Morgante/Cantare ventesimoprimo: differenze tra le versioni
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{{Qualità|avz=75%|data=22 settembre 2009|arg=Poemi epici}}{{IncludiIntestazione|sottotitolo=Cantare ventesimoprimo|prec=../Cantare ventesimo|succ=../Cantare ventesimosecondo}}
<poem>
<span style="font-size:80%">1</span> Dio ti salvi, Maria di grazia piena,
e il Signor teco in sempiterno sia,
o benedetta, o santa, o nazarena
fra tutte
sanza la qual la mia barchetta arrena,
se non aiuti nostra fantasia
che insino a qui fatta hai tanto veloce:
non mi lasciar,
<span style="font-size:80%">2</span> I forestieri e tutti i terrazzani
ognun si rappresenta in su la piazza.
Era, a veder, la ciurma
cosa parte mirabil, parte pazza:
mai non si vide tanti uomini strani,
di tante lingue e
Disse Rinaldo: - In piazza ce
e tutta questa gente sbaragliamo. -
<span style="font-size:80%">3</span> Mettono in punto
Lo
- Chi si vanta di voi, buon cavalieri,
di vendicarmi della ingiuria mia,
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<span style="font-size:80%">4</span> Levossi ritto il gran Can di Gattaia,
e disse: - Io sarò quello, imperadore,
che,
al conte Orlando
E così gli altri ognun si vanta e abbaia
uccider pure Orlando il traditore,
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<span style="font-size:80%">5</span> Rinaldo in su la piazza il primo viene.
Can di Gattaia, come
disse: - Baron,
per Macometto, ancor rider mi tiene
che tu credevi
a chieder soldo con quattro poltroni
a misura di crusca e di carboni. -
<span style="font-size:80%">6</span> Disse Rinaldo: -
a questa volta io ne
e
tu
di far tante vendette o fummo o vento:
se vuoi giostrar con meco, fatti avanti! -
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turbato tutto una gran lancia prese,
<span style="font-size:80%">7</span> e va inverso Rinaldo, acceso
Rinaldo riscontrò questo arrabbiato:
al gorzaretto gli pose la mira
e
sì che pel gorgozzul
Lo
e dice: - Troppe volte offeso
ma
<span style="font-size:80%">8</span> Disse Rinaldo: - A non tenerti a tedio,
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e questo è quel famoso Orlando conte
contra al qual sai che non arai rimedio;
e questo è Ulivier, che
e questo è Ricciardetto, mio fratello,
ed Aldighieri, e a me cugino e a quello.
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Né prima ebbe Rinaldo così detto
che cominciò a fuggir quel popol matto.
Lo
sùbito disse come stupefatto:
- Può far questo fortuna o Macometto?
Piglia del campo come reo nimico,
<span style="font-size:80%">10</span> Rinaldo si voltò pien di furore;
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<span style="font-size:80%">11</span> Ed Aldighier con sua gente dà drento,
e
ed Ulivier non serba il suo ardimento,
né Ricciardetto il suo certo nascose.
Ma
ché, veggendo tante arme sanguinose
e ricordare Orlando ed Ulivieri
e
<span style="font-size:80%">12</span> E per arroto Orlando aveva morto
nella battaglia il gran re di Murrocco:
questo fu quel che diè tanto sconforto
che
Ognun la nave sua ritruova al porto
sanza aspettar più greco che scilocco:
e
<span style="font-size:80%">13</span> E nel palazzo ove lo
vanno Rinaldo, Orlando ed Aldighieri;
e Ricciardetto ed Ulivier
e di Rinaldo un gentile scuderi,
il qual con Aldighier si battezzava
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<span style="font-size:80%">14</span> benché Aldighier per nulla non voleva.
Poi battezzâr
ed una bella figlia
che medicò con tanta affezïone
Rinaldo, e ristorar costei voleva.
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vi capitò, quel di buona dottrina.
<span style="font-size:80%">15</span> E come
sentì come costor son coronati
e che tenien dello imperio la chiave:
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di dar la figlia del loro oste a quello,
e dissegli: - Fanciulla mia piacente,
ascolta e
Io ti promissi di tòr per isposa:
questo sarebbe a me impossibil cosa,
<span style="font-size:80%">17</span>
ma
e darotti tal dota e sì gran mancia
che sempre ognun di voi contento fia. -
Un poco rossa si fece la guancia
quella fanciulla; e poi gli rispondia
e così Greco la tolse per moglie;
<span style="font-size:80%">18</span> ma innanzi che la tolga è battezzato.
Rinaldo gli donò poi tanto avere
che del servigio
e sanza navicar potrà godere.
Però questo proverbio è pur provato,
che mai non si perdé nessun piacere,
e
per mille ingrati un sol ristora il tutto.
<span style="font-size:80%">19</span> Poi fecion Chiarïon governatore
di tutto il regno, che si ricordorno
che di sua povertà
E riposati in Monaca alcun giorno,
per aiutare infin quel traditore
del conte Gan, da lui
e non potrebbe lingua o penna dire
qual fussi il pianto in questo lor partire:
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<span style="font-size:80%">20</span> piangea il padron che pareva battuto;
piangea la dama dolorosamente;
piangea
piangeva il popol tutto unitamente;
piangea Rinaldo, e non
piangeva Orlando e
piangeva Ricciardetto ed Aldighieri;
piangeva insino al povero Rinieri.
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chi vuol che Greco al governo restassi,
chi dice Chiarïone e Greco seco,
e
Ma, a mio parere, è Chiarïon, non Greco,
acciò
e
e
<span style="font-size:80%">22</span> Orlando e gli altri insieme se ne vanno,
tanto che son presso a Castelfalcone;
e due pastori appresso trovati hanno:
a Bambillona, e gran festa gli fanno;
e domandâr se Gan vivo è in prigione
o
se lo sapeva, o quel
<span style="font-size:80%">23</span> Il pastor disse
nella prigion, ma con assai disagio.
Poi prese del caval la briglia in mano
dove stava il pastor che impiccò Gano,
dicendo: - Qui solea star quel malvagio
noi
<span style="font-size:80%">24</span> Quivi son tutti i cristiani smontati;
e pastor certi capretti uccidiéno,
e certi lor lattonzi hanno infilzati;
del latte
gran sacca
Rinaldo disse: - Al mio date orzo e paglia:
e poi si dice caval da battaglia. -
<span style="font-size:80%">25</span> Quivi mangiorno e riposârsi alquanto.
Orlando
come il castel pigliar si possi, intanto;
come guardato sia da ogni canto,
e per sei porte vi si viene entrando,
Line 236 ⟶ 231:
barbuta e guercia e maliziosa e pronta,
e sempre aveva spiriti incantati,
e par piena di rabbia,
e per paura non è chi la guati:
pilosa e nera, arricciata e crinuta,
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<span style="font-size:80%">27</span> mai non si vide più sozza figura,
tanto
e Satanasso
e Tesifóne ed Aletto e Megera;
e gran fatica fia drento alle mura
entrar per questa spaventevol fiera.
E
di lor costumi, e quel che in man portavano.
<span style="font-size:80%">28</span> Or questo è quel
quanto
e dove far qualche mischia credeva,
Non domandar come il cuor gli cresceva!
e dice: - Se le man non mi son mozze,
Line 270 ⟶ 265:
<span style="font-size:80%">30</span> Questo lïon di terra un salto spicca
ed a Rinaldo si scagliava addosso,
la bocca aperse e
Rinaldo un colpo alle zampe gli abbricca
e tagliagli la carne e
donde il lïon diè in terra della bocca;
allor Rinaldo alla testa raccocca
<span style="font-size:80%">31</span> e spiccò il capo dallo
e morto si rimase in su la soglia.
Disse Aldighieri: - Io mi ti manifesto:
uccider
Rinaldo gli rispose: - Uccidil presto,
acciò che non ti dessi affanno e doglia. -
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Orlando disse: - Il terzo uccidrò io. -
Ecco il lïon che inverso lui ne viene
e
Orlando Durlindana sua ritiene,
e disse: - Questo è misterio di Dio.
Seguite me, ché
e non arem dagli altri impedimento. -
Line 299 ⟶ 294:
e questo come scorta innanzi andava.
Orlando inverso i giganti ne gìa:
maravigliârsi, e
- Che gente è questa, e donde entrata fia?
Può fare il Ciel
e tutti a sei a
<span style="font-size:80%">34</span> Questo mi par pure il più nuovo caso. -
Subitamente uscîr fuor del palazzo;
fecesi innanzi
e va inverso Rinaldo come un pazzo:
la barba lunga aveva e
Rinaldo guarda quel viso cagnazzo
che non parea né
e disse: - Dove appicchi tu gli occhiali?
<span style="font-size:80%">35</span> con che fiuti tu
Tu
Questo gigante a Rinaldo rispose:
- Io tel farò, ghiotton, tosto sapere. -
Rinaldo un colpo alla zucca gli pose
e cacciagli Frusberta insino agli occhi,
tanto che morto convien che trabocchi.
<span style="font-size:80%">36</span> Come
volle menargli
ma
e schifa il colpo; e menavagli al braccio,
tal che, se sa schermir, gli fa mestieri,
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Aldighier, quando lo vide caduto,
subitamente un gran colpo gli mena:
al collo del gigante
e con la spada tagliente lo svena.
si scaglia a Ulivier di furia acceso,
ed abbracciollo, e portanel di peso
<span style="font-size:80%">38</span> come farebbe il lupo un pecorino.
Ma
e disse: - Posa, posa, saracino,
posalo giù: tu non credevi forse
che fussi presso il guardian né
Di che il gigante per ira si morse,
che
ma per paura sel lascia cadere.
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e nella trippa una punta disserra,
dicendo: - Tu berai la morte amara! -
e con quel colpo morto giù
e bisognòe che trovassi la bara.
Eron già morti tre, restavane uno,
<span style="font-size:80%">40</span> Orlando disse: - La battaglia è mia,
e tocca a me
E
che poco men
Gridò Rinaldo: - Ed anco tua fia questa
picchiata, come hai detto la battaglia.
Non
<span style="font-size:80%">41</span> Allora Orlando lo scudo abbandona
e
e
quando
e terminò passargli la persona:
giunse la punta al bellico al farsetto,
e passò il ventre e
<span style="font-size:80%">42</span> e rïuscì di drieto un braccio o piùe
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e questo pilastron rovina giùe,
e mancò poco non gli cadde addosso,
se non
e parve che
Della qual cosa in gran superbia monta
la fiera madre incantata Creonta.
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travolge gli occhi e la bocca avea aperta:
non fu tanto Ericon mai infuriata.
Rinaldo
ma di tagliarla la spada
allor Rinaldo la gola gli strigne.
<span style="font-size:80%">44</span>
che
e portanelo a forza, e tiello sodo.
Orlando gli ponea le mani al crino,
ma non poteva ignun disfar tal nodo;
ed Aldighier gridava pur, meschino:
- Io credo che
e nello inferno mi porti di peso! -
<span style="font-size:80%">45</span> Orlando allor gli mena della spada,
ma indrieto si ritorna Durlindana,
quantunque ella sia forte e
Dicea ridendo la donna pagana:
- Voi date al vento i colpi o la rugiada,
a ferir me;
non ne potete aver di questo vello
per nessun modo, o uscir del castello. -
Line 414 ⟶ 409:
<span style="font-size:80%">46</span> Orlando tutto allor si raccapriccia,
e vede che costei gli dice il vero;
a tutti in capo ogni capel
veggendo quel demòn cotanto fiero,
la faccia brutta, affummicata, arsiccia:
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e come questo in pace mai comporti,
massime avendo i suoi nimici in gabbia!
Poi si ricorda di
pur
come fa Salaý del cadimento,
<span style="font-size:80%">48</span> Poi diventò più che Niello gentile;
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non par Sottìn, che in francioso parlasse,
non Obysìn per certo alla favella,
o Rugiadàn, che ne portò
<span style="font-size:80%">49</span> e non parea nel suo parlar Bilette
Line 448 ⟶ 443:
e cominciò a parlar discretamente:
<span style="font-size:80%">50</span> Io vi perdono, io
tanto
e libero sia Gan come vi piace:
disposta son non vi far villania.
altra vendetta non
se non che mai di qui non uscirete;
e fate tutti ciò che far sapete. -
Line 459 ⟶ 454:
<span style="font-size:80%">51</span> Era ciascun tutto maravigliato,
e trasson di prigion sùbito Gano,
e come
e vuol Creonta a ogni modo uccidere;
e finalmente
<span style="font-size:80%">52</span> Orlando ed Ulivier si riprovorno,
e gli altri, se potessino ammazzalla,
e molti colpi alla donna menorno:
ella rideva, e
Alcuna volta alla porta
quivi persona non era a guardalla;
ma per se stessa, come ignun
si riserrava ed apriva a sua posta.
<span style="font-size:80%">53</span> Dunque
ognun da questo error molto confuso.
Intanto Malagigi lor fratello,
gittando
vide e conobbe finalmente quello
come Rinaldo suo si sta rinchiuso,
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e sùbito a Guicciardo lo dicìa;
<span style="font-size:80%">54</span> ed a Parigi presto
che sùbito venissi a Montalbano.
Astolfo per camin tosto si misse,
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tre cavalier pagani hanno scontrati,
e salutârsi nel nome di Dio.
guardava pur
e non si vergognò di domandallo.
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e dice: - Mai caval non vidi alcuno
che non avessi in sé qualche magagna;
salvo
e
Diceva Astolfo: - Odi pensier fallace!
Quanto più il lodi, tanto più mi piace. -
<span style="font-size:80%">57</span> Ecco
- Ah, - disse Lïombrun - tu non vuoi intendere! -
Diceva Astolfo: - E chi
Disse il pagan: - Chi ti facessi scendere. -
Rispose Astolfo: - Più di me potrebbe.
- O
prendi del campo allor - disse il pagano.
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abbassaron le lance con gran fretta;
ma, perché la sua regola non falli,
Astolfo si trovò sopra
tra mille odori e fior vermigli e gialli.
Alardo che
diceva - Astolfo, la tua codardia!
Mai più cadesti, per la fede mia! -
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<span style="font-size:80%">59</span> Lïombruno il caval voleva allora.
Alardo disse: - Io il credo tu il torresti.
vedi che non
e
ma non istimo come lui cadere,
<span style="font-size:80%">60</span> Lïombrun disse: - Tu fai villania,
ma non la stimo
Veggiàn come tu smonti
tu ne potresti scender prima un pezzo.
Piglia del campo, e disfidato sia,
Alardo si voltò sì destro e snello
che ben parea di Rinaldo fratello.
<span style="font-size:80%">61</span> «Ah!» disse Antea, «
la prodezza del sangue di Chiarmonte!».
Or ecco Lïombrun che innanzi viene,
e con le lance si truovono a fronte;
ma il saracin
il colpo,
la lancia gli trapassa il cor pel mezzo,
e morto cadde
<span style="font-size:80%">62</span> Diceva
- Questo sarebbe troppo
qui è poca civanza e men guadagno;
costor non son per certo saracini:
e ritornarci
E fecion come
però che tolson sù presto il sacchetto.
<span style="font-size:80%">63</span> Astolfo si tenea vituperato,
massimamente perché
e
- Questo destrier
- da poco in qua è restio diventato:
mentre la lancia correr mi credea,
mi dibatté, perché
io mi lasciai cader giù per la pena. -
<span style="font-size:80%">64</span> Diceva Antea: - Che ti bisogna scusa?
Non ho io bene ogni cosa veduto?
E se tu fussi pur cascato,
Guicciardo, poi che molto ebbe taciuto,
non poté più tener la bocca chiusa,
e disse: - Mai più, Astolfo,
questo caval si vorrebbe impiccare,
che mille volte
<span style="font-size:80%">65</span> Malagigi tagliava le parole;
Astolfo sopra
Cavalcono alla luna tanto e al sole
che capitorno al castel di Creonta.
Malgigi certo incanto, come
fece
e innanzi a tutti gli altri fa la scorta;
e dove
<span style="font-size:80%">66</span> Giunsono in piazza, e
non conosceva Aldighier Malagigi:
e che volevon menarlo a Parigi;
poi di Creonta tutto ciò che sanno.
Malgigi guarda i suoi brutti vestigi,
e lei pur lui, e par piena
che
<span style="font-size:80%">67</span> Dicea Malgigi: - Io ero a Montalbano,
e vidivi qua tutti in gran periglio,
e mandai per Astolfo a mano a mano,
e
Rinaldo intanto tenea per la mano
Antea, che
e sente amaro e dolce e freddo e caldo
e non si sazia di guatar Rinaldo.
<span style="font-size:80%">68</span> Perché intendiate, - seguitava poi
Malgigi -
disse colui che non ferrava i buoi
ma
Questa crudel con certi incanti suoi
(diciàn più pian,
ha fatta certa imagine di cera,
come colei
<span style="font-size:80%">69</span> e
ed un dragone appresso
Tanto è che più di lei sarò malvagio;
ma questa donna bisogna piglialla
e tenerla qui tanto,
io possa questa imagine guastalla;
e nel guastar questa figura orribile,
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che cominciava gli occhi a sfavillare
e far certe carattere già in terra;
ed Ulivieri e gli altri ognun
<span style="font-size:80%">71</span> A gran fatica tener la potiéno:
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Malgigi intanto Rinaldo sù guida
dove getta il dragon fuoco e veleno,
e dice quanto può presto
Rinaldo, sanza fargli altra risposta,
a quel dragon con Frusberta
<span style="font-size:80%">72</span> Non domandar come il drago si cruccia
e, come
Rinaldo trasse, e la spada gli smuccia
al collo, tal che gli cava la stizza;
tanto che poco la coda più guizza:
dunque Rinaldo è quel
e
<span style="font-size:80%">73</span> Malgigi a quella imagine
delle prime ape, molto ben composta
sotto costellazion
con tutti i membri insino a una costa;
e sopra il destro piè si posa quella,
Line 666 ⟶ 661:
<span style="font-size:80%">74</span> La faccia aveva sopra tutto fiera.
Malgigi, che sapea di punto il giuoco,
fece per arte, che
presto apparire un gran lampo di fuoco
che
e struggela e consuma a poco a poco.
E mentre che così la cera scema,
<span style="font-size:80%">75</span> Rinaldo più
per la paura che gli entrò nel cuore;
Malgigi gli facea sigilli addosso,
e disse: - Non aver di ciò timore;
vedrai che presto cesserà il furore. -
Ma in questo che
mirabil cose la donna facea:
<span style="font-size:80%">76</span> ella si storce, rannicchia e raggruppa,
poi si distende come serpe o bisce,
poi si raccoglie e tutta
ella si graffia e percuote e stridisce;
e tutta
di piogge e venti e
e grandine e tempeste e
cominciono apparir con triste agurie.
<span style="font-size:80%">77</span> Orlando, benché ognuno abbi paura,
ed Ulivieri e gli altri tenien forte
colei, che si divora per
come si distruggea quella figura,
tanto che tosto aperte fien le porte,
parea
e come Meleagro ardessi quella.
Line 703 ⟶ 698:
come fu quella imagine distrutta.
Allor Malgigi del palagio scende,
e
e ciascun grazia a Malagigi rende
che spenta ha questa cosa così brutta
Line 711 ⟶ 706:
<span style="font-size:80%">79</span> Un dì non si poté tenere Alardo
che non dicessi come il fatto era ito
Rinaldo, quando questo ebbe sentito,
lo dileggiava e chiamaval codardo;
tanto
e per isdegno e per
trasse la spada per dare a Rinaldo.
<span style="font-size:80%">80</span> Rinaldo si scostò dicendo: - Matto!
che vuoi tu fare? Io intendo riguardarti
ma da qui innanzi di questo atto guârti. -
Orlando gli dispiacque questo fatto,
e disse con Rinaldo: - Tu ti parti,
per Dio, dalla ragion,
più che fratello amor sempre ci ha mostro. -
<span style="font-size:80%">81</span> E mancò poco che non
Orlando con Rinaldo, la schermaglia;
se non che pur Rinaldo si chetava,
ché sa, quando
Astolfo tanto di ciò
che in qua ed in là come un leon si scaglia;
e dipartissi la seguente notte,
Line 737 ⟶ 732:
<span style="font-size:80%">82</span> Però noi non facciam mai ignun disegno
e dà sempre nel brocco a mezzo il segno
sanza pietà, sanza ragione alcuna.
Questa persegue i buon perché gli ha a sdegno,
insin che
e fa
e chi prestar vorrebbe,
<span style="font-size:80%">83</span> Astolfo va per un luogo deserto
di qua, di là, come avvien gli smarriti.
Era di notte: un lume
dove abitavan tre santi romiti
per riposarsi agli etterni conviti;
Astolfo, come vide il lumicino,
sùbito inverso quel prese il cammino.
<span style="font-size:80%">84</span> Giunto
e ricettato fu nel romitoro.
La notte certi pagan
e
e perché pure il bottin magro andava,
Astolfo si destava: essendo desto,
di questo caso
<span style="font-size:80%">85</span> e sciolti
color che gli hanno così mal trattati.
Un di costoro
- Lasciagli andar, che saran ben pagati
da quel Signor che etterno ha stabilito
che
<span style="font-size:80%">86</span> Questi son rubator che sempre stanno
Line 776 ⟶ 771:
ed altra volta già rubati ci hanno;
ma non ci manca il pane celestiale,
e sempre ci ristora
Se gli trovassi,
lasciagli andar, ché Iddio ragguaglia tutto
e rende
<span style="font-size:80%">87</span> Rispose Astolfo: - A cotesta mercede
non
e
Questa vostra speranza e questa fede
a me non dètte mai mangiar né bere:
Line 791 ⟶ 786:
<span style="font-size:80%">88</span> E missesi a cercar tanto, che pure
e stanno a riposarsi alle verzure;
e
avean chi lance, chi spade e chi scure.
Astolfo a un di lor si fu accostato,
gridando: - Traditor, ladron di strada! -
e
<span style="font-size:80%">89</span>
Astolfo vede la punta venire,
e con un colpo tagliò
poi con un altro lo fece morire.
Addosso agli altri compagni si getta,
tanto che tutti gli ha fatti stordire:
quattro
agli altri il collo legava e le mani.
<span style="font-size:80%">90</span> E rimontò sopra
e inverso il romitoro si tornava.
Quando i romiti i mascalzon vediéno,
ognun
e ringraziorno lo Iddio nazareno.
Astolfo a questi romiti parlava:
- Io
questi ladron pien di malizia e frodo. -
Line 820 ⟶ 815:
Iddio non vuol che giustizia si faccia:
pertanto questo uficio si fia vostro. -
Diceva Astolfo: - Io credo
più questo assai che dire il paternostro,
se vero è che i cattivi gli dispiaccia.
Line 827 ⟶ 822:
<span style="font-size:80%">92</span> Questi romiti fanno del vezzoso
e par
Astolfo,
comincia a bastonargli come micci,
dicendo: - Al cul
tanto che fuor balzorono i cilicci,
sentendo fra Mazzon che scuote i panni,
e parean tutti
<span style="font-size:80%">93</span> Astolfo se ne va pur poi soletto
per questa selva, ove la via lo porta,
sanza certo proposito o concetto.
Lasciallo andar, che
Orlando si recò questo in dispetto,
ed una notte uscì fuor della porta
Line 848 ⟶ 843:
Diceva Antea: - Che facciàn noi qui piùe?
Ogni nostra speranza veggo tolta.
Io
e inverso Bambillona darò volta. -
Rinaldo e gli altri ognun presto dicìa
Line 854 ⟶ 849:
<span style="font-size:80%">95</span> E piangon tutti quanti il conte Orlando:
di Ganellone, e sempre lacrimando:
- Dove
E così giorno e notte cavalcando,
avendo Orlando pur fitto nel core,
Line 862 ⟶ 857:
che del suo mal più da presso piangea.
<span style="font-size:80%">96</span> Non
che lo lasciò contento e sì felice;
non vi rivede più
e molte cose lamentabil dice.
Rinaldo con parole assai leggiadre
diceva: - Qui regina e imperatrice
ti lascerò della tua patria antica;
e so
<span style="font-size:80%">97</span> Adunque in Bambillona Antea si resta,
e fu da tutto il popol vicitata,
e non si
e la corona real tiene in testa
e la città parea risuscitata.
Rinaldo si posò quivi alcun giorno,
e tutti insieme poi
<span style="font-size:80%">98</span> E con molti sospir cercando vanno
se potessin trovar per Pagania
Orlando, e dove
A Monaca
e Greco e Chiarïon qui trovato hanno:
e domandâr quel che
Rinaldo rispondea che
si partì per disdegno dal castello.
Line 900 ⟶ 895:
<span style="font-size:80%">100</span> Così con Chiarïon lasciamo un poco
in Monaca costoro a riposare.
Astolfo andava
sanza saper dove egli abbia arrivare,
come falcon che
ed ha disposto paese vagare
e non tornare al suo signor più a segno,
Line 909 ⟶ 904:
<span style="font-size:80%">101</span> Così faceva il nostro paladino,
tanto che in Barberia già si ritruova;
dove era una città
non crede in Cristo, non in Apollino,
non Macometto o Trivigante appruova,
anzi adorar fa sé,
molto superbo, e detto Chiaristante.
Line 919 ⟶ 914:
e Filiberta si chiama la moglie:
dipinti questi due nella moschea
erano iddii, e
e per paura adorar si facea.
Volea cavarsi tutte le sue voglie,
Line 926 ⟶ 921:
<span style="font-size:80%">103</span> Avea già fatte tante crudeltade
che tutto il regno suo
Astolfo, capitando alla cittade
dismonta a un ostier fuor delle porte,
e
come il signor governava sua corte
con tanta infamia, ingiustizia e vergogna;
e riposossi, perché
<span style="font-size:80%">104</span> Or non lasciàn però per sempre Orlando.
a
dove alcun ghiotto i buon bocconi sconta.
Un
di
come impiccar gli fece un cavaliere,
perché gli avevon rubato il destriere.
<span style="font-size:80%">105</span> Ma
un poco le schiavine rassettate;
ma
lo ringraziavon per la sua bontate.
Orlando si posò quivi la notte
e fece carità di quel che
il
<span style="font-size:80%">106</span> E poi
a un romito, ed hallo salutato,
dicendo: - Sappi che questo barone
è il conte Orlando,
fategli onor,
Quel che impiccò color, fu il suo cugino
chiamato Astolfo, un altro paladino. -
<span style="font-size:80%">107</span> E
Sappi
e presto sano e salvo il troverrai
non passerà da ora il sesto dì;
Line 973 ⟶ 968:
sùbito a Vegliantin mette la sella.
Intanto a lui ne veniva il romito
e dicegli
sì come in visïon gli era apparito
mentre
e molta reverenzia gli facìa.
Orlando
<span style="font-size:80%">109</span> e dirizzossi giù per un vallone,
dove ha trovato un orribil serpente
che
Orlando a questo fatto pose mente,
e piacegli veder la lor quistione;
ma quel grifone alfin resta perdente,
perché il serpente gli avvolge la coda
un tratto al collo e con esso
<span style="font-size:80%">110</span> Parve il grifone a Orlando sì bello,
e mai più forse non
che terminò
e con un ramo di faggio fronduto
dètte al serpente, e liberato ha quello,
e
donde il grifon ne va per
Orlando al suo camin pensoso e solo.
Line 1 000 ⟶ 995:
trovava, e Vegliantin tutto è aombrato
quando ha veduti questi compagnoni.
apre la bocca e distende gli unghioni.
Orlando Durlindana nel costato
gli cacciò tutta, fuor che
Gli altri
<span style="font-size:80%">112</span> Orlando i colpi allor misura e
però
Ecco il grifon che per
con tal furor che non si conoscea
se fussi un vento, oppure uccel con
ed un lïon che più pressa facea
al conte Orlando, cogli unghion ghermia
agli occhi, tal che schizzar
<span style="font-size:80%">113</span> Questo lïon dalla zuffa si spicca.
Orlando un altro col brando
e poi col quarto il grifon si rappicca
per aiutar Orlando, e in aria stride;
Line 1 026 ⟶ 1 021:
<span style="font-size:80%">114</span> Non si perde servigio mai nessuno:
servi qualunque, e non guardar chi sia,
dice il proverbio; e
pensa che a tempo la vendetta fia;
ma semina
sempre germuglia alfin la cortesia;
e noti ognun la favola
che il lïone ebbe bisogno
<span style="font-size:80%">115</span> Vuolsi servire insino agli animali,
ché qualche volta merito si rende,
come dicono i Detti
e fassi schiavo chi il servigio prende;
e tanto è degno più, quanto più vali:
sempre il servigio il cuor
e vien da generoso animo e magno,
e torna alfine a casa con guadagno.
<span style="font-size:80%">116</span> Quel lïon cieco il grifon non
per gentilezza, e così fece Orlando;
e finalmente le grande ale stese
e dipartissi per
e così il suo camino Orlando prese,
Astolfo pure
E cavalcando giorno e notte questo,
giunse a Corniglia, abbrevïando il testo.
Line 1 053 ⟶ 1 048:
<span style="font-size:80%">117</span> E dismontato a un oste pagano,
attese Vegliantino a ristorare,
andato, ed apparato a digiunare.
Or lasciàn riposarlo lieto e sano:
che col suo oste fuor della cittate
si stava, e molte cose ha ragionate.
Line 1 062 ⟶ 1 057:
<span style="font-size:80%">118</span> Videl turbato un dì tutto nel volto,
e la cagion di ciò volle sapere;
che
se non che gli sarà
con essa insieme, e la vita e
ma che più tosto morire è contento
che ubbidir questo comandamento;
Line 1 073 ⟶ 1 068:
che si sentia di duolo il cor dividere.
Astolfo disse: - Questo non bisogna:
forse
Or manda a Chiaristante a dir se sogna;
o se ci manda più suo messaggiero,
<span style="font-size:80%">120</span> Ben sai che Chiaristante non soggiorna:
a mano a mano un messo gli raccocca.
Disse
Rispose Astolfo: - Non ci aprir tu bocca. -
Costui dicea che la fanciulla adorna
si mandi a corte presto, e pur ritocca.
Astolfo allo scudier quivi
e disse: - Io ti farò per lui risposta.
<span style="font-size:80%">121</span> Rispondi in questo modo a Chiaristante:
che
ma che
che
Non si dice altro per tutto Levante
se non di questo tristo scelerato:
Line 1 098 ⟶ 1 093:
<span style="font-size:80%">122</span> Quel messaggio le stimite faceva,
e dice: - Tu debbi esser qualche pazzo. -
Astolfo
- Ritornati al signor, dico, al palazzo. -
Disse colui: - La cosa va di guazzo:
questo poltron riprende il signor nostro!
Lascia
<span style="font-size:80%">123</span> Vanne al signor come un gatto arrostito
sùbito, e
e dice ciò
Disse il signor: - Chi fia quel ladroncello?
Ma
Disse il sergente: -
e non mi pare un matto anco costui. -
<span style="font-size:80%">124</span> Rispose Chiaristante: - Or torna tosto;
digli che vengan lui e
Ma
Dicea il messaggio: - Non fia, per mia fé,
fuggito, in modo ti dico ha risposto. -
Astolfo stava armato e sopra sé,
e disperato va cercando guerra.
E
<span style="font-size:80%">125</span> e dice: - Tu che rispondesti dianzi,
dice il signor che
a corte presto: avvïatevi innanzi. -
E vuògli mandar fuor con le granate.
Rispose Astolfo: - Acciò che tempo avanzi,
se meco vuol provarsi; e digli come,
se
<span style="font-size:80%">126</span> e
questa imbasciata, e vengo ora a trovallo. -
Il messo torna con un viso amaro,
e disse: -
e dice è Gallïan, per farti chiaro,
e mi faceva paura a guardallo;
Line 1 142 ⟶ 1 137:
<span style="font-size:80%">127</span> A Chiaristante parve il fatto strano,
e disse: -
a ritrovarmi questo Gallïano,
o vuol con lancia o con ispada o mazza:
vedrén chi fia questo poltron villano,
Il messo
Astolfo armato alla terra
<span style="font-size:80%">128</span>
e dice: «Forse Iddio
Ma sia chi vuol,
morir, più tosto che essere sforzato»;
e disse: -
Astolfo in su la piazza è capitato,
ed ognun corre a vedere il giostrante;
e in questo tempo
<span style="font-size:80%">129</span> Orlando, che sentito ha già il romore
come in piazza era venuto un guerriere
il qual provar si volea col signore,
presto
Ma
volle che pegno lasciassi il destriere,
ché non istà degli scotti alla fede;
poi gliene increbbe veggendolo a piede,
<span style="font-size:80%">130</span> e disse: - Torna, e
come persona libera e discreta. -
Orlando scoppia di duolo e di pena,
Line 1 178 ⟶ 1 173:
<span style="font-size:80%">131</span> che solea sempre dar bastoni o spade
Mentre
e fanciulli a diletto il dileggiavano,
ché Vegliantino a ogni passo cade,
Line 1 186 ⟶ 1 181:
- Chi è questo uccellaccio così spunto?
<span style="font-size:80%">132</span> Questo caval bisogno
che fussi almeno un anno, non un mese. -
Orlando se
e ciò che si dicea per tutto intese,
però che
Un saracin per la briglia lo prese,
come alcun si diletta di far male,
Line 1 198 ⟶ 1 193:
Orlando non poté sofferir più,
e con un pugno la gota e le ciglia
e
ognun che
ché mai tal pugno veduto non fu;
poi scese in terra di disdegno pieno
e racconciava a Vegliantino il freno.
<span style="font-size:80%">134</span> Colui,
trasse la spada
però che questo non gli pare scherzo.
Orlando lo diserta
pensa che,
morto
un tratto nella tempia un
che gli facea il cervello uscir per bocca.
<span style="font-size:80%">135</span> E risaltò di netto in sul cavallo
sanza staffa operar, con
tanto
e scostasi dallato per paura.
Intanto Chiaristante viene al ballo,
Line 1 222 ⟶ 1 217:
e poi si scosta e del campo pigliava,
<span style="font-size:80%">136</span> e
Il saracino Astolfo riscontrava:
quella
e tutto il petto al saracino intruona,
tanto che nulla lo scudo approdava,
e pose lui e
ed una staffa perdé nel cadere.
<span style="font-size:80%">137</span> Poi si rizzò, lui e
Diceva Astolfo: - Tu
Disse il pagano: -
ché fu difetto del caval rozzone. -
Rispose Astolfo: - E chi giudica questo?
- Colui
disse il pagan,
e molto gli era
<span style="font-size:80%">138</span> Rispose Astolfo: - Sia quel delle pugna. -
Orlando dètte a Chiaristante il torto.
Disse il pagan: - Tedesco pien di sugna,
vedi tu
che dèi succiar più vin
Io veggo ben che tu mi guati torto:
non fu mai guercio di malizia netto,
<span style="font-size:80%">139</span> Rispose Orlando: - Tu mi domandasti:
non vuoi tu
Tu sai che
ognun giudicherà come ho fatto io.
Ma
e di cader di nuovo hai pur disio,
così cattivo e guercio come hai detto
con teco giosterrò, per Macometto!
<span style="font-size:80%">140</span> Vero è che
è molto magro e stracco e ricaduto;
ma noi possiam provar le spade a piede. -
Line 1 264 ⟶ 1 259:
e quel, che fussi Orlando, mai non crede.
Orlando avea ben lui già conosciuto,
ma perché
non si conosce lui né Vegliantino.
<span style="font-size:80%">141</span> E se tu vuoi
diceva Astolfo - io son molto contento. -
Rispose il saracin: - Se vuoi accettallo,
noi proverren questo tuo ardimento,
da poi che
che
Rispose Orlando: -
Tanto è
<span style="font-size:80%">142</span> Chiaristante credette un uom di paglia
trovar, che si lasciassi il mantel tòrre,
e con gran furia par
e ruppe la sua lancia in una torre.
Orlando gli passò corazza e maglia
e non si disputò più della staffa.
Line 1 290 ⟶ 1 285:
il nome tuo mi venga palesando.
Io tolsi a un signor qua di Levante,
Greco appellato, di buona dottrina,
questa città per forza e per rapina.
<span style="font-size:80%">144</span> Credo
ché così vuol la divina giustizia;
e Macometto è quel che
per punir questo ed ogni mia tristizia. -
Orlando del cavallo è dismontato,
e
e disse
- Sappi
<span style="font-size:80%">145</span> Rispose Chiaristante: - Io ti perdono,
da poi che,
dal più franco guerrier del mondo sono
ucciso... - e non poté più oltre dire.
Il popol si levò tutto a un tuono,
come
e non pareva ignun contento o sazio
se non faceva di lui qualche strazio:
Line 1 314 ⟶ 1 309:
<span style="font-size:80%">146</span> chi gli mordeva il braccio e chi le mani,
chi lo pelava, chi il petto gli straccia:
pareva una lepretta in mezzo
come veggiam talvolta presa a caccia;
così mordean costui questi pagani:
chi lo calpesta e chi gli sputa in faccia,
dicendo: - Ora è venuta
che
<span style="font-size:80%">147</span> Ecco che tu non hai goduto il regno
che tu togliesti al signor nostro antico,
già tanto tempo povero e mendico. -
Or vedi quanta forza ha il giusto sdegno!
Guardisi ognun da popol suo nimico,
Chi vede e
<span style="font-size:80%">148</span> Poi si levò fra tutti un gran romore,
e fu levato da caval di peso
Orlando, e volean pur farlo signore.
Orlando quanto può
dicendo: - Io non sono uom da tanto onore;
e questo cavalier
che venne il primo a combattere al campo,
poi mi prestò il caval per vostro scampo.
Line 1 345 ⟶ 1 340:
e tutto lieto è questo popol pazzo,
ed Astolfo è da tutti molto amato;
e chiameran crudel questo e tiranno.
<span style="font-size:80%">150</span>
e fassi per isdegno di gran cose.
Astolfo si sta ora a riposarsi,
Line 1 358 ⟶ 1 353:
<span style="font-size:80%">151</span> Diceva Orlando: - Io voglio in cortesia
che tu mi dica se tu
e
- Chiamar mi fo per tutto Gallïano,
e nacqui di buon sangue in Barberia.
Cercato ho tutto
e
se non che tu vedi or quel
<span style="font-size:80%">152</span> Orlando
rïesce finalmente dove
comincia molto Orlando a biasimare,
dicendo: -
che come lui cercassi rovinare. -
Astolfo si turbava alle parole,
e finalmente gli conchiuse questo:
<span style="font-size:80%">153</span> Orlando seguitò pure il suo detto,
tanto
per la qual cosa
Astolfo
e disson
dal dì
come eran capitati quivi e quando,
baciando mille volte Astolfo Orlando.
Line 1 387 ⟶ 1 382:
che gli rendé il caval cortesemente:
di Chiaristante gli donò il destriere.
Astolfo
e la fanciulla donò molto avere,
e ringraziavon tutti di buon cuore
che Chiaristante è morto, il lor signore.
<span style="font-size:80%">155</span> Astolfo facea lor larga
Or lasceremo Astolfo e
e ritorniamo un poco a Filiberta,
Essendo un dì la porta in bando aperta,
due pellegrini entrati sono in quello,
e dicon
e vanno Filiberta a vicitare,
<span style="font-size:80%">156</span> e disson: - Donna,
e quel che ti fia detto intenda bene,
A tutti incresce di tue tante pene
e piangonne le fiere in ogni piaggia;
Line 1 411 ⟶ 1 406:
pensato abbiam solamente un rimedio.
<span style="font-size:80%">157</span> Rinaldo, quel cristian
con Ulivieri, Alardo e Ricciardetto
e Gan cui traditore il mondo chiama,
Guicciardo, Malagigi ed un valletto,
come
a Monaca si truovano in effetto;
vanno pel mondo, e sai quanto sien forti,
e soglion dirizzar sempre
<span style="font-size:80%">158</span> Forse conoscon questo Gallïano.
Io me
direi di dargli la città in sua mano
se venissi a punir questo ghiottone:
Line 1 429 ⟶ 1 424:
e renderatti la tua signoria.
<span style="font-size:80%">159</span> E se bisogna, accoccala
e Macometto; e quel che noi diciamo,
ché ogni cosa è per voler divino,
Line 1 435 ⟶ 1 430:
non guardar più scudier che pellegrino:
amici antichi di tua stirpe siamo,
forse ciriffi
Questo ti dèe bastar. Salamalecche -
Line 1 441 ⟶ 1 436:
Filiberta restò maravigliata,
e parvegli il consiglio di lor buono,
tanto che infino a Monaca
e gioveràgli
come avvien sempre, e che pensar bisogna:
chi cerca truova, e chi si dorme sogna;
<span style="font-size:80%">161</span> e la Fortuna volentieri aiuta,
come dice un proverbio
gli arditi sempre,
Filiberta a Rinaldo se ne va,
e volentier da tutti fu veduta,
e raccontò la sua calamità;
e
che della impresa par più di lei caldo.
Line 1 460 ⟶ 1 455:
e grida: - Il regno mio, che mi fu tolto,
vedi che più nol tieni, o meschinella!
Né Chiaristante
Andato son con la mia navicella
per molti mar, per lunghi e gravi errori,
da poi
<span style="font-size:80%">163</span> e la ragione avuto ha poi pur loco.
Questo già non credette il tuo marito,
di dimorar nel mio regno sì poco;
signoreggiar la terra e
con sua superbia, e del mare ogni lito,
tanto che sai
e
<span style="font-size:80%">164</span>
e far tremare il sol, non che la luna.
Line 1 486 ⟶ 1 481:
ma sempre a luogo e tempo e con misura:
ogni cosa di sopra si ragguaglia.
Ecco
ed or fortuna il tuo legno travaglia;
dunque cosa non ci è che sia sicura:
Line 1 494 ⟶ 1 489:
<span style="font-size:80%">166</span> La giustizia di Dio non può fallire;
dove tu vai ti verrà sempre appresso:
non
dove è il tuo scetro e la corona adesso? -
Rinaldo stupefatto sta a udire,
e maraviglia
e Filiberta non risponde a Greco,
ma del peccato antico piangea seco.
Line 1 504 ⟶ 1 499:
che Greco fu di Corniglia signore;
non gli risponde, mentre il vide acceso,
perché
poi disse a Greco: - Chi
che si rinnuova tanto tuo dolore? -
Greco gli disse: - Io
acciò
<span style="font-size:80%">168</span> E dal principio ogni cosa dicea.
Disse Rinaldo: - Perché non
il primo giorno? - E costui rispondea:
- Non volli rinnovar tanto dispetto,
Line 1 517 ⟶ 1 512:
non avessi di me questo diletto. -
Disse Rinaldo: - Or che la cosa ho intesa,
tanto più volentier farò la
<span style="font-size:80%">169</span> Vedi che pur tu non degeneravi,
ché non si perdon gli antichi costumi:
benché Fortuna la roba consumi,
ché non ha questi sotto le sue chiavi
Line 1 533 ⟶ 1 528:
e con Gano e con gli altri si consiglia
che vi si debba andar sanza dimora;
e finalmente
e tutti in compagnia sono a cavallo,
che non ci misson di tempo intervallo.
Line 1 540 ⟶ 1 535:
che sono un giorno a Corniglia arrivati;
e mandon così a dir, pur minacciando,
di render questa terra a suo comando
a Filiberta, come suoi pregati;
Line 1 546 ⟶ 1 541:
che in ogni modo volevon la terra.
<span style="font-size:80%">172</span> Astolfo e
che non avìen di lor gente paura,
e che con giusto titol possedevano,
Line 1 552 ⟶ 1 547:
a provarsi con lor, ché non temevano
di lor minacce o di maschera scura;
come
Guardivi Quello a chi presso era il Verbo.
</poem>
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