Divina Commedia/Inferno/Canto XXII: differenze tra le versioni
Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Nessun oggetto della modifica |
correzione apostrofi e capitoli |
||
Riga 1:
{{Qualità|avz=100%|data=18 maggio 2008|arg=Poemi}}{{IncludiIntestazione|sottotitolo=[[Divina Commedia/Inferno|Inferno]]<br />Canto ventiduesimo|prec=../Canto XXI|succ=../Canto XXIII}}
''Canto XXII, nel quale abomina quelli di Sardigna e tratta alcuna cosa de la sagacitade
▲''Canto XXII, nel quale abomina quelli di Sardigna e tratta alcuna cosa de la sagacitade de' barattieri in persona d'uno navarrese, e de' barattieri medesimi questo canta.''
Line 30 ⟶ 25:
coi santi, e in taverna coi ghiottoni. {{r|15}}
Pur a la pegola era la mia
per veder de la bolgia ogne contegno
e de la gente
Come i dalfini, quando fanno segno
che
talor così, ad alleggiar la pena,
e nascondea in men che non balena. {{r|24}}
E come a
stanno i ranocchi pur col muso fuori,
sì che celano i piedi e
sì stavan
ma come
così si ritraén sotto i bollori. {{r|30}}
uno aspettar così,
e Graffiacan, che li era più di contra,
li arruncigliò le
e trassel sù, che mi parve una lontra. {{r|36}}
sì li notai quando fuorono eletti,
e poi
"O Rubicante, fa che tu li metti
Line 70 ⟶ 65:
venuto a man de li avversari suoi". {{r|45}}
Lo duca mio li
domandollo
"
Mia madre a servo
che
distruggitor di sé e di sue cose. {{r|51}}
Poi fui famiglia del buon re Tebaldo;
quivi mi misi a far baratteria,
di
E Cirïatto, a cui di bocca uscia
li fé sentir come
Tra male gatte era venuto
ma Barbariccia il chiuse con le braccia
e disse: "State in là,
E al maestro mio volse la faccia;
"Domanda", disse, "ancor, se più disii
saper da lui, prima
Lo duca dunque: "Or dì: de li altri rii
conosci tu alcun che sia latino
sotto la pece?". E quelli: "
poco è, da un che fu di là vicino.
Così
E Libicocco "Troppo avem sofferto",
disse; e preseli
sì che, stracciando, ne portò un lacerto. {{r|72}}
Draghignazzo anco i volle dar di piglio
giuso a le gambe; onde
si volse intorno intorno con mal piglio. {{r|75}}
a lui,
domandò
"Chi fu colui da cui mala partita
Ed ei rispuose: "Fu frate Gomita, {{r|81}}
quel di Gallura, vasel
e fé sì lor, che ciascun se ne loda. {{r|84}}
Danar si tolse e lasciolli di piano,
sì
barattier fu non picciol, ma sovrano. {{r|87}}
Line 130 ⟶ 125:
le lingue lor non si sentono stanche. {{r|90}}
Omè, vedete
non
E
che stralunava li occhi per fedire,
disse: "Fatti
"Se voi volete vedere o udire",
Line 143 ⟶ 138:
ma stieno i Malebranche un poco in cesso,
sì
e io, seggendo in questo loco stesso, {{r|102}}
per un
di fare allor che fori alcun si mette". {{r|105}}
Cagnazzo a cotal motto levò
crollando
rispuose: "Malizioso son io troppo,
Alichin non si tenne e, di rintoppo
Line 162 ⟶ 157:
io non ti verrò dietro di gualoppo, {{r|114}}
ma batterò sovra la pece
Lascisi
a veder se tu sol più di noi vali". {{r|117}}
O tu che leggi, udirai nuovo ludo:
ciascun da
quel prima,
Lo Navarrese ben suo tempo colse;
Line 176 ⟶ 171:
Di che ciascun di colpa fu compunto,
ma quei più che cagion fu del difetto;
però si mosse e gridò: "Tu
Ma poco i valse: ché
non potero avanzar; quelli andò sotto,
e quei drizzò volando suso il petto: {{r|129}}
non altrimenti
quando
ed ei ritorna sù crucciato e rotto. {{r|132}}
Line 190 ⟶ 185:
che quei campasse per aver la zuffa; {{r|135}}
e come
così volse li artigli al suo compagno,
e fu con lui sopra
Ma
ad artigliar ben lui, e amendue
cadder nel mezzo del bogliente stagno. {{r|141}}
Line 200 ⟶ 195:
Lo caldo sghermitor sùbito fue;
ma però di levarsi era neente,
sì avieno inviscate
Barbariccia, con li altri suoi dolente,
quattro ne fé volar da
con
di qua, di là discesero a la posta;
porser li uncini verso li
E noi lasciammo lor così
</poem>
Line 216 ⟶ 211:
===== Altri progetti =====
{{Interprogetto|etichetta=Inferno - Canto ventiduesimo|w=Inferno_-_Canto_ventiduesimo}}
[[en:The Divine Comedy/Inferno/Canto XXII]]
|