Pagina:Aristofane - Commedie, Venezia 1545.djvu/182: differenze tra le versioni
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sognava cercare qualche nostra salute, e non pianger piu? |
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;Ni.: Qual salute dunque sarala? dillo tu. |
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;De.: Tu pur adunque dillomi, che non facia quistione. |
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;Ni.: Non per Apolline io, nò, hor dillo animosamente. poi anchora io te lo dirò. |
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;De.: A che modo tu mi dirai quello, che à me bisogna dire? |
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;Ni.: Ma io non hò l’ardire. à che modo adunque; potrò io dire questo malitiosamente? |
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;De.: Non mi, non mi. non haver paura, ne timidità, e non volere essere negligente, ma truova qualche partenza da’l patrone. |
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;Ni.: Hor dì, andiamo, continuamente così di compagnia considerando. |
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;De.: Et hora dico, andiamo. |
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;Ni.: Di dietro hora, dì questo, andiamo. |
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;De.: Questo. |
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;Ni.: Molto bene quasi scorticando. hora chetamente in prima dì, andiamo, poi questo tirando spesso. |
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;De.: Andiamo questo. andiamo, questo andiamo. |
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;Ni.: Non haverebe de’l dolce. |
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;De.: Per Giove hò paura di questo augurio, oltra che da la pelle. |
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;Ni.: Che poi? |
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;De.: Perche la pelle si parte da quelli che scorticano. |
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;Ni.: Buonissime adunque sono le cose nostre ch’havemo adesso. andano à ingenocchiarsi à qualche luogo |