Divina Commedia/Paradiso/Canto VI: differenze tra le versioni
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{{Qualità|avz=75%|data=13 febbraio 2008|arg=Poemi}}{{IncludiIntestazione|sottotitolo=[[Divina Commedia/Paradiso|Paradiso]]<br /><br />Canto sesto|prec=../Canto V|succ=../Canto VII}}
''Canto VI, dove, nel cielo di Mercurio, Iustiniano imperadore sotto brevità narra tutti li grandi fatti operati per li Romani sotto la
▲''Canto VI, dove, nel cielo di Mercurio, Iustiniano imperadore sotto brevità narra tutti li grandi fatti operati per li Romani sotto la 'nsegna de l'aquila, da l'avvenimento di Enea in Italia infino al tempo di Longobardi; e alcune cose si dicono qui in laude di Romeo visconte del conte Ramondo Berlinghieri di Proenza.''
<poem>
«Poscia che Costantin
dietro a
cento e
ne lo stremo
vicino
e sotto
governò
e, sì cangiando, in su la mia pervenne. {{r|9}}
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d'entro le leggi trassi il troppo e 'l vano. {{r|12}}
E prima
una natura in Cristo esser, non piùe,
credea, e di tal fede era contento; {{r|15}}
ma
sommo pastore, a la fede sincera
mi dirizzò con le parole sue. {{r|18}}
Io li credetti; e ciò che
ogni contradizione e falsa e vera. {{r|21}}
Tosto che con la Chiesa mossi i piedi,
a Dio per grazia piacque di spirarmi
e al mio Belisar commendai
cui la destra del ciel fu sì congiunta,
che segno fu
Or qui a la question prima
la mia risposta; ma sua condizione
mi stringe a seguitare alcuna giunta, {{r|30}}
perché tu veggi con quanta ragione
si move
e chi
Vedi quanta virtù
di reverenza; e cominciò da
che Pallante morì per darli regno. {{r|36}}
Tu sai
per trecento anni e oltre, infino al fine
che i tre
E sai
al dolor di Lucrezia in sette regi,
vincendo intorno le genti vicine. {{r|42}}
Sai quel
Romani incontro a Brenno, incontro a Pirro,
incontro a li altri principi e collegi; {{r|45}}
onde Torquato e Quinzio, che dal cirro
negletto fu nomato, i Deci e
ebber la fama che volontier mirro. {{r|48}}
Esso atterrò
che di retro ad Anibale passaro
Scipïone e Pompeo; e a quel colle
sotto
Poi, presso al tempo che tutto
redur lo mondo a suo modo sereno,
Cesare per voler di Roma il tolle. {{r|57}}
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e ogne valle onde Rodano è pieno. {{r|60}}
Quel che fé poi
e saltò Rubicon, fu di tal volo,
che nol seguiteria lingua né penna. {{r|63}}
poi
sì
Antandro e Simeonta, onde si mosse,
rivide e là
e mal per Tolomeo poscia si scosse. {{r|69}}
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Di quel che fé col baiulo seguente,
Bruto con Cassio ne
e Modena e Perugia fu dolente. {{r|75}}
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che fu serrato a Giano il suo delubro. {{r|81}}
Ma ciò che
fatto avea prima e poi era fatturo
per lo regno mortal
diventa in apparenza poco e scuro,
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ché la viva giustizia che mi spira,
li concedette, in mano a quel
gloria di far vendetta a la sua ira. {{r|90}}
Or qui
poscia con Tito a far vendetta corse
de la vendetta del peccato antico. {{r|93}}
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Omai puoi giudicar di quei cotali
che son cagion di tutti vostri mali. {{r|99}}
oppone, e
sì
Faccian li Ghibellin, faccian lor arte
sempre chi la giustizia e lui diparte; {{r|105}}
e non
coi Guelfi suoi, ma tema de li artigli
Molte fïate già pianser li figli
per la colpa del padre, e non si creda
che Dio trasmuti
Questa picciola stella si correda
perché onore e fama li succeda: {{r|114}}
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del vero amore in sù poggin men vivi. {{r|117}}
Ma nel commensurar
col merto è parte di nostra letizia,
perché non li vedem minor né maggi. {{r|120}}
Quindi addolcisce la viva giustizia
in noi
torcer già mai ad alcuna nequizia. {{r|123}}
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E dentro a la presente margarita
luce la luce di Romeo, di cui
fu
Ma i Provenzai che fecer contra lui
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indi partissi povero e vetusto;
e se
mendicando sua vita a frusto a frusto, {{r|141}}
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===== Altri progetti =====
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[[en:The Divine Comedy/Paradiso/Canto VI]]
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