Divina Commedia/Inferno/Canto XIII: differenze tra le versioni
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{{Qualità|avz=100%|data=18 maggio 2008|arg=Poemi}}{{IncludiIntestazione|sottotitolo=[[Divina Commedia/Inferno|Inferno]]<br />Canto tredicesimo|prec=../Canto XII|succ=../Canto XIV}}
''Canto XIII, ove tratta de
▲''Canto XIII, ove tratta de l'esenzia del secondo girone ch'è nel settimo circulo, dove punisce coloro ch'ebbero contra sé medesimi violenta mano, ovvero non uccidendo sé ma guastando i loro beni.''
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Non fronda verde, ma di color fosco;
non rami schietti, ma nodosi e
non pomi
Non han sì aspri sterpi né sì folti
quelle fiere selvagge che
tra Cecina e Corneto i luoghi cólti. {{r|9}}
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Ali hanno late, e colli e visi umani,
piè con artigli, e pennuto
fanno lamenti in su li alberi strani. {{r|15}}
E
sappi che
mi cominciò a dire, "e sarai mentre {{r|18}}
che tu verrai ne
Però riguarda ben; sì vederai
cose che torrien fede al mio sermone". {{r|21}}
Io sentia
e non vedea persona che
per
che tante voci uscisser, tra quei bronchi,
da gente che per noi si nascondesse. {{r|27}}
Però disse
qualche fraschetta
li pensier
Allor porsi la mano un poco avante
e colsi un ramicel da un gran pruno;
e
Da che fatto fu poi di sangue bruno,
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Uomini fummo, e or siam fatti sterpi:
ben
se state fossimo anime di serpi". {{r|39}}
Come
da
e cigola per vento che va via, {{r|42}}
sì de la scheggia rotta usciva insieme
parole e sangue;
cadere, e stetti come
"
rispuose
ciò
non averebbe in te la man distesa;
ma la cosa incredibile mi fece
indurlo ad ovra
Ma dilli chi tu fosti, sì che
nel mondo sù, dove tornar li lece". {{r|54}}
E
Io son {{AutoreCitato|Pier della Vigna|colui}} che tenni ambo le chiavi
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serrando e diserrando, sì soavi, {{r|60}}
che dal secreto suo quasi
fede portai al glorïoso offizio,
tanto
La meretrice che mai da
di Cesare non torse li occhi putti,
morte comune e de le corti vizio, {{r|66}}
infiammò contra me li animi tutti;
e li
che
credendo col morir fuggir disdegno,
ingiusto fece me contra me giusto. {{r|72}}
Per le nove radici
vi giuro che già mai non ruppi fede
al mio segnor, che fu
E se di voi alcun nel mondo riede,
conforti la memoria mia, che giace
ancor del colpo che
Un poco attese, e poi "Da
disse
{{§|CXIII78|ma parla, e chiedi a lui, se più ti piace".}} {{r|81}}
di quel che credi
Perciò ricominciò: "Se
liberamente ciò che
spirito incarcerato, ancor ti piaccia {{r|87}}
di dirne come
in questi nocchi; e dinne, se tu puoi,
Allor soffiò il tronco forte, e poi
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"Brievemente sarà risposto a voi. {{r|93}}
Quando si parte
dal corpo
Minòs la manda a la settima foce. {{r|96}}
Cade in la selva, e non
ma là dove fortuna la balestra,
quivi germoglia come gran di spelta. {{r|99}}
Surge in vermena e in pianta silvestra:
fanno dolore, e al dolor fenestra. {{r|102}}
Come
ma non però
ché non è giusto aver ciò
Qui le strascineremo, e per la mesta
selva saranno i nostri corpi appesi,
ciascuno al prun de
Noi eravamo ancora al tronco attesi,
credendo
quando noi fummo
similemente a colui che venire
sente
Ed ecco due da la sinistra costa,
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Quel dinanzi: "Or accorri, accorri, morte!".
E
gridava: "Lano, sì non furo accorte {{r|120}}
le gambe tue a le giostre dal Toppo!".
E poi che forse li fallia la lena,
di sé e
Di rietro a loro era la selva piena
di nere cagne, bramose e correnti
come veltri
In quel che
e quel dilaceraro a brano a brano;
poi sen portar quelle membra dolenti. {{r|129}}
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"O Iacopo", dicea, "da Santo Andrea,
che
che colpa ho io de la tua vita rea?". {{r|135}}
Quando
disse: "Chi fosti, che per tante punte
soffi con sangue doloroso sermo?". {{r|138}}
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Ed elli a noi: "O anime che giunte
siete a veder lo strazio disonesto
raccoglietele al piè del tristo cesto.
mutò
sempre con
e se non fosse che
rimane ancor di lui alcuna vista, {{r|147}}
sovra
avrebber fatto lavorare indarno. {{r|150}}
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===== Altri progetti =====
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