Morgante/Cantare ventesimosettimo: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Alebot (discussione | contributi)
m Conversione intestazione / correzione capitolo by Alebot
Alebot (discussione | contributi)
Correzione pagina via bot
Riga 1:
{{Qualità|avz=75%|data=22 settembre 2009|arg=Poemi epici}}{{IncludiIntestazione|sottotitolo=Cantare ventesimosettimo|prec=../Cantare ventesimosesto|succ=../Cantare ventesimottavo}}
 
{{capitolo
|CapitoloPrecedente=Cantare ventesimosesto
|NomePaginaCapitoloPrecedente=../Cantare ventesimosesto
|CapitoloSuccessivo=Cantare ventesimottavo
|NomePaginaCapitoloSuccessivo=../Cantare ventesimottavo
}}
<poem>
<span style="font-size:80%">1</span>&nbsp;&nbsp; Come posso io cantar più rime o versi,
Signor, che m'haim’hai condotto a scriver cose
che per pietà il sol par lacrime versi,
e già son le sue luce tenebrose?
Tu vedrai tutti i tuoi cristian dispersi
e tante lance e spade sanguinose
che, s'altros’altro aiuto qui non si dimostra,
sarà pur tragedìa la istoria nostra.
 
Line 20 ⟶ 15:
ed Alcuïn così mi promettea;
ma la battaglia crudele al presente,
che s'apparecchias’apparecchia impetüosa e rea,
mi fa pur dubitar drento alla mente;
e vo con la ragion qui dubitando,
perch'ioperch’io non veggo da salvare Orlando.
 
<span style="font-size:80%">3</span>&nbsp;&nbsp; E benché e'e’ sia sopraggiunto Rinaldo
e Ricciardetto, tuttavolta io temo,
né posso ancor giudicio dar qui saldo,
che non si vuol conducer mai in estremo.
Marsilio è tanto cattivo ribaldo
che e'e’ farà forza di vela e di remo,
ché vincere o morir qui gli bisogna,
se non che il danno abbraccia la vergogna.
 
<span style="font-size:80%">4</span>&nbsp;&nbsp; Orlando, poi che e'e’ lasciò Buiaforte,
pargli mill'annimill’anni trovar Baldovino,
che cerca pure e non truova la morte,
e ricognobbe il caval Vegliantino
per la battaglia, e va correndo forte
dove era Orlando, e diceva il meschino:
- Sappi ch'ioch’io ho fatto oggi il mio dovuto,
e contra me nessun mai è venuto.
 
<span style="font-size:80%">5</span>&nbsp;&nbsp; Molti pagani ho pur fatti morire:
però quel che ciò sia pensar non posso,
se non ch'ioch’io veggo la gente fuggire. -
Rispose Orlando: - Tu ti fai ben grosso!
Di questo fatto s's’ tu ti vuoi chiarire,
la sopravvesta ti cava di dosso:
vedrai che Gan, come tu te la cavi,
Line 54 ⟶ 49:
<span style="font-size:80%">6</span>&nbsp;&nbsp; Rispose Baldovin: - Se il padre mio
ci ha qui condotti come traditore,
s'i's’i’ posso oggi campar, pel nostro Iddio,
con questa spada passerògli il core!
Ma traditore, Orlando, non sono io,
ch'ioch’io t'hot’ho seguito con perfetto amore.
Non mi potesti dir maggiore ingiuria. -
Poi si stracciò la vesta con gran furia,
 
<span style="font-size:80%">7</span>&nbsp;&nbsp; e disse: - Io tornerò nella battaglia,
poi che tu m'haim’hai per traditore scorto.
Io non son traditor, se Dio mi vaglia!
Non mi vedrai più oggi se non morto. -
E inverso l'ostel’oste de'de’ pagan si scaglia,
dicendo sempre: - Tu m'haim’hai fatto torto. -
Orlando si pentea d'averd’aver ciò detto,
ché disperato vide il giovinetto.
 
<span style="font-size:80%">8</span>&nbsp;&nbsp; Per la battaglia correa Baldovino,
e riscontrò quel crudel Mazzarigi,
e disse: - Tu se'se’ qui, can saracino,
per distrugger la gente di Parigi?
O marran rinnegato paterino,
tu sarai presto giù ne'ne’ bassi Stigi. -
E trasse con la spada in modo a questo
che lo mandò dove egli disse presto.
Line 81 ⟶ 76:
<span style="font-size:80%">9</span>&nbsp;&nbsp; Fece Marsilio, come dotto e saggio,
uno squadron ristretto di pagani,
uomini tutti ch'avevonch’avevon coraggio;
e cominciorno a strignere i cristiani,
sì che del campo piglioron vantaggio:
quivi eran tutti quanti i capitani,
e sopra tutti un infernal demonio
ch'ioch’io dissi prima, appellato Grandonio.
 
<span style="font-size:80%">10</span> E per ventura trovò Sansonetto
che combatteva al conte Orlando appresso,
e cavògli la muffa dall'elmettodall’elmetto,
ché il capo gli ha come una zucca fesso;
e come e'e’ cadde in terra il giovinetto,
Gualtieri da Mulion quivi s'ès’è messo
per vendicar, se potea, la sua morte;
ma non potea, ché non è tanto forte.
 
<span style="font-size:80%">11</span> Ulivier s'accostòes’accostòe con Altachiara
e trasse al saracin di molte botte,
che col bastone ogni cosa ripara,
ed aveva a Gualtier le spalle rotte,
tanto che e'e’ cadde per la pena amara
e innanzi vespro gli parve di notte:
sì che Grandonio col baston fa fiacco,
che par quel d'Erculd’Ercul quando uccise Cacco.
 
<span style="font-size:80%">12</span> Orlando in altra parte combatteva,
Line 120 ⟶ 115:
Orlando, poi che in più luoghi soccorse,
di qua, di là, la sua gente di Francia,
di Sansonetto alla fine s'accorses’accorse,
e domandò Terigi ove sia quello:
non sa che morto è questo meschinello.
 
<span style="font-size:80%">14</span> Disse Terigi: - E'E’ combatteva dianzi
dove tu vedi quella gente stretta. -
Orlando sprona Vegliantino innanzi,
e dove e'e’ vede il marchese si getta,
ch'erach’era già al resto, all'ultimoall’ultimo e gli avanzi,
però ch'e'ch’e’ v'erav’era corso con gran fretta
Marsilio e l'Arcaliffal’Arcaliffa e Zambugeri,
e tutti son dintorno a Ulivieri.
 
<span style="font-size:80%">15</span> Quando Orlando Ulivier vide soletto,
maravigliossi che e'e’ si difendea;
e Vegliantin gli metteva sospetto,
perché più oltre passar non volea
per non porre i pie'pie’ addosso a Sansonetto.
Ma quando Orlando lo ricognoscea,
gridò: - Fortuna, tu m'haim’hai fatto torto! -
Disse Ulivier: - Questo ghiotton l'hal’ha morto. -
 
<span style="font-size:80%">16</span> Quando Grandonio questo gergo intese,
e'e’ si fuggì che non fuggì mai vento;
Marsilio e gli altri lasciorno il marchese,
perché tutti d'Orlandod’Orlando hanno spavento.
Orlando, poi che del cavallo scese,
di Sansonetto facea gran lamento;
Line 153 ⟶ 148:
<span style="font-size:80%">17</span> Astolfo andava pel campo scorrendo,
e riscontrossi con re Balsamino;
e finalmente, l'unl’un l'altrol’altro ferendo,
un colpo trasse quel can saracino
un tratto 'Astolfo’Astolfo, non se n'avvedendon’avvedendo,
che la spada gli entrò pel gorzarino
e rïuscì di drieto per la nuca,
Line 162 ⟶ 157:
<span style="font-size:80%">18</span> Poi riscontrò quel pagan maladetto
nella battaglia Angiolin di Bellanda,
e con un colpo gl'intronògl’intronò l'elmettol’elmetto
e come morto per terra lo manda.
Intanto quivi giugnea Ricciardetto,
ed Angiolino a lui si raccomanda,
e per l'angoscial’angoscia a fatica favella;
e Ricciardetto lo ripose in sella.
 
Line 179 ⟶ 174:
 
<span style="font-size:80%">20</span> Orlando giunse e con gran furia aprilla,
e fe'fe’ de'de’ saracin di sangue un golfo,
ché Durlindana ogni volta sfavilla,
tanto che acceso si sarebbe il zolfo;
e parve un toro bravo quando assilla,
quando e'e’ vedeva in su la terra Astolfo:
ché sempre amato assai l'aveval’aveva in vita;
e pensa pur come la cosa è ita.
 
<span style="font-size:80%">21</span> E ben cognobbe come Balsamino
ucciso aveva il duca d'Inghilterrad’Inghilterra.
Intanto si fe'fe’ incontra il saracino,
ed una punta per modo disserra
ch'eglich’egli arebbe forato il serpentino;
ma questa volta la scrima sua erra,
però che Orlando nella prima giunta
Line 197 ⟶ 192:
 
<span style="font-size:80%">22</span> e non gli aveva Chiron insegnato
tanto che basti, ch'ognich’ogni scrima è invano:
Orlando aveva l'occhiol’occhio in ogni lato
e terminò di tagliargli la mano,
e trasse un colpo in modo misurato
Line 206 ⟶ 201:
 
<span style="font-size:80%">23</span> e non potrà, se volessi fare ora,
levar più d'und’un con la mano, o dir sette
al giuoco delle corna o della mora,
o nasconder più in quella le buschette.
Avin soggiunse, e con la spada ancora
un vecchio colpo all'elmettoall’elmetto gli dètte,
tanto che in terra se n'andòen’andòe cadavero,
ché il capo gli spiccò come un papavero.
 
Line 217 ⟶ 212:
al mio parer, che sarebbe scoppiato
se non avessi trovato la morte;
e come e'e’ gli ebbe a parlar cominciato
del re Marsilio e di stare in sua corte,
Rinaldo gli rispose infurïato:
- Chi non è meco, avverso me sia detto! -
e cominciògli a trassinar l'elmettol’elmetto,
 
<span style="font-size:80%">25</span> e trasse un mandiritto e due e tre
con tanta furia, e quattro e cinque e sei,
ch'e'ch’e’ non ebbe agio a domandar merzé
e morto cadde sanza dire «Omèi»:
e così Buiaforte il peggio fe'fe’;
e Squarciaferro co'co’ suoi farisei,
come l'animal’anima uscì del corpo fore,
parve che un pollo ciuffassi un astore.
 
<span style="font-size:80%">26</span> Ricciardetto era a Rinaldo daccanto,
e non si potre'potre’ dir quel ch'eglich’egli ha fatto;
e dove e'e’ crede acquistar gloria o vanto,
e'e’ si chiudea come un uccel di ratto,
benché le starne gli dànno nel guanto.
E Turpino ancor salta come un gatto
Line 243 ⟶ 238:
<span style="font-size:80%">27</span> Grandonio aveva trovato un bel giuoco:
egli aveva un baston come una trave,
tanto che l'armel’arme e'e’ le stimava poco;
e chi l'aspettal’aspetta, per natura grave,
un vespro canta che rimanea fioco
e muto e sordo e smarrisce la chiave.
Ma tanto infine poi s'andòs’andò aggirando,
ch'unch’un tratto pur l'hal’ha ritrovato Orlando,
 
<span style="font-size:80%">28</span> e gridò: - Guârti, ghiotton maladetto,
che d'averd’aver morto non ti vanterai
il mio più caro amico Sansonetto,
ma nello inferno la istoria dirai.
Non mi potevi far maggior dispetto!
Can, fi'fi’ di can, tu te ne penterai!
Volgiti a me; dunque tu vuoi fuggire?
Cocchin pagliardo, e'e’ ti convien morire. -
 
<span style="font-size:80%">29</span> Grandonio, perché Orlando avea veduto,
Line 271 ⟶ 266:
per aiutar Grandonio in terra sceso,
armato in sul caval da ogni parte,
e'e’ non l'arebbel’arebbe alla fine difeso
né per sua deïtà né forza o arte:
tanto si tien di Sansonetto offeso
Line 278 ⟶ 273:
 
<span style="font-size:80%">31</span> E come il saracin fermo si volse,
alzò la spada in alto quanto e'e’ puote
e sopra l'elmol’elmo a traverso gli colse,
tanto che tutte divide le gote
e 'l’l petto e 'l’l corpo, onde l'animal’anima sciolse;
e poi la spada la sella percuote,
sì che pel mezzo ricise il cavallo.
Ma Vegliantin fe'fe’ questa volta fallo:
 
<span style="font-size:80%">32</span> perché la spada con tal forza viene
Line 291 ⟶ 286:
e non poteva alla fine rizzarsi,
ché Durlindana confitta lo tiene,
ch'unch’un braccio e mezzo si vide ficcarsi
in su 'n’n un sasso che sotterra truova:
per la qual cosa Vegliantin giù cova.
 
<span style="font-size:80%">33</span> E con fatica Orlando la ritrasse,
e gridòe: - Vegliantin, che hai tu fatto? -
tal che e'e’ parve il caval si vergognasse,
e saltò in quattro destro come un gatto.
Credo che il Cielo Orlando suo aiutasse
per grazia, come e'e’ fe'fe’ già più d'und’un tratto,
ch'aiutach’aiuta sempre i buon quando e'e’ bisogna:
però non sia quel ch'ioch’io dico menzogna.
 
<span style="font-size:80%">34</span> Orlando fe'fe’ da Grandonio partita
per la battaglia sospirando forte,
ché non aveva renduto la vita
a Sansonetto però la sua morte;
e parea quando l'orsacchial’orsacchia accanita
abbatte i rami e sforza le ritorte
ed ogni cosa si reca in dispetto;
e gran vendetta fe'fe’ di Sansonetto.
 
<span style="font-size:80%">35</span> E per ventura Marsilio vedea,
ed una lancia a un pagano arrappa,
ché il cor con essa passar gli volea.
Ma intanto un altro dinanzi gl'incappagl’incappa,
sì che la lancia nel petto giugnea,
tal che di drieto rïesce la nappa
Line 323 ⟶ 318:
 
<span style="font-size:80%">36</span> Poi disse al re Marsilio: - Il tempo è giunto
a punir te dell'operedell’opere tue ladre,
perché tu meritasti un capresto unto
mentre tu eri in corpo di tua madre. -
Line 334 ⟶ 329:
e calpestato fu poi, meschinello:
il qual, nuovo tiron, questa volta erra,
però ch'eglich’egli era un semplicetto agnello
con un bravo leon ch'ognunoch’ognuno atterra.
Marsilio sparì via come un uccello
o come cervio spaventato in caccia;
Line 343 ⟶ 338:
acciò che questa reliquia devota
per le moschee si potessi mostrare:
non so s'ognuns’ognun che legge intende e nota;
e comincia Fortuna a bestemmiare
che non volgeva a suo modo la ruota,
Line 349 ⟶ 344:
e minacciava di farne vendetta.
 
<span style="font-size:80%">39</span> Ma non so come e'e’ sarà vendicato,
ché poco il dì si partì poi da bomba,
tanto era ancor d'Orlandod’Orlando impaürato:
credo più tosto vorrebbe una fromba,
come disse Trason già col suo Gnato
Line 367 ⟶ 362:
che forse su Misen vi sentirete.
 
<span style="font-size:80%">41</span> Ma perché e'e’ c'èc’è d'unad’una ragion cicale
ch'ioch’io l'hol’ho proprio agguagliate all'indïaneall’indïane,
che cantan d'ognid’ogni tempo e dicon male,
voi che leggete queste cose strane,
andate drieto al senso litterale
e troverretel per le strade piane:
ch'ioch’io non m'intendom’intendo di vostro anagogico
o morale o le more o tropologico.
 
Line 379 ⟶ 374:
con la sua iscimitarra non ischerza;
ed avea seco quel gran Sirïonne
con un baston ch'ognunch’ognun fugge alla terza:
per che i cristiani impaüriti sonne
come il cane al sonaglio della sferza,
Line 386 ⟶ 381:
 
<span style="font-size:80%">43</span> Uccise questo Angiolin di Bellanda
d'unad’una percossa che fu sì crudele
che 'l’l capo gli schiacciò come una ghianda,
e Marco e il suo fratel da San Michele.
Rinaldo è capitato in quella banda
Line 395 ⟶ 390:
 
<span style="font-size:80%">44</span> e grida: - Ah, Saracin, che vuoi tu fare?
Se'Se’ tu venuto qua con una antenna
per voler nostre gente mazzicare?
Volgiti a me, ché la Morte t'accennat’accenna. -
Poi lasciava Frusberta scaricare,
e spezza l'elmol’elmo e truova la cotenna
e parte il teschio e 'l’l collo e passa l'omerol’omero,
e divise costui come un cocomero.
 
Line 414 ⟶ 409:
<span style="font-size:80%">46</span> Bianciardin con gran gente venne avante,
e Galleran, Mattafirro e Fidasso,
l'Arcaliffal’Arcaliffa famoso e Balugante,
Brusbacca il sire e Malducco di Frasso
ed alcun capitano ed amirante;
e cominciossi avvïare un fracasso
che par che caggi o ruini la torre
di Babel già, sì ch'ognunch’ognun quivi corre.
 
<span style="font-size:80%">47</span> Orlando corse alle grida e 'l’l romore
e trovò Baldovino, il poveretto,
ch'erach’era già presso all'ultimeall’ultime sue ore
e da due lance avea passato il petto;
e disse: - Or non sono io più traditore! -
Line 433 ⟶ 428:
Poi si scagliò dove Rinaldo vide
che con la spada gran cose facìa,
e dove il popol de'de’ pagan più stride
per la battaglia sanguinosa e ria,
benché la parte de'de’ cristian non ride.
Chi grida: - Carne! - e chi grida: - Vendetta! -
Verso questo tumulto ognun si getta.
Line 442 ⟶ 437:
Anselmo, Avino, Avolio e Guottibuoffi
e Berlinghieri ed Ottone e Riccardo:
ognun vuol la sua parte degl'ingoffidegl’ingoffi;
e Ricciardetto par tanto gagliardo
che i miglior cavalier parevon goffi;
Line 448 ⟶ 443:
i saracin come i mattoni spiana.
 
<span style="font-size:80%">50</span> E'E’ si vedeva tante spade e mane,
tante lance cader sopra la resta,
e'e’ si sentia tante urle e cose strane
che si poteva il mar dire in tempesta.
Tutto il dì tempelloron le campane
Line 457 ⟶ 452:
e per le selve rimbombar poi Ecco.
 
<span style="font-size:80%">51</span> E'E’ si sentiva in terra e in aria zuffa,
perché Astarotte, non ti dico come,
e Farferello ognun l'animel’anime ciuffa:
e'e’ n'aveann’avean sempre un mazzo per le chiome,
e facean pur la più strana baruffa,
e spesso fu d'alcund’alcun sentito il nome:
- Lascia a me il tale: a Belzebù lo porto. -
L'altroL’altro diceva: - È Marsilio ancor morto?
 
<span style="font-size:80%">52</span> E'E’ ci farà stentar prima che muoia.
Non gli ha Rinaldo ancor forbito il muso,
che noi portian giù l'animal’anima e le cuoia? -
O Ciel, tu par'par’ questa volta confuso!
O battaglia crudel, qual Roma o Troia!
Questa è certo più là che al mondano uso.
Il sol pareva di fuoco sanguigno,
e così l'airel’aire d'und’un color maligno.
 
<span style="font-size:80%">53</span> Credo ch'eglich’egli era più bello a vedere
certo gli abissi, il dì, che Runcisvalle:
ch'e'ch’e’ saracin cadevon come pere
e Squarciaferro gli portava a balle;
tanto che tutte l'infernall’infernal bufere
occupan questi, ogni roccia, ogni calle
e le bolge e gli spaldi e le meschite,
Line 487 ⟶ 482:
che pareva quel giorno i corbacchini
alla imbeccata, e trangugiava a ciocche
l'animel’anime che piovean de'de’ saracini,
che par che neve monachina fiocche
come cade la manna a'a’ pesciolini:
non domandar se raccoglieva i bioccoli
e se ne fece gozzi d'anitroccolid’anitroccoli!
 
<span style="font-size:80%">55</span> E'E’ si faceva tante chiarentane
che ciò ch'ioch’io dico è disopra una zacchera,
e non dura la festa mademane,
crai e poscrai e poscrigno e posquacchera,
Line 504 ⟶ 499:
<span style="font-size:80%">56</span> E Runcisvalle pareva un tegame
dove fussi di sangue un gran mortito,
di capi e di peducci e d'altrod’altro ossame
un certo guazzabuglio ribollito,
che pareva d'infernod’inferno il bulicame
che innanzi a Nesso non fusse sparito;
e 'l’l vento par certi sprazzi avviluppi
di sangue in aria con nodi e con gruppi.
 
<span style="font-size:80%">57</span> La battaglia era tutta paonazza,
sì che il Mar Rosso pareva in travaglio,
ch'ognunch’ognun per parer vivo si diguazza:
e'e’ si poteva gittar lo scandaglio
per tutto, in modo nel sangue si guazza,
e poi guardar come e'e’ suol l'ammiragliol’ammiraglio
ovver nocchier se cognosce la sonda,
ché della valle trabocca ogni sponda.
Line 531 ⟶ 526:
<span style="font-size:80%">59</span> Ed Ulivier riscontrava Brusbacca
che per lo stormo combatteva forte,
e 'l’l capo e l'elmol’elmo a un tratto gli fiacca;
ma non sapea ch'eglich’egli ha presso la morte:
ché l'Arcaliffal’Arcaliffa intanto di Baldacca
lo sopraggiunse, per disgrazia o sorte,
a tradimento, e la spada gli mise
nel fianco sì che alla fine l'uccisel’uccise.
 
<span style="font-size:80%">60</span> Ulivier, come ardito, invitto e franco,
si volse indrieto, e vide il traditore
che ferito l'aveal’avea dal lato manco,
e gridò forte: - O crudel peccatore,
a tradimento mi désti nel fianco
Line 547 ⟶ 542:
del re Marsilio e sue gente ribalde. -
 
<span style="font-size:80%">61</span> E trasse d'Altachiarad’Altachiara con tanta ira
che gli spezzò l'elmettol’elmetto e le cervella,
sì che del saracin l'animal’anima spira,
ché tutto il fésse insino in su la sella;
e come cieco pel campo s'aggiras’aggira
e con la spada percuote e martella,
ma non sapea dove e'e’ si meni il brando;
e non vorrebbe anche saperlo Orlando.
 
Line 559 ⟶ 554:
e come il veltro alle grida si mosse.
Ulivier tanto sangue gli era uscito
che'che’ non vedeva in che luogo e'e’ si fosse;
tanto che Orlando in su l'elmol’elmo ha ferito,
che non sentì mai più simil percosse,
e disse: - Che fai tu, cognato mio?
Line 566 ⟶ 561:
 
<span style="font-size:80%">63</span> Disse Ulivier: - Perdonanza ti chieggio
s'ios’io t'hot’ho ferito, o mio signore Orlando:
sappi che più nïente lume veggio,
ch'ioch’io non so dove io mi meni il brando,
se non che presso alla morte vaneggio,
tanto sangue ho versato e vo versando;
ché l'Arcaliffal’Arcaliffa m'ham’ha ferito a torto,
quel traditor; ma di mia man l'hol’ho morto. -
 
<span style="font-size:80%">64</span> Gran pianto Orlando di questo facea,
Line 586 ⟶ 581:
viver quel poco che di vita avanza:
io ho perduto ogni ardir, ogni orgoglio,
ch'ioch’io non ho più di nulla speranza;
e perch'ioperch’io t'amot’amo, Ulivier, come io soglio,
vienne con meco a mostrar tua possanza:
una morte, una fede, un voler solo. -
Line 593 ⟶ 588:
 
<span style="font-size:80%">66</span> Ulivier, sendo nella pressa entrato,
come e'e’ soleva la gente rincalcia,
e par che tagli dell'erbadell’erba del prato
da ogni parte menando la falcia,
ché combatteva come disperato
Line 606 ⟶ 601:
Ma Ulivier già presso era alla morte;
e poi che il padiglion ritrovato hanno,
diceva Orlando: - Io vo'vo’ che ti conforte:
aspetta, Ulivier mio, che a te ritorno,
ché in su quel poggio vo a sonare il corno. -
 
<span style="font-size:80%">68</span> Disse Ulivieri: - Omai non ti bisogna:
l'animal’anima mia da me già vuol partire,
ché ritornare al suo Signore agogna. -
E non poté le parole espedire,
come chi parla molte volte e sogna,
e bisognòe quel che e'e’ voleva dire
per discrezion intender: che Alda bella
raccomandar volea, la sua sorella.
Line 624 ⟶ 619:
acciò che Carlo sentissi il suo caso;
e sonò tanto forte che lo intese,
e 'l’l sangue uscì per la bocca e pel naso,
dice Turpino, e che il corno si fésse
la terza volta ch'ach’a bocca sel messe.
 
<span style="font-size:80%">70</span> Il caval d'Ulivierd’Ulivier nïente aspetta
e ritornò nel campo tra'tra’ pagani
come chi fa del suo signor vendetta;
e morde per tre lupi e per sei cani,
e molta gente co'co’ calci rassetta
e con le zampe s'arrostas’arrosta i tafani.
Ma Ricciardetto, come vide questo,
giudicò d'Ulivierid’Ulivieri il caso presto.
 
<span style="font-size:80%">71</span> Rinaldo la battaglia ancor teneva.
Balugante e Marsilio era fuggito,
il qual con Bianciardin fece alto leva
come il corno d'Orlandod’Orlando ebbe sentito;
e drento nella mente si rodeva,
ché del suo Zambuger nulla ha udito,
Line 646 ⟶ 641:
dunque giusto martìr par la sua rabbia.
 
<span style="font-size:80%">72</span> Era tanto il terror ch'aveanch’avean d'Orlandod’Orlando
i saracin, che assai fuggiti sono
per la campagna e per le selve quando
sentito fu questo terribil suono.
Dice Turpin che per l'arial’aria volando
molti uccelli stordirono a quel tuono,
e maraviglia non fu Carlo udissi,
ch'e'ch’e’ si pensò che la terra s'aprissis’aprissi.
 
<span style="font-size:80%">73</span> Or quel che fece allo estremo Rinaldo
non ardisce narrar più la mia penna:
ché pareva un serpente irato in caldo,
e questo e l'altrol’altro e poi quello scotenna
e ributtava quel popol ribaldo,
e non sapea del marchese di Vienna;
Line 665 ⟶ 660:
 
<span style="font-size:80%">74</span> Baiardo ritto le zampe menava,
e come l'orsol’orso fa scostare i cani;
talvolta un braccio o la coscia ciuffava
e sgretola quelle ossa de'de’ pagani
come pan fresco che allotta si cava:
non fur tanto crudel mai tigri ircani;
Line 674 ⟶ 669:
 
<span style="font-size:80%">75</span> E Ricciardetto facea cose ancora
che l'aüttorl’aüttor che le vide nol crede:
egli avea fatto pel campo una gora;
beato a chi potea studiare il piede,
ché non uccide, anzi proprio divora:
non fe'fe’ pirrato di bestie mai prede
qual fa costui de'de’ saracini il giorno,
tanto ch'ognunch’ognun gli spariva dintorno.
 
<span style="font-size:80%">76</span> Dicemi alcun che la istoria compila,
tra Rinaldo e Baiardo e Ricciardetto
che n'uccisonn’uccison quel dì ben trenta mila:
non so s'ès’è vero o falso: io l'hol’ho pur detto.
Pensa che Orlando n'uccisen’uccise una fila,
ed Ulivieri, Anselmo e Sansonetto.
Ma la spada del Ciel qui mi bisogna,
Line 693 ⟶ 688:
<span style="font-size:80%">77</span> Chi sa se Miccael qui scognosciuto,
come altra volta là a Gerusalemme,
n'uccisen’uccise il dì quanti egli arà voluto,
ch'ach’a ogni colpo può segnare un emme?
Forse che e'e’ venne a'a’ cristiani in adiuto
da quel Signor che nacque in Betleemme,
il qual tien sempre degli amici cura;
e la forza del Ciel non ha misura.
 
<span style="font-size:80%">78</span> E bisognava e'e’ vi ponga le mani,
ché i cristian son ventimilasecento
contra secento migliaia di pagani:
tanto è ch'ioch’io ci ho trovato fondamento,
tutti degni aüttor, modesti e piani,
che non iscaglion le parole al vento;
Line 709 ⟶ 704:
iscrivon quel che è vero e quel che sanno.
 
<span style="font-size:80%">79</span> E s'alcuns’alcun dice che Turpin morisse
in Runcisvalle, mente per la strozza,
ch'ioch’io proverrò il contrario, e come e'e’ visse
insin che Carlo prese Siragozza,
e questa istoria di sua mano scrisse;
Line 720 ⟶ 715:
<span style="font-size:80%">80</span> Dopo costui venne il famoso Arnaldo,
che molto diligentemente ha scritto,
e investigòe dell'opredell’opre di Rinaldo,
delle gran cose che fece in Egitto,
e va pel fil della sinopia saldo
Line 736 ⟶ 731:
ma molto ancor più della sua conserva.
 
<span style="font-size:80%">82</span> Non v'hav’ha trovato il buon duca Egibardo,
e Guottibuoffi è morto in su la terra,
Avolio, Avino e Gualtieri e Riccardo:
però tanto dolor lo strigne e serra
che si fe'fe’ più che l'usatol’usato gagliardo,
e disse: «Omai questa è l'ultimal’ultima guerra;
fammi, Signore, tu allo estremo forte,
ch'ioch’io ti sarò fedele insino a morte».
 
<span style="font-size:80%">83</span> Restava Anselmo e Ricciardetto allora,
Turpin, Rinaldo, e de'de’ pagan pur molta
gente la qual si difendeva ancora,
benché per tutto è sonato a raccolta.
Orlando trasse Durlindana fora:
non so se questa fia l'ultimal’ultima volta
(credo che sì, per non tener qui a bada)
che trarrà fuor questa onorata spada.
 
<span style="font-size:80%">84</span> Gran pianto fecion que'que’ pochi cristiani
d'Ulivierd’Ulivier che restati erano al campo,
e cominciorno a straziare i pagani
e far gran cose all'ultimoall’ultimo lor vampo;
tal che fuggìen que'que’ miseri profani
sanza trovar misericordia o scampo,
e non è tempo da dire al cul: «Vienne».
Ma la battaglia è già presso all'amenneall’amenne.
 
<span style="font-size:80%">85</span> E'E’ si vedea cader tante cervella
che le cornacchie faran taferugia;
chi avea men forate le budella
Line 772 ⟶ 767:
sempre la furia e la forza raddoppia.
 
<span style="font-size:80%">86</span> E'E’ si cacciava innanzi quelle torme,
ch'unch’un superbo leon parea foresto
che fa tremar con la voce e con l'ormel’orme;
e dice: «In ogni modo fia pel resto
a questa volta!» e fa svegliar chi dorme,
Line 783 ⟶ 778:
<span style="font-size:80%">87</span> Egli arebbe il dì Cesare in Tessaglia
rotto, e il Barchino a Transimeno o Canni:
e'e’ si sentia rugghiar per la battaglia,
tanto che un verro par ch'ognunoch’ognuno azzanni,
e braccia e capi e mani in aria scaglia
per finir con onor questi ultimi anni:
Line 790 ⟶ 785:
e dolce cosa è vendicar giusta onta.
 
<span style="font-size:80%">88</span> E dove e'e’ vede la gente s'aggruppas’aggruppa
come aquila gentil si chiude e serra,
sì che la schiera sbaraglia e sviluppa
e tutti gli stendardi caccia in terra.
Pensa, lettor, come il campo s'inzuppas’inzuppa!
Alla turchesca si facea la guerra:
abbatte ed urta e spezza e sbrana e strugge,
tanto che solo sperar può chi fugge.
 
<span style="font-size:80%">89</span> E'E’ si vedeva ora a poggia, ora a orza
la battaglia venirsi travagliando:
il campo de'de’ cristian facea gran forza,
tanto l'altol’alto valor, l'ardirl’ardir d'Orlandod’Orlando
folgore par che nulla cosa ammorza;
ed ogni volta che menava il brando
e'e’ rimanea del maestro la stampa,
tanto che pochi di sua man ne scampa.
 
Line 811 ⟶ 806:
certo quel dì quella vecchia scagnarda,
che spesso affila la falce sua bieca,
po'po’ raschia l'unghial’unghia, e d'Orlandod’Orlando pur guarda;
talvolta drieto a Rinaldo si reca,
e fassi quivi a suo modo gagliarda,
ch'ognunch’ognun s'appiccas’appicca ove e'e’ vede guadagno;
e Ricciardetto anche fu buon compagno.
 
<span style="font-size:80%">91</span> Rinaldo fece al crudel Gallerano
un tratto a caso il più bel moncherino,
perché e'e’ parea sopra il popol cristiano
un lupo in selva arrabbiato menino:
ché gli trovò con Frusberta la mano
e lo incanto gli fe'fe’ del mal del pino
e dell'abetedell’abete e del faggio e del leccio,
e non vi venne poi sù il patereccio.
 
<span style="font-size:80%">92</span> E benché i saracin fugghino all'ertaall’erta,
un macco ne facea da Filistei,
e quante volte calava Frusberta
non ne faceva cader men che sei,
tanto che fia più d'unad’una tomba aperta,
ché, come dice Benedetto Dei,
e'e’ se n'andrannon’andranno in qualche buco strano
a sentir sotto come nasce il grano.
 
Line 841 ⟶ 836:
tanto che in terra il fece venir manco,
e poi gli corse addosso con gran fretta,
e finalmente gli cavò fuor l'elmol’elmo:
e in questo modo uccise il conte Anselmo.
 
Line 851 ⟶ 846:
uccider sanza elmetto uomini morti. -
E trasse un tondo di maestro vecchio
che il capo portò via sopra l'orecchiol’orecchio.
 
<span style="font-size:80%">95</span> E poi trovò nella zuffa Fidasso,
che faceva il leprone e 'l’l piccinaco
tra gente e gente, e va col capo basso
per la battaglia diguazzando il laco,
perché e'e’ sentia di Rinaldo il fracasso,
che par per Libia indiavolato un draco;
ma pure un tratto Fidasso fidossi,
Line 863 ⟶ 858:
 
<span style="font-size:80%">96</span> Il caval si rizzò di Ricciardetto
indrieto sì che e'e’ convien che rovesci,
e con l'arcionl’arcion se gli posa in sul petto;
e'e’ pagan sotto frugavano a'a’ pesci
con lance e dardi; e restava in effetto
morto, ch'unch’un tratto non potea dir: «Mesci!»,
se non che Orlando le cinghie e 'l’l cavallo
tagliò in un colpo, e poi fece rizzallo,
 
<span style="font-size:80%">97</span> e gridòe: - Ricciardetto, hai tu paura?
Piglia un altro caval, ché ce n'avanzan’avanza. -
E Ricciardetto a saltar s'assicuras’assicura,
come de'de’ paladin sempre era usanza,
sopra un caval con tutta l'armadural’armadura.
Ma qui resta il valor sanza speranza,
benché il cor generoso si conforti,
perché tutti i cristian quasi eran morti.
 
<span style="font-size:80%">98</span> E'E’ saracin pochi restati sono,
benché Rinaldo e Turpin gli persegua.
Ah, Turpin vecchio, ah, Turpin nostro buono!
Line 899 ⟶ 894:
 
<span style="font-size:80%">100</span> Orlando per lo affanno ricevuto
non potea sostener più l'elmol’elmo in testa,
tanto aveva quel giorno combattuto;
e perché molto la sete il molesta,
Line 908 ⟶ 903:
 
<span style="font-size:80%">101</span> Vegliantin, come Orlando in terra scese,
a'a’ pie'pie’ del suo signor caduto è morto,
e inginocchiossi e licenzia gli chiese,
quasi dicessi: «Io t'hot’ho condotto a porto».
Orlando presto le braccia distese
all'acquaall’acqua, e cerca di dargli conforto;
ma poi che pure il caval non si sente,
si condolea molto pietosamente:
 
<span style="font-size:80%">102</span> O Vegliantin, tu m'haim’hai servito tanto!
O Vegliantin, dove è la tua prodezza?
O Vegliantin, nessun si dia più vanto.
O Vegliantin, venuta è l'oral’ora sezza.
O Vegliantin, tu m'haim’hai cresciuto il pianto.
O Vegliantin, tu non vuoi più cavezza.
O Vegliantin, s'ios’io ti feci mai torto,
perdonami, ti priego, così morto. -
 
<span style="font-size:80%">103</span> Dice Turpin, che mi par maraviglia,
che come Orlando: - Perdonami - disse,
quel caval parve ch'aprissich’aprissi le ciglia
e col capo e co'co’ gesti acconsentisse;
tanto che Orlando riprese la briglia,
forse pensando che si risentisse:
dunque Pirramo e Tisbe al gelso o fonte
a questa volta è Vegliantino e 'l’l conte.
 
<span style="font-size:80%">104</span> Ma poi che Orlando si vide soletto,
si volse e guarda inverso la pianura,
e non vede Rinaldo o Ricciardetto;
tanto che'che’ morti gli fanno paura,
ché il sangue aveva trovato ricetto,
e Runcisvalle era una cosa oscura;
e pensi ognun quanto dolor quel porta,
quando e'e’ vedeva tanta gente morta.
 
<span style="font-size:80%">105</span> E disse: «O terque, o quaterque beati»,
come disse il troian famoso ancora,
«e miseri color che son restati,
come sono io, insino all'ultimaall’ultima ora!
Ché, benché i corpi sien per terra armati,
l'animel’anime son dove Gesù s'onoras’onora.
O felice Ulivier, voi siete in vita:
pregate or tutti per la mia partita!
Line 962 ⟶ 957:
 
<span style="font-size:80%">107</span> Intanto vede Terigi apparito,
che come il tordo pur s'eras’era spaniato,
e tanto il suo signor cercando è ito
che finalmente l'aveal’avea ritrovato;
e domandò quel che fusse seguito,
e dove sia Rinaldo capitato.
Disse Terigi: - Io non v'hov’ho posto cura. -
E raccontò poi ben la sua sciagura.
 
<span style="font-size:80%">108</span> Dice la istoria che Orlando percosse
in su 'n’n un sasso Durlindana bella
più e più volte con tutte sue posse,
né romper né piegar non poté quella,
e 'l’l sasso aprì come una scheggia fosse;
e tutti i peregrin questa novella
riportan di Galizia ancora esplesso
d'averd’aver veduto il sasso e 'l’l corno fesso.
 
<span style="font-size:80%">109</span> Orlando disse: - O Durlindana forte,
se io t'avessit’avessi cognosciuta prima
com'iocom’io t'hot’ho cognosciuta ora alla morte,
di tutto il mondo facea poca stima
e non sarei condotto a questa sorte.
Io t'hot’ho più volte, operando ogni scrima,
per non saper quanta virtù in te regna,
riguardata, o mia spada tanto degna. -
Line 1 006 ⟶ 1 001:
di maggio fu la battaglia crudele.
 
<span style="font-size:80%">112</span> L'annoL’anno correva ottocentesmo sesto,
dominante il pianeta che vuol guerra;
e bisognòe che sia mezzo bisesto,
perché un dì natural sopra la terra
istette il sole, ond'ioond’io non so per questo
se forse ancor lo astrolago qui erra:
ciò è la terra lo emisperio nostro,
ch'i'ch’i’ non iscriva anche io con bianco inchiostro.
 
<span style="font-size:80%">113</span> Non so chi leggerà come e'e’ consente
che tanta gente però morta sia;
ma perch'ioperch’io ho quella parola a mente:
«E Miccael vi farà compagnia»,
io non credo che Orlando veramente
avessi simulata la bugia,
ma che e'e’ vi fusse il campion benedetto.
E poi ch'e'ch’e’ fu di maggio sia ridetto.
 
<span style="font-size:80%">114</span> Sai ch'e'ch’e’ si dice: «Noi non siàn di maggio»,
e non si fa così degli altri mesi,
perché e'e’ canta ogni uccel nel suo linguaggio
e l'asinl’asin fa que'que’ suoi ragghi distesi,
sì che la cosa ridire è vantaggio;
ma non son tutti i proverbi compresi,
come a dir che alla mensa non s'invecchias’invecchia,
ché poco vive chi molto sparecchia.
 
Line 1 036 ⟶ 1 031:
o vero o no, con pace si comporti:
se Michel venne, il ben venuto sia;
se non vi venne, e'e’ basta che son morti:
colui che scrive istoria o comedìa
convien che alla scrittura si rapporti
o grido o fama, e quel ch'e'ch’e’ truova dica
in ogni cosa moderna o antica.
 
Line 1 054 ⟶ 1 049:
Rispose Orlando: - Maiestatis laesae,
idest in Carlo verba iniuriosa;
e l'altral’altra è la sorella del marchese
menata non aver come mia sposa:
queste son verso Iddio le prime offese;
l'altral’altra un peccato che mi costa amaro,
come ognun sa: ch'ioch’io uccisi Don Chiaro. -
 
<span style="font-size:80%">118</span> Disse Turpino: - E'E’ ti fu comandato,
e piace tanto a Dio la obbedïenzia
che ti fia facilmente perdonato.
Di Carlo e della poca riverenzia,
io so che lui se l'hal’ha sempre cercato.
D'AldaD’Alda la bella, se in tua conscïenzia
sono state tue opre e pensier casti,
credo che questo appresso a Dio ti basti.
 
<span style="font-size:80%">119</span> Ha'miHa’mi tu altro a dir che ti ricordi? -
Rispose Orlando: - Noi siàn tutti umani,
superbi, invidïosi, irosi, ingordi,
accidiosi, golosi e in pensier vani,
al peccar pronti, al ben far ciechi e sordi;
e così ho, de'de’ peccati mondani,
non aver per pigrizia o mia secordia
l'operel’opere usate di misericordia.
 
<span style="font-size:80%">120</span> Altro non so, che sien peccati gravi. -
Disse Turpino: - E'E’ basta un paternostro
e dir sol «Miserere» o vuoi «peccavi»,
ed io t'assolvot’assolvo per lo uficio nostro
del gran Cefàs, che apparecchia le chiavi
per collocarti nello etterno chiostro. -
E poi gli dètte la benedizione.
Allora Orlando fe'fe’ questa orazione:
 
<span style="font-size:80%">121</span> O Redentor de'de’ miseri mortali,
il qual tanto per noi t'umilïastit’umilïasti
che, non guardando a'a’ nostri tanti mali,
in quella unica Virgine incarnasti
quel dì che Gabrïel aperse l'alil’ali,
e la umana natura rilevasti,
dimetti il servo tuo come a te piace:
Line 1 097 ⟶ 1 092:
 
<span style="font-size:80%">122</span> Io dico pace dopo lunga guerra,
ch'ioch’io son per gli anni pur defesso e stanco:
rendi il misero corpo a questa terra,
il qual tu vedi già canuto e bianco,
mentre che la ragion meco non erra,
la carne è inferma e l'animol’animo ancor franco;
sì che al tempo accettabil tu m'accettim’accetti,
ché molti son chiamati e pochi eletti.
 
<span style="font-size:80%">123</span> Io ho per la tua fede combattuto,
come tu sai, Signor, sanza ch'ioch’io il dica,
mentre che al mondo son quaggiù vivuto:
io non posso oramai questa fatica;
però l'armel’arme ti rendo, ché è dovuto;
e tu perdona a questa chioma antica,
ch'ach’a contemplare omai suo uficio parmi
la gloria tua, e porre in posa l'armil’armi.
 
<span style="font-size:80%">124</span> Porgi, Signore, al tuo servo la mano,
tra'mitra’mi di questo laberinto fori,
perché tu se'se’ quel nostro pellicano
che pregasti pe'pe’ tuoi crucifissori;
perch'ioperch’io cognosco il nostro viver vano,
vanitas vanitatum, pien d'errorid’errori,
ché quanto io ho nel mondo adoperato
non ne riporto alfin se non peccato,
Line 1 126 ⟶ 1 121:
di dover col tuo segno militare:
per questo io spero pur misericordia;
bench'iobench’io non possi Don Chiaro scusare,
che forse or prega per la mia discordia;
ma perché tu sol mi puoi perdonare,
Line 1 133 ⟶ 1 128:
 
<span style="font-size:80%">126</span> Quando tu ci creasti, Signor, prima,
perché tu se'se’ magnalmo e molto pio,
credo che tu facesti questa stima,
che noi fussin figliuol tutti di Dio.
Line 1 145 ⟶ 1 140:
e poi degnasti farti sua fattura
quando tu assumesti in terra madre:
non so s'ios’io entro in valle troppo oscura:
dunque proprio i cristian son le tue squadre.
Io ho sempre difese quelle al mondo:
Line 1 152 ⟶ 1 147:
<span style="font-size:80%">128</span> Le legge che in sul monte Sinaì
tu désti anticamente a Moïsè,
io l'hol’ho tutte obedite insino a qui
ed osservata la tua vera fé:
però, giusto Signor, s'eglis’egli è così,
giustizia fa'fa’ pur con la tua merzé,
perché a giusto Signor così conviensi
che le sue petizion giuste ognun pensi.
Line 1 170 ⟶ 1 165:
<span style="font-size:80%">130</span> Alda la bella mia ti raccomando,
la qual presto per me fia in veste bruna,
che, s'altros’altro sposo mai torrà che Orlando,
sia maritata con miglior fortuna.
E poi che molte cose ti domando,
Signor, se vuoi ch'ioch’io ne chiegga ancor una,
ricòrdati del tuo buon Carlo vecchio
e di questi tuoi servi in ch'ioch’io mi specchio. -
 
<span style="font-size:80%">131</span> Poi che Orlando ebbe dette le parole
Line 1 191 ⟶ 1 186:
venire in giù, non qual materia grave.
Orlando stava attonito e contrito;
ecco quell'angelquell’angel che a Maria disse «Ave»,
che vien per grazia de'de’ superni Iddei,
e disse un tratto: - Viri Galilei. -
 
Line 1 202 ⟶ 1 197:
quando il vostro Gesù fu incarnato
nella Virgine santa, che dimostra
quant'ellaquant’ella è in Ciel sempre avvocata vostra.
 
<span style="font-size:80%">134</span> E perch'ioperch’io amo assai la umana prole,
come piace a Chi fece quel pianeta,
ti porterò lassù sopra quel sole
dove l'animal’anima tua fia sempre lieta,
e sentirai cantar nostre carole;
perché tu se'se’ di Dio nel mondo atleta,
vero campion, perfetto archimandrita
della sua gregge sanza te smarrita.
Line 1 215 ⟶ 1 210:
<span style="font-size:80%">135</span> Sappi che in Ciel fu bene essaminata
la tua giusta devota orazion latria,
ch'ach’a tutti i santi e gli angeli fu grata,
sendo tu cittadin di quella patria;
e perché la sua insegna hai onorata
e spento quasi in terra ogni idolatria,
Iddio t'essaudiràt’essaudirà pe'pe’ tuoi gran meriti,
ché scritti son tutti i tempi preteriti:
 
<span style="font-size:80%">136</span> però che t'hat’ha veduto giovinetto
a Sutri, ove più volte perturbasti
la corte del tuo Carlo a tuo diletto,
Line 1 232 ⟶ 1 227:
 
<span style="font-size:80%">137</span> e poi che Carlo intorno a Pampalona
più tempo s'eras’era indarno affaticato,
venisti, e bisognòe la tua persona,
ché così era già pronosticato,
come a Troia d'Acchilled’Acchille si ragiona;
e poi che e'e’ fu da Maccario ingannato,
in Francia andò come fu tuo disegno,
e racquistòe la sposa insieme e il regno.
 
<span style="font-size:80%">138</span> E Pantalisse e 'l’l superbo Troiano,
e ciò che tu facesti per antico,
Ferraù, Serpentin, di mano in mano,
Line 1 246 ⟶ 1 241:
e ciò che già nel corno egizïano
facesti, come a Dio perfetto amico,
mentre ch'eglich’egli era il tuo Morgante teco,
forse lo spirto del quale è qui meco:
 
Line 1 253 ⟶ 1 248:
perché tu il dirizzasti per la via
che lo condusse al suo stato giocondo.
E perch'ioperch’io intendo la tua fantasia
poi ch'ioch’io dissi «Morgante», io ti rispondo:
tu vuoi saper di Margutte il ribaldo:
sappi che egli è di Belzebù giù araldo;
Line 1 262 ⟶ 1 257:
ed è quanto sollazzo è nello inferno.
Or perché a Dio la morte tu chiedesti
come que'que’ santi màrtiri già ferno,
non so se onestamente ti dolesti:
ché per provarti nella pazïenzia
Line 1 270 ⟶ 1 265:
e dir: «Signor, fammi constante e forte
a patire ogni pena» come Iobbe,
«sì ch'ioch’io sia obedente insino a morte»;
il qual, poi che il voler di Dio cognobbe,
contento fu d'ognid’ogni sua afflitta sorte;
né cosa alcuna più gli era rimasa,
quando e'e’ gli fece rovinar la casa;
 
<span style="font-size:80%">142</span> e perché pur la moglie si dolea,
e'e’ disse: «Donna mia, ora m'ascoltam’ascolta:
Dominus dedit: lui data l'aveal’avea;
Dominus abstulit: lui l'hal’ha ritolta;
sicut Domino placuit, in ea
factum est: così fatto è questa volta»;
Line 1 287 ⟶ 1 282:
<span style="font-size:80%">143</span> Ma se tu vuogli ancor nel mondo stare,
Iddio ti darà ben di nuovo gente,
e tremerrà di te la terra e 'l’l mare.
Ma perché il nostro Signor non si pente,
que'que’ che son morti non posson tornare,
ché tutti son mescolati al presente
tra gli angeli e tra'tra’ santi benedetti
e nel numero assunti degli eletti.
 
<span style="font-size:80%">144</span> Non creder che color che son nel Cielo
volessin ritornar più quaggiù in terra
e ripor le lor membra al caldo e 'l’l gelo,
però che quivi è pace sanza guerra
e non si muta più cogli anni il pelo;
ma quel Signor che 'l’l suo voler non erra,
ti manderà, poi che tu vuoi, la morte,
com'iocom’io sù torno nella eccelsa corte.
 
<span style="font-size:80%">145</span> Alda la bella, che hai raccomandata,
Line 1 309 ⟶ 1 304:
e di gigli e di rose coronata
che non creò vostro Arïete o Flora;
e serverà la vesta oscura e 'l’l velo
insin che a te si rimariti in Cielo.
 
<span style="font-size:80%">146</span> Carlo pe'pe’ merti suoi devoti e giusti
confirmato è nel corno della Croce
con Iosüè, con tutti i suoi robusti,
d'accordod’accordo tutti in Cielo a una voce;
e tu sarai con lui qual sempre fusti.
Vedi quel sol, che parea sì veloce,
che non si cala all'occeànall’occeàn giù in fretta,
e già venti ore il tuo signore aspetta.
 
<span style="font-size:80%">147</span> E perché Carlo sarà qui di corto,
il popol tuo fia tutto seppellito,
ché e'e’ si partì da San Gianni di Porto
come il suon tanto rubesto ha sentito.
Al traditor che la tua gente ha morto
Line 1 331 ⟶ 1 326:
 
<span style="font-size:80%">148</span> però che Iddio Adam plasmòe di questa,
sì che e'e’ ti basta per comunïone.
Rinaldo dopo a te nel mondo resta
per difender di Cristo il gonfalone;
e tosto faran sù gli angeli festa
di Turpin vostro pien d'affezïoned’affezïone,
e Ricciardetto anche al Signor mio piace.
Rimanetevi, o servi di Dio, in pace. -
Line 1 341 ⟶ 1 336:
<span style="font-size:80%">149</span> Così posto in silenzio le parole,
si dipartì questo messaggio santo.
Ognun piangeva, e d'Orlandod’Orlando gli duole.
Orlando si levò sù con gran pianto
ed abbracciò Rinaldo quanto e'e’ vuole,
Turpino e gli altri; ed adorato alquanto,
parea proprio Geronimo quel fosse,
Line 1 352 ⟶ 1 347:
come disse nel tempio il buon vecchione.
- O Signor mio, quando sarò io teco?
L'animaL’anima è in carcer di confusïone:
libera me da questo mondo cieco,
non per merito già, per grazia intendo;
nelle tue man lo spirto mio commendo. -
 
<span style="font-size:80%">151</span> Rinaldo l'aveal’avea molto combattuto,
e Turpino e Terigi e Ricciardetto,
dicendo: - Io son dello Egitto venuto;
Line 1 364 ⟶ 1 359:
inteso quel che Gabrïello ha detto,
per reverenzia alla fine ognun tacque:
ché quel che piace a Dio sempre a'a’ buon piacque.
 
<span style="font-size:80%">152</span> Orlando ficcòe in terra Durlindana,
poi l'abbracciaval’abbracciava e dicea: - Fammi degno,
Signor, ch'ioch’io ricognosca la via piana;
questa sia in luogo di quel santo legno
dove patì la giusta carne umana,
sì che il cielo e la terra ne fe'fe’ segno,
e non sanza alto misterio gridasti
«Elì, Elì», tanto martìr portasti. -
Line 1 382 ⟶ 1 377:
E finalmente, la testa inclinata,
prese la terra come gli fu detto,
e l'animal’anima ispirò del casto petto;
 
<span style="font-size:80%">154</span> ma prima il corpo compose alla spada,
le braccia in croce e 'l’l petto al pome fitto.
Poi si sentì un tuon, che par che cada
il ciel, che certo allor s'aperses’aperse al gitto;
e come nuvoletta che in sù vada,
«In exitu 'Sraël’Sraël» cantar «de Egitto»
sentito fu dagli angeli solenne,
che si cognobbe al tremolar le penne.
Line 1 396 ⟶ 1 391:
perché quel santo nimbo a poco a poco
tanti lumi scoprì, tante fiammelle,
che tutta l'arial’aria pareva di fuoco,
e sempre raggi cadean dalle stelle;
poi si sentì con un suon dolce e roco
certa armonia con sì soavi accenti
che ben parea d'angelicid’angelici instrumenti.
 
<span style="font-size:80%">156</span> Turpino e gli altri accesi d'und’un fervore
eran, che ignun già non parea più desso:
perché quel foco dello etterno amore,
quando per grazia ci si fa sì presso,
conforta e scalda sì l'animal’anima e 'l’l core
che ci dà forza d'oblïard’oblïar se stesso;
e pensi ognun quanto fussi il lor zelo
veder portarne quell'animaquell’anima in cielo.
 
<span style="font-size:80%">157</span> E dopo lunga e dolce salmodia,
Line 1 415 ⟶ 1 410:
«{{TestoCitato|Salve Regina|Salve Regina}}», «Virgo alma Maria»;
e guardavano in sù, come Eliseo
quando il carro innalzar vide d'Eliad’Elia;
o come tutto stupido si feo
Moïsè, quando il gran rubo gli apparse;
insin ch'alfinech’alfine ogni cosa disparse,
 
<span style="font-size:80%">158</span> sì che di nuovo un altro tuon rimbomba,
Line 1 430 ⟶ 1 425:
 
<span style="font-size:80%">159</span> Donde Turpino oppinïon qui tenne
che questa fusse l'animal’anima d'Orlandod’Orlando,
e ch'e'ch’e’ la vide con tutte le penne
in bocca entrargli veramente, quando
Carlo quel dì poi in Runcisvalle venne
e che e'e’ richiese l'onoratol’onorato brando:
e bisognòe che Orlando vivo fossi,
ché innanzi a lui ridendo inginocchiossi.
 
<span style="font-size:80%">160</span> E poi che e'e’ son così soli rimasi
Rinaldo e gli altri, dopo lungo pianto,
e'e’ s'accordornos’accordorno i dolorosi casi
Carlo sentissi, benché e'e’ venga intanto;
ma Terigi era come morto quasi
per gran dolor; pur, riposato alquanto,
Line 1 447 ⟶ 1 442:
e che portassi la trista novella.
 
<span style="font-size:80%">161</span> Dunque Terigi da lor s'ès’è partito,
e lascia il suo signore Orlando morto.
Or ritorniam, ch'ioch’io non paia smarrito,
a Carlo e la sua gente a Piè di Porto;
che, come il corno sonare ha sentito,
sùbito parve del suo danno accorto,
e disse a Namo ed agli altri dintorno:
- Udite voi com'iocom’io sonare il corno? -
 
<span style="font-size:80%">162</span> Questa parola fe'fe’ ch'ognunoch’ognuno ascolta;
Gan si turbò, ché gli parve sentire.
Orlando suona la seconda volta.
Line 1 462 ⟶ 1 457:
Rispose Gan: - Suona forse a raccolta,
perché la caccia sarà in sul finire.
Da poi ch'ognunch’ognun qui tace, io ti rispondo.
Che pensi tu? Che rovini là il mondo?
 
<span style="font-size:80%">163</span> E'E’ par che ancor tu non cognosca Orlando,
tanto che quasi ci hai messo sospetto,
ch'ognich’ogni dì debbe ir pe'pe’ boschi cacciando
con Ulivieri e col suo Sansonetto.
Non ti ricorda un'altraun’altra volta, quando
in Agrismonte, sendo giovinetto,
ogni dì era o con orsi alle mani
Line 1 475 ⟶ 1 470:
 
<span style="font-size:80%">164</span> Ma poi che Orlando alla terza risuona,
perché e'e’ sonòe tanto terribilmente
che fe'fe’ maravigliare ogni persona,
Carlo, il quale era a sua posta prudente:
- Quel corno - disse alla fine - m'intruonam’intruona
l'animal’anima e 'l’l cuore, e fa tremar la mente,
ed altra caccia mi par che di bosco:
duolmi che tardi i miei danni cognosco.
 
<span style="font-size:80%">165</span> Io mi son risvegliato d'und’un gran sogno,
o Gano, o Gano, o Gan! - tre volte disse.
- Di me stesso e non d'altrod’altro mi vergogno,
a non creder che questo m'avvenissem’avvenisse.
D'aiutoD’aiuto e di consiglio è qui bisogno,
ché s'apparecchians’apparecchian dolorose risse.
Voi siete, dico, mondi, ma non tutti,
e parmi or tempo a giudicare a'a’ frutti.
 
<span style="font-size:80%">166</span> Pigliate adunque questo, traditore.
Meglio era al mondo e'e’ non fussi mai suto.
O scelerato, o crudel peccatore!
Misero a me, che son tanto vivuto!
O quanto ha forza un ostinato errore!
O Malagigi, or t'avess'iot’avess’io creduto!
Omè, tu eri pur del ver pronostico!
Ed è ragion se il duol mi par più ostico. -
Line 1 503 ⟶ 1 498:
<span style="font-size:80%">167</span> Disse il Danese: - O quante volte, Carlo,
tel dissi pure, e Salamone e Namo,
ch'ach’a Siragozza non dovei mandarlo,
che si vedea quasi scoperto l'amol’amo!
Ed Ulivier, quando io vidi baciarlo,
io dissi: «O Giuda, noi ti conosciamo!
Line 1 511 ⟶ 1 506:
 
<span style="font-size:80%">168</span> Ma tu non fusti da noi consigliato
com'e'com’e’ si conveniva in questo caso,
perché tu eri in quel tempo ostinato. -
Intanto Gan si truova sanza naso,
e come volpe da'da’ cani è straziato,
e 'l’l capo e 'l’l ciglio pareva già raso;
e chi gli pela la barba a furore
- Crucifiggi - gridando - il traditore! -
Line 1 525 ⟶ 1 520:
E perché tempo non è da star più,
Carlo partì con la sua baronia,
e serra l'usciol’uscio ricevuto il danno;
e così inverso Runcisvalle vanno.
 
Line 1 532 ⟶ 1 527:
come aveva ordinato Ganellone,
e la sua gente è in gran calamitate:
ch'Orlandoch’Orlando non sonòe sanza cagione,
però che in caso di necessitate,
quando il suon troppo non fussi discosto,
Line 1 544 ⟶ 1 539:
e tutti i lor pensieri furno a un brocco;
e perché il tempo parea scarso forse,
Carlo al suo Cristo all'usatoall’usato ricorse:
 
<span style="font-size:80%">172</span> O Crucifisso, il qual già, sendo in croce,
oscurasti quel sol contra natura,
io ti priego, Signor, con umil voce,
insin ch'ioch’io giunga in quella valle oscura,
che tu raffreni il suo corso veloce,
acciò che al popol tuo dia sepultura,
e che non vadi sì tosto all'occasoall’occaso:
non mi lasciare in così estremo caso;
 
<span style="font-size:80%">173</span> non pe'pe’ meriti miei, che non son tali
che come Iosüè meriti questo,
ma perché al volo mio son corte l'alil’ali,
acciò che in Runcisvalle io vadi presto,
vinchino i preghi giusti de'de’ mortali,
sì che più il tuo poter sia manifesto,
l'ordinel’ordine dato delle etterne rote,
tanto ch'ioch’io truovi il mio caro nipote. -
 
<span style="font-size:80%">174</span> Fermossi il sol, ch'erach’era turbato prima
per la pietà del suo popol cristiano,
per tutto l'universol’universo, in ogni clima;
e dice alcun, ma par supervacano,
benché e'e’ sia aüttor da farne stima,
che le montagne diventorno piano,
ché Carlo aggiunse al suo prego ancor questo.
Ma io qui danno l'aüttorel’aüttore e 'l’l testo:
 
<span style="font-size:80%">175</span> io me n'andròn’andrò con un mio carro a vela
e giugnerò le lepre e'e’ leopardi;
ché in picciol tempo la fama si cela
degli scrittor, quando e'e’ son pur bugiardi,
e rimangonsi al lume di candela
la sera al fuoco annighittosi e tardi,
Line 1 584 ⟶ 1 579:
<span style="font-size:80%">176</span> Basta che Carlo, dette le parole,
sùbito il prego suo fu essaudito,
sanza servar più l'ordinel’ordine che suole
quel bel pianeta etterno stabilito.
O clemenzia del Ciel, tu fermi il sole
Line 1 591 ⟶ 1 586:
quanto Iddio ama la umanità nostra!
 
<span style="font-size:80%">177</span> E cavalcando d'unod’uno in altro monte,
ecco Terigi doloroso e mesto
che ne venìa diguazzando la fronte.
Line 1 597 ⟶ 1 592:
sùbito disse: - O mio famoso conte!
La sua loquela mi fa manifesto
ch'ach’a nunzïar quel vien trista novella. -
Perché e'e’ pareva un uom di carta in sella.
 
<span style="font-size:80%">178</span> Giunto Terigi, a Carlo inginocchiossi,
e disse: - O signor mio, tarde venisti:
sappi ch'Orlandoch’Orlando è morto, e più non puossi,
e tutti i tuoi baron miseri e tristi. -
Carlo, sentendol, con le man graffiossi.
Line 1 609 ⟶ 1 604:
non che graffiar, non torceresti un pelo.
 
<span style="font-size:80%">179</span> Sappi che e'e’ chiese la morte lui stesso,
e nel morir tanta [avea] contrizione
che dal ciel Gabrïel, quel santo messo,
Line 1 616 ⟶ 1 611:
ché tutti savàn quivi ginocchione.
Pensi ciascun quanto parea soave
veder quell'angelquell’angel che per noi disse «Ave».
 
<span style="font-size:80%">180</span> Rinaldo era venuto insin d'Egittod’Egitto
e Ricciardetto, e fatto hanno oggi cose
che il re Marsilio si fuggì sconfitto.
Line 1 624 ⟶ 1 619:
per Runcisvalle, ognun nel sangue fitto,
ché son tutte le rive sanguinose:
non è ignun ch'ach’a veder non lacrimassi;
e piangon l'erbel’erbe ancor, le piante e'e’ sassi.
 
<span style="font-size:80%">181</span> Io vidi Astolfo morto e Sansonetto,
che ti sare'sare’ paruto oggi gagliardo,
tanto che Orlando per questo dispetto
cacciò per terra a furia ogni stendardo;
e Berlinghier fu morto, il poveretto,
Anselmo tuo e 'l’l valente Egibardo,
Gualtieri da Mulione, Avolio, Avino;
non v'èv’è, di tre, campato un Angiolino.
 
<span style="font-size:80%">182</span> L'ArcaliffaL’Arcaliffa ribaldo di Baldacco
uccise Ulivier nostro a tradimento,
e prima fe'fe’ della tua gente un macco,
tanto che molto ci dètte spavento;
Riccardo cadde morto per istracco,
Line 1 647 ⟶ 1 642:
<span style="font-size:80%">183</span> E Baldovin con certa sopravvesta
oggi pel campo combatteva forte,
e come e'e’ si cavòe di dosso questa,
da un pagan gli fu dato la morte:
ch'Orlandoch’Orlando trasse l'elmettol’elmetto di testa
a quel figliuol del Veglio, Buiaforte,
e intese appunto come il fatto era ito,
e come Gan fu quel ch'aveach’avea tradito.
 
<span style="font-size:80%">184</span> Turpin, Rinaldo e Ricciardetto solo
Line 1 658 ⟶ 1 653:
il resto è tutto morto dello stuolo;
e in Runcisvalle gli lasciai al presente,
però ch'ioch’io son venuto quasi a volo
per recarti novella sì dolente,
poi che stato non v'èv’è, per mio dolore,
oggi una lancia che mi passi il core,
 
<span style="font-size:80%">185</span> da poi ch'ioch’io ho perduto il signor mio.
Tanto è che più il tuo Gan non puoi scusarlo,
e commettesti un gran peccato e rio
quando a Marsilio lo mandasti, Carlo;
e se tu vuoi placar nel cielo Iddio,
fallo squartar. Ma, mentre ch'ioch’io ti parlo,
sappi ch'ioch’io sento della morte il gelo -;
disse Terigi, e poi se n'andòn’andò in cielo.
 
<span style="font-size:80%">186</span> Carlo, ascoltata la trista novella
e Terigi vedendo a'a’ suoi pie'pie’ morto,
per gran dolor fu per cader di sella,
e disse: - Ignun non mi dia più conforto.
O battaglia per me crudele e fella!
O re Marsilio, tu m'haim’hai fatto torto:
ch'ioch’io avea fatto, come imperatore,
pace con teco con sincero core;
 
Line 1 684 ⟶ 1 679:
di tanto scettro e monarchia e regno,
sendo antico proverbio amar chi ama,
oscurassi così la gloria e 'l’l segno.
O Ganellon ch'ordinastich’ordinasti la trama
e conducesti il mio nipote degno
in Runcisvalle aspettar la sua morte,
maladetto sia il dì ch'ioch’io t'ebbit’ebbi in corte!
 
<span style="font-size:80%">188</span> Che faren noi, o Salamone, o Namo?
Line 1 694 ⟶ 1 689:
in Runcisvalle ove meschini andiamo
come ciechi smarriti sanza freni?
O morte, vieni a me, vien'vien’, ch'i'ch’i’ ti chiamo,
ché tu se'se’ più crudel, se tu non vieni;
ma se tu vieni a mia vita dogliosa,
tu sarai detta ancor per me pietosa. -
Line 1 706 ⟶ 1 701:
che a qualche scoglio si conduce o porto:
questa sentenzia è data pria che in fasce,
che morte è il fin d'ognid’ogni cosa che nasce.
 
<span style="font-size:80%">190</span> Veggiam se in questo tempo che ci resta
qualche cosa ancor far siamo obligati,
la qual sia proprio all'uomall’uom da Dio richiesta,
ché per bene operar tutti siàn nati
e d'ognid’ogni savio la sentenzia è questa.
Tu sai ch'ioch’io ci ho quattro figliuol lasciati:
facciàn che'che’ morti non restino al vento,
però che il Ciel non ne sare'sare’ contento. -
 
<span style="font-size:80%">191</span> Disse il Danese: - In Runcisvalle andremo,
Line 1 723 ⟶ 1 718:
Poi con Rinaldo ci consiglieremo. -
E così Carlo venien consolando,
e cavalcavan via d'und’un buon gualoppo,
quando e'e’ trovorno altro cattivo intoppo.
 
<span style="font-size:80%">192</span> Aveva Orlando pel tempo passato,
Line 1 749 ⟶ 1 744:
di notte, sanza dir salamalec:
sì che il Sepulcro bisognòe lasciare
a guardia d'altrod’altro che Melchisedec;
e ch'aveach’avea ferma oppinïon che Gano
a questo fatto tenessi la mano.
 
<span style="font-size:80%">195</span> Disse Carlo: - Tu, Iddio, fa'fa’ la vendetta,
poi che il Sepulcro in tal modo si ruba!
Sarebbe mai quel dì che il mondo aspetta,
quando e'e’ verrà quella terribil tuba? -
E ricordossi della poveretta
afflitta, vecchia e sventurata Eccùba,
che dopo al pianto d'ognid’ogni suo martoro
ultimamente pianse Polidoro;
 
Line 1 775 ⟶ 1 770:
dove era Orlando alla fonte arriviamo
e Turpino e Rinaldo e Ricciardetto,
ch'ognunch’ognun piangeva doloroso e gramo
e guardavan quel corpo benedetto.
Ma, come Carlo in Runcisvalle è giunto,
Line 1 781 ⟶ 1 776:
 
<span style="font-size:80%">198</span> E ragguardava i cavalieri armati
l'unl’un sopra l'altrol’altro in su la terra rossa,
gli uomini co'co’ cavalli attraversati;
e molti son caduti in qualche fossa,
nel fango in terra fitti arrovesciati;
chi mostra sanguinosa la percossa,
chi 'l’l capo avea quattro braccia discosto,
da non trovargli in Giusaffà sì tosto;
 
Line 1 795 ⟶ 1 790:
tanti scudi per terra e lance in tronchi.
O quanto gente parea meschinella!
O quanto fia scontento più d'und’un padre!
E misera colei che sarà madre!
 
<span style="font-size:80%">200</span> Carlo piangeva, e per la maraviglia
gli trema il core e 'l’l capo se gli arriccia,
e Salamone strabuzza le ciglia,
Uggieri e Namo ognun si raccapriccia:
perché la terra si vede vermiglia
e tutta l'erbal’erba sanguinosa, arsiccia;
gli arbori, i sassi gocciolavan sangue,
sì che ogni cosa si potea dir langue.
 
<span style="font-size:80%">201</span> Ma po'po’ che Carlo ebbe guardato tutto,
si volse, e disse inverso Runcisvalle:
- Po'Po’ che in te il pregio d'ognid’ogni gloria è strutto,
maladetta sia tu, dolente valle!
Che non ci facci più ignun seme frutto,
co'co’ monti intorno e le superbe spalle!
Venga l'iral’ira del Cielo in sempiterno
sopra te, bolgia o Caina d'infernod’inferno! -
 
<span style="font-size:80%">202</span> Ma poi che e'e’ giunse appiè della montagna
a quella fonte ove Rinaldo aspetta,
di più misere lacrime si bagna
Line 1 822 ⟶ 1 817:
abbraccia Orlando e quanto può si lagna,
e dice: - Anima giusta e benedetta,
ascolta almen dal Ciel quel ch'ioch’io ti dico,
perché pure ero il tuo signor già antico:
 
Line 1 831 ⟶ 1 826:
io benedico ciò che mai facesti;
io benedico la tua gran prodezza;
io benedico l'oprel’opre alte e leggiadre;
io benedico il seme del tuo padre.
 
<span style="font-size:80%">204</span> E chieggo a te perdon, se mi bisogna,
perché di Francia tu sai ch'ioch’io ti scrissi,
quando tu eri crucciato in Guascogna,
che in Runcisvalle a Marsilio venissi
col conte Anselmo e 'l’l signor di Borgogna.
Ma non pensavo, omè, che tu morissi;
quantunque giusto guidardon riporto,
ché tu se'se’ vivo, ed io son più che morto.
 
<span style="font-size:80%">205</span> Ma dimmi, o figliuol mio, dove è la fede
Line 1 865 ⟶ 1 860:
ed a fatica la strinse col guanto.
Orlando si rimase ginocchione,
l'animal’anima si tornò nel regno santo.
Carlo cognobbe la sua salvazione;
che, se non fussi questo sol conforto,
dice Turpin che certo e'e’ sare'sare’ morto.
 
<span style="font-size:80%">208</span> Quivi era ognuno in terra inginocchiato
e tremava d'orrored’orrore e di paura,
quando vidono Orlando in piè rizzato,
come avvien d'ognid’ogni cosa oltre a natura:
però ch'eglich’egli era in parte ancora armato
e molto fiero nella guardatura;
ma perché poi ridendo inginocchiossi
Line 1 882 ⟶ 1 877:
Carlo e tutti, Rinaldo e Ricciardetto,
e ragionorno pur succintamente
della battaglia e d'ognid’ogni loro effetto;
ed ordinossi per la morta gente
dove fussi il sepulcro e il lor ricetto.
Ma Carlo un corpo era colmo d'angosced’angosce,
ché tanta gente non si ricognosce,
 
<span style="font-size:80%">210</span> e disse: - O Signor mio, fammi ancor degno,
fra tante grazie che tu mi concedi,
ch'ioch’io ricognosca in qualche modo o segno
la gente mia, che quaggiù morta vedi,
ch'ioch’io non so dove io sia né donde i'i’ vegno;
e come in Giusaffà, le mane e'e’ piedi
e l'altrel’altre membra insieme accozza, e mostra
per carità qual sia la gente nostra. -
 
<span style="font-size:80%">211</span> E poi che furon nella valle entrati,
trovoron tutti i cristian c'hannoc’hanno insieme
i membri appresso e i volti al ciel levati,
perché questo era d'Adamod’Adamo il buon seme.
O Dio, quanti miracoli hai mostrati!
Quanto è felice chi in te pon sua speme!
E tutti i corpi di que'que’ saracini
dispersi son, co'co’ volti a terra chini.
 
<span style="font-size:80%">212</span> Ringraziò Carlo Iddio devotamente
che tante grazie gli avea conceduto.
Or qui comincia un mar tanto frangente
di pianto e duol, che non sare'sare’ creduto:
chi truova il figliuol morto e chi 'l’l parente,
amico o frate; e quel ricognosciuto,
abbraccia il corpo e l'elmol’elmo gli dilaccia
e mille volte poi lo bacia in faccia.
 
Line 1 924 ⟶ 1 919:
pensa se Namo anche piangeva allora!
 
<span style="font-size:80%">214</span> Qui ci bisogna più d'unad’una carretta,
e tempo non è più tener quel sole
che per servire al suo Fattore aspetta.
Line 1 931 ⟶ 1 926:
il ciel tener con semplici parole!».
O sicuri cristian, gran parte è questa
di quella fede che v'èv’è manifesta.
 
<span style="font-size:80%">215</span> Credo che quegli Antipodi di sotto
dubitassin fra lor più volte, il giorno,
che non fussi del ciel l'ordinel’ordine rotto,
ché il bel pianeta non facea ritorno,
o che e'e’ fussi quel dì l'ultimol’ultimo botto,
e ritornassi all'anticoall’antico soggiorno
prima che fussi il gran caòs aperto;
e in dubbio stessi lo emisperio incerto.
 
<span style="font-size:80%">216</span> E'E’ se n'andòn’andò pure all'altroall’altro orizzonte,
finito un giorno naturale appunto:
forse la terra pensò che Fetonte
Line 1 952 ⟶ 1 947:
 
<span style="font-size:80%">217</span> E molti corpi furno imbalsimati,
massime tutti que'que’ de'de’ paladini;
ed alcun furno a Parigi mandati
e per la Francia e per tutti i confini;
e tanti padri furno sconsolati,
e tante donne si stracciano i crini,
e chi la faccia e chi il petto s'infranses’infranse,
ch'Affricach’Affrica tanto o Grecia mai non pianse.
 
<span style="font-size:80%">218</span> E sopra tutto pianse Alda la bella,
chiamando sé fra l'altrel’altre dolorosa
d'Ulivierid’Ulivieri e d'Orlandod’Orlando, meschinella,
dicendo: - Omè, quanto felice sposa
del più degn'uomdegn’uom che mai montassi in sella
fui alcun tempo, or misera angosciosa!
Già non invidio sua felice sorte,
Line 1 974 ⟶ 1 969:
Non creder che mai prenda altro marito;
ma sopra il corpo e tue membra leggiadre,
ché sento in Aquisgran se'se’ seppellito,
giurerà come Dido Alda la bella. -
E così fece a luogo e tempo quella.
 
<span style="font-size:80%">220</span> Carlo fece il sepulcro al suo nipote
in Aquisgrana, e 'l’l corpo quivi misse;
ed onorar lo fece quanto e'e’ puote
prima che inverso Siragozza gisse,
dove poi furon le dolente note;
Line 1 992 ⟶ 1 987:
e fatte furno essequie in San Dionigi,
vestite a nero tutte le persone,
ch'usavanch’usavan prima a'a’ morti i panni bigi
come Pericle fe'fe’ vestir già Atene,
e parve annunzio di future pene.
 
Line 2 006 ⟶ 2 001:
 
<span style="font-size:80%">223</span> Ulivier fu seppellito in Borgogna,
e tutto il popol fe'fe’ di pianger roco.
Ma perché molte cose dir bisogna,
a Balugante torneremo un poco,
che va cercando trovare altra rogna:
non so se poi il grattar gli parrà giuoco.
E'E’ ritrovò la sua gente smarrita,
ch'erach’era per boschi e montagne fuggita;
 
<span style="font-size:80%">224</span> e terminò tornare in Runcisvalle,
ché non sapea s'Orlandos’Orlando fussi morto,
e volea le sue gente sotterralle.
E come e'e’ fu in su la montagna scorto
che voleva calar giù nella valle,
Rinaldo, come astuto e molto accorto,
a Carlo disse: - Balugante viene:
io lo cognosco a'a’ contrassegni bene.
 
<span style="font-size:80%">225</span> Parmi che in punto tua gente si metta,
Line 2 028 ⟶ 2 023:
Il perché Carlo sùbito comanda
che si dovessi armare ognuno in fretta.
Era apparita l'albal’alba a randa a randa,
quando la schiera de'de’ pagan vien giùe
il terzo dì che la battaglia fue.
 
<span style="font-size:80%">226</span> E consiglioron Salamone e Namo
e Ricciardetto e Turpino e 'l’l Danese:
- O Carlo, poi che condotti qui siamo,
e piacque sempre a Dio le giuste imprese,
Line 2 039 ⟶ 2 034:
tanto che alfine sien le fiamme accese
e che si metta a sacco Siragozza,
e Marsilio s'impicchis’impicchi per la strozza.
 
<span style="font-size:80%">227</span> E come fe'fe’ Vespasïano e Tito,
venderen per ischiavi que'que’ marrani
a corsari o pirrati in qualche lito,
perché e'e’ son peggio che porci o che cani. -
E così presto si prese partito;
e com'eglicom’egli hanno scontrati i pagani,
e'e’ cominciorno a gridar: - Carne, carne! -
e - Morte! - e - Sangue! - ed ogni strazio a farne.
 
Line 2 065 ⟶ 2 060:
non perdonare alla gente pagana,
ché teco insieme lo vo vendicando;
e poi che e'e’ t'hat’ha ridendo a me renduto,
non è sanza cagion per certo suto. -
 
Line 2 071 ⟶ 2 066:
o difensor della cristiana fede,
o santo Carlo, o ben vivuto vecchio,
dell'altadell’alta fama di tua stirpe erede,
tu taglieresti a Malco l'altrol’altro orecchio!
Così fa chi in Gesù si fida e crede;
e bisognava al mondo tu venissi
per cavarci di nuovo degli abissi.
 
<span style="font-size:80%">231</span> Balugante transcorse tra'tra’ cristiani
perché il cavallo a forza Io transporta.
Carlo, che il vide, con ambo le mani
alzò la spada, e tanto sdegno il porta
che disse: - Tu n'andrain’andrai fra gli altri cani! -
tanto che cadde come cosa morta;
e come Balugante in terra cade,
sùbito addosso gli fur cento spade.
 
<span style="font-size:80%">232</span> E'E’ non si vide mai più spade a Roma
addosso a qualche toro, quando in caccia
isciolto giù dal plaüstro quel toma
quando si fa la festa di Testaccia:
tanto che infine la barba e la chioma
gli pela alcun, che l'elmol’elmo gli dilaccia;
e chi voleva pur cavargli il core,
ma non poteva, tanto era il furore.
 
<span style="font-size:80%">233</span> E come Balugante morto fu,
i saracin fuggivon d'ognid’ogni banda;
e s'ios’io non l'hol’ho qui ricordato più,
il valoroso Arnaldo di Bellanda
molti pagani il dì in Cafarnaù,
Line 2 115 ⟶ 2 110:
<span style="font-size:80%">235</span> a fuoco, a sacco, a morte, in preda, in fuga,
le donne, i moricini e le fanciulle,
sanza trovare ignun dove e'e’ rifuga,
ammazzavano insin drento alle culle.
Carlo dicea ch'ognich’ogni cosa si struga,
pur che Marsilio e 'l’l suo regno s'annulles’annulle.
E così sempre per tutto il vïaggio
parean corsari in terra a far carnaggio.
Line 2 127 ⟶ 2 122:
quelle gente cacciate meschinelle.
E insino a Siragozza ignun non resta,
la notte e 'l’l giorno sempre in su le selle;
e passan valle e piagge e colli e monti,
e in ogni parte fêr tagliare i ponti.
Line 2 136 ⟶ 2 131:
molti signor ne furon mal contenti,
e Siragozza è quasi abbandonata.
Marsilio v'aveav’avea drento poche genti,
ché in Runcisvalle rimase eran morte,
tanto che Carlo s'accostòes’accostòe alle porte.
 
<span style="font-size:80%">238</span> Re Bianciardin, che la novella sente,
disse a Marsilio: - E'E’ fia Rinaldo questo. -
Ma non potevon creder per nïente
che Carlo fussi venuto sì presto
ed avessi condotta tanta gente;
e quel che più diventerà molesto,
ch'e'ch’e’ non sapean di Balugante il caso,
che pel cammino indrieto era rimaso.
 
Line 2 159 ⟶ 2 154:
 
<span style="font-size:80%">240</span> Il fuoco era appiccato in molte strade,
e 'l’l vento certe fiamme in alto leva,
e qualche tetto alle volte giù cade,
e le moschee ed ogni cosa ardeva;
Line 2 167 ⟶ 2 162:
e certo i suoi partiti erano scarsi;
 
<span style="font-size:80%">241</span> e quando e'e’ sente gridar - Francia, Francia! -
e - Carlo, Carlo! -, gli parve che il core
gli passassi un coltello, anzi una lancia,
tanto ne prese nel petto terrore:
perché e'e’ cognobbe in su 'n’n una bilancia
aver la vita e lo stato e l'onorel’onore;
e Bianciardin, tanto mascagna volpe,
a questa volta purgar le sue colpe.
Line 2 181 ⟶ 2 176:
Aiuta il popol, Macon, mussurmanno! -
Ma tutte alfine eran bucce di porri,
ch'ognich’ogni cosa n'andavan’andava a saccomanno,
ed urla e strida per tutto si sente
e pianti assai commiserabilmente.
Line 2 203 ⟶ 2 198:
tanto che insino in su la sala venne.
 
<span style="font-size:80%">245</span> Era apparita quasi l'aüroral’aürora,
quando il palagio di Marsilio è preso,
e non si truova il traditore ancora;
ma poi che 'l’l fuoco per tutto era acceso,
alfin convenne ch'eglich’egli sbuchi fora,
e funne a Carlo portato di peso.
Carlo lo prese in quella furia pazza
e d'und’un veron lo gittò in su la piazza;
 
<span style="font-size:80%">246</span> e cadde quasi addosso a Ricciardetto;
Line 2 217 ⟶ 2 212:
e poi gli pose in su la gola il piede
e scannar lo volea come un cavretto;
se non ch'e'ch’e’ disse: - Abbi di me merzede
tanto che Carlo da basso giù vegni
e Bianciardin, che è nascoso, gl'insegnigl’insegni. -
 
<span style="font-size:80%">247</span> Or chi volessi la città meschina
in fuoco e in preda assimigliar la notte,
imaginar conviensi una fucina
giù nell'infernonell’inferno in le più scure grotte:
ognuno aveva una rabbia canina,
che il sangue parea zuccher di tre cotte.
O giustizia di Dio, tu eri appresso!
Tu se'se’ pur giusto, e in Ciel tu se'se’ pur desso!
 
<span style="font-size:80%">248</span> Credo Turpin con le sue mani uccise
dugento o più, a non parer bugiardo:
non domandar se nel sangue s'intrises’intrise!
E'E’ parea più rubizzo e più gagliardo
che que'que’ che avean le schiappe e le divise,
come se fussi la notte col cardo
renduto il pelo alla sua giovinezza,
Line 2 241 ⟶ 2 236:
<span style="font-size:80%">249</span> In questo tempo la reina Blanda
era con Lucïana strascinata:
ella non ha più d'orod’oro la grillanda;
ella era dalla furia traportata;
ella gridava, ella si raccomanda
ch'almench’almen come regina sia ammazzata,
e che non era in questo modo onore
d'und’un tanto degno e magno imperatore;
 
<span style="font-size:80%">250</span> e pareva la furia di Ericonne,
per modo eran le chiome scompigliate;
e'e’ drappi ricchi e le purporee gonne
eran tutte per terra scalpitate.
O infortunata più che l'altrel’altre donne,
venuta al fin d'ognid’ogni calamitate!
Tanto ch'ioch’io credo questo essemplo basta
della antica miseria di Iocasta.
 
<span style="font-size:80%">251</span> Rinaldo già nel palazzo era entrato;
e quando e'e’ vide Lucïana bella,
come Corebo parve infurïato
per Cassandra la notte meschinella,
e comandò ch'ognunch’ognun fussi scostato,
tanto che porse la sua mano a quella
e liberolla da sì stretta furia;
e non sofferse e'e’ gli sia fatto ingiuria.
 
<span style="font-size:80%">252</span> E poi ch'ognunch’ognun fu ritirato addietro:
- O Carlo, - disse - io vo'vo’ che mi conceda,
se mai grazia da te nessuna impetro,
sì che tu sia di maggior gloria ereda,
Line 2 276 ⟶ 2 271:
 
<span style="font-size:80%">253</span> Carlo rispose: - O figliuol mio diletto,
come poss'ioposs’io negar le cose oneste?
Io vo'vo’ che il fatto sia prima che il detto.
Veggo che amore ancor ti sforza e investe. -
E per venire, uditore, allo effetto,
e'e’ perdonoron solamente a queste
di tanta gente in tutta la cittade;
il resto, al fuoco e 'l’l taglio delle spade.
 
<span style="font-size:80%">254</span> Era a veder la notte Siragozza
a fuoco, come Soddoma e Gomorra;
e tanto più ch'ellach’ella è pel sangue sozza
che par per tutto insino al fiume corra,
però che alla franciosa qui si sgozza;
Line 2 294 ⟶ 2 289:
 
<span style="font-size:80%">255</span> Parea talvolta che si dividessi
l'unal’una fiamma dall'altradall’altra, come è detto
de'de’ due teban già in una pira messi,
e poi saltava d'unod’uno in altro tetto,
come se un fuoco distinato ardessi;
e che Tesifo e Megera ed Aletto
Line 2 312 ⟶ 2 307:
 
<span style="font-size:80%">257</span> Fammi Turpin maravigliar talvolta,
se non ch'ioch’io veggo poi che e'e’ dice il vero
quand'ioquand’io ho questa istoria ben raccolta:
che molte madre drento al fiume Ibero
i propri figli in quella furia stolta
Line 2 321 ⟶ 2 316:
 
<span style="font-size:80%">258</span> ed altre in mezzo gli gittâr del foco
per non venire alle man de'de’ cristiani,
ne'ne’ pozzi e nelle fogne e in ogni loco;
altre gli uccison con lor proprie mani.
O vendetta di Dio, qui sare'sare’ poco
agguagliar la miseria de'de’ Troiani
a tante afflitte e sventurate donne,
quando e'e’ mentì del gran caval Sinonne!
 
<span style="font-size:80%">259</span> Credo che Tito con Vespasïano
non fêr de'de’ Giudei tanto, s'ios’io non erro,
quanto costor di quel popol profano:
pensa che insino a Turpin pare sgherro!
Qual Sagunto, o Cartagin da Affricano,
la cosa va tra l'acqual’acqua e 'l’l fuoco e 'l’l ferro,
e 'l’l foco par, com'iocom’io dissi, penace:
pigli ciascun qual de'de’ tre più gli piace.
 
<span style="font-size:80%">260</span> E s'alcuns’alcun pur si fuggiva, meschino,
in ogni parte la morte rintoppa,
ché Ricciardetto e il Danese e Turpino
ed Ansuïgi per tutto gualoppa.
Intanto è ritrovato Bianciardino,
ch'erach’era nascoso in un sacco di stoppa.
Rinaldo far gli volea pure il gioco
ed appiccarvi con sua mano il fuoco.
Line 2 350 ⟶ 2 345:
Marsilio intanto in sala era legato
come un can per la gola, allato al seggio
dove e'e’ fu già da sua gente onorato.
E non poteva ignun pigliar pileggio,
ché il palazzo era per tutto guardato,
Line 2 357 ⟶ 2 352:
 
<span style="font-size:80%">262</span> Aveva Carlo un suo certo schiavone
lungo tempo tenuto, detto l'Orcol’Orco,
che godeva la notte, il rubaldone,
nel sangue imbrodolato come un porco;
e stava all'uscioall’uscio con un gran bastone
ch'eglich’egli avea fatto d'und’un certo biforco;
e chi voleva fuggir dalle poste,
convien che prima contassi con l'ostel’oste.
 
<span style="font-size:80%">263</span> Non si potea qui dir, come Bïante:
Line 2 369 ⟶ 2 364:
più tosto molto ben le rene infrante
da quel baston se ne portava seco;
e s'alcuns’alcun pur gli scappava davante,
«Calò, calò» si potea dire in greco,
perché e'e’ faceva le persone destre,
e bisognava calar le finestre.
 
<span style="font-size:80%">264</span> E'E’ pareva ogni cosa vetro o ghiaccio
dove e'e’ giugnevan quelle sconce botte.
E scrive alcun di questo ribaldaccio
ch'eglich’egli arrostì de'de’ moricin la notte,
che gl'infilzavagl’infilzava in quel suo bastonaccio,
poi gli mangiò come porchette cotte;
ma perché il caso non mi pare onesto,
Line 2 390 ⟶ 2 385:
che così in una notte sia distrutta,
ché le moschee rovinavano a ciocca,
tanto l'iral’ira del Ciel sopra trabocca!
 
<span style="font-size:80%">266</span> Avea già Anselmo e poi Chiron mandato
Carlo a Marsilio, per quel ch'ioch’io ne 'ntendo’ntendo;
e fu ferito l'unl’un, l'altrol’altro ammazzato,
cioè Chiron, indrieto poi venendo;
e Carlo aveva molto minacciato:
Line 2 403 ⟶ 2 398:
<span style="font-size:80%">267</span> Ora ecco il re Marsilio innanzi a Carlo,
e tutto il popol: - Crucifiggi! - grida;
altri diceva e'e’ dovessi impalarlo:
ognun volea ch'ach’a suo modo l'uccidal’uccida.
Carlo rispose che volea impiccarlo,
ché il traditor al capresto si fida,
Line 2 410 ⟶ 2 405:
dove egli aveva ogni cosa condotto;
 
<span style="font-size:80%">268</span> e disse: - Io vo'vo’, Marsilio, che tu muoia
dove tu ordinasti il tradimento;
e Bianciardin, che è padre d'ognid’ogni soia,
allato a te farà crucciare il vento. -
Disse Turpino: - Io voglio essere il boia. -
Carlo rispose: - Ed io son ben contento
che sia trattato di questi due cani
l'operel’opere sante con le sante mani. -
 
<span style="font-size:80%">269</span> E poi che furon drento al parco entrati,
Line 2 428 ⟶ 2 423:
O caso orrendo, o infamia al viver nostro! -
 
<span style="font-size:80%">270</span> E quando e'e’ vide quel carubbo secco
e quello allòr fulminato dal cielo,
parve che 'l’l cor gli passassi uno stecco
e che per tutto se gli arricci il pelo,
e disse: - O traditor Marsilio, ora ecco
Line 2 437 ⟶ 2 432:
e come Curzio lor non inghiottisti!
 
<span style="font-size:80%">271</span> Ecco ch'ioch’io ho pur ritrovate l'ormel’orme:
però nessun con la coda le copra,
ché la divina giustizia non dorme,
e pure il fine è il testimon dell'opradell’opra;
pensi ciascun, quando e'e’ fa cose inorme,
che la spada del Ciel sia sempre sopra,
e s'alcuns’alcun tempo una cosa si cela
nihil occultum, tutto si rivela.
 
<span style="font-size:80%">272</span> Falseron, io ho pur finalmente
qui ritrovati tutti i tuoi vestigi:
l'animal’anima forse or del tuo error si pente,
tanti segni son qui, tanti prodigi!
Tu abbracciasti come fraudolente,
Line 2 456 ⟶ 2 451:
 
<span style="font-size:80%">273</span> Bianciardin, qui non bisogna essordia,
però ch'eglich’egli è da corda e da capresti
venuto il tempo, e non misericordia;
ed è ragion che, come voi facesti
a questa fonte insieme di concordia
il tradimento, ognun l'arial’aria calpesti,
poi ve n'andiaten’andiate nello inferno a coppia:
ché la giustizia e la malizia è doppia. -
 
<span style="font-size:80%">274</span> Quando Marsilio si vede condotto
dove il peccato suo l'aveal’avea pur giunto,
e che si truova a quel carrubbo sotto,
si ricordò come il suo caso appunto
predetto aveva un nigromante dotto,
tanto che fu più di dolor compunto;
perché e'e’ gli disse: - Non tagliar quel legno,
che qualche volta sarà il tuo sostegno. -
 
Line 2 477 ⟶ 2 472:
cioè di battezzarsi al vero Iddio.
Disse Turpin: - Tu menti per la gola,
ribaldo: appunto qui t'aspettavot’aspettavo io. -
Rinaldo gli rispose: - Omai cò'lacò’la!
Non vo'vo’ che tanta allegrezza tu abbi
che in vita e in morte il nostro Iddio tu gabbi.
 
<span style="font-size:80%">276</span> Sai che si dice cinque acque perdute:
con che si lava all'asinoall’asino la testa;
l'altral’altra, una cosa che infine pur pute;
la terza è quella che in mar piove e resta;
e dove gente tedesche son sute
a mensa, sempre anche perduta è questa;
la quinta è quella ch'ioch’io mi perderei
a battezzare o marrani o giudei.
 
<span style="font-size:80%">277</span> Io non credo che l'acqual’acqua di Giordano,
dove fu battezzato Gesù nostro,
ti potessi lavar come cristiano,
non che questa acqua che mi pare inchiostro
di questa fonte, o d'und’un color più strano
pel miracolo ancor che Iddio ci ha mostro.
Dunque tu pensi con questa malizia
Line 2 506 ⟶ 2 501:
E manderotti presto Ganellone;
e qualche tradimento ancor farai,
acciò che l'artel’arte non ispenta sia,
ché so che tu n'hain’hai in punto tuttavia.
 
<span style="font-size:80%">279</span> E poi che Iddio ha per te riserbato
Line 2 516 ⟶ 2 511:
di quel che già previde un nigromante,
ma non lo intesi, omè!, che questo legno
disse ch'ancorch’ancor mi sarebbe sostegno.
 
<span style="font-size:80%">280</span> Io ti confesso d'avertid’averti tradito
in molte cose già pel tempo antico.
Ma poi ch'ioch’io sono alla fine punito,
solo una grazia ti domando, e dico
che gentilezza è d'avered’avere essaudito
l'ultimol’ultimo prego d'ognid’ogni reo nimico:
abbi pietà della mia afflitta moglie,
ché morte ogn'odioogn’odio, ogni cosa discioglie.
 
<span style="font-size:80%">281</span> Perché, quando tu eri giovinetto,
che tu togliesti poi la mia sorella,
Galafro, il padre mio, n'avean’avea sospetto,
e sempre Blanda dicea, meschinella:
«O re, che vuoi tu far del Maïnetto?
Che colpa ha lui se la tua figlia è bella
e per piacergli abbatte ognun in giostra?
Ben sai ch'eglich’egli ama Gallerana nostra;
 
<span style="font-size:80%">282</span> e sommene avveduta in mille cose
ch'eglich’egli è tanto infiammato di costei
che non può contra le fiamme amorose
resister, che son date dagli iddei»;
e così sempre in tuo favor rispose,
tanto che pure se'se’ obligato a lei;
e mentre, in verità, tu eri in corte,
per molte vie già ti campò da morte.
 
<span style="font-size:80%">283</span> Galafro fe'fe’ mille volte disegno
di gastigarti de'de’ peccati tuoi;
ma tanto adoperò questa il suo ingegno
che finalmente lo ritenne poi;
e perch'ioperch’io so, come gentile e degno,
questo peccato all'animaall’anima non vuoi,
per la corona che tu porti in testa
ti raccomando e Gallerana e questa.
 
<span style="font-size:80%">284</span> Del corpo mio, fa'fa’ tu quel che ti pare;
l'animal’anima so nell'infernonell’inferno è dannata. -
Disse Turpin: - Non tanto cicalare!
Questa è stata una lunga intemerata. -
Line 2 565 ⟶ 2 560:
<span style="font-size:80%">285</span> Poi Bianciardin con le sue mani assetta,
che pareva il maestro lui quel giorno,
ed appostò con l'occhiol’occhio per giubbetta
un nespol ch'erach’era alla fonte dintorno;
e l'unol’uno e l'altrol’altro si storce e gambetta.
Così Marsilio al carrubbo lasciorno
e Bianciardino attaccato a quel nespolo;
Line 2 575 ⟶ 2 570:
Carlo, al suo padre fussi rimenata,
e molti in compagnia con essa manda,
perch'ellaperch’ella era del regno di Granata.
E poi che Siragozza d'ognid’ogni banda
era per terra tutta disolata,
rassettò il campo e sua gente il Danese,
e inverso Francia il suo cammin riprese.
 
<span style="font-size:80%">287</span> E come e'e’ fu l'altal’alta vendetta e magna
vulgata e sparta per tutta Araona
e pe'pe’ paesi dintorno di Spagna,
laudava ognun di Carlo la Corona;
né creder ch'unch’un sol principe rimagna
che a vicitarla non venga in persona;
ed ognun par di tal cosa contento,
e così biasimava il tradimento.
 
<span style="font-size:80%">288</span> Vennon molti signor d'ognid’ogni linguaggio,
mentre che Carlo indrieto si tornava,
a giurar fede e tributo ed omaggio:
e così questa gente cavalcava.
Or, per non fare a'a’ miei lettori oltraggio,
che spesso il troppo cantar lungo grava,
convien ch'ioch’io chiami pur l'aiutol’aiuto santo
alla mia istoria nel seguente canto.
</poem>
 
{{capitolo
|CapitoloPrecedente=Cantare ventesimosesto
|NomePaginaCapitoloPrecedente=../Cantare ventesimosesto
|CapitoloSuccessivo=Cantare ventesimottavo
|NomePaginaCapitoloSuccessivo=../Cantare ventesimottavo
}}
{{Conteggio pagine|[[Speciale:Statistiche]]}}