Storia della letteratura italiana (De Sanctis 1890)/III: differenze tra le versioni

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Fin qui giunge la coscienza di {{AutoreCitato|Dante Alighieri|Dante}}. Se gli domandi più in là, ti risponde come Raffaello: «Noto, quando Amor mi spira», ubbidisco all'ispirazione. E appunto, se vogliamo trovar Dante, dobbiamo cercarlo qui, fuori della sua coscienza, nella spontaneità della sua ispirazione. Innanzi tutto, Dante ha la serietà e la sincerità dell'ispirazione. Chi legge la ''{{TestoCitato|Vita nuova}}'', non può mettere in dubbio la sua sincerità. Ci si vede lo studente di Bologna, pieno il capo di astronomia e di cabala, di filosofia e di rettorica, di Ovidio e di {{AutoreCitato|Publio Virgilio Marone|Virgilio}}, di poeti e di rimatori; ma tutto questo non è la sostanza del libro, ci entra come colorito e ne forma il lato grottesco. Sotto l'abito dello studente ci è un cuore puro e nuovo, tutto aperto alle impressioni, facile alle adorazioni e alle disperazioni, ed una fervida immaginazione che lo tiene alto da terra e vagabondo nel regno de' fantasmi. L'amore per la bella fanciulla involta di drappo sanguigno, ch'egli chiama Beatrice, ha tutt'i caratteri di un primo amore giovanile, nella sua purezza e verginità, più nell'immaginazione che nel cuore. Beatrice è più simile a sogno, a fantasma, a ideale celeste, che a realtà distinta e che produca effetti propri. Uno sguardo, un saluto è tutta la storia di questo amore. Beatrice morì angiolo, prima che fosse donna, e l'amore non ebbe tempo di divenire una passione, come si direbbe oggi, rimase un sogno ed un sospiro. Appunto perchè Beatrice ha così poca realtà e personalità, esiste più nella mente di Dante che fuori di quella, ed ivi coesiste e si confonde con l'ideale del trovatore, l'ideale del filosofo e del cristiano: mescolanza fatta con perfetta buona fede, e perciò grottesca certo, ma non falsa e non convenzionale. Queste che presso gli altri sono astrattezze scolastiche e rettoriche, qui sono cacciate nel fondo del quadro, sono non il quadro, ma contorni e accessorii. Il quadro è Beatrice, non così reale che tiri e chiuda in sè l'amante, ma reale tanto che opera con efficacia sul suo cuore e sulla sua immaginazione. Non ci è proprio l'amante, ma ci è il poeta, che per questo o quello incidente anche minimo del suo amore si sente mosso a scrivere se stesso in un sonetto o in una canzone. Quando il suo animo è tranquillo, fa capolino il dottore, il retore e il rimatore; ma quando il suo animo è veracemente commosso, Dante gitta via il suo berretto di dottore e le sue regole rettoriche e le sue reminiscenze poetiche, e ubbidisce a l'ispirazione. Allora è Beatrice, solo Beatrice, che occupa la sua mente, e le sue impressioni, appunto perchè immediate e sincere, sono quasi pure di ogni mescolanza. Il suo amore si rivela schietto come lo sente, più adorazione e ammirazione che appassionato amore di donna. Tale è il sonetto
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Ma se questo mondo logicamente è uno e concorde, esteticamente è scisso, perchè non è insieme terra e cielo, ma è ora l'uno, ora l'altro, imperfetti ambidue. Il fantasma è spesso simile più ad un'allegoria che ad una realtà, ed è stazionario, senza successione e senza sviluppo, senza storia. La realtà è pura scienza, in forma scolastica. Si può dire che quando in questo mondo comincia la realtà, allora appunto muore la poesia, s'inaridisce la fantasia e il sentimento. È un difetto organico di questo mondo, che resiste a tutti gli sforzi dell'arte, resiste a Dante.<br />
D'altra parte, Dante vi si mostra più poeta che artista. Quel mondo è per lui cosa troppo seria, perchè possa contemplarlo col sereno istinto dell'arte. Poco a lui importa che la superficie sia scabra, purchè ci sia sotto qualche cosa che si mova. Perciò è sempre evidente, spesso arido e rozzo. L'Italia ha già il suo poeta; non ha ancora il suo artista.
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