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del dialetto, quella non so quale atticità, che nasce dall'uso vivo, e che ti fa non solo parlare ma sentire e concepire a quella maniera, come si vede nelle ''Novelle'' del Lasca, ne' ''Capricci del bottaio'' e nella ''Circe'' del Gelli, nell' ''Asino d'oro'' e ne' ''Discorsi degli animali'' di Agnolo Firenzuola. Ma anche in questi hai qua e là un sentore della nuova maniera ciceroniana e boccaccevole, come non mancano fra gli altri italiani uomini d'ingegno vivace, che si avvicinano alla spigliatezza e alla grazia toscana, quale si mostra {{Ac|Annibal Caro}} negli ''Straccioni'', nelle ''Lettere'', nel ''{{TestoCitato|Gli amori pastorali di Dafni e Cloe|Dafni e Cloe}}''. La lotta durò un bel pezzo tra la fiorentinità e quella forma comune e illustre, che battezzavano lingua italiana, cioè a dire tra la forma popolare o viva ed una forma convenzionale e letteraria. Anche in Toscana gli uomini colti non si contentavano di dire le cose alla semplice e alla buona, come faceva il Lasca e {{Ac|Benvenuto Cellini}}, ma avevano innanzi un tipo prestabilito e cercavano una forma nobile e decorosa. La borghesia voleva il suo linguaggio, e lo stacco si fece sempre più profondo tra essa e il popolo.<br />
del dialetto, quella non so quale atticità, che nasce dall’uso vivo, e che ti fa non solo parlare ma sentire e concepire a quella maniera, come si vede nelle ''Novelle'' del Lasca, ne’ ''Capricci del bottaio'' e nella ''Circe'' del Gelli, nell’ ''Asino d’oro'' e ne’ ''Discorsi degli animali'' di Agnolo Firenzuola. Ma anche in questi hai qua e là un sentore della nuova maniera ciceroniana e boccaccevole, come non mancano fra gli altri italiani uomini d’ingegno vivace, che si avvicinano alla spigliatezza e alla grazia toscana, quale si mostra {{Ac|Annibal Caro}} negli ''Straccioni'', nelle ''Lettere'', nel ''{{TestoCitato|Gli amori pastorali di Dafni e Cloe|Dafni e Cloe}}''. La lotta durò un bel pezzo tra la fiorentinità e quella forma comune e illustre, che battezzavano lingua italiana, cioè a dire tra la forma popolare o viva ed una forma convenzionale e letteraria. Anche in Toscana gli uomini colti non si contentavano di dire le cose alla semplice e alla buona, come faceva il Lasca e {{Ac|Benvenuto Cellini}}, ma avevano innanzi un tipo prestabilito e cercavano una forma nobile e decorosa. La borghesia voleva il suo linguaggio, e lo stacco si fece sempre più profondo tra essa e il popolo.<br />
Fioccavano i rimatori. Da ogni angolo d'Italia spuntavano sonetti e canzoni. Le ballate, i rispetti, gli stornelli, le forme spigliate della poesia popolare, andarono a poco a poco in disuso. Il petrarchismo invase uomini e donne. La posterità ha dimenticati i petrarchisti, e appena è se fra tanti rimatori sopravviva con qualche epiteto di lode il Casa, il Costanzo, {{Ac|Vittoria Colonna}}, {{Ac|Gaspara Stampa}}, Galeazzo di Tarsia e pochi altri, capitanati da {{Ac|Pietro Bembo}}, boccaccevole e petrarchista, tenuto allora principe della prosa e del verso.<br />
Fioccavano i rimatori. Da ogni angolo d’Italia spuntavano sonetti e canzoni. Le ballate, i rispetti, gli stornelli, le forme spigliate della poesia popolare, andarono a poco a poco in disuso. Il petrarchismo invase uomini e donne. La posterità ha dimenticati i petrarchisti, e appena è se fra tanti rimatori sopravviva con qualche epiteto di lode il Casa, il Costanzo, {{Ac|Vittoria Colonna}}, {{Ac|Gaspara Stampa}}, Galeazzo di Tarsia e pochi altri, capitanati da {{Ac|Pietro Bembo}}, boccaccevole e petrarchista, tenuto allora principe della prosa e del verso.<br />
Certo, prose e versi erano nel loro meccanismo di una buona fattura, e l'ultimo prosatore o rimatore scrivea più corretto e più regolato che parecchi pregiati scrittori de' secoli scorsi. E perchè tutti scrivevano bene e
Certo, prose e versi erano nel loro meccanismo di una buona fattura, e l’ultimo prosatore o rimatore scrivea più corretto e più regolato che parecchi pregiati scrittori de’ secoli scorsi. E perchè tutti scrivevano bene e