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{{Qualità|avz=75%|data=13 febbraio 2008|arg=Poemi}}{{IncludiIntestazione|sottotitolo=[[Divina Commedia/Paradiso|Paradiso]]<br /><br />Canto ventiseiesimo|prec=../Canto XXV|succ=../Canto XXVII}}
''Canto XXVI, nel quale
▲''Canto XXVI, nel quale l'auttore ne conforta seguitare lo innefabile amore, e dove trova Adamo il nostro primo padre, dicente a lui il tempo de la sua felicitade e infelicitade.''
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de la fulgida fiamma che lo spense
uscì un spiro che mi fece attento, {{r|3}}
ben è che ragionando la compense. {{r|6}}
Comincia dunque; e dì ove
la vista in te smarrita e non defunta: {{r|9}}
perché la donna che per questa dia
regïon ti conduce, ha ne lo sguardo
la virtù
Io dissi: «Al suo piacere e tosto e tardo
vegna remedio a li occhi, che fuor porte
Lo ben che fa contenta questa corte,
Quella medesma voce che paura
tolta
di ragionare ancor mi mise in cura; {{r|21}}
e disse: «Certo a più angusto vaglio
ti conviene schiarar: dicer convienti
chi drizzò
E io: «Per filosofici argomenti
e per autorità che quinci scende
cotale amor convien che in me si
ché
così accende amore, e tanto maggio
quanto più di bontate in sé comprende. {{r|30}}
Dunque a
che ciascun ben che fuor di lei si trova
altro non è
più che in altra convien che si mova
il vero in che si fonda questa prova. {{r|36}}
Tal vero a
colui che mi dimostra il primo amore
di tutte le sustanze sempiterne. {{r|39}}
Sternel la voce del verace autore,
che dice a Moïsè, di sé parlando:
Sternilmi tu ancora, incominciando
di qui là giù sovra ogne altro bando». {{r|45}}
E io
e per autoritadi a lui concorde
Ma dì ancor se tu senti altre corde
Non fu latente la santa intenzione
de
dove volea menar mia professione. {{r|54}}
a la mia caritate son concorsi: {{r|57}}
ché
la morte
e quel che spera ogne fedel
con la predetta conoscenza viva,
tratto
e del diritto
Le fronde onde
de
quanto da lui a lor di bene è porto». {{r|66}}
Sì
risonò per lo cielo, e la mia donna
dicea con li altri: «Santo, santo, santo!». {{r|69}}
così de li occhi miei ogne quisquilia
fugò Beatrice col raggio
che rifulgea da più di mille milia: {{r|78}}
onde mei che dinanzi vidi poi;
e quasi stupefatto domandai
E la mia donna: «Dentro da quei rai
vagheggia il suo fattor
che la prima virtù creasse mai». {{r|84}}
per la propria virtù che la soblima, {{r|87}}
stupendo, e poi mi rifece sicuro
un disio di parlare
E cominciai: «O pomo che maturo
Talvolta un animal coverto broglia,
sì che
per lo seguir che face a lui la
e similmente
mi facea trasparer per la coverta
Indi spirò: «
da te, la voglia tua discerno meglio
che tu qualunque cosa
che fa di sé pareglio a
e nulla face lui di sé pareglio. {{r|108}}
Tu vuogli udir
ne
a così lunga scala ti dispuose, {{r|111}}
e quanto fu diletto a li occhi miei,
e la propria cagion del gran disdegno,
e
Or, figliuol mio, non il gustar del legno
di sol desiderai questo concilio; {{r|120}}
e vidi lui tornare a
de la sua strada novecento trenta
fïate, mentre
La lingua
innanzi che a
fosse la gente di Nembròt attenta: {{r|126}}
poi fare a voi secondo che v'abbella.}} {{r|132}}
Pria
I
onde vien la letizia che mi fascia; {{r|135}}
e El si chiamò poi: e ciò convene,
ché
in ramo, che sen va e altra vene. {{r|138}}
Nel monte che si leva più da
da la
come
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[[en:The Divine Comedy/Paradiso/Canto XXVI]]
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