Divina Commedia/Purgatorio/Canto XVIII: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Alebot (discussione | contributi)
m Conversione intestazione / correzione capitolo by Alebot
Alebot (discussione | contributi)
correzione apostrofi e capitoli
Riga 1:
{{Qualità|avz=75%|data=4 ottobre 2008|arg=Poemi}}
{{IncludiIntestazione|sottotitolo=[[Divina Commedia/Purgatorio|Purgatorio]]Canto diciottesimo|prec=../Canto XVII|succ=../Canto XIX}}
{{capitolo
|CapitoloPrecedente=Canto diciassettesimo
|NomePaginaCapitoloPrecedente=../Canto XVII
|CapitoloSuccessivo=Canto diciannovesimo
|NomePaginaCapitoloSuccessivo=../Canto XIX
}}
 
 
''Canto XVIII, il quale tratta del sopradetto quarto girone, ove si purga la soprascritta colpa e peccato de l'accidial’accidia; e qui mostra {{AutoreCitato|Publio Virgilio Marone|Virgilio}} che è perfetto amore; dove nomina l'abatel’abate da San Zeno di Verona.''
<poem>
Posto avea fine al suo ragionamento
l'altol’alto dottore, e attento guardava
ne la mia vista s'ios’io parea contento; {{r|3}}
 
e io, cui nova sete ancor frugava,
di fuor tacea, e dentro dicea: 'Forse’Forse
lo troppo dimandar ch'ioch’io fo li grava'grava’. {{r|6}}
 
Ma quel padre verace, che s'accorses’accorse
del timido voler che non s'aprivas’apriva,
parlando, di parlare ardir mi porse. {{r|9}}
 
Ond'ioOnd’io: "Maestro, il mio veder s'avvivas’avviva
sì nel tuo lume, ch'ioch’io discerno chiaro
quanto la tua ragion parta o descriva. {{r|12}}
 
Però ti prego, dolce padre caro,
che mi dimostri amore, a cui reduci
ogne buono operare e 'l’l suo contraro". {{r|15}}
 
"Drizza", disse, "ver'ver’ me l'agutel’agute luci
de lo 'ntelletto’ntelletto, e fieti manifesto
l'errorl’error de'de’ ciechi che si fanno duci. {{r|18}}
 
L'animoL’animo, ch'èch’è creato ad amar presto,
ad ogne cosa è mobile che piace,
tosto che dal piacere in atto è desto. {{r|21}}
Line 41 ⟶ 36:
Vostra apprensiva da esser verace
tragge intenzione, e dentro a voi la spiega,
sì che l'animol’animo ad essa volger face; {{r|24}}
 
e se, rivolto, inver'inver’ di lei si piega,
quel piegare è amor, quell'èquell’è natura
che per piacer di novo in voi si lega. {{r|27}}
 
Poi, come 'l’l foco movesi in altura
per la sua forma ch'èch’è nata a salire
là dove più in sua matera dura, {{r|30}}
 
così l'animol’animo preso entra in disire,
ch'èch’è moto spiritale, e mai non posa
fin che la cosa amata il fa gioire. {{r|33}}
 
Or ti puote apparer quant'èquant’è nascosa
la veritate a la gente ch'avverach’avvera
ciascun amore in sé laudabil cosa; {{r|36}}
 
Line 63 ⟶ 58:
è buono, ancor che buona sia la cera". {{r|39}}
 
"Le tue parole e 'l’l mio seguace ingegno",
rispuos'iorispuos’io lui, "m'm’ hanno amor discoverto,
ma ciò m'm’ ha fatto di dubbiar più pregno; {{r|42}}
 
ché, s'amores’amore è di fuori a noi offerto
e l'animal’anima non va con altro piede,
se dritta o torta va, non è suo merto". {{r|45}}
 
Ed elli a me: "Quanto ragion qui vede,
dir ti poss'ioposs’io; da indi in là t'aspettat’aspetta
pur a Beatrice, ch'èch’è opra di fede. {{r|48}}
 
Ogne forma sustanzïal, che setta
Line 83 ⟶ 78:
come per verdi fronde in pianta vita. {{r|54}}
 
Però, là onde vegna lo 'ntelletto’ntelletto
de le prime notizie, omo non sape,
e de'de’ primi appetibili l'affettol’affetto, {{r|57}}
 
che sono in voi sì come studio in ape
Line 91 ⟶ 86:
merto di lode o di biasmo non cape. {{r|60}}
 
Or perché a questa ogn'altraogn’altra si raccoglia,
innata v'èv’è la virtù che consiglia,
e de l'assensol’assenso de'de’ tener la soglia. {{r|63}}
 
Quest'èQuest’è 'l’l principio là onde si piglia
ragion di meritare in voi, secondo
che buoni e rei amori accoglie e viglia. {{r|66}}
 
Color che ragionando andaro al fondo,
s'accorsers’accorser d'estad’esta innata libertate;
però moralità lasciaro al mondo. {{r|69}}
 
Onde, poniam che di necessitate
surga ogne amor che dentro a voi s'accendes’accende,
di ritenerlo è in voi la podestate. {{r|72}}
 
La nobile virtù Beatrice intende
per lo libero arbitrio, e però guarda
che l'abbil’abbi a mente, s'as’a parlar ten prende". {{r|75}}
 
La luna, quasi a mezza notte tarda,
facea le stelle a noi parer più rade,
fatta com'uncom’un secchion che tuttor arda; {{r|78}}
 
e correa contra 'l’l ciel per quelle strade
che 'l’l sole infiamma allor che quel da Roma
tra ' Sardi e ' Corsi il vede quando cade. {{r|81}}
 
E quell'ombraquell’ombra gentil per cui si noma
Pietola più che villa mantoana,
del mio carcar diposta avea la soma; {{r|84}}
 
per ch'ioch’io, che la ragione aperta e piana
sovra le mie quistioni avea ricolta,
stava com'omcom’om che sonnolento vana. {{r|87}}
 
Ma questa sonnolenza mi fu tolta
Line 136 ⟶ 131:
 
cotal per quel giron suo passo falca,
per quel ch'ioch’io vidi di color, venendo,
cui buon volere e giusto amor cavalca. {{r|96}}
 
Tosto fur sovr'asovr’a noi, perché correndo
si movea tutta quella turba magna;
e due dinanzi gridavan piangendo: {{r|99}}
Line 147 ⟶ 142:
punse Marsilia e poi corse in Ispagna". {{r|102}}
 
"Ratto, ratto, che 'l’l tempo non si perda
per poco amor", gridavan li altri appresso,
"che studio di ben far grazia rinverda". {{r|105}}
Line 155 ⟶ 150:
da voi per tepidezza in ben far messo, {{r|108}}
 
questi che vive, e certo i'i’ non vi bugio,
vuole andar sù, pur che 'l’l sol ne riluca;
però ne dite ond'èond’è presso il pertugio". {{r|111}}
 
Parole furon queste del mio duca;
Line 168 ⟶ 163:
 
Io fui abate in San Zeno a Verona
sotto lo 'mperio’mperio del buon Barbarossa,
di cui dolente ancor Milan ragiona. {{r|120}}
 
E tale ha già l'unl’un piè dentro la fossa,
che tosto piangerà quel monastero,
e tristo fia d'avered’avere avuta possa; {{r|123}}
 
perché suo figlio, mal del corpo intero,
Line 179 ⟶ 174:
ha posto in loco di suo pastor vero". {{r|126}}
 
Io non so se più disse o s'eis’ei si tacque,
tant'eratant’era già di là da noi trascorso;
ma questo intesi, e ritener mi piacque. {{r|129}}
 
E quei che m'eram’era ad ogne uopo soccorso
disse: "Volgiti qua: vedine due
venir dando a l'accidïal’accidïa di morso". {{r|132}}
 
Di retro a tutti dicean: "Prima fue
morta la gente a cui il mar s'aperses’aperse,
che vedesse Iordan le rede sue. {{r|135}}
 
E quella che l'affannol’affanno non sofferse
fino a la fine col figlio d'Anchised’Anchise,
sé stessa a vita sanza gloria offerse". {{r|138}}
 
Poi quando fuor da noi tanto divise
quell'ombrequell’ombre, che veder più non potiersi,
novo pensiero dentro a me si mise, {{r|141}}
 
del qual più altri nacquero e diversi;
e tanto d'unod’uno in altro vaneggiai,
che li occhi per vaghezza ricopersi, {{r|144}}
 
e 'l’l pensamento in sogno trasmutai.
 
</poem>
Line 210 ⟶ 205:
 
{{Interprogetto|etichetta=Purgatorio - Canto diciottesimo|w=Purgatorio_-_Canto_diciottesimo}}
 
{{capitolo
|CapitoloPrecedente=Canto diciassettesimo
|NomePaginaCapitoloPrecedente=../Canto XVII
|CapitoloSuccessivo=Canto diciannovesimo
|NomePaginaCapitoloSuccessivo=../Canto XIX
}}
 
[[cs:Božská komedie/Očistec/Zpěv osmnáctý]]