Divina Commedia/Purgatorio/Canto XI: differenze tra le versioni
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{{Qualità|avz=75%|data=17 agosto 2008|arg=Poemi}}{{IncludiIntestazione|sottotitolo=[[Divina Commedia/Purgatorio|Purgatorio]]<br /><br />Canto undicesimo|prec=../Canto X|succ=../Canto XII}}
''Canto XI, nel quale si tratta del sopradetto primo girone e
▲''Canto XI, nel quale si tratta del sopradetto primo girone e de' superbi medesimi, e qui si purga la vana gloria ch'è uno de' rami de la superbia; dove nomina il conte Uberto da Santafiore e messer Provenzano Salvani di Siena e molti altri.''
<poem>
"O Padre nostro, che
non circunscritto, ma per più amore
laudato sia
da ogne creatura,
di render grazie al tuo dolce vapore. {{r|6}}
Vegna
ché noi ad essa non potem da noi,
Come del suo voler li angeli tuoi
fan sacrificio a te, cantando osanna,
così facciano li uomini
Dà oggi a noi la cotidiana manna,
sanza la qual per questo aspro diserto
a retro va chi più di gir
E come noi lo mal
perdoniamo a ciascuno, e tu perdona
benigno, e non guardar lo nostro merto. {{r|18}}
Nostra virtù che di legger
non spermentar con
ma libera da lui che sì la sprona. {{r|21}}
già non si fa per noi, ché non bisogna,
ma per color che dietro a noi restaro". {{r|24}}
Così a sé e noi buona ramogna
simile a quel che talvolta si sogna, {{r|27}}
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Se di là sempre ben per noi si dice,
di qua che dire e far per lor si puote
da quei
Ben si
che portar quinci, sì che, mondi e lievi,
possano uscire a le stellate ruote. {{r|36}}
"Deh, se giustizia e pietà vi disgrievi
tosto, sì che possiate muover
che secondo il disio vostro vi lievi, {{r|39}}
mostrate da qual mano
si va più corto; e se
quel ne
ché questi che vien meco, per lo
de la carne
al montar sù, contra sua voglia, è parco". {{r|45}}
Le lor parole, che rendero a queste
che dette avea colui
non fur da cui venisser manifeste; {{r|48}}
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possibile a salir persona viva. {{r|51}}
E
che la cervice mia superba doma,
onde portar convienmi il viso basso, {{r|54}}
cotesti,
e per farlo pietoso a questa soma. {{r|57}}
Io fui latino e nato
Guiglielmo Aldobrandesco fu mio padre;
non so se
che, non pensando a la comune madre, {{r|63}}
e sallo in Campagnatico ogne fante. {{r|66}}
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ha ella tratti seco nel malanno. {{r|69}}
E qui convien
per lei, tanto che a Dio si sodisfaccia,
poi
Ascoltando chinai in giù la faccia;
e un di lor, non questi che parlava,
si torse sotto il peso che li
e videmi e conobbemi e chiamava,
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a me che tutto chin con loro andava. {{r|78}}
"Oh!",
l’onor d’Agobbio e l’onor di quell’arte
"Frate",
che pennelleggia Franco Bolognese;
Ben non
mentre
de
Di tal superbia qui si paga il fio;
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sì che la fama di colui è scura. {{r|96}}
Così ha tolto
la gloria de la lingua; e forse è nato
chi
Non è il mondan romore altro
di vento,
e muta nome perché muta lato.}} {{r|102}}
Che voce avrai tu più, se vecchia scindi
da te la carne, che se fossi morto
anzi che tu lasciassi il
pria che passin
spazio a
al cerchio che più tardi in cielo è torto. {{r|108}}
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e ora a pena in Siena sen pispiglia, {{r|111}}
la rabbia fiorentina, che superba
fu a quel tempo sì
La vostra nominanza è color
che viene e va, e quei la discolora
per cui ella esce de la terra acerba". {{r|117}}
E io a lui: "Tuo vero dir
bona umiltà, e gran tumor
ma chi è quei di cui tu parlavi ora?". {{r|120}}
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a sodisfar chi è di là troppo oso". {{r|126}}
E io: "Se quello spirito
pria che si penta,
qua giù dimora e qua sù non ascende, {{r|129}}
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"Quando vivea più glorïoso", disse,
"liberamente nel Campo di Siena,
ogne vergogna diposta,
e lì, per trar
si condusse a tremar per ogne vena. {{r|138}}
Più non dirò, e scuro so che parlo;
ma poco tempo andrà, che
faranno sì che tu potrai chiosarlo. {{r|141}}
</poem>
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===== Altri progetti =====
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