Pagina:Storia della letteratura italiana I.djvu/84: differenze tra le versioni

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che la superficie sia scabra, purchè ci sia sotto qualche cosa che si mova. Perciò è sempre evidente, spesso arido e rozzo. L'Italia ha già il suo poeta; non ha ancora il suo artista.
<section begin=s1/>che la superficie sia scabra, purchè ci sia sotto qualche cosa che si mova. Perciò è sempre evidente, spesso arido e rozzo. L'Italia ha già il suo poeta; non ha ancora il suo artista.<section end=s1/>
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<section begin=s2/>Se i rimatori o dicitori in rima aiutarono molto alla formazione del volgare, non minore opera vi diedero i bei favellatori, o favoleggiatori. «Favella» viene da «fabella», favoletta, e perciò le lingue moderne furon dette «favelle», lingue de’ favoleggiatori. Costoro nelle corti e ne’ castelli raccontavano novelle, come i rimatori poetavano d’Amore. Così gl’inizi della nostra lingua furono
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versi d’amore e prose da romanzo.
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Come i versi, così le prose aveano già tutto un repertorio venuto dal di fuori. I rimatori attingevano nel codice d’Amore; i novellatori o favellatori attingevano ne’ romanzi della Tavola rotonda o di Carlomagno. Il cavaliere errante era il tipo convenzionale degli uni e degli altri.<br />
Questa letteratura non produsse altro che traduzioni come sono i ''Conti di antichi cavalieri'', la ''Tavola rotonda ''e i ''Reali di Francia'': Tristano, Isotta, Lancillotto, il re Meliadus, il profeta Merlino, Carlomagno, Orlando erano gli eroi dell’immaginazione popolare. Oggi ancora i cantastorie napoletani raccontano ad una plebe avida di fatti maravigliosi le geste di Orlando e di Rinaldo. Anche la storia romana prese questa forma. Un codice antico ha per titolo: ''Lucano tradotto in prosa'', ed è la versione del ''Giulio Cesare'', romanzo in versi rimati di Jacques de Forest. La guerra tra Cesare e Pompeo è narrata con colori e particolari tolti alla vita cavalleresca. {{Ac|Marco Tullio Cicerone|Cicerone}}, «<section end=s2/>