Rime (Stampa)/Rime d'amore/XCV: differenze tra le versioni
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{{Qualità|avz=75%|data=22 settembre 2009|arg=Poesie}}{{IncludiIntestazione|sottotitolo=[[Rime (Stampa)/Rime d'amore|Rime d'amore]]<br/><br/>XCV|prec=../XCIV|succ=../XCVI}}
<poem>
Menami, Amor, ormai, lassa! il mio sole,
che mi solea non pur far chiaro il giorno,
ma non men che
tal
sì di
disgombrava le tenebre e la nebbia.
Ed ora più non veggio altro che nebbia,
poi che
con la sua e del mondo altera luce
lume facendo in altra parte e giorno,
vuol che mai non si rompa per me
perché da me non fugga unqua la notte.
Deh discacciasse il vel di questa notte,
il vel di tanta e sì importuna nebbia,
e a
mi rimenasse il mio bramato sole,
sì che lieta vedessi ancora un giorno,
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ben fôra chiaro e desiato giorno,
e disgombrato di tempeste e nebbia,
che mostrasse a
spuntando tra le rose e tra i fior
Pur
morte amara non spenga la mia luce,
invidiando a lei
e chiusi gli occhi in sempiterna notte,
ne vada, lassa, a star fra quella nebbia,
dove mai non si vede chiaro giorno.
Tu dunque, Amor, che fai di notte giorno,
e puoi condurmi in un momento
e via cacciar
e di tenebre oscure trar la luce,
rompi omai
et adduci a
Vivo sol, che solei far chiaro il giorno,
mentre la luce mia non vide nebbia,
perché non meni a la mia notte
</poem>
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