Giovanni Molza a V. A. humilissimamente mi inchino, ecc.”. L’altra dell’Abate Strozzi, che scrive da Firenze il 2 aprile al Segretario Graziani “confesso a V. S. Ill.ma che il caso funesto del sig. Giovanni Molza m’ha grandemente stordito, come tutti quelli che lo conoscevano, ed il sig. Principe Mattias mi disse ieri, che aveva perso un grande amico e gliene dispiaceva fino al cuore”.
 
Da questa lettera si dovrebbe arguire, che il Molza onorato dell’intimità del principe, fosse persona di merito particolare e non ne dubitiamo. Però per dovere di imparzialità abbiamo da notare una circostanza, che potrebbe scemare il lustro di questa amicizia.
E’ noto che il principe Mattias in vari incontri
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/28]]==
e specialmente alla battaglia di Lutzen, lasciò memorie splendide del suo valore, ma quale governatore di Siena, e lo fu per molti anni, sembra fosse dedito al giuoco. Ciò è comprovato da una lettera del marchese Ferdinando Cospi diretta a un suo nipote, alto locato, sotto la data 6 gennaio 1679 ossia 12 anni dopo la morte del Principe. “Il Serenissimo signor Principe Mattias, quando stava al governo di Siena in verno et massime in carnovale, andava a tutti i festini di gioco, che si facevano in casa di cavalieri e dame, smascherato e giocava con quelli domesticamenti ogni sera, perché sapendo quella nobiltà il gusto di S. A., sempre ci era chi faceva il ridotto et io lo posso dire a V. S. Ill.ma con verità, non solo per saper l’uso di questo Principe in simili conversationi, ma essere stato in fatto quando andai a Roma avanti il Ser.mo sig. Principe Cardinale Gio. Carlo, il Serenissimo sig. Principe Mattias mi trattenne 6 giorni in Siena, giusto al principio di carnovale et ogni sera mi condusse a festino di gioco, seco giocando anch’io al medesimo tavolino, ch’è questo devo dirlo in ubbidienza del suo comandamento” .
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/29]]==
 
Volendo ora presentare al lettore almeno un cenno delle feste date da Francesco I a suoi ospiti augusti, riporteremo il diario del Codebò, quantunque, come dicemmo, già reso noto dal Campori.
“6 aprile. Giungono in Modena prima i Duchi di Mantova, poi gli Arciduchi incontrati da 190 carrozze.
Alle porte della città il Duca presenta loro i principi della sua casa e vengono accompagnati al Palazzo Ducale da cinque compagnie di carabine e due di corazze comandate dal Conte Boiardi tenente generale della cavalleria dello Stato.
 
7 detto. Corso di maschere con 250 carrozze. I Principi percorrono il corso in cocchi splendidi. Il Cardinale d’Este in incognito entro una carrozza assai positiva . Nella sera festa di ballo in casa Campori.
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/30]]==
 
8 detto. Nella mattina gran caccia al bosco di Nonantola con presa di 250 cinghiali, lepri, fagiani. Nella giornata il palazzo ducale è aperto al pubblico, che ammira i famosi arazzi dei Re d’Aragona .
 
9 detto. Giungono i Principi di Toscana.
 
Corso mascherato, poi corsa de barberi, alla sera, dopo la commedia, balletto nella sala di comunità .
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/31]]==
 
10 detto. Torneo nel cortile del castello.
 
11 detto. Corso. La sera balletto in corte.
 
12 detto. Gita dei Principi a Sassuolo. La sera commedia.
 
13 detto. Esercizi equestri in cavallerizza. Solito corso nel giardino di S. Altezza. Giostra detta della Quintana di 40 cavalieri nel gran teatro di S. A. Nella sera commedia nel teatrino del castello, poi festa suntuosissima data dal Duca.
 
15 detto. Partenza de Principi per Bologna.
 
Segue la nota dei regali, che il Duca fece a suoi ospiti. Agli arciduchi regalò tre cavalli di gran prezzo, uno di questi celebre per essere ballerino e al duca di Mantova un carro di vitelli, un carro di formaggio di Lodi, venti botti di vino scelto e rinfreschi da caricarne ottanta facchini”.
 
Sul torneo converrà trattenerci un istante. Nel R. Archivio di Stato in Modena se ne conserva la relazione stampata per Giuliano Cassiani stampatore ducale 1652 e porta per titolo “la Gara delle Stagioni - Torneo a cavallo rappresentato in Modana nel passaggio de Serenissimi Principi Ferdinando Carlo, Sigismondo Francesco d’Austria et Arciduchessa Anna di Toscana”. Dal libretto rileviamo la descrizione della festa, che essendo prolissa ommettiamo per
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/32]]==
non infastidire il lettore. A darne però un’idea e in pari tempo come saggio dello stile dell’epoca, riporteremo, che verso la fine comparvero i cavalieri “di Zefiro, di cui era capo il Sig. Duca Serenissimo, il quale teneva una ferrata mazza colla destra... cavalcava un gran destriero baio, che nel pelo tendeva la color dell’oro, balzano d’un piede, che negli occhi era fuoco ardente, nelle chiome mare ondeggiante e che con la testa elevata emulava l’alta condizione del suo signore e con sonori nitriti publicava i vanti della sua gloriosa servitù, tanto superbo di questa, che co’ lampi che uscivano dalle accese nari e co’ tuoni, che scoteva dal ferrato piede, minacciava fulmini a chi avesse preteso di contrastargliene le prerogative.
 
La sopraveste di S. A. era di raso turchino coperta di preziosi ricami d’oro e d’argento tempestati di canutiglie, e di perle preziose e così pure la bardatura del cavallo. Superbo era il Cimiero composto di penne bianche, turchine e di color d’Isabella”.
Padrini del torneo erano “il Serenissimo sig. Principe Almerico e il sig. Marchese Claudio Rangoni . Questo giovinetto Principe, che appena
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/33]]==
toccava il confine del decimo anno, colla bellezza del volto e la vivacità dello spirito rapiva le lingue al lodarlo, i cuori ad amarlo.
L’habito di S. A: era di velluto nero, ma tutto sparso di ricami d’incomparabil valore, come pure il giubbone di broccato turchino risplendeva tutto ricamato di oro e di perle, di gemme, che d’ogni intorno spargevano lampi di magnificenza, ecc. Haveva in capo una beretta tutta folgoreggiante di lucidi adamanti et adorna di finissimi aironi e di penne bianche e turchine e di colore d’Isabella. Cavalcava un Ginnetto di Spagna sauro balzano da due piedi e stellato in fronte, di lungo crine, di testa piccola, di occhi lucidi. Biancheggiava di spuma d’argento il freno d’oro e lampeggiava lo steccato ai baleni.
 
Del medesimo colore e maniera era l’habito del sig. Marchese Rangoni adorno anch’egli di ricche gemme e di aironi e piume simili”.
 
Maestro
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/34]]==
di campo nel torneo fu il Marchese Fortunato Rangoni capitano delle Guardie .
“Al seg.o Graziani fu commessa la cura di animare coll’invenzione e co’ versi la qualità del Torneo e la comparsa delle macchine, di cui hebbe l’incumbenze l’Architetto Vigarani, e fu incaricata al Maestro di Cappella Crivelli la composizione della musica et all’Architetto Avanzini la disposizione del Teatro , al quale si deputò sito opportuno dentro al castello”.
 
Splendida riescì questa festa d’armi, tanto che il Guidoni da Firenze se ne rallegrava col Principe
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/35]]==
Alfonso con sua del 16 aprile. “Mi rallegro con V. A. della bella festa che costà hanno fatta, che in verità gli applausi non possono essere maggiori et questi nostri Fiorentini che l’hanno veduta hanno detto gran cose, ma a me non punto nuove, sapendo quanto sia grande il valore l’ingegno e la generosità del Serenissimo signor Duca e di Vostra Altezza, miei Signori e Padroni” e nello stesso giorno altra lettera invia al Graziani di ringraziamento, perché gli aveva mandata la relazione a stampa del torneo e gli dice “che in verità la festa ha reso ammirazione a tutti questi signori Fiorentini che l’hanno veduta et particolarmente al sig. Card. Giov. Carlo, che non si sazia di lodarla. A me non giungan nuove queste meraviglie per la scienza che ho del Serenissimo sig. Duca mio Padrone, il quale non si mette ad impresa alcuna che il tutto non faccia con intiera perfezione et l’averla abbellita V. S. Ill.ma con la poesia, l’avrà fatta maggiormente risplendere”.
 
Non dobbiamo sorprenderci, se il Guidoni nel giorno 16 aprile scriveva d’avere già veduto il Cardinale Gio. Carlo, mentre il diario del Settimanni registra appunto l’arrivo in Firenze dei principi toscani il 16, avendo lasciato Modena un giorno prima della partenza degli arciduchi.
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/36]]==
E nel diario bolognese è pure notato sotto la data del 14 il passaggio dei principi Medicei, e si rileva, come “il sig. Cardinale Gio. Carlo andasse ad alloggiare a casa dei signori Conti Ulisse e fratelli Bentivogli, il Principe Leopoldo a casa del sig. Lucio Malvezzi e ciò stante, che aspettandosi il giorno seguente la venuta delli Serenissimi Arciduchi d’Austria d’Inspruch, non era capace la casa del sig. Marchese Cospi di tanti alloggi. La mattina del lunedì seguente per tempo si partì il sig. Cardinale Gio. Carlo verso Fiorenza et il medesimo giorno verso l’Ave Maria giunsero di Modena parimenti incogniti li Serenissimi Arciduchi d’Austria marito e moglie e il Ser.mo Arcivescovo Sigismondo Prencipe fratello del detto Arciduca quali tutti alloggiorono in casa del suddetto sig. Balì Marchese Cospi, dove si trattennero sino al giovedì mattina. La sera delli 16 martedì giunse parimente il Ser.mo sig. Duca di Mantova e Ser.ma Duchessa
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/37]]==
sua Consorte et furono alloggiati dal sig. Con. Odoardo Pepoli. Si trattennero detti Principi in Bologna sino a giovedì... eccetto il sig. Duca di Mantova che tardò un giorno doppo. Per trattenimento di detti Principi furono fatte due belle feste da ballo, una in casa del sig. Senatore Caprara, e l’altra del sig. Con. Gioseffo Carlo Zambeccari. Il giovedì mattina alli 18 aprile si partirono tutti detti Principi incognitamente verso Fiorenza, eccetto che il sig. Duca di Mantova qual, come s’è detto, tardò un giorno a fare il med.mo viaggio et furono serviti d’alcune carrozze a sei di gentilhuomini particolari”.
 
Dell’ingresso in Firenze degli arciduchi parleremo più avanti. Intanto dobbiamo premettere, che sino dai primi di marzo stavansi preparando alla corte di Toscana feste ed onoranze, onde accogliere degnamente ospiti così illustri e tanto stretti in parentela colla casa medicea. In tale
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/38]]==
circostanza un torneo era d’obbligo e il granduca ne dà incarico al Cav. Tommaso Guidoni gentiluomo tenuto in molta considerazione tra i favoriti della corte e che da vari anni stava a Firenze, come dicemmo, quale residente estense. Il Guidoni era poeta ed artista e il Vedriani nella sua raccolta de pittori, scultori e architetti Modenesi (Modena 1662) lo dice “eccellente nel disegnare e miniare e che meritò gli applausi della casa granducale di Toscana per lo spatio di molti anni” . Ma ormai era avanzato in età, anzi in una sua del 6 gennaio 1652 se ne lamenta col principe estense. “Questa sera si comincia il carnevale con un bel festino, mentre io, da povero vecchietto, me ne starò in un cantoncino al fuoco” e in un’altra al Graziani del 12 marzo scrive “ancora qua si va facendo qualche cosa (a proposito delle feste di Firenze) et anche a me, benché vecchio, non mancherà di travagliare” e preoccupato dell’arduo incarico ricevuto, scrive al principe estense il 19 marzo “V. A. avrà inteso, che qua s’è trovato la via
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/39]]==
di farmi minchionare, essendomi stato comandato ch’io componga una battaglia et uno balletto a cavallo, che si dovrà fare con l’occasione della venuta di questi Serenissimi Arciduchi” e poi aggiunge “io mi sono sognato che V. A. verrà a vederlo. Oh quanto pagherei di vedere che questo sogno riuscisse vero”. Ma non passò gran tempo che si sparse davvero la voce della venuta del duca e dei principi modenesi. Anche il Conte Giuseppe Ronchi oratore estense, mandato a Firenze in quella circostanza , scrive al Graziani “tutti credono, che il Principe Serenissimo sia per venire et i Principi lo desiderano et è bella che dicono di saperlo accertatamente da Bologna et pongono me in croce per così dire”.
 
Quantunque la notizia non fosse accertata il Marchese Bartolomeo Corsini, che certamente
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/40]]==
doveva godere presso gli estensi di particolare favore, senza frapporre indugio, si reca dal Guidoni, sollecitandolo a procurargli l’onore d’ospitare in sua casa il duca ed i principi. E sotto la data 6 aprile il Guidoni scrive in fatti al duca, che “Il Sig. Marchese Bartolomeo Corsini è venuto a trovarmi et mi ha rappresentato che discorrendosi per la città, che possa il Ser.mo sig. Duca, nostro comune padrone, venire incognito a vedere la festa che si fa qui in Firenze con l’occasione della venuta sei Ser.mi Arciduchi, che perciò mi prega a far sapere a V. A. che stimerà per grazia particolare, che venga ad honorare la sua casa, dove potrà stare con ogni libertà et che si troverà per dire così affrontato, mentre S. A. lasciasse la sua per valersi d’altra casa: et mi risponda qualche cosa, affinché ancor io possa rispondere a questo cavaliere...”.
 
E nella sera dello stesso giorno, 6 aprile, il Guidoni scrive al Seg.o Graziani un’altra lettera informandolo, primieramente “che al Sig. Marchese Corsini è nato questa sera un figlio maschio” poi “che questo signore offerisse la casa et il casino con l’orto per servire il Sereniss.o Sig. Duca. L’orto sarà meglio e più sbarazzato, mentre S.a A.a venga et io sarò qui per attendere i comandamenti di S.a A.a”. L’11 aprile torna ancora sull’argomento scrivendo al
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/41]]==
Graziani “Quando S. A. si risolvesse di venire, saria servita in tutti quei modi che avesse gusto et se volesse vedere la festa ancora senza essere visto, ancora questo si potrà fare et se vorria buona compagnia, l’havrà. Insomma havrà tutta quella libertà che vorrà. Ma se viene, di gratia conduca seco il Serenissimo Sig. Principe mio Signore: se vorrà stare all’orto del S. Marchese Corsini starà benissimo et se vorrà stare in qualche convento, basta ch’io lo sappi un poco avanti. Io ho detto tutto questo perché suppongo S. A. voglia venire incognito.
Quando però si risolvesse di fare questo viaggio son ben certo che il Ser.mo Gran Duca e tutte queste Serenissime Altezze ne havrebbero un grandissimo contento”, e finalmente chiude un’altra sua del 16 aprile sempre al Graziani con queste parole: “Qua si sta con qualche speranza che li Serenissimi Signori Duca, Sig. Principe Cardinale et Sig. Principe Alfonso sieno per venire a vedere la festa et se ne mostra gran desiderio. Il Sig. Marchese Corsini sta attendendo di ricevere l’onore da coteste Serenissime Altezze in sua casa. Vorrei solo essere avvisato un mezzo giorno almeno avanti, così anche sarebbe bene sapere il tempo, mentre si risolvessero di andare in qualche convento, se bene qualcheduno ha detto, che non saria gran
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/42]]==
cosa, che venendo andassero in casa del Signor Marchese Bagnesi et io sono et sarò sempre prontissimo ad ubbidire et servire le medesime Serenissime Altezze in tutto quello che si degneranno di comandarmi...”.
E non limitandosi il marchese Corsini a dare incarico al Cav. Guidoni della cosa, scrive esso stesso a Modena a persona di corte in data 7 aprile questa, che riportiamo intera:
 
La benignità di S. V. Ill.ma è stata sempre da me riconosciuta per tale, che in ogni occasione mi rende ardito l’occorrere alle sue gratie. Presento che il Ser.mo Sig. Duca suo e mio Signore sia per arrivare in questa Città, incognito, nello stesso tempo, che si saranno i Seren.mi Arciduchi d’Innspruck. Suppongo che facelmente non vorrà sua Altezza valersi della comodità del Palazzo (Pitti) per minor soggetione. In questo caso vorrei rammemorarli la mia umilissima servitù, con l’innumerabili obbligationi da me dovuteli et offerirli la casa mia e tutto quello potesse esser di maggior servitio di S. A. in questa sua venuta. Rappresento a V. S. Ill.ma questo mio sentemento non havendo maggior ardire d’invitare il Sig. Duca, sapendo che sarebbe questo un abusare le gratie di Principe grande col pretendere così segnalati favori, ma non resto già di supplicarla a volermi con buona
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/43]]==
congiuntiva procurare questo honore da Sua Altezza che da me sarebbe riconosciuto e stimato per supremo e resterebbono in gran parte accresciute le mie obbligationi verso di V. S. Ill.ma, alla quale faccio per fine Umilissima Riverenza.
 
Di V. S. Ill.ma
 
Firenze, 7 aprile 1652
 
Devot. et Oblig.mo Servo. Bartolomeo Corsini.
 
E come sembra che a queste lettere venissero risposte indecise, il Corsini scrive quest’ultima al Graziani (R. Archivio di Stato di Modena).
 
Illust.mo Sig.re e Pad.ne mio Osserv.mo
La venuta qua de Serenissimi Arciduchi e l’avvicinarsi il tempo della festa a cavallo, mi danno occas.ne di riverire Vostra Signoria Illustrissima e di supplicarla a reiterare gli ofitij appresso il Serenissimo Signore Duca, acciò risolvendo di venire in questa città, resti con la sua venuta favorita et honorata la mia Casa e perché si va voceferando qua, che possa facelmente in mancanza del Sig.re Duca venire il Signor Principe et il Signor Cardinale d’Este
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/44]]==
vorrei da qualsivoglia di questi Serenissimi ricevere il medesimo favore per autorizzare con questa demostrazione il titolo, di cui tanto mi pregio di vero servitore di cotesta Serenissima Casa.
 
Ardisco d’apportare tante brighe al Signor Girolamo Gratiani, come tanto mio Signore e per la speranza che tengo di impetrare per il suo mezzo gratie così singolari.
Resto poi infinitamente tenuto alla benignità di V. S. Ill.ma per la cortese espressione del suo contento, nella nascita di mio figlio, e vorrei potere corrispondere a tanti innumerabili favori, che da Lei ricevo, con i pronti effetti della mia devotione e per la gratia che mi fa S. A. S.ma nell’istessa occasione.
 
Passerò con silenzio, conoscendomi incapace ad esprimere sensi adeguati a gli effetti della somma generosità di S. A.za quale prego V. S. Ill. ad inclinare da parte mia. Et a lei bacio affetuosamente le mani.
 
Di V. S. Ill.ma
 
Firenze, 20 aprile 1652
 
Devot.mo et Obblig.mo Serv.re Bartolomeo Corsini
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/45]]==
 
Il marchese Bartolomeo Corsini figlio di Filippo di Lorenzo era nato il 25 aprile 1622. In famiglia si conserva un suo ritratto, splendido dipinto del Suttermans, che lo rappresenta giovinetto di otto o nove anni . Educato fra i paggi, prende parte al torneo, come vedremo, quale capo squadra bianco, nel 54 è nominato cavallerizzo maggiore; e alla morte di Ferdinando II nel 1670 fatto maestro di camera della granduchessa Vittoria della Rovere. Ebbe per moglie Elisabetta del Principe Giovan Battista Strozzi e il figlio natogli la sera del 6 aprile, a cui accennava la lettera del Guidoni e del quale parla esso pure nella sua del 20, fu Lorenzo che, eletto papa nel 1730, prese il nome di Clemente XII .
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/46]]==
La casa” che il marchese poneva a disposizione degli Estensi, non occorre dire essere il noto palazzo di Lungarno, ma come il Lungarno è di epoca posteriore, esso aveva allora la facciata principale sulla via del Parione. “Il casino coll’orto” era l’altro palazzo del Prato, anche oggi esistente, e che, pochi anni fa, aveva ancora una piccola facciata, ma con grandiosa scalinata all’ingresso.
 
Abbiamo veduto, che il Guidoni considerava cosa probabile che gli Estensi, recandosi a Firenze, avessero alloggiato in qualche convento,
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/47]]==
come era costume di quei tempi, quando un principe non voleva dare incommodo ad alcuno, ma che non era neppure da farsi caso, che i principi fossero andati ad abitare “in casa del Marchese Bagnesi”. Era questi il marchese Francesco modenese, da poco stabilitosi a Firenze, essendo entrato in possesso nel gennaio del 1652 di un lauto maggiorasco pervenutogli per testamento di Giuliano Bagnesi senatore fiorentino, suo parente . Un lungo carteggio da noi trascorso, che si conserva nel R. Archivio di Stato in Modena prova quali rapporti confidenziali esistessero tra il marchese Francesco e il duca, quindi nessuna meraviglia, che Francesco I avesse preferito andare da lui, giacché si sarebbe trovato come in casa propria, mentre in casa Corsini sarebbe stata inevitabile un’accoglienza,
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/48]]==
quale si addiceva ad un sovrano. Comunque sia, forse per non disgustare nessuno, il Duca preferì di non muoversi e poi dobbiamo notare, che Francesco I era stato a Firenze anche nel gennaio.
Tornando ai preparativi per le feste di Firenze, vediamo il nostro Guidoni talmente occupato nell’allestire il torneo, che il conte Ronchi scrivendo al Duca e parlando di lui, dice che “è invisibile et appena ha il tempo di mangiare, che tutti lo travagliano, ora aggiungendo, ora diminuendo qualche circostanza alla festa... che alle difficoltà, che non sono poche, vi si aggiunge quella del tempo, che ogni giorno con due o tre ore di pioggia impedisce la continuazione del lavoriero et apporta pregiudizio al già fatto” ed il Guidoni stesso scrive al Graziani il 16 aprile “io credo che in pochi giorni saremo all’ordine; gli è ben vero che prima che martedì o mercoledì prossimo avvenire non credo sia per farsi et oltre a questo per essere festa da farsi di notte, allo scopo bisogna stare col tempo”.
 
Gli arciduchi giunsero in Firenze la sera del 19 aprile. Il diario del Settimanni a c. 294 ne descrive l’entrata in questi termini “Addì XIX di aprile 1652 venerdì sera arrivarono in Firenze i Ser.mi Arciduchi Ferdinando Carlo e
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/49]]==
Sigismondo Francesco d’Austria colla Ser.ma Arciduchessa Anna Medici di Toscana moglie di detto Arciduca Ferdinando; e ciò seguì intorno le due ore di notte dalla Porta a S. Gallo, ed il Granduca, Granduchessa, Principe Mattias e Leopoldo andarono ad incontrarli molte miglia lontano da Firenze. Per tutte le strade e per le traverse dove passarono per la città furono grandissimi luminari nelle case ed a palazzi de Gentiluomini erano gran numero di torce, ed alle case de Poveri furono dal Monte delle Graticole mandate candele, fogli, e scodellini. Nel loro ingresso le fortezze spararono tutte le loro artiglierie; e tutte le Gentildonne fiorentine andarono in carrozza alla detta Porta a S. Gallo con due torce per carrozza, come fecero ancora gran quantità di gentiluomini parte in carrozza e parte a cavallo; e i detti Principi vennero a cavallo e per la via San Gallo, Via degli Armaiuoli, Piazza di S. Marco, via Larga, via de’ Martelli, per la piazza di S. Giovanni, Santa Maria Maggiore, del Centauro, Piazza degli Antinori, dal Canto de Tornaquinci, dal Ponte a S. Trinità, per via Maggio e dallo Sdrucciolo de’ Pitti arrivarono al Palazzo Pitti circa le tre ore di notte, nell’ingresso della qual piazza furono fatte diverse sinfonie con istrumenti da fiato ed altre più sorte”.
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/50]]==
 
Dallo stesso diario vediamo, che il giorno dopo 20 aprile il Principe Sigismondo era malato e che arrivò “il Duca e Duchessa di Mantova incogniti per assistere alle feste e scendono dal Cav. Dragomanni in Piazza SS. Annunziata. Arrivo di un ambasciatore straordinario Lucchese con belle livree per invitare gli arciduchi a passare al ritorno per Lucca”.
 
Dei giorni 21, 22 e 23 il Settimanni non parla, ma noi possiamo supplire con lettera del Ronchi al Duca, 22 aprile “Ieri mattina io ricevei tutti questi Ser.mi Principi (il Ronchi era considerato quale ambasciatore estense) che gradirono oltremodo l’espressioni ch’io feci dell’osservanza, che professa loro V. A. Ser.ma e certo la corrispondenza non può essere più affettuosa, ne più cordiale, come dirò più precisamente a V. A. Ser.ma in voce. Ieri dopo pranzo che fu Domenica, cioè ben tardi, perché alle 20 ore andarono a tavola, havendo desinato in pubblico alle stanze della Serenissima Arciduchessa il Granduca, la Granduchessa e li signori Principi Mattias e Leopoldo, si fece corso da Palazzo alla S.ma Annunziata, alla cui chiesa smontarono di carrozza per vedervi quella sacratissima Immagine. La devozione però pregiudicò al corso e la pioggia concorse anch’essa a guastarlo totalmente.
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/51]]==
La sera si fece festa da ballo nella solita sala di Palazzo e veramente riuscì numerosissima di Dame e di Cavalieri. Questa mattina, che è lunedì (22 aprile), il Serenissimo Arciduca ha dato udienza agli Ambasciatori di Lucca. Il Duca Salviati m’ha detto di avere durata gran fatica per ridurre sua Altezza a farli coprire e che pure gli è riuscito . Oggi dopo pranzo sono andati a caccia verso Pratolino. Ma! havranno fatto poco, perché è quasi sempre piovuto.
Il Duca di Mantova sta risoluto di non trattare d’Altezza i signori Principi e però non vi è gran sodisfazione . Ha detto oggi di volere andar domani a Livorno e il Marchese Valenti m’ha detto, che ha qualche pensiero d’arrivare fino a Roma. Creda V. A. Ser.ma che la scena è curiosissima...” .
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/52]]==
 
Sotto la data del 24 aprile registra il Settimanni nel suo diario che “gli arciduchi vanno a desinare al Poggio Imperiale, ove fu fatta una giostra al burato, che divertì molto le Loro Altezze”. Anche il Ronchi ne scriveva al duca, come di divertimento compreso nel programma delle feste “pensano di fare una corsa al burato al Poggio Imperiale , una comedia in musica et una caccia di fiere nel theatro, ove si fece la festa per Vostra Altezza”.
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/53]]==
La caccia di fiere, non pare abbia avuto luogo, almeno il diario fiorentino non ne parla, quantunque a Firenze non sarebbe stata una novità, giacché abbiamo trovato, che il Guidoni scriveva al Duca il 6 febbraio 1651 “il tempo si è messo al cattivo et ha impedito, che hoggi si facesse nella piazza di Santa Maria Novella una caccia di tori, cignali, lupi et altri animali selvatici”.
 
Nel giorno 25, secondo il diario fiorentino, fu “giuocato il calcio in piazza S. Croce con divise verdi e gialle. Gran folla, molto piacere degli arciduchi”.
Questo giuoco era stato dato anche nel gennaio per la venuta di Francesco I e il Guidoni ne parlava scrivendo al Principe Alfonso “24 gennaio 1652. Oggi si è fatto il giuoco del calcio et è riuscito di sommo gusto al Padrone Serenissimo per la bizzaria del comparire, e per la nuovità dello stesso giuoco, che si rende tanto più raguardevole, perché in esso non operano che Cavalieri di nascita”. Conservasi nella Biblioteca Estense un’operetta intitolata Discorso sopra il giuoco del calcio fiorentino del Puro Accademico Alterato al Ser.mo Gran Duca di Toscana suo Signore, in Firenze nella Stamperia de Giunti, 1580. Si rileva come fosse “un giuoco pubblico di due schiere di giovani
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/54]]==
a piedi senza arme, che gareggiavano di fare passare oltre allo opposto termine un mediocre pallone a vento a fine d’honore... Dal calcio fu nominato, il quale solo oltre al pugno può far passare la palla sopra lo steccato... I giuocatori devono essere in tutto cinquantaquattro... belli et bene armonizzati, nobili et di buona fama... graziosi con habiti belli et leggiadri, avendo dintorno a vedergli le più vaghe Dame et principali Gentilhuomini della città... La corsa, il salto, la lotta, il pugilato, il nuoto, il cavallo, la scherma non sono che gli elementi, i principij, l’antipasto del giuoco del calcio, al cui confronto tutti gli altri giuochi (dice l’autore) non sono che battaglie da scherzo, poiché in questo si esige velocità de piedi, destrezza del lottare, saltare et il pugno, ecc.” .
 
Sotto il giorno 26 il diario non ha che questa nota “La Granduchessa Vittoria ha un po’ di febbre e si leva del sangue” e nel 27 che “gli Arciduchi visitano la fortezza da basso”.
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/55]]==
Ed eccoci giunti al 28, alla giornata del torneo. Il Settimanni riferisce quanto segue (a c. 299-300): “Addì XXVIII di Aprile 1652 Domenica sera fu fatto un bellissimo balletto di cavalli a’ Seren.mi Arciduchi d’Austria nel teatro del Giardino di Boboli, che cominciò a un’ora di notte e finì alle quattro. Operarono a detto balletto 52 cavalieri in diverse squadre divisi ed armati e con bellissime Pennacchiere: ed ogni squadra aveva un colore diverso dall’altro. Capo di detta festa fu il Ser.mo principe Cosimo de Medici primogenito del Granduca. Tutti li cavalieri avevano un gran numero di staffieri vestiti di tele del colore del Padrone inargentate e dorate con spada a lato e dardo in mano. Ed il teatro era di maniera illuminato che pareva di giorno. Comparvevi una grand’Orca marina che camminava nel teatro senza vedersi, ne sentirsi chi la movesse e nell’andare girava gli occhi, ed apriva e serrava la bocca e sopra il dorso era un musico benissimo vestito, e dopo avere la detta Orca girato attorno il teatro si fermò davanti li Ser.mi Principi, dove cantò detto Musico assai eccellentemente: e dopo aver finito di cantare si partì l’Orca e si pose nel mezzo del teatro, ed in un momento si disfece quella Machina, la quale di Orca diventò una grossa barca
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/56]]==
con tutte le sue parti, con un grand’Albero e vele, e quel musico senza muoversi rimase nella poppa della nave, la quale cominciò da tutte le bande a sparare molti colpi di Moschetto da diverse buche ch’erano per tutte le parti di detta Nave. Ed in essa si viddero 50 altri musici tutti vestiti di abiti diversi e cominciarono tutti a cantare girando la nave attorno al teatro, e di poi si partì. Comparve dopo un altro bellissimo carro pieno di Musici tutti magnificamente ornati, sempre cantando ed invitando quei cavalieri a combattere; e dopo aver cantato alquanto, il carro si ritirò da una parte del teatro ed i cavalieri cominciarono quando a solo a solo, quando a due a due e quando a più caracollando con spararsi sopra la persona delle pistolettate e poscia vennero all’arma bianca. Finito di combattere, ebbe principio il balletto di cavalli, che fu cosa tanto bella e tanto bene ordinata, che appena immaginare, non che descrivere si potrebbe per la maestria de cavalli, che nell’andare così a tempo sarebbero stati a prova con gli uomini istessi; e da tutto il popolo, che vide tal festa fu stimato uno de’ più belli spettacoli, che da anni 50 in qua fossero stati veduti in Firenze”.
 
Trovansi altri particolari in una relazione a stampa che si conserva nella Biblioteca Estense,
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/57]]==
la quale ha per titolo: Combattimento e balletto a cavallo rappresentato di notte in Fiorenza a Serenissi.mi Arciduchi et Arciduchessa d’Austria ecc. nel Teatro contiguo al Palazzo del Ser.mo Gran Duca in Fiorenza, nella stamperia di S. A. R. alla Condotta 1652.
Il torneo è così descritto: “Proteo figlio dell’Oceano e Nume potentissimo delle Acque esce sopra una Balena da una spaziosa Grotta di mare con la FAMA sopra una Nuvola, posata su’l dorso del medesimo Mostro, seguita da quaranta Cavalieri a Cavallo divisi in due Drappelli uno di Germania e l’altro di Spagna. Questi cinti di arnesi Militari et adorni di preziosissime Spoglie con numerosa comitiva a piedi, repartiti in vaga ordinanza, passeggiano il Campo, insieme con l’Orca Marina, la quale avvicinatasi alla Residenza delle Loro AA. Serenissime, Proteo e la Fama cantando, danno introduzione alla Festa.
La Balena prende forma di vastissima Nave, ondeggiante nel Mare... tempestata d’oro e d’argento con Trofei e Imprese, restando Proteo e la Fama a Poppa della medesima, mentre da numeroso Coro di Nereidi e di Tritoni ripiena la Nave, si vanno cantando le glorie di casa d’Austria ecc.
La Nave si ritira dando luogo a Cavalieri che si preparino alla Battaglia.
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/58]]==
Vengono i Guerrieri all’assalto, con la destra prima armata di pistola e poi di stocco e doppo haver combattuto per buon spatio di tempo, escono da alcuni scogli cavernosi dodici Cavalieri a Cavallo in forma di Numi Marini che portatisi velocemente al Campo, dividono la Battaglia; precorrendo Netunno, il quale sopra un maestoso Carro servito da un Coro di Mari e di Fiumi, passa per il mezzo delle Squadre Guerriere, fa depor le Armi e con versi cantando li rappacifica e l’invita a danzare:
<poem>
Coro di Marini.
 
Al Ballo Guerrieri,
Sdegnati non più,
Spronate i Destrieri
Veloci su su.
Già l’onda con l’onda
Ridente nel Mare,
Festosa e gioconda
N’invita a danzare;
Non più non pugnate
Danzate, Danzate.
Si fa il Balletto a Cavallo all’armonia di gran quantità e varietà d’istrumenti, cantandosi nel medesimo tempo le seguenti parole:
</poem>
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/59]]==
<poem>
Non più le Trombe ormai le Rive assordino
Ma con le Cetre il suon Guerriero accordino
Qui sol guerre d’amor ne petti regnino...
Finito il Balletto partono i Cavalieri con tutta la Comitiva, mentre li due Cori del Carro e della Nave cantano le seguenti Stanze:
Lasciate o Forti, lasciate,
L’amico Tosco Terren.
Le Palme che voi bramate
Verdeggiano all’Alba in sen,
D’Allor vi cinga la fronte
L’Eufrate, ‘l Gange e l’Oronte...
</poem>
Nomi de quaranta Cavalieri, che fanno il Combattimento, i quali di poi congiunti con altri dodici Cavalieri, che in forma di Numi Marini dividano la Battaglia, fanno il Balletto.
Capo Squadra Nera il Sereniss.o Principe Mattias. Sig. Iacopo Guicciardini, Sig. Marchese Scipion Capponi, Sig. Priore Francescomaria Covoni, Sig. Marchese Gio. Battista del Monte.
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/60]]==
Tenente e Caposquadra Nera Sig. Marchese Pier’Antonio Lunati, Sig. Enrigo Minerbetti, Sig. Guglielmo della Rena, Sig. Conte Giovanni d’Elce, Sig. Carloventura del Nero.
Capo Squadra Giallo Sig. Marchese Pier Francesco Vitelli, Sig. Conte Ferdinando Zeffirini, Sig. Conte Filippo Bentivogli, Sig. Girolamo Petrucci, Sig. Ruberto Pucci. Tenente e Caposquadra Giallo Sig. Carlo Torrigiani, Sig. Cav. Francesco Serristori, Sig. Marc’Antonio Altoviti, Sig. Cav. Fra Zenobi Ricci, Sig. Cav. Giovangualberto del Rosso.
 
Capo Squadra Verde Sig. Don Antonio Medici, Sig. Conte Nicola Spada, Sig. Barone Agostino del Nero, Sig. Conte Ridolfo Bardi, Sig. Luigi Ridolfi.
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/61]]==
Tenente e Caposquadra Verde Sig. Cav. Dante da Castiglione, Sig. Filippo Ginori, Sig. Cav. Pietro Suarex, Sig. Cav. Fra Andrea Minerbetti, Sig. Francesco Portinari.
 
Capo Squadra Bianco Sig. Marchese Bartolomeo Corsini, Sig. Cav. Vieri da Castiglione, Sig. Francesco Guicciardini, Sig. Girolamo Guicciardini, Sig. Pietro Strozzi. Tenente e Caposquadra Bianco Sig. Conte Francesco Montauti, Sig. Cav. Carlo Geraldini, Sig. Bernardo Bini, Sig. Cav. Lorenzo Medici, Sig. Conte Ferdinando d’Elce.
Nomi de’ dodici Cavalieri, che in habito di Numi del Mare, precorrano le venuta di Netunno e doppo haver diviso la Battaglia fanno il Balletto a Cavallo con li quaranta Cavalieri.
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/62]]==
Cavalieri che operano nel mezzo. Raddoppiano. Sig. Marchese Carlo Gerini, Sig. Marchese Ferdinando Malaspina, Sig. Ippolito de Vic, Sig. Alessandro Carducci.
Corvettano e raddoppiano. Sig. Marchese Giovanbattista Schinchinelli, Sig. Conte Francesco Strasoldo.
 
Corvettano su le volte. Sig. Alessandro Visconti, Sig. Leonardo Mantellini.
Corvettano a diritto. Sig. Marchese Ferdinando Ridolfi, Sig. Filippo Franceschi, Sig. Cav. Gio. Battista Bolognetti, Sig. Francesco Rucellai.
La Battaglia e il Balletto fu invenzione e composizione del Sig. Cav. Tommaso Guidoni.
Gli abiti de’ Cavalieri e di tutta la festa furono fatti con la sovraintendenza del Sig. Annibale Doura.
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/63]]==
Il Componimento e la Poesia fu del Sig. Benedetto Rigogli .
Il Carro di Netunno, le prospettive, gli abiti etc. e gli altri ornamenti del Teatro furono invenzione del Sig. Alfonso Parigi .
La macchina grande dell’Orca Marina, che si trasforma in Nave fu invenzione del Sig. Ferdinando Tacca ”.
 
Se i principi e la città restarono, come dice il Settimanni, soddisfatti della festa, tanto più ebbe ad esserlo il Guidoni, che ricevé dal Granduca un contrassegno del suo compiacimento. Lo scrive esso stesso al Graziani il 7 maggio. “Veramente si può dire che la nostra festa abbia avuto applauso ed io ho avuto di più questo che il Ser.mo Gran Duca con le sue mani
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/64]]==
proprie mi ha regalato un Diamante posto in un Anello di circa cento Doble di valore, dichiarando, ciò fare per la soddisfazione che egli aveva auto della suddetta festa, come anche per la fatica, che io vi avevo durato, del che io sono rimasto molto confuso della benignità di S. A…”. E al duca aveva già scritto il 30 aprile, annunciandogli che “habbiamo terminata la nostra festa domenica pross.a passata et già che V. A. non ha voluto pigliarsi incomodo di venire a vederla, io li mando insieme con questa il libretto stampato in questa occasione. Hoggi i Sig.i Arciduchi vanno alla villa della Petraia, dove vi si farà un ballo di Contadini et altri scherzi pur di contadini, et si finirà poi con una bella merenda. Questa sera si farà la Comedia in musica. Domani il palio e la sera la festa di ballo a Palazzo, il sabato partiranno per il loro viaggio”.
 
Codesta lettera ci dispensa dal ricorrere al diario fiorentino. Noteremo solo, che in esso non si parla della corsa al palio che sotto la data del 30 dicembre dice, che “gli arciduchi desinano alla Villa del Castello, dove andò una truppa di trattori di Firenze vestiti tutti di bianco e che fecero a detti principi il giuoco della Contadina. Il 2 maggio partono i duchi di Mantova e il 4, sabato, partono gli Arciduchi
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/65]]==
per Bologna e Venezia e mandano due ambasciatori a ringraziare i Granduchi”.
 
Sotto la stessa data del 4 maggio troviamo una lettera dell’Abate Strozzi al Duca, che completa le notizie relative alla loro partenza: “Questa mattina sono partiti gli Arciduchi. Si è portato il granduca mio signore con notevole comitiva ad accompagnarli a Trespiano con animo di andare più avanti, ma l’Arciduca con cortese violenza non ha voluto...”. Parla quindi dei donativi fatti dall’Arciduca Ferdinando ai principi di Toscana. “Di quattro speciosi et guarniti archibusi di gioie ha l’Arciduca reghalato il Gran Duca et anco gli altri principi d’altri donativi di belle pistole et d’altro”.
 
Da nessun documento risulta, che da sua parte il granduca abbia presentato a’ suoi ospiti donativi, come è supponibile.
 
Finalmente a completare, per quanto possiamo, le notizie relative alla dimora dei principi del Tirolo
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/66]]==
alla Corte Medicea, aggiungeremo un’ultima lettera del Guidoni, d’un interesse tutto particolare, dalla quale si potrebbe dedurre, che in quei giorni il Suttermans avesse fatto il loro ritratto, quando il duca Francesco I, che aveva già chiamato a Modena il pittore nel 1645, dava incarico al Guidoni di farlo ritornare e, forse perché il pittore era cresciuto di fama, desiderava sapere, quanto esigesse per fare un ritratto. La risposta è diretta al Seg.o Graziani: “Quanto a Giusto Pittore , mi occorre dire a V. S. Ill.a che di presente mediante l’esser qua questi Principi forestieri, ha qualche ritratto da fare per servizio di queste Altezze, subito che sarà sbrigato et che saranno andati via questi S.mi Arciduchi, procurerò che se ne possa venire a servire il Sereniss.o Sig. Duca, et intanto starò attendendo nuovi Avvisi da V. S. Ill.ma in riguardo anche del prezzo de ritratti che costà deve fare, che si riduce a questo. De ritratti intieri al naturale non vorrebbe meno che piastre 50 . De mezzi ritratti, ma con tutte due le mani si contenterà di trenta in
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/67]]==
trentacinque piastre et delle teste venti in venticinque piastre. Queste sono le sue chieste, dice ben però, che intende di volere incontrare il gusto del Sig. Duca anche nel prezzo col pigliar poi quello che dalla sua benigna mano li sarà dato”.
 
Da Firenze i Principi si recarono a Ferrara ospitati dal Marchese Federico Mirogli . Fra i dispacci ferraresi alla corte estense, che conservansi nel R. Archivio di Stato in Modena , sotto la data 30 aprile troviamo relazione “dei diversi preparamenti che il marchese fa nel suo palazzo per l’alloggio dei Ser.mi Arciduchi, allestendo anche un’opera da recitarsi in musica nel medesimo palazzo per non aver potuto ottenere licenza dal sig. Cardinale Legato di farla rappresentare in theatro pubblico . Ha il medesimo sig. Marchese ancora fatto aggiustare
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/68]]==
nella Villa di Quartesana un suo palazzo con pensiero di condurre a diporto li dd. Ser.mi Arciduchi, per trattenimento de quali ha di più impetrato differirsi il corso del Pallio di S. Marco per il giorno della domenica”.
 
Gli arciduchi giunsero in Ferrara il mercoledì 8 di maggio. Sulla loro dimora presso il Mirogli parla un dispaccio inviato alla corte estense parecchi giorni dopo la partenza dei principi.
Ferrara 25 maggio 1652. “Partirono per Venezia li Serenissimi Arciduchi lunedì 13 del corrente essendo stati alloggiati dal sig. Marchese Mirogli cinque giorni continui con diversi trattenimenti di quintanate, feste da Ballo e caccia del toro et sopra tutto d’un opera in Musica fatta recitare con molto applauso delle medesime Altezze Serenissime.
 
Si sente, che la sig.ra Arciduchessa habbia regalata la moglie del medesimo sig. Marchese di una argantiglia di diamanti insieme con una goccia da Capo figurata di valore di doble cinquecento, come anche il sig. Arciduca si sia
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/69]]==
dichiarato di mandar a detto sig. Marchese una Credenza d’Argento dorato per otto bocche, oltre l’averle consegnata Patente di fare leva di mille huomini dal Tirolo per servizio de Veneziani.
 
Alla famiglia del med.o sig. Marchese S. A. lasciò doble cento et ungari cinquanta per li Musici, havendo fatto anche distribuire altri regali a diversi, se bene di poco rilievo.
Non essendo intervenuti gli Eminentissimi sig.ri Cardinale Legato e Vescovo all’opera recitata per le difficoltà non aggiustate di precedenza, fu replicata la medesima opera sabbato passato che riuscì con molto plauso”.
 
Come abbiamo veduto, gli arciduchi mossero per Venezia il 13 maggio. Desiderando seguirli, onde il nostro studio non rimanesse incompleto, dobbiamo essere grati al Sovrintendente degli Archivi Veneti e Direttore del R. Archivio di Stato in Venezia Comm. Federico Stefani, che da noi pregato, ebbe la cortesia di comunicarci ciò che relativamente al soggiorno di questi principi in Venezia trovasi inserito nel libro dei Cerimoniali a pag. 61, corredato di note.
Da questo veniamo a sapere, che gli arciduchi alloggiarono in casa Grimani Calergi e che avevano un seguito di 400 persone. Complimentati da parte della Serenissima, i principi pregarono
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/70]]==
si lasciassero tranquilli, onde visitare a loro agio i monumenti della città. Soltanto in ordine a pubblici decreti furono loro inviati copiosi rinfreschi e data una festa da ballo con grande soddisfazione dell’Arciduchessa, che l’aveva desiderata.
Il 21 maggio lasciarono Venezia per recarsi a Treviso, ospitati dai conti Onighi e fatta breve sosta a Bussolengo nel palazzo del Conte Rodella, passarono da Bergamo, ove il podestà e capitano avevano ricevuto ordine dalla Serenissima di ossequiarli e servirli a rinfreschi. Finalmente, forse per la via di Sondrio, Bormio e passo dello Stelvio, gli arciduchi si ricondussero a Innsbruck.
 
R. Archivio di Stato in Venezia. Cerimoniali e feste in occasione di avvenimenti e passaggi nelli Stati della Repubblica Veneta di duchi, arciduchi ed imperatori dell’Aug.ma Casa d’Austria dal 1361 al 1797 del cav. Teodoro Toderini, Venezia, 1857 (Cerimoniale III, R. Archivio di Stato in Venezia).
 
1652. 25. Maggio. “Sendosi perinteso dall’Eccell.o Collegio, che fosse pervenuto in questa città l’arciduca Carlo Ferdinando d’Inspruch con la moglie e fratello , deliberò col Senato la sera de 15 corrente di mandar un secretario di Pregadi a complir a nome pubblico con le loro Altezze. La
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/71]]==
mattina dei 16 si portò il secretario alla casa de gl’Illust. Sigg. Grimani Calergi, dove alloggiavano et fatto capo col cameriere maggiore per adempir gli ufficii dopo d’haver atteso che l’Arciduca finisse di vestirsi, fu introdotto da S. A. che con espressioni cortesi et di doverne conservar perpetua memoria gradì le dimostrationi di stima. Non si passò ad altra visita dalli Eccell. Sigg. Savio del Consiglio e di terraferma, come si accostuma in casi simili, per haver replicatamente l’Arciduca detto, che pregava la Repubblica di non farlo, ma lasciargli godere l’intiera libertà. Dal Magistrato alle Rason vecchie in ordine a pubblici decreti furono spesi ducati 600, buona valuta, in tanti rinfreschi che sopra abbondanti bacili gli furono inviati. Essendosi l’Arciduchessa lasciata intender che havrebbe goduto in veder una festa di gentildonne; il che riferito dagli Illustri Sigg. Grimani nebbero facoltà da proprj magistrati di poterne convitar quel numero che fosse stato sufficiente, come fu eseguito con grande sodisfatione delle loro Altezze, quali trattenutesi con somma libertà e piacere, portandosi in ogni luogo a vedere tutte le cose più cospicue della città, se ne partirono la mattina del 21 corrente, prendendo la via di Treviso, per ritornarsene alla patria loro. Lasciarono una collana di ducati 150 in circa al figliuolo del Cardinale Maggiordomo della Serenissima Signoria et 100 ongari, 50, per quelli dell’Arsenale et 50 alli Offitiali alle Rason vecchie”.
 
==NOTA==
<small>
==[[Pagina:Sulla venuta in Italia degli arciduchi d'Austria conti del Tirolo.djvu/72]]==
Essi avevano una corte di 400 persone. Dimorarono a Bergamo nel palazzo di Gio. Battista Rolta. Havea il Senato commesso a Gio. Francesco Zorzi Podestà e Alvise Balbi Capitano, che quando giungessero fossero complimentati con la maggior uffiziosità e regalati per valore di ducati 300.
Passarono anche per altre città. A Treviso alloggiarono in casa dei co: Onighi, dove esiste la seguente inscrizione:
 
SERENISSIMIS . ARCHIDUCIBUS </BR>
TIROLI . COMITIBUS
FERDINANDO . CAROLO
ANNA . MEDICA . UXORI
ET . SIGISMUNDO . FRANCISCO
FRATRIBUS . AUSTRIACIS
HIC . QUIESCERE . VOLENTIBUS
INSERVIRE . MERUIT
IULIUS . DE . UONICO
AUGUSTINI . FILIUS
ANNO . MDCLII
XI . KAL . MAII
 
Nel Palazzo del co: Rodella in Bussolengo territorio Veronese:
 
SEDIT . FERDINANDUS . CAROLUS . ARCIDUX
CUM . ANNA . CONIUGE
SEDIT . ARCIDUX . FRATER . FRANCISCUS
SIGISMONDUS . EPISCOPUS
ANNO . SALUTIS . MDCLII</small>