Rime (Stampa)/Rime varie/CCXCVII: differenze tra le versioni

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<poem>
- Di chi ti lagni, o mio diletto e fido,
sovra questo famoso e chiaro lido,
ove fan nido tante onorat'almeonorat’alme
felici ed alme?
- Io mi lagno, signor, di due begli occhi,
onde eterna dolcezza avien che fiocchi,
né par che tocchi a lor, né dia lor noia,
perch'ioperch’io mi moia.
- Per le saette mie, per la mia face
che 'l’l tuo languir a gran torto mi spiace
ma, s'eglis’egli piace a chi vuol che ti sfaccia,
che vòi ch'ioch’io faccia?
- Vo'Vo’ che tu, che sol pòi soccorso darmi,
tu, che sei nostro dio, tu, ch'haich’hai fort'armifort’armi,
onde aitarmi, o tempri il duro core
o 'l’l mio dolore.
- Mille fiate e mille mi son messo
per saettar quegli occhi e gir lor presso;
ma 'l’l lume stesso sì m'ingombram’ingombra, ch'ioch’io
non son più dio.
- Or se tanto essi, e tu sì poco vali,
perché non cedi lor l'arcol’arco e gli strali
e faci ed ali e 'l’l tuo carro e 'l’l tuo regno,
come a più degno?
- Io cederei di grado, pur che loco
mi desser que'que’ begli occhi, e strali e foco,
ond'aproond’apro e cuoco; ma lor non aggrada
che seco vada.
- Com'esserCom’esser può ch'Amorch’Amor voglia legarse
e farsi servo altrui, né possa farse,
e son sì scarse quelle vive stelle,
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- Elle hanno a schivo che di lor vittoria
abbia io, stando con lor, parte di gloria,
perché d'istoriad’istoria è men degno colui
ch'èch’è con altrui.
- Dunque senza speranza e senza aita,
poi ch'èch’è la deitade tua finita,
sarà mia vita il tempo che m'avanzam’avanza
in disianza?
- Così fia, lasso! ed io la face e l'arcol’arco
e le saette mie gitto ad un varco,
poi che son scarco, mercé di quel lume,
d'ognid’ogni mio nume.
- Piangiamo insieme, l'unl’un la deitate,
l'altrol’altro la sua perduta libertate,
senza pietade di colei, che sola
tutto n'involan’invola.
- Io volo al cielo. - Io resto fra quest'ondequest’onde.
- Io Giove. - Io chiamerò chi non risponde.
Aure seconde, fate al mondo chiara
cosa sì rara.
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