Orlando furioso (1928)/Canto 5: differenze tra le versioni
Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
m Conversione intestazione / correzione capitolo by Alebot |
Correzione pagina via bot |
||
Riga 1:
{{Qualità|avz=75%|data=20 dicembre 2008|arg=Poemi}}
{{IncludiIntestazione|sottotitolo=Canto 5|prec=../Canto 4|succ=../Canto 6}}
<poem>
{{O|1}} Tutti gli altri animai che sono in terra,
Line 12 ⟶ 7:
o se vengono a rissa e si fan guerra,
alla femina il maschio non la face:
la leonessa appresso il leon giace;
col lupo vive la lupa sicura,
né la iuvenca ha del torel paura.
{{O|2}}
è venuta a turbar gli umani petti?
che si sente il marito e la mogliera
sempre garrir
stracciar la faccia e far livida e nera,
bagnar di pianto i geniali letti;
e non di pianto sol, ma alcuna volta
di sangue gli ha bagnati
{{O|3}} Parmi non sol gran mal, ma che
contra natura e sia di Dio ribello,
che
di bella donna, o romperle un capello:
ma chi le dà veneno, o chi le caccia
ma in vista umana uno spirto de
{{O|4}} Cotali esser doveano i duo ladroni
che Rinaldo cacciò da la donzella,
da lor condotta in quei scuri valloni
perché non se
Io lasciai
al paladin, che le fu buono amico:
or, seguendo
{{O|5}} La donna incominciò: - Tu intenderai
la maggior crudeltade e la più espressa,
o in loco più crudel fosse commessa.
E se rotando il sole i chiari rai,
qui men
credo
perché veder sì crudel gente schivi.
{{O|6}}
in ogni età se
ma dar la morte a chi procuri e studi
il tuo ben sempre, è troppo ingiusto ed empio.
Line 62 ⟶ 57:
ti dirò da principio ogni cagione.
{{O|7}} Voglio che sappi, signor mio,
tenera ancora, alli servigi venni
de la figlia del re, con cui crescendo,
buon luogo in corte ed onorato tenni.
Crudele Amore, al mio stato invidendo,
parermi il duca
{{O|8}} Perché egli mostrò amarmi più che molto,
io ad amar lui con tutto il cor mi mossi.
Ben
ma dentro il petto mal giudicar possi.
Credendo, amando, non cessai che tolto
di tutte le real camere in quella
che più secreta avea Ginevra bella;
Line 82 ⟶ 77:
{{O|9}} dove tenea le sue cose più care,
e dove le più volte ella dormia.
Si può di quella in
che fuor del muro al discoperto uscìa.
Io facea il mio amator quivi montare;
Line 90 ⟶ 85:
<span style="font-size:80%">10</span> che tante volte ve lo fei venire,
quante Ginevra me ne diede
che solea mutar letto, or per fuggire
il tempo ardente, or il brumal malvagio.
Non fu veduto
però che quella parte del palagio
risponde verso alcune case rotte,
Line 99 ⟶ 94:
<span style="font-size:80%">11</span> Continuò per molti giorni e mesi
tra noi secreto
sempre crebbe
che tutta dentro io mi sentia di foco:
e cieca ne fui sì,
ancor che li
esser doveanmi a mille segni certi.
<span style="font-size:80%">12</span> Dopo alcun dì si mostrò nuovo amante
de la bella Ginevra. Io non so appunto
de
Vedi
che mi scoperse, e non ebbe rossore
chiedermi aiuto in questo nuovo amore.
<span style="font-size:80%">13</span> Ben mi dicea
né vero amor quel
ma simulando esserne acceso, spera
celebrarne i legitimi imenei.
Line 123 ⟶ 118:
qualor vi sia la volontà di lei;
che di sangue e di stato in tutto il regno
non era, dopo il re, di
<span style="font-size:80%">14</span> Mi persuade, se per opra mia
potesse al suo signor genero farsi
(che veder posso che se
a quanto presso al re possa uomo alzarsi),
che me
mai tanto beneficio per scordarsi;
e
mi porrebbe egli in sempre essermi amante.
<span style="font-size:80%">15</span> Io,
né seppi o volsi contradirgli mai,
e sol quei giorni io mi vidi contenta,
piglio
di parlar
ed ogni industria adopro, ogni fatica,
per far del mio amator Ginevra amica.
<span style="font-size:80%">16</span> Feci col core e con
quel che far si poteva, e sallo Idio;
né con Ginevra mai potei far frutto,
e questo, che ad amar ella avea indutto
tutto il pensiero e tutto il suo disio
Line 153 ⟶ 148:
<span style="font-size:80%">17</span> che con un suo fratel ben giovinetto
venne
si
che la Bretagna non avea il più forte.
Il re
che gli donò di non picciola sorte
castella e ville e iurisdizioni,
e lo
<span style="font-size:80%">18</span> Grato era al re, più grato era alla figlia
quel cavallier chiamato Ariodante,
per esser valoroso a maraviglia;
ma più,
Né Vesuvio, né il monte di Siciglia,
né Troia avampò mai di fiamme tante,
Line 170 ⟶ 165:
Ariodante ardea per tutto il core.
<span style="font-size:80%">19</span>
con cor sincero e con perfetta fede,
né mai risposta da sperar mi diede:
anzi quanto io pregava più per lui
e gli studiava
ella, biasmandol sempre e dispregiando,
se gli venìa più sempre inimicando.
<span style="font-size:80%">20</span> Io confortai
che volesse lasciar la vana impresa;
né si sperasse mai volger la mente
di costei, troppo ad altro amore intesa:
e gli feci conoscer chiaramente,
come era sì
che quanta acqua è nel mar, piccola dramma
non spegneria de la sua immensa fiamma.
Line 197 ⟶ 192:
che tutto in ira e in odio si converse.
<span style="font-size:80%">22</span> E tra Ginevra e
tanta discordia e tanta lite porre,
e farvi inimicizia così intensa,
che mai più non si possino comporre;
e por Ginevra in ignominia immensa,
donde non
né de
volse o con altri ragionar, che seco.
Line 218 ⟶ 213:
quanto perché vorrei vincer la pruova;
e non possendo farlo con effetto,
Voglio, qual volta tu mi dài ricetto,
quando allora Ginevra si ritruova
nuda nel letto, che pigli ogni vesta
<span style="font-size:80%">25</span> Come ella
studia imitarla, e cerca il più che sai
di parer dessa, e poi sopra il verrone
Line 239 ⟶ 234:
e dal verron, coi panni di Ginevra,
mandai la scala onde salì sovente;
e non
che
<span style="font-size:80%">27</span> Fatto in quel tempo con Ariodante
Line 247 ⟶ 242:
che per Ginevra si fesson rivali):
- Mi maraviglio (incominciò il mio amante)
sempre avuto in rispetto e sempre amato,
<span style="font-size:80%">28</span> Io son ben certo che comprendi e sai
di Ginevra e di me
e per sposa legittima oggimai
per impetrarla son dal mio signore.
Line 258 ⟶ 253:
senza frutto in costei ponendo il core?
Io ben a te rispetto avrei, per Dio,
<span style="font-size:80%">29</span> - Ed io (rispose Ariodante a lui)
di te mi maraviglio maggiormente;
che di lei prima inamorato fui,
che tu
e so che sai quanto è
e sol
e so che certo sai
<span style="font-size:80%">30</span> Perché non hai tu dunque a me il rispetto
per
se tu fossi con lei di me più grande?
Né men di te per moglie averla aspetto,
Line 279 ⟶ 274:
<span style="font-size:80%">31</span> - Oh (disse il duca a lui), grande è cotesto
errore a che
Tu credi esser più amato; io credo questo
medesmo: ma si può veder al frutto.
Tu fammi ciò
ed io il secreto mio
e quel di noi che manco aver si veggia,
ceda a chi vince, e
<span style="font-size:80%">32</span> E sarò pronto, se tu vuoi
di non dir cosa mai che mi riveli:
così voglio
che quel
Venner dunque
e poser le man sugli Evangeli:
e poi che di tacer fede si diero,
Line 298 ⟶ 293:
<span style="font-size:80%">33</span> E disse per lo giusto e per lo dritto
come tra sé e Ginevra era la cosa;
che mai non saria ad altri,
e se dal re le venìa contraditto,
gli promettea di sempre esser ritrosa
Line 305 ⟶ 300:
e viver sola in tutti i giorni suoi:
<span style="font-size:80%">34</span> e
ed era per mostrare a laude, a onore,
a beneficio del re e del suo regno,
Line 315 ⟶ 310:
<span style="font-size:80%">35</span> Poi disse: - A questo termine son io,
né credo già
né cerco più di questo, né desio
de
né più vorrei, se non quanto da Dio
per connubio legitimo è concesso:
e saria invano il domandar più inanzi;
che di bontà so come
<span style="font-size:80%">36</span> Poi
de la mercé
Polinesso, che già
di far Ginevra al suo amator nemica,
cominciò: - Sei da me molto discosto,
e
e del mio ben veduta la radice,
che confessi me solo esser felice.
<span style="font-size:80%">37</span> Finge ella teco, né
che ti pasce di speme e di parole:
oltra questo, il tuo amor sempre a sciochezza,
quando meco ragiona, imputar suole.
Io ben
veduta
e tel dirò sotto la fé in secreto,
ben che farei più il debito a star cheto.
Line 344 ⟶ 339:
e talor diece notti io non mi truovi
nudo abbracciato in quel piacer con lei,
sì che tu puoi veder
son
Cedimi dunque e
poi che sì inferior di me ti vedi. -
<span style="font-size:80%">39</span> - Non ti
Ariodante), e certo so che menti;
e composto fra te
acciò che da
ma perché a lei son troppo ingiuriose,
questo
che non bugiardo sol, ma voglio ancora
che tu sei traditor mostrarti or ora. -
Line 361 ⟶ 356:
<span style="font-size:80%">40</span> Soggiunse il duca: - Non sarebbe onesto
che noi volessen la battaglia torre
di quel che
quando ti piaccia, inanzi agli occhi porre. -
Resta smarrito Ariodante a questo,
e per
e se creduto ben gli avesse a pieno,
venìa sua vita allora allora meno.
Line 371 ⟶ 366:
e con voce tremante e bocca amara
rispose: - Quando sia che tu mi faccia
veder
prometto di costei lasciar la traccia,
a te sì liberale, a me sì avara:
ma
<span style="font-size:80%">42</span> - Quando ne sarà il tempo, avisarotti, -
soggiunse Polinesso, e dipartisse.
Non credo che passar più di due notti,
Per scoccar dunque i lacci che condotti
avea sì cheti, andò al rivale, e disse
che
tra quelle case ove non sta mai gente:
Line 393 ⟶ 388:
di por gli aguati, e farvelo morire,
sotto questa finzion, che vuol mostrargli
quel di Ginevra,
<span style="font-size:80%">44</span> Di volervi venir prese partito,
Line 405 ⟶ 400:
<span style="font-size:80%">45</span> Seco chiamollo, e volse che prendesse
non che
né
Da sé lontano un trar di pietra il messe:
- Se mi senti chiamar, vien (disse) a nui;
ma se non senti, prima
non ti partir di qui, frate, se
<span style="font-size:80%">46</span> - Va pur, non dubitar, - disse il fratello:
e così venne Ariodanle cheto,
e si celò nel solitario ostello
Vien
che
e fa il segno, tra noi solito inante,
a me che de
<span style="font-size:80%">47</span> Ed io con veste candida, e fregiata
per mezzo a liste
e con rete pur
di bei fiocchi vermigli al capo intorno
(foggia che sol fu da Ginevra usata,
non
sopra il verron,
che mi scopria dinanzi e
<span style="font-size:80%">48</span> Lurcanio in questo mezzo dubitando
che
o come è pur commun disio, cercando
di spiar sempre ciò che ad altri accada;
tenendo
e a men di dieci passi a lui discosto,
nel medesimo ostel
<span style="font-size:80%">49</span> Non sappiendo io di questo cosa alcuna,
venni al verron ne
sì come già venuta era più
e più di due fiate a buono effetto.
Le veste si vedean chiare alla luna;
né dissimile essendo
né di persona da Ginevra molto,
fece parere un per un altro il volto:
<span style="font-size:80%">50</span> e tanto più,
fra dove io venni a quelle inculte case
ai dui fratelli, che stavano al rezzo,
il duca agevolmente persuase
quel
Ariodante, in che dolor rimase.
Vien Polinesso, e alla scala
che giù
<span style="font-size:80%">51</span> A prima giunta io gli getto le braccia
al collo,
lo bacio in bocca e per tutta la faccia,
come far soglio ad ogni sua venuta.
Egli più de
misero sta lontano, e vede il tutto.
Line 474 ⟶ 469:
avea veduto il duca a me salire,
ma non già conosciuto chi si fosse,
scorgendo
<span style="font-size:80%">53</span> e gli vietò che con la propria mano
non si passasse in quel furore il petto.
non giugnea a tempo, e non faceva effetto.
- Ah misero fratel, fratello insano
(gridò),
<span style="font-size:80%">54</span> Cerca far morir lei, che morir merta,
e serva a più tuo onor tu la tua morte.
Fu
la fraude sua: or è da odiar ben forte,
poi che con gli occhi tuoi tu vedi certa,
quanto sia meretrice, e di che sorte.
Serbi
a far dinanzi al re tal fallo espresso. -
<span style="font-size:80%">55</span> Quando si vede Ariodante giunto
sopra il fratel, la dura impresa lascia;
ma la sua intenzion da quel
avea già di morir, poco
Quindi si leva, e porta non che punto,
ma trapassato il cor
pur finge col fratel, che quel furore
non abbia più, che dianzi avea nel core.
Line 507 ⟶ 502:
da la mortal disperazion condotto;
né di lui per più dì fu chi sapesse.
Fuor che
era chi mosso al dipartir
Ne la casa del re di lui diversi
ragionamenti e in tutta Scozia fersi.
<span style="font-size:80%">57</span> In capo
venne inanzi a Ginevra un viandante,
e novelle arrecò di mala sorte:
che
di volontaria sua libera morte,
non per colpa di borea o di levante.
avea col capo in giù preso un gran salto.
Line 526 ⟶ 521:
per te a Ginevra il mio successo sia;
e dille poi, che la cagion del resto
che tu vedrai di me,
è stato sol
felice, se senza occhi io fussi suto! -
<span style="font-size:80%">59</span> Eramo a caso sopra Capobasso,
che verso Irlanda alquanto sporge in mare.
Così dicendo, di cima
lo vidi a capo in giù
Io lo lasciai nel mare, ed a gran passo
ti son venuto la nuova a portare. -
Line 542 ⟶ 537:
si ritrovò nel suo fidato letto!
percosse il seno, e si stracciò la stola,
e fece
ripetendo sovente la parola
che la cagion del suo caso empio e tristo
tutta venìa per aver troppo visto.
<span style="font-size:80%">61</span> Il rumor scorse di costui per tutto,
che per dolor
Di questo il re non tenne il viso asciutto,
né cavallier né donna de la corte.
Di tutti il suo fratel mostrò più lutto;
e si sommerse nel dolor sì forte,
voltò quasi la man per irgli appresso.
<span style="font-size:80%">62</span> E molte volte ripetendo seco,
che fu Ginevra che
e che non fu se non
che di lei vide,
di voler vendicarsene sì cieco
venne, e sì
che di perder la grazia vilipese,
ed aver
<span style="font-size:80%">63</span> E inanzi al re, quando era più di gente
la sala piena, se ne venne, e disse:
- Sappi, signor, che di levar la mente
al mio fratel, sì
stata è la figlia tua sola nocente;
che più che vita ebbe la morte amica.
<span style="font-size:80%">64</span> Erane amante, e perché le sue voglie
disoneste non fur, nol
per virtù meritarla aver per moglie
da te sperava e per fedel servire;
ma mentre il lasso ad odorar le foglie
stava lontano, altrui vide salire,
salir su
essergli tolto il disiato frutto. -
Line 588 ⟶ 583:
mandò la scala, onde era a lei venuto
un drudo suo, di chi egli non sa il nome,
che
cambiati i panni e nascose le chiome.
Soggiunse che con
provar tutto esser ver ciò che dicea.
<span style="font-size:80%">66</span> Tu puoi pensar se
riman, quando accusar sente la figlia;
sì perché ode di lei quel che pensato
mai non avrebbe, e
sì perché sa che fia necessitato
(se la difesa alcun guerrier non piglia,
Line 605 ⟶ 600:
la legge nostra che condanna a morte
ogni donna e donzella, che si pruova
di sé far copia altrui
Morta ne vien,
in sua difesa un cavallier sì forte,
che contra il falso accusator sostegna
Line 612 ⟶ 607:
<span style="font-size:80%">68</span> Ha fatto il re bandir, per liberarla
(che pur gli par
che vuol per moglie e con gran dote darla
a chi torrà
Chi per lei comparisca non si parla
guerriero ancora, anzi
che quel Lurcanio in arme è così fiero,
che par che di lui tema ogni guerriero.
<span style="font-size:80%">69</span> Atteso ha
fratel di lei, nel regno non si truove;
che va già molti mesi peregrino,
Line 627 ⟶ 622:
quel cavallier gagliardo, o in luogo dove
potesse avere a tempo la novella,
non mancheria
<span style="font-size:80%">70</span> Il re,
per altra pruova, che per arme, ancora,
se sono queste accuse o false o vere,
Line 635 ⟶ 630:
ha fatto prender certe cameriere
che lo dovrian saper, se vero fôra:
troppo periglio era del duca e mio.
Line 641 ⟶ 636:
fuor de la corte, e al duca mi condussi;
e gli feci veder quanto importassi
al capo
Lodommi, e disse
ad una sua fortezza
in compagnia di dui che mi diede esso.
<span style="font-size:80%">72</span> Hai sentito, signor, con quanti effetti
de
e
Or senti il guidardon che io ricevetti,
vedi la gran mercé del mio gran merto;
vedi se deve, per amare assai,
donna sperar
<span style="font-size:80%">73</span> che questo ingrato, perfido e crudele,
de la mia fede ha preso dubbio al fine:
venuto è in sospizion
a lungo andar le fraudi sue volpine.
Ha finto, acciò che
fin che
voler mandarmi ad un suo luogo forte;
e mi volea mandar dritto alla morte:
<span style="font-size:80%">74</span> che di secreto ha commesso alla guida,
che come
per degno premio di mia fé
Così
se tu non eri appresso alle mia grida.
Così narrò Dalinda al paladino
seguendo tuttavolta il lor camino.
<span style="font-size:80%">75</span> A cui fu sopra
questa,
che gli avea tutta
de
E se sperato avea, quando accusata
ancor fosse a ragion,
via con maggior baldanza or viene in prova,
poi che evidente la calunnia truova.
Line 690 ⟶ 685:
fin che vicino giunse a poche miglia;
alla città vicino giunse, dove
trovò un scudier
<span style="font-size:80%">77</span>
con non usate insegne, e sconosciuto,
però che sempre ascoso andava molto;
e che dopo che
non gli avea alcuno al discoperto il volto;
e che
dicea giurando: - Io non so dir chi sia. -
<span style="font-size:80%">78</span> Non cavalcaro molto,
si trovar de la terra e in su la porta.
Dalinda andar più inanzi avea paura;
pur va, poi che Rinaldo la conforta.
La porta è chiusa, ed a chi
Rinaldo domandò: - Questo
E fugli detto: perché
a veder la battaglia era ridutto,
<span style="font-size:80%">79</span> che tra Lurcanio e un cavallier istrano
si fa ne
ove era un prato spazioso e piano;
e che già cominciata hanno la guerra.
Line 721 ⟶ 716:
<span style="font-size:80%">80</span> e dice che sicura ivi si stia
fin che ritorni a lei, che sarà tosto;
e verso il campo poi ratto
dove li dui guerrier dato e risposto
molto
Stava Lurcanio di mal cor disposto
contra Ginevra; e
ben sostenea la favorita impresa.
<span style="font-size:80%">81</span> Sei cavallier con lor ne lo steccato
erano a piedi, armati di corazza,
col duca
Come a gran contestabile, a lui dato
la guardia fu del campo e de la piazza:
Line 742 ⟶ 737:
a dargli via non par zoppo né tardo.
Rinaldo vi compar sopra eminente,
e ben rassembra il fior
poi si ferma
ognun
<span style="font-size:80%">83</span> Rinaldo disse al re: - Magno signore,
non lasciar la battaglia più seguire;
perché di questi dua qualunche more,
sappi
e dice il falso, e non sa di mentire;
ma quel medesmo error che
a morir trasse, a lui pon
<span style="font-size:80%">84</span>
ma sol per gentilezza e per bontade
in pericol si è posto
per non lasciar morir tanta beltade.
Io la salute
porto il contrario a chi usa falsitade.
Ma, per Dio, questa pugna prima parti,
poi mi dà audienza a quel
<span style="font-size:80%">85</span> Fu da
come Rinaldo gli parea al sembiante,
sì mosso il re, che disse e fece segno
che non andasse più la pugna inante;
al quale insieme ed ai baron del regno
e ai cavallieri e
Rinaldo
<span style="font-size:80%">86</span> Indi
Chiamasi Polinesso; ed ei compare,
ma tutto conturbato ne
pur con audacia cominciò a negare.
Disse Rinaldo: - Or noi vedrem
sì che senza indugiar vengono al fatto.
<span style="font-size:80%">87</span> Oh quanto ha il re, quanto ha il suo popul caro
che Ginevra a provar
tutti han speranza che Dio mostri chiaro
Crudel superbo e riputato avaro
fu Polinesso, iniquo e fraudolente;
sì che ad alcun miracolo non fia
che
<span style="font-size:80%">88</span> Sta Polinesso con la faccia mesta,
Line 797 ⟶ 792:
che disioso di finir la festa,
mira a passargli il petto con la lancia:
né discorde al disir seguì
ché mezza
<span style="font-size:80%">89</span> Fisso nel tronco lo trasporta in terra,
lontan dal suo destrier più di sei braccia.
Rinaldo smonta subito, e gli afferra
ma quel, che non può far più troppa guerra,
gli domanda mercé con umil faccia,
e gli confessa, udendo il re e la corte,
la fraude sua che
<span style="font-size:80%">90</span> Non finì il tutto, e in mezzo la parola
e la voce e la vita
Il re, che liberata la figliuola
vede da morte e da fama non buona,
più
che,
ripor se la vedesse allora allora;
sì che Rinaldo unicamente onora.
<span style="font-size:80%">91</span> E poi
levò le mani a Dio, che
come era quel, gli avea sì ben provisto.
soccorso avea Ginevra al caso tristo,
ed armato per lei
stato da parte era a vedere il tutto.
Line 832 ⟶ 827:
di sua buona intenzion chiedeva il merto.
Quel, dopo lunghi preghi, da le chiome
si levò
quel che ne
se grata vi sarà
</poem>
|