Rime (Stampa)/Rime varie/CCXCVII: differenze tra le versioni
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{{Qualità|avz=75%|data=22 settembre 2009|arg=Poesie}}{{IncludiIntestazione|sottotitolo=[[Rime (Stampa)/Rime varie|Rime varie]]<br/><br/>CCXCVII|prec=../CCXCVI|succ=../CXCVIII}}
<poem>
- Di chi ti lagni, o mio diletto e fido,
sovra questo famoso e chiaro lido,
ove fan nido tante
felici ed alme?
- Io mi lagno, signor, di due begli occhi,
onde eterna dolcezza avien che fiocchi,
né par che tocchi a lor, né dia lor noia,
- Per le saette mie, per la mia face
che
ma,
che vòi
-
tu, che sei nostro dio, tu,
onde aitarmi, o tempri il duro core
o
- Mille fiate e mille mi son messo
per saettar quegli occhi e gir lor presso;
ma
non son più dio.
- Or se tanto essi, e tu sì poco vali,
perché non cedi lor
e faci ed ali e
come a più degno?
- Io cederei di grado, pur che loco
mi desser
che seco vada.
-
e farsi servo altrui, né possa farse,
e son sì scarse quelle vive stelle,
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- Elle hanno a schivo che di lor vittoria
abbia io, stando con lor, parte di gloria,
perché
- Dunque senza speranza e senza aita,
poi
sarà mia vita il tempo che
in disianza?
- Così fia, lasso! ed io la face e
e le saette mie gitto ad un varco,
poi che son scarco, mercé di quel lume,
- Piangiamo insieme,
senza pietade di colei, che sola
tutto
- Io volo al cielo. - Io resto fra
- Io Giove. - Io chiamerò chi non risponde.
Aure seconde, fate al mondo chiara
cosa sì rara.
</poem>
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