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fulgide inezie de’ nostri saloni; ed ora la menarono a canticchiare ariette oblique e prevaricanti fra le mortelle dell’Arcadia, ed ora le posero in bocca i premeditati lamenti delle nostre Romantiche, le quali non si sa finalmente che si vogliano dalle loro lune e dalle loro farfalle! Quando è la Sapienza, che fa parlare l’Amore, l’Amore terrà sempre il linguaggio della Cantica; ed anzi che snervare, conforterà gli animi bennati e gentili: quando, al contrario, è l’Amore che vuol farla da sapiente, l’Amore riuscirà sempre o un gelido e insulso dissertatore, o un maligno perturbatore delle anime incaute ed innocenti.
fulgide inezie de’ nostri saloni; ed ora la menarono a canticchiare ariette oblique e prevaricanti fra le mortelle dell’Arcadia, ed ora le posero in bocca i premeditati lamenti delle nostre Romantiche, le quali non si sa finalmente che si vogliano dalle loro lune e dalle loro farfalle! Quando è la ''Sapienza'', che fa parlare l’Amore, l’Amore terrà sempre il linguaggio della Cantica; ed anzi che snervare, conforterà gli animi bennati e gentili: quando, al contrario, è l’Amore che vuol farla da sapiente, l’Amore riuscirà sempre o un gelido e insulso dissertatore, o un maligno perturbatore delle anime incaute ed innocenti.




{{centrato|VII}}
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Ed ecco dichiarata la strada che ho creduto dover tenere nel presente lavoro. Non ci era, per verità, mestieri di tante parole per significare un proponimento, che potrebbe, anzi dovrebbe, apparire dall’opera stessa; nè v’ha cosa più importuna e, diciamola pure, più comica d’un autore, che voglia spandersi in teorie proprio nel punto che si è per venire al fatto. Ma io ho tutta la paura che l’opera mia abbia poco o nulla risposto al mio intendimento. Era dunque indispensabile che io mi premunissi contro una possibilità, che non panni la più improbabile del mondo. Se il pubblico avesse a trovare riprovevole questo Volgarizzamento, sappia quali erano le mie intenzioni; sappia almeno che l’autore non vi ha dato dentro a caso.
Ed ecco dichiarata la strada che ho creduto dover tenere nel presente lavoro. Non ci era, per verità, mestieri di tante parole per significare un proponimento, che potrebbe, anzi dovrebbe, apparire dall’opera stessa; nè v’ha cosa più importuna e, diciamola pure, più comica d’un autore, che voglia spandersi in teorie proprio nel punto che si è per venire al fatto. Ma io ho tutta la paura che l’opera mia abbia poco o nulla risposto al mio intendimento. Era dunque indispensabile che io mi premunissi contro una possibilità, che non parmi la più improbabile del mondo. Se il pubblico avesse a trovare riprovevole questo Volgarizzamento, sappia quali erano le mie intenzioni; sappia almeno che l’autore non vi ha dato dentro a caso.


::<small>Senise, luglio, 1855.</small>
::<small>Senise, luglio, 1855.</small>