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<section begin=1/>passato lo Stige e veduto il Tartaro o Dite?" Non è vero, Dante padre?
<section begin=1/>passato lo Stige e veduto il Tartaro o Dite?" Non è vero, Dante padre?


Ma continuano e continueranno a dire che quel Duca<ref>{{AutoreCitato|Michelangelo Caetani}} duca di Sermoneta, autore di questa massimamente felice interpretazione.</ref> cieco d'occhi, era cieco anche di mente, quelli, e son tanti, che hanno gli occhi e non vedono!
Ma continuano e continueranno a dire che quel Duca<ref>{{Ac|Michelangelo Caetani}} duca di Sermoneta, autore di questa massimamente felice interpretazione.</ref> cieco d’occhi, era cieco anche di mente, quelli, e son tanti, che hanno gli occhi e non vedono!
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<section begin=2/>{{Centrato|<big>IX.</big>}}
<section begin=2/>{{Centrato|<big>IX.</big>}}
Dante e Virgilio entrano in Dite "senza alcuna guerra". La guerra c'era stata e l'ira c'era voluta, e un'alta ira animatrice d'una eroica fortezza: la fortezza di lui che già nella Eneide presentava la spada nuda alle ombre e ai mostri dell'Averno; di lui pio, le cui parole sono sante<ref>{{TestoCitato|Divina Commedia/Inferno/Canto IX#105|Inf. IX 105}}.</ref>. Ora sono, al medesimo piano, presso a poco, della palude stigia, lungo gli spaldi della città roggia, in un cimitero<ref>{{TestoCitato|Divina Commedia/Inferno/Canto X#12|Inf. X 13}}</ref>. I coperchi delle arche sono alzati: nessuno fa guardia. E' il fatto, per una parte, degl'ignavi del vestibolo, che non escono sebbene la porta sia aperta. E per l'altra è il fatto del limbo, anzi del nobile castello;
Dante e Virgilio entrano in Dite "senza alcuna guerra". La guerra c’era stata e l’ira c’era voluta, e un’alta ira animatrice d’una eroica fortezza: la fortezza di lui che già nella Eneide presentava la spada nuda alle ombre e ai mostri dell’Averno; di lui pio, le cui parole sono sante<ref>{{TestoCitato|Divina Commedia/Inferno/Canto IX#105|Inf. IX 105}}.</ref>. Ora sono, al medesimo piano, presso a poco, della palude stigia, lungo gli spaldi della città roggia, in un cimitero<ref>{{TestoCitato|Divina Commedia/Inferno/Canto X#12|Inf. X 13}}</ref>. I coperchi delle arche sono alzati: nessuno fa guardia. E’ il fatto, per una parte, degl’ignavi del vestibolo, che non escono sebbene la porta sia aperta. E per l’altra è il fatto del limbo, anzi del nobile castello;
che qui sono grandi e sapienti, e nessun male di loro si può raccontare, salvo che uno: ''mala luce''<ref>{{TestoCitato|Divina Commedia/Inferno/Canto X#99|ib. 100}}.</ref>. In verità sono eresiarche; e sono di loro i seguaci d'{{AutoreCitato|Epicuro}} <ref>{{TestoCitato|Divina Commedia/Inferno/Canto X#15|ib. 15}}.</ref>
che qui sono grandi e sapienti, e nessun male di loro si può raccontare, salvo che uno: ''mala luce''<ref>{{TestoCitato|Divina Commedia/Inferno/Canto X#99|ib. 100}}.</ref>. In verità sono eresiarche; e sono di loro i seguaci d’{{Ac|Epicuro}} <ref>{{TestoCitato|Divina Commedia/Inferno/Canto X#15|ib. 15}}.</ref>
{{ms|font=0.7pc}}<poem>che l'anima col corpo morta fanno.</poem></div>
{{ms|font=0.7pc}}<poem>che l’anima col corpo morta fanno.</poem></div>


Quelli del limbo ebbero il lume che è tenebra. Peccarono per l'ignoranza originale. Questi ebbero mala
Quelli del limbo ebbero il lume che è tenebra. Peccarono per l’ignoranza originale. Questi ebbero mala
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