Di una nuova linea per la strada ferrata lombardo-veneta: differenze tra le versioni

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Nelle Provincie Venete è oramai fermamente stabilita l’opinione che la linea ferrata debba riunire le quattro città di Venezia, Padova, Vicenza e Verona. Infatti quelle città formano una popolazione di 240,000 abitanti intimamente connessa dalle abitudini di parecchj secoli e dalla promiscuità economica ed amministrativa. E più di 900 mila altri abitanti sono sparsi negli altri luoghi di quelle quattro provincie, le quali così costituiscono in complesso un quarto della popolazione del regno.
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Chi ebbe la pazienza di perder tempo in siffatti calcoli, ha trovato a cagion d’esempio che mentre sullo stesso spazio di terreno nel distretto d’Isola della Scala si contano 630 abitanti, in quello di Arzignano se ne ha più del doppio cioè 1526; in quello di Verona se ne ha quasi il triplo cioè 1767; in quello di Padova si ha quasi il quadruplo cioè 2405. Ora Isola della Scala è sulla linea delle campagne. I distretti di Arzignano, Verona e Padova interessano la linea delle città. Se il ricavo della strada dovesse corrispondere precisamente a questa proporzione ed essere, quadruplo dove è quadrupla la popolazione: si potrebbe in questa ipotesi senza scapito pagar l’area ad un prezzo ''parecchie'' volte maggiore. ''Si faccia il calcolo'' e si riduca pure in pratica la proporzione alla più modica misura. Ciò che rimane mi basterà sempre. Con ciò però non s’intende che si debba fare inutile e prodigo esterminio di case e di giardini; giacchè ''passare a portata'' delle più folte e ricche popolazioni, non vuol dire ''passare addosso'' alle persone: e perciò fin dal principio di questa discussione si è sempre raccomandato di passar tuttalpiù ''rasente l’abitato''.
 
Quanto alla divisione dei lavori tra gli ingegneri milanesi e veneziani queste sono idee superstiti al Medio Evo. ''Nec nominentur in nobis'' a proposito di strade ferrate; le quali son affari da cervelli moderni, anzi il trionfo della moderna età. La strada è fatta per associare non per disgregare. La strada è un’impresa di ordine economico e non una questione di pronuncia o di dialetto. La strada è un mezzo di guadagnar denaro ai privati e floridezza al paese; al che non vale guardar l’atto di nascita degli ingegneri. Si tratta d’una impresa unica e indivisibile, che deve essere discussa, se si vuole, da centomila persone nelle gazzette, al caffè, in piazza, in piena pienissima libertà, ed anche con frasi oratorie (da chi sa adoperarle), ma dev’essere riassunta e fermata da un solo cervello. Che direste di chi mettesse due architetti a far mezza facciata per ciascuno ad una chiesa; a far anche soltanto una mezza porta ciascuno od una mezza finestra? Quando si comincia un discorso stampato predicandola convenienza ''della linea più breve di tutte'', e poi lo si conchiude proponendo la linea di Cremona che è <small>LA PIU'PIU’ LUNGA DI TUTTE LE LINEE POSSIBILI</small>; quando gli uomini si curano cosi poco d’andar d’accordo ''con sè medesimi'' sperate dunque nell’accordo delle parti se volete.
 
Che la soscrizione si sia cominciata in due luoghi, è pur troppo vero; ed è il peccato originale dell’impresa, la quale senza ciò sarebbe assai più inoltrata. Quanto più presto questo peccato si lavi e si redima, tanto meglio. Ed è a questo fine appunto che mirano i più zelanti e sagaci tra i partecipi dell’impresa. Quando si pensa che altro è il primo soscrittore, altro il compratore e stabile proprietario delle azioni, si vedrà che appena siasi dita spinta alla cosa, le due simmetriche provincialità spariscono, e vi sottentra un aggregato indistinto di capitalisti d’ogni stato e d’ogni nazione. Allora invece di due consessi sottoposti alla necessità di farsi delle riverenze e spedirsi de protocolli, si avrà una direzione unica compatta, responsabile, che lasciate da canto le etichette cammini sulla strada nuda nudissima degli interessi.