Orlando furioso (1928)/Canto 35: differenze tra le versioni

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<poem>
{{O|1}} Chi salirà per me, madonna, in cielo
a riportarne il mio perduto ingegno?
che, poi ch'uscìch’uscì da'da’ bei vostri occhi il telo
che 'l’l cor mi fisse, ognor perdendo vegno.
Né di tanta iattura mi querelo,
pur che non cresca, ma stia a questo segno;
ch'ioch’io dubito, se più si va scemando,
di venir tal, qual ho descritto Orlando.
 
{{O|2}} Per riaver l'ingegnol’ingegno mio m'èm’è aviso
che non bisogna che per l'arial’aria io poggi
nel cerchio de la luna o in paradiso;
che 'l’l mio non credo che tanto alto alloggi.
Ne'Ne’ bei vostri occhi e nel sereno viso,
nel sen d'avoriod’avorio e alabastrini poggi
se ne va errando; ed io con queste labbia
lo corrò, se vi par ch'ioch’io lo riabbia.
 
{{O|3}} Per gli ampli tetti andava il paladino
tutte mirando le future vite,
poi ch'ebbech’ebbe visto sul fatal molino
volgersi quelle ch'eranoch’erano già ordite:
e scorse un vello che più che d'ord’or fino
splender parea; né sarian gemme trite,
s'ins’in filo si tirassero con arte,
da comparargli alla millesma parte.
 
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e di sapere alto disio gli nacque,
quando sarà tal vita, e a chi si debbe.
L'evangelistaL’evangelista nulla gliene tacque:
che venti anni principio prima avrebbe
che col .M. e col .D. fosse notato
l'annol’anno corrente dal Verbo incarnato,
 
{{O|5}} E come di splendore e di beltade
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che dovea uscirne al mondo singulare;
perché tutte le grazie inclite e rade
ch'almach’alma Natura, o proprio studio dare,
o benigna Fortuna ad uomo puote,
avrà in perpetua ed infallibil dote.
 
{{O|6}} - Del re de'de’ fiumi tra l'altierel’altiere corna
or siede umil (diceagli) e piccol borgo:
dinanzi il Po, di dietro gli soggiorna
d'altad’alta palude un nebuloso gorgo;
che, volgendosi gli anni, la più adorna
di tutte le città d'Italiad’Italia scorgo,
non pur di mura e d'amplid’ampli tetti regi,
ma di bei studi e di costumi egregi.
 
{{O|7}} Tanta esaltazione e così presta,
non fortuìta o d'aventurad’aventura casca;
ma l'hal’ha ordinata il ciel, perché sia questa
degna in che l'uoml’uom di ch'ioch’io ti parlo, nasca:
che, dove il frutto ha da venir, s'inestas’inesta
e con studio si fa crescer la frasca;
e l'arteficel’artefice l'orol’oro affinar suole,
in che legar gemma di pregio vuole.
 
{{O|8}} Né sì leggiadra né sì bella veste
unque ebbe altr'almaaltr’alma in quel terrestre regno;
e raro è sceso e scenderà da queste
sfere superne un spirito sì degno,
come per farne Ippolito da Este
n'haven’have l'eternal’eterna mente alto disegno.
Ippolito da Este sarà detto
l'uoml’uom a chi Dio sì ricco dono ha eletto.
 
{{O|9}} Quegli ornamenti che divisi in molti,
a molti basterian per tutti ornarli,
in suo ornamento avrà tutti raccolti
costui, di c'haic’hai voluto ch'ioch’io ti parli.
Le virtudi per lui, per lui soffolti
saran gli studi; e s'ios’io vorrò narrar li
alti suoi merti, al fin son sì lontano,
ch'Orlandoch’Orlando il senno aspetterebbe invano. -
 
<span style="font-size:80%">10</span> Così venìa l'imitatorl’imitator di Cristo
ragionando col duca: e poi che tutte
le stanze del gran luogo ebbono visto,
onde l'umanel’umane vite eran condutte,
sul fiume usciro, che d'arenad’arena misto
con l'ondel’onde discorrea turbide e brutte;
e vi trovar quel vecchio in su la riva,
che con gl'impressigl’impressi nomi vi veniva.
 
<span style="font-size:80%">11</span> Non so se vi sia a mente, io dico quello
ch'alch’al fin de l'altrol’altro canto vi lasciai,
vecchio di faccia, e sì di membra snello,
che d'ognid’ogni cervio è più veloce assai.
Degli altrui nomi egli si empìa il mantello;
scemava il monte, e non finiva mai:
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del fiume, quel prodigo vecchio scuote
il lembo pieno, e ne la turbida onda
tutte lascia cader l'impressel’impresse note.
Un numer senza fin se ne profonda,
ch'unch’un minimo uso aver non se ne puote;
e di cento migliaia che l'arenal’arena
sul fondo involve, un se ne serva a pena.
 
<span style="font-size:80%">13</span> Lungo e d'intornod’intorno quel fiume volando
givano corvi ed avidi avoltori,
mulacchie e vari augelli, che gridando
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ed alla preda correan tutti, quando
sparger vedean gli amplissimi tesori:
e chi nel becco, e chi ne l'ugnal’ugna torta
ne prende; ma lontan poco li porta.
 
<span style="font-size:80%">14</span> Come vogliono alzar per l'arial’aria i voli,
non han poi forza che 'l’l peso sostegna;
sì che convien che Lete pur involi
de'de’ ricchi nomi la memoria degna.
Fra tanti augelli son duo cigni soli,
bianchi, Signor, come è la vostra insegna,
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del vecchio che donar li vorria al fiume,
alcuno ne salvan gli augelli benigni:
tutto l'avanzol’avanzo oblivion consume.
Or se ne van notando i sacri cigni,
ed or per l'arial’aria battendo le piume,
fin che presso alla ripa del fiume empio
trovano un colle, e sopra il colle un tempio.
 
<span style="font-size:80%">16</span> All'InmmortalitadeAll’Inmmortalitade il luogo è sacro,
ove una bella ninfa giù del colle
viene alla ripa del leteo lavacro,
e di bocca dei cigni i nomi tolle;
e quelli affige intorno al simulacro
ch'inch’in mezzo il tempio una colonna estolle,
quivi li sacra, e ne fa tal governo,
che vi si pôn veder tutti in eterno.
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onde la bella ninfa al fiume viensi,
aveva Astolfo di saper desio
i gran misteri e gl'incognitigl’incogniti sensi;
e domandò di tutte queste cose
l'uomol’uomo di Dio, che così gli rispose:
 
<span style="font-size:80%">18</span> - Tu déi saper che non si muove fronda
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in terra e in ciel, ma con diversa faccia.
Quel vecchio, la cui barba il petto inonda,
veloce sì che mai nulla l'impaccial’impaccia,
gli effetti pari e la medesima opra
che 'l’l Tempo fa là giù, fa qui di sopra.
 
<span style="font-size:80%">19</span> Volte che son le fila in su la ruota,
là giù la vita umana arriva al fine.
La fama là, qui ne riman la nota;
ch'immortalich’immortali sariano ambe e divine,
se non che qui quel da la irsuta gota,
e là giù il Tempo ognor ne fa rapine.
Questi le getta, come vedi, al rio;
e quel l'immergel’immerge ne l'eternol’eterno oblio.
 
<span style="font-size:80%">20</span> E come qua su i corvi e gli avoltori
e le mulacchie e gli altri varii augelli
s'affaticanos’affaticano tutti per trar fuori
de l'acqual’acqua i nomi che veggion più belli:
così là giù ruffiani, adulatori,
buffon, cinedi, accusatori, e quelli
che viveno alle corti e che vi sono
più grati assai che 'l’l virtuoso e 'l’l buono,
 
<span style="font-size:80%">21</span> e son chiamati cortigian gentili,
perché sanno imitar l'asinol’asino e 'l’l ciacco;
de'de’ lor signor, tratto che n'abbian’abbia i fili
la giusta Parca, anzi Venere e Bacco,
questi di ch'ioch’io ti dico, inerti e vili,
nati solo ad empir di cibo il sacco,
portano in bocca qualche giorno il nome;
poi ne l'obliol’oblio lascian cader le some.
 
<span style="font-size:80%">22</span> Ma come i cigni che cantando lieti
rendeno salve le medaglie al tempio,
così gli uomini degni da'da’ poeti
son tolti da l'obliol’oblio, più che morte empio.
Oh bene accorti principi e discreti,
che seguite di Cesare l'esempiol’esempio,
e gli scrittor vi fate amici, donde
non avete a temer di Lete l'ondel’onde!
 
<span style="font-size:80%">23</span> Son, come i cigni, anco i poeti rari,
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<span style="font-size:80%">24</span> Credi che Dio questi ignoranti ha privi
de lo 'ntelletto’ntelletto, e loro offusca i lumi;
che de la poesia gli ha fatto schivi,
acciò che morte il tutto ne consumi.
Oltre che del sepolcro uscirian vivi,
ancor ch'avesserch’avesser tutti i rei costumi,
pur che sapesson farsi amica Cirra,
più grato odore avrian che nardo o mirra.
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dai descendenti lor, gli ha fatto porre
in questi senza fin sublimi onori
da l'onoratel’onorate man degli scrittori.
 
<span style="font-size:80%">26</span> Non fu sì santo né benigno Augusto
come la tuba di {{AutoreCitatoAc|Publio Virgilio Marone|Virgilio}} suona.
L'averL’aver avuto in poesia buon gusto
la proscrizion iniqua gli perdona.
Nessun sapria se Neron fosse ingiusto,
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<span style="font-size:80%">27</span> Omero Agamennòn vittorioso,
e fe'fe’ i Troian parer vili ed inerti;
e che Penelopea fida al suo sposo
dai Prochi mille oltraggi avea sofferti.
E se tu vuoi che 'l’l ver non ti sia ascoso,
tutta al contrario l'istorial’istoria converti:
che i Greci rotti, e che Troia vittrice,
e che Penelopea fu meretrice.
 
<span style="font-size:80%">28</span> Da l'altral’altra parte odi che fama lascia
Elissa, ch'ebbech’ebbe il cor tanto pudico;
che riputata viene una bagascia,
solo perché Maron non le fu amico.
Non ti maravigliar ch'ioch’io n'abbian’abbia ambascia,
e se di ciò diffusamente io dico.
Gli scrittori amo, e fo il debito mio;
ch'alch’al vostro mondo fui scrittore anch'ioanch’io.
 
<span style="font-size:80%">29</span> E sopra tutti gli altri io feci acquisto
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quando la cortesia chiuso ha le porte;
che con pallido viso e macro e asciutto
la notte e 'l’l dì vi picchian senza frutto.
 
<span style="font-size:80%">30</span> Sì che continuando il primo detto,
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tornò sereno il conturbato viso.
 
<span style="font-size:80%">31</span> Resti con lo scrittor de l'evangelol’evangelo
Astolfo ormai, ch'ioch’io voglio far un salto,
quanto sia in terra a venir fin dal cielo;
ch'ioch’io non posso più star su l'alil’ali in alto.
Torno alla donna a cui con grave telo
mosso avea gelosia crudele assalto.
Io la lasciai ch'aveach’avea con breve guerra
tre re gittati, un dopo l'altrol’altro, in terra;
 
<span style="font-size:80%">32</span> e che giunta la sera ad un castello
ch'allach’alla via di Parigi si ritrova,
d'Agramanted’Agramante, che rotto dal fratello
s'eras’era ridotto in Arli, ebbe la nuova.
Certa che 'l’l suo Ruggier fosse con quello,
tosto ch'apparvech’apparve in ciel la luce nuova,
verso Provenza, dove ancora intese
che Carlo lo seguia, la strada prese.
 
<span style="font-size:80%">33</span> Verso Provenza per la via più dritta
andando, s'incontròs’incontrò in una donzella,
ancor che fosse lacrimosa e afflitta,
bella di faccia e di maniere bella.
Questa era quella sì d'amord’amor traffitta
per lo figliuol di Monodante, quella
donna gentil ch'aveach’avea lasciato al ponte
l'amantel’amante suo prigion di Rodomonte.
 
<span style="font-size:80%">34</span> Ella venìa cercando un cavalliero,
ch'ach’a far battaglia usato, come lontra,
in acqua e in terra fosse, e così fiero,
che lo potesse al pagan porre incontra.
La sconsolata amica di Ruggiero,
come quest'altraquest’altra sconsolata incontra,
cortesemente la saluta, e poi
le chiede la cagion dei dolor suoi.
 
<span style="font-size:80%">35</span> Fiordiligi lei mira, e veder parle
un cavallier ch'alch’al suo bisogno fia;
e comincia del ponte a ricontarle,
ove impedisce il re d'Algierd’Algier la via;
e ch'erach’era stato appresso di levarle
l'amantel’amante suo: non che più forte sia;
ma sapea darsi il Saracino astuto
col ponte stretto e con quel fiume aiuto.
 
<span style="font-size:80%">36</span> - Se sei (dicea) sì ardito e sì cortese,
come ben mostri l'unol’uno e l'altrol’altro in vista,
mi vendica, per Dio, di chi mi prese
il mio signore, e mi fa gir sì trista;
o consigliami almeno in che paese
possa io trovare un ch'ach’a colui resista,
e sappia tanto d'armed’arme e di battaglia,
che 'l’l fiume e 'l’l ponte al pagan poco vaglia.
 
<span style="font-size:80%">37</span> Oltre che tu farai quel che conviensi
ad uom cortese e a cavalliero errante,
in beneficio il tuo valor dispensi
del più fedel d'ognid’ogni fedele amante.
De l'altrel’altre sue virtù non appertiensi
a me narrar; che sono tante e tante,
che chi non n'han’ha notizia, si può dire
che sia del veder privo e de l'udirel’udire. -
 
<span style="font-size:80%">38</span> La magnanima donna, a cui fu grata
sempre ogni impresa che può farla degna
d'esserd’esser con laude e gloria nominata,
subito al ponte di venir disegna:
ed ora tanto più, ch'èch’è disperata,
vien volentier, quando anco a morir vegna;
che credendosi, misera! esser priva
del suo Ruggiero, ha in odio d'esserd’esser viva.
 
<span style="font-size:80%">39</span> - Per quel ch'ioch’io vaglio, giovane amorosa
(rispose Bradamante), io m'offeriscom’offerisco
di far l'impresal’impresa dura e perigliosa,
per altre cause ancor, ch'ioch’io preterisco;
ma più, che del tuo amante narri cosa
che narrar di pochi uomini avvertisco,
che sia in amor fedel; ch'ach’a fé ti giuro
ch'inch’in ciò pensai ch'ognunch’ognun fosse pergiuro. -
 
<span style="font-size:80%">40</span> Con un sospir quest'ultimequest’ultime parole
finì, con un sospir ch'uscìch’uscì dal core;
poi disse: - Andiamo; - e nel seguente sole
giunsero al fiume, al passo pien d'orrored’orrore.
Scoperte da la guardia che vi suole
farne segno col corno al suo signore,
il pagan s'armas’arma; e quale è 'l’l suo costume,
sul ponte s'apparecchias’apparecchia in ripa al fiume:
 
<span style="font-size:80%">41</span> e come vi compar quella guerriera,
di porla a morte subito minaccia,
quando de l'armel’arme e del destrier su ch'erach’era,
al gran sepolcro oblazion non faccia.
Bradamante che sa l'istorial’istoria vera,
come per lui morta Issabella giaccia,
che Fiordiligi detto le l'aveal’avea,
al Saracin superbo rispondea:
 
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facciano penitenza del tuo fallo?
Del sangue tuo placar costei convienti:
tu l'uccidestil’uccidesti, e tutto 'l’l mondo sallo.
Sì che di tutte l'armel’arme e guernimenti
di tanti che gittati hai da cavallo,
oblazione e vittima più accetta
avrà, ch'ioch’io te l'uccidal’uccida in sua vendetta.
 
<span style="font-size:80%">43</span> E di mia man le fia più grato il dono,
quando, come ella fu, son donna anch'ioanch’io:
né qui venuta ad altro effetto sono,
ch'ach’a vendicarla; e questo sol disio.
Ma far tra noi prima alcun patto è buono,
che 'l’l tuo valor si compari col mio.
S'abbattutaS’abbattuta sarò, di me farai
quel che degli altri tuoi prigion fatt'haifatt’hai:
 
<span style="font-size:80%">44</span> ma s'ios’io t'abbattot’abbatto, come io credo e spero,
guadagnar voglio il tuo cavallo e l'armil’armi,
e quelle offerir sole al cimitero,
e tutte l'altrel’altre distaccar da'da’ marmi;
e voglio che tu lasci ogni guerriero. -
Rispose Rodomonte: - Giusto parmi
che sia come tu di'di’; ma i prigion darti
già non potrei, ch'ioch’io non gli ho in queste parti.
 
<span style="font-size:80%">45</span> Io gli ho al mio regno in Africa mandati:
ma ti prometto, e ti do ben la fede,
che se m'avvienm’avvien per casi inopinati
che tu stia in sella e ch'ioch’io rimanga a piede,
farò che saran tutti liberati
in tanto tempo quanto si richiede
di dare a un messo ch'inch’in fretta si mandi
e far quel che, s'ios’io perdo, mi commandi.
 
<span style="font-size:80%">46</span> Ma s'as’a te tocca star di sotto, come
piu si conviene, e certo so che fia,
non vo'vo’ che lasci l'armel’arme, né il tuo nome,
come di vinta, sottoscritto sia:
al tuo bel viso, a'a’ begli occhi, alle chiome,
che spiran tutti amore e leggiadria,
voglio donar la mia vittoria; e basti
che ti disponga amarmi, ove m'odiastim’odiasti.
 
<span style="font-size:80%">47</span> Io son di tal valor, son di tal nerbo,
ch'averch’aver non déi d'andard’andar di sotto a sdegno. -
Sorrise alquanto, ma d'und’un riso acerbo
che fece d'irad’ira, più che d'altrod’altro, segno,
la donna, né rispose a quel superbo;
ma tornò in capo al ponticel di legno,
spronò il cavallo, e con la lancia d'orod’oro
venne a trovar quell'orgogliosoquell’orgoglioso Moro.
 
<span style="font-size:80%">48</span> Rodomonte alla giostra s'apparecchias’apparecchia:
viene a gran corso; ed è sì grande il suono
che rende il ponte, ch'intronarch’intronar l'orecchial’orecchia
può forse a molti che lontan ne sono.
La lancia d'orod’oro fe'fe’ l'usanzal’usanza vecchia;
che quel pagan, sì dianzi in giostra buono,
levò di sella, e in aria lo sospese,
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ove entrar col destrier quella guerriera;
e fu a gran risco, e ben vi mancò poco,
ch'ellach’ella non traboccò ne la riviera:
ma Rabicano, il quale il vento e 'l’l fuoco
concetto avean, sì destro ed agil era,
che nel margine estremo trovò strada;
e sarebbe ito anco su 'n’n fil di spada.
 
<span style="font-size:80%">50</span> Ella si volta, e contra l'abbattutol’abbattuto
pagan ritorna; e con leggiadro motto:
- Or puoi (disse) veder chi abbia perduto,
e a chi di noi tocchi di star di sotto. -
Di maraviglia il pagan resta muto,
ch'unach’una donna a cader l'abbial’abbia condotto;
e far risposta non poté o non volle,
e fu come uom pien di stupore e folle.
 
<span style="font-size:80%">51</span> Di terra si levò tacito e mesto;
e poi ch'andatoch’andato fu quattro o sei passi,
lo scudo e l'elmol’elmo, e de l'altrel’altre arme il resto
tutto si trasse, e gittò contra i sassi;
e solo e a piè fu a dileguarsi presto:
non che commission prima non lassi
a un suo scudier, che vada a far l'effettol’effetto
dei prigion suoi, secondo che fu detto.
 
<span style="font-size:80%">52</span> Partissi; e nulla poi più se n'intesen’intese,
se non che stava in una grotta scura.
Intanto Bradamante avea sospese
di costui l'armel’arme all'altaall’alta sepoltura,
e fattone levar tutto l'arnesel’arnese,
il qual dei cavallieri, alla scrittura,
conobbe de la corte esser di Carlo;
non levò il resto, e non lasciò levarlo.
 
<span style="font-size:80%">53</span> Oltr'aOltr’a quel del figliuol di Monodante,
v'èv’è quel di Sansonetto e d'Olivierod’Oliviero,
che per trovare il principe d'Anglanted’Anglante,
quivi condusse il più dritto sentiero.
Quivi fur presi, e furo il giorno inante
mandati via dal Saracino altiero.
Di questi l'armel’arme fe'fe’ la donna torre
da l'altal’alta mole, e chiuder ne la torre.
 
<span style="font-size:80%">54</span> Tutte l'altrel’altre lasciò pender dai sassi,
che fur spogliate ai cavallier pagani.
V'eranV’eran l'armel’arme d'und’un re, del quale i passi
per Frontalatte mal fur spesi e vani:
io dico l'armel’arme del re de'de’ Circassi,
che dopo lungo errar per colli e piani,
venne quivi a lasciar l'altrol’altro destriero;
e poi senz'armesenz’arme andossene leggiero.
 
<span style="font-size:80%">55</span> S'eraS’era partito disarmato e a piede
quel re pagan dal periglioso ponte,
sì come gli altri ch'eranch’eran di sua fede,
partir da sé lasciava Rodomonte.
Ma di tornar più al campo non gli diede
il cor; ch'ivich’ivi apparir non avria fronte:
che per quel che vantossi, troppo scorno
gli saria farvi in tal guisa ritorno.
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<span style="font-size:80%">56</span> Di pur cercar nuovo desir lo prese
colei che sol avea fissa nel core.
Fu l'aventural’aventura sua, che tosto intese
(io non vi saprei dir chi ne fu autore)
ch'ellach’ella tornava verso il suo paese:
onde esso, come il punge e sprona Amore,
dietro alla pesta subito si pone.
Ma tornar voglio alla figlia d'Amoned’Amone.
 
<span style="font-size:80%">57</span> Poi che narrato ebbe con altro scritto
come da lei fu liberato il passo;
a Fiordiligi ch'aveach’avea il core afflitto,
e tenea il viso lacrimoso e basso,
domandò umanamente ov'ellaov’ella dritto
volea che fosse, indi partendo, il passo.
Rispose Fiordiligi: - Il mio camino
vo'vo’ che sia in Arli al campo saracino,
 
<span style="font-size:80%">58</span> ove navilio e buona compagnia
spero trovar da gir ne l'altrol’altro lito.
Mai non mi fermerò fin ch'ioch’io non sia
venuta al mio signore e mio marito.
Voglio tentar, perché in prigion non stia,
più modi e più; che se mi vien fallito
questo che Rodomonte t'hat’ha promesso,
ne voglio avere uno ed un altro appresso. -
 
<span style="font-size:80%">59</span> - Io m'offeriscom’offerisco (disse Bradamante)
d'accompagnartid’accompagnarti un pezzo de la strada,
tanto che tu ti vegga Arli davante,
ove per amor mio vo'vo’ che tu vada
a trovar quel Ruggier del re Agramante,
che del suo nome ha piena ogni contrada;
Line 539 ⟶ 534:
onde abbattuto ho il Saracino altiero.
 
<span style="font-size:80%">60</span> Voglio ch'ach’a punto tu gli dica questo:
- Un cavallier che di provar si crede,
e fare a tutto 'l’l mondo manifesto
che contra lui sei mancator di fede;
acciò ti trovi apparecchiato e presto,
questo destrier, perch'ioperch’io tel dia, mi diede.
Dice che trovi tua piastra e tua maglia,
e che l'aspettil’aspetti a far teco battaglia. -
 
<span style="font-size:80%">61</span> Digli questo, e non altro; e se quel vuole
saper da te ch'ioch’io son, di'di’ che nol sai. -
Quella rispose umana come suole:
- Non sarò stanca in tuo servizio mai,
Line 562 ⟶ 557:
rive odon risonar del mar che freme.
Bradamante si ferma alle confine
quasi de'de’ borghi ed alle sbarre estreme,
per dare a Fiordiligi atto intervallo,
che condurre a Ruggier possa il cavallo.
Line 568 ⟶ 563:
<span style="font-size:80%">63</span> Vien Fiordiligi, ed entra nel rastrello,
nel ponte e ne la porta; e seco prende
chi le fa compagnia fin all'ostelloall’ostello
ove abita Ruggiero, e quivi scende;
e, secondo il mandato, al damigello
fa l'imbasciatal’imbasciata, e il buon Frontin gli rende:
indi va, che risposta non aspetta,
ad eseguire il suo bisogno in fretta.
Line 582 ⟶ 577:
o possa domandar uomo che sia,
non sa veder né imaginare; e prima,
ch'ogn'altroch’ogn’altro sia che Bradamante, istima.
 
<span style="font-size:80%">65</span> Che fosse Rodomonte, era più presto
Line 588 ⟶ 583:
e perché ancor da lui debba udir questo,
pensa, né imaginar può la cagione.
Fuor che con lui, non sa di tutto 'l’l resto
del mondo, con chi lite abbia e tenzone.
Intanto la donzella di Dordona
Line 594 ⟶ 589:
 
<span style="font-size:80%">66</span> Vien la nuova a Marsilio e ad Agramante,
ch'unch’un cavallier di fuor chiede battaglia.
A caso Serpentin loro era avante,
ed impetrò di vestir piastra e maglia,
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Dietro gli corse la donna cortese,
e per la briglia al Saracin lo tenne,
e disse: - Monta, e fa che 'l’l tuo signore
mi mandi un cavallier di te migliore. -
 
<span style="font-size:80%">68</span> Il re african, ch'erach’era con gran famiglia
sopra le mura alla giostra vicino,
del cortese atto assai si maraviglia,
ch'usatoch’usato ha la donzella a Serpentino.
- Di ragion può pigliarlo, e non lo piglia, -
diceva, udendo il popul saracino.
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che, quando da me vinto tu rimagna,
al mio signor menar preso ti voglio:
ma qui morrai, s'ios’io posso, come soglio. -
 
<span style="font-size:80%">70</span> La donna disse lui: - Tua villania
non vo'vo’ che men cortese far mi possa,
ch'ioch’io non ti dica che tu torni pria
che sul duro terren ti doglian l'ossal’ossa.
Ritorna, e di'di’ al tuo re da parte mia,
che per simile a te non mi son mossa;
ma per trovar guerrier che 'l’l pregio vaglia,
son qui venuta a domandar battaglia. -
 
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volta il destrier con colera e con stizza.
Volta la donna, e contra quel superbo
la lancia d'orod’oro e Rabicano drizza.
Come l'astal’asta fatal lo scudo tocca,
coi piedi al cielo il Saracin trabocca.
 
<span style="font-size:80%">72</span> Il destrier la magnanima guerriera
gli prese, e disse: - Pur tel prediss'ioprediss’io,
che far la mia imbasciata meglio t'erat’era,
che de la giostra aver tanto disio.
Di'Di’, al re, ti prego, che fuor de la schiera
elegga un cavallier che sia par mio;
né voglia con voi altri affaticarme,
ch'avetech’avete poca esperienza d'armed’arme. -
 
<span style="font-size:80%">73</span> Quei da le mura, che stimar non sanno
chi sia il guerriero in su l'arcionl’arcion sì saldo,
quei più famosi nominando vanno,
che tremar li fan spesso al maggior caldo.
Che Brandimarte sia, molti detto hanno:
la più parte s'accordas’accorda esser Rinaldo:
molti su Orlando avrian fatto disegno;
ma il suo caso sapean di pietà degno.
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chiedendo, disse: - Non che vincer speri,
ma perché di cader più degna scusa
abbian, cadendo anch'ioanch’io, questi guerrieri. -
E poi di tutto quel ch'inch’in giostra s'usas’usa
si messe in punto; e di cento destrieri
che tenea in stalla, d'und’un tolse l'elettal’eletta,
ch'aveach’avea il correre acconcio, e di gran fretta.
 
<span style="font-size:80%">75</span> Contra la donna per giostrar si fece;
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ditemi in cortesia che siate vui. -
Di questo Ferraù le satisfece,
ch'usòch’usò di rado di celarsi altrui.
Ella soggiunse: - Voi già non rifiuto,
ma avria più volentieri altri voluto. -
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<span style="font-size:80%">76</span> - E chi? - Ferraù disse. Ella rispose:
- Ruggiero; - e a pena il poté proferire,
e sparse d'und’un color come di rose
la bellissima faccia in questo dire.
Soggiunse al detto poi: - Le cui famose
lode a tal prova m'hanm’han fatto venire.
Altro non bramo, e d'altrod’altro non mi cale,
che di provar come egli in giostra vale. -
 
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- Questo un angel mi par del paradiso;
e ancor che con la lancia non mi tocchi,
abbattuto son già da'da’ suoi begli occhi. -
 
<span style="font-size:80%">79</span> Preson del campo; e come agli altri avvenne,
Ferraù se n'uscìn’uscì di sella netto.
Bradamante il destrier suo gli ritenne,
e disse: - Torna, e serva quel c'haic’hai detto. -
Ferraù vergognoso se ne venne,
e ritrovò Ruggier ch'erach’era al cospetto
del re Agramante; e gli fece sapere
ch'allach’alla battaglia il cavallier lo chere.
 
<span style="font-size:80%">80</span> Ruggier non conoscendo ancor chi fosse
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quasi certo di vincere, allegrosse;
e le piastre arrecar fece e la maglia:
l'averl’aver visto alle gravi percosse,
che gli altri sian caduti, il cor gli smaglia.
Come s'armasses’armasse, e come uscisse, e quanto
poi ne seguì, lo serbo all'altroall’altro canto.
</poem>{{capitolo
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[[fr:Roland furieux - Chant XXXV]]