Odi barbare/Delle Odi Barbare Libro I/Sirmione: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Alebot (discussione | contributi)
Correzione pagina via bot
Nessun oggetto della modifica
Riga 2:
{{IncludiIntestazione|sottotitolo=[[Odi barbare/Delle Odi Barbare Libro I|Delle Odi Barbare Libro I]]<br/>Sirmione|prec=../Da Desenzano A G. R.|succ=../Davanti il Castel Vecchio di Verona}}
 
<pages index="Poesie (Carducci).djvu" from=861 to=864 fromsection= tosection= />
<poem>
Ecco: la verde Sirmio nel lucido lago sorride,
fiore de le penisole.
 
Il sol la guarda e vezzeggia: somiglia d’intorno il Benaco
una gran tazza argentea,{{r|4}}
 
cui placido olivo per gli orli nitidi corre
misto a l’eterno lauro.
 
Questa raggiante coppa Italia madre protende,
alte le braccia, a i superi;{{r|8}}
 
ed essi da i cieli cadere vi lasciano Sirmio,
gemma de le penisole.
 
Baldo, paterno monte, protegge la bella da l’alto
co ’l sopracciglio torbido:{{r|12}}
 
il Gu sembra un titano per lei caduto in battaglia,
supino e minaccevole.
 
Ma incontro le porge dal seno lunato a sinistra
Salò le braccia candide,{{r|16}}
 
lieta come fanciulla che in danza entrando abbandona
le chiome e il velo a l’aure,
 
e ride e gitta fiori con le man piene, e di fiori
le esulta il capo giovine.{{r|20}}
 
Garda là in fondo solleva la ròcca sua fosca
sovra lo specchio liquido,
 
cantando una saga d’antiche cittadi sepolte
e di regine barbare.{{r|24}}
 
Ma qui, Lalage, donde per tanta pia gioia d’azzurro
tu mandi il guardo e l’anima,
 
qui Valerio Catullo, legato giú a’ nitidi sassi
il fasèlo britinico,{{r|28}}
 
sedeasi i lunghi giorni, e gli occhi di Lesbia ne l’onda
fosforescente e tremula,
 
e ’l perfido riso di Lesbia e i multivoli ardori
vedea ne l’onda vitrea,{{r|32}}
 
mentr’ella stancava pe’ neri angiporti le reni
a i nepoti di Romolo.
 
A lui da gli umidi fondi la ninfa del lago cantava
- Vieni, o Quinto Valerio.{{r|36}}
 
Qui ne le nostre grotte discende anche il sole, ma bianco
e mite come Cintia.
 
Qui de la vostra vita gli assidui tumulti un lontano
d’api sussurro paiono,{{r|40}}
 
e nel silenzio freddo le insanie e le trepide cure
in lento oblio si sciolgono.
 
Qui ’l fresco, qui ’l sonno, qui musiche leni ed i cori
de le cerule vergini,{{r|44}}
 
mentr’Espero allunga la rosea face su l’acque
e i flutti al lido gemono. -
 
Ahi triste Amore! egli odia le Muse, e lascivo i poeti
frange o li spegne tragico.{{r|48}}
 
Ma chi da gli occhi tuoi, che lunghe intentano guerre,
chi ne assecura, o Lalage?
 
Cogli a le pure Muse tre rami di lauro e di mirto,
e al Sole eterno li agita.{{r|52}}
 
Non da Peschiera vedi natanti le schiere de’ cigni
giú per il Mincio argenteo?
 
da’ verdi paschi dove Bianore dorme non odi
la voce di {{Ac|Publio Virgilio Marone|Virgilio}}{{r|56}}
 
Volgiti, Lalage, e adora. Un grande severo s’affaccia
a la torre scaligera.
 
- Suso in Italia bella - sorridendo ei mormora, e guarda
l’acqua la terra e l’aere.{{r|60}}
</poem>