Morgante/Cantare ottavo: differenze tra le versioni
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{{Qualità|avz=75%|data=22 settembre 2009|arg=Poemi epici}}{{IncludiIntestazione|sottotitolo=Cantare ottavo|prec=../Cantare settimo|succ=../Cantare nono}}
<poem>
<span style="font-size:80%">1</span> Virgine santa, madre di Gesùe,
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perché tu ci ami tanto e tanto vali,
donami grazia e tanto di virtùe
nella città tornar volevan drento;
e Manfredon ne va poco contento;
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dicendo: «Omè, quanto pensai felice
esser per te, Meredïana, ahi lasso,
Arebbe fatto lacrimare un sasso
per le parole che talvolta dice;
e tuttavia la gente rassettava
e inverso il suo camin tristo
<span style="font-size:80%">3</span> Or chi avessi il gran pianto veduto
che nel suo dipartir fa la sua gente,
certo
chi morto il padre lascia e chi il parente,
e così morto
onde
chi il suo fratello e chi
chi si percuote il petto e chi la faccia.
<span style="font-size:80%">4</span> Eravi alcun che cavava
al suo figliuolo, al suo cognato o padre,
poi lo baciava con pietoso affetto,
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come tu andassi per Elena a Troia:
or hai tu sazia la tua voglia ria?
E
E così Manfredon ne va in Soria
afflitto, sconsolato, in pianto e in noia:
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con Caradoro e tutti i cavalieri
colle bandiere al vento trïunfante.
Gran festa è fatta
da tutto quanto il popolo affricante;
suonansi corni e trombette e tamburi,
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la damigella un dì chiama il marchese;
in una cameretta sono andati;
e poi che tutta nel viso
i suoi sospir tutti ha manifestati:
priega
e che
che nel suo cor sentia mille quadrella.
<span style="font-size:80%">9</span> Ulivier dice: - Io nol farò per certo,
perché
dal nostro Iddio so
prima
Ella rispose: -
che
io mi battezerò per lo tuo amore
perché tu sia poi sempre il mio signore. -
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di lor potenzia e di lor deïtate;
e poi gli fece una comparazione:
- Se
si mostra per essemplo e per ragione
e il lume suo pure
<span style="font-size:80%">11</span>
e come Lazar già resuscitassi,
come
del limbo a trar molte anime
Disse la dama: - Più non ti rispondo. -
E fu contenta che la battezassi.
E dopo a questo vennono alla cresima,
tanto che infine
<span style="font-size:80%">12</span> Più e più volte questa danza mena
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che dètte a Carlo Man poi gran vittoria.
<span style="font-size:80%">13</span> Uscendo un dì
Rinaldo
ed Ulivier segretamente chiama:
- Che fai tu? - disse - Tu mi pari un matto. -
Ulivier gli contò tutta la trama
Rinaldo disse: - Se cristiana è certa,
<span style="font-size:80%">14</span> Or lasciamo Ulivier fornir la danza
e riposarsi alquanto, e gli altri ancora,
e ritorniamo al signor di Maganza
Gan da Pontier, che non si posa
Avuto avea del suo messo certanza
come impiccato fu sanza dimora
da Caradoro, onde
e pensa pur qualche altro tradimento.
<span style="font-size:80%">15</span> E perché egli era maestro perfetto,
si ricordò
lo quale Erminïon per nome è detto,
nimico di Rinaldo paladino,
perché Rinaldo gli
quando dètte la morte al re Mambrino,
detta dama Clemenzia, savia e bella.
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come fanno le moglie col marito,
pregato che far debba la vendetta;
Erminïon non
come colui che luogo e tempo aspetta,
sì come savio, a pigliar tal partito.
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ogni trattato palese e secreto;
<span style="font-size:80%">17</span> e dove
nol ritenea pietà né conscïenzia,
ché lo facea sanza misericordia:
sapea il pensier della dama Clemenzia,
e scrisse un brieve, e dopo lunga essordia
gli ricordò
del buon Rinaldo, e che non debba starsi,
però
<span style="font-size:80%">18</span> «A te, Erminïon di gran potere,
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Credo tu debbi ogni cosa sapere
dove Rinaldo si truovi e in qual banda,
e
e dètte al re Mambrin pur già la morte.
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Lascia il tuo regno ed ogni tua contrada,
a Montalban te ne vieni alle mura:
Alardo e Ricciardetto
e non
<span style="font-size:80%">20</span> Se tu vien presto col tuo assembramento,
in poco tempo so che
gente non
e in questo modo ti vendicherai;
però che
ucciderlo nel modo che tu sai.
Io te lo scrivo per antico amore;
e so che vuole il nostro imperadore.
<span style="font-size:80%">21</span>
tutti
ma con suo onor non
ora ha sbandito Rinaldo col conte
per fargli sol, se può, mal capitare;
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e se farà il suo debito, ha promesso
cento talenti Gan nel suo ritorno.
Il messaggier vuol far quel
sùbito tolse la taschetta e
e dopo lungo e spiacevol camino
si rappresenta al gran re saracino.
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<span style="font-size:80%">24</span> E poi che tutti furono assembrati,
con trentamila giunse un amirante,
e
e per nome si chiama Lïonfante;
avea per arme due lïon dorati
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<span style="font-size:80%">25</span> ed arrecossi in buono augurio e segno
la sua venuta e quella gente franca.
nel campo rosso era
salvo
una rosetta sopra
E Fieramonte, suo fratello adorno,
appella Erminïone, e Salincorno;
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fin che passare in qua mi vedrai il monte:
a te confido tutto il mio reame,
e la giustizia
<span style="font-size:80%">27</span> Dama Clemenzia
il core, e fece al messaggier di Gano
nel suo partir donare un palafreno;
cento bisanti poi gli pose in mano,
e
gli dètte un ricco e gentil caffettano,
e disse: - Questo per mio amor ne porta.
Saluta Gan mille volte e conforta. -
<span style="font-size:80%">28</span> Erminïon gli
molte cose leggiadre alla moresca;
e
colla risposta, e non par che
La qual risposta Ganellon rincora
come il nocciolo arà tosto la pèsca,
e come centotrentamila avea
di cavalieri, e come
<span style="font-size:80%">29</span> In pochi dì ritornò il messaggieri
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quando sentì di centomila e trenta.
Disse il messaggio: - O signor da Pontieri,
di quel che
Erminïon non vuol di lui mi lagni. -
E mostrò i don
<span style="font-size:80%">30</span> Gan gli donò quel che promesso avea,
e tutto pien
a Montalbano a Guicciardo scrivea
che ne veniva Orlando e
e presto sarà in Francia; e ciò facea
per certa astuzia, il maladetto e fello,
perché
più sprovvedute e stien sanza paura.
<span style="font-size:80%">31</span> Intanto Erminïon si mette in punto:
apparecchiò navil gran quantitate;
e come
sùbito furon le vele gonfiate,
e giorno e notte non si posa punto.
Le navi a salvamento son giostrate,
e in pochi dì questa brigata magna
si ritrovava
<span style="font-size:80%">32</span> Fu la novella sùbito a Marsilio
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<span style="font-size:80%">33</span> Erminïon rispose come saggio
che inverso Francia con sua gente andava
per vendicarsi
e come il passo sol gli domandava,
Marsilio della impresa il confortava.
E presto fu avvisato Carlo Mano
come
<span style="font-size:80%">34</span> Carlo, sentendo sì fatta novella,
Line 309 ⟶ 304:
e raccontava del fatto il tinore,
dicendo: - Orlando non sarà qui in sella,
non
né Ulivier, il nostro paladino.
Che faren noi, o Namo, o mio Turpino?
<span style="font-size:80%">35</span> Or si cognosce il mio nipote caro,
or si conosce Rinaldo e
Turpino e gli altri insieme
che si dovessi stare alle difese,
e in questo modo Carlo confortaro.
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Intanto Erminïon con sue bandiere
presso a Parigi son sopra le selle,
e fan tremare e
e tutto il regno sta con gran paura;
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rubando, ardendo e pigliando prigioni,
e mettono ogni cosa a saccomanno:
dove
in ogni parte facevon gran danno.
Erminïon fra tutti i suoi baroni
Line 350 ⟶ 345:
<span style="font-size:80%">39</span> Giugnendo a Carlo Man quel Mattafolle
ché quando
Carlo pur rispondea timido e molle.
Astolfo a questo non fu pazïente:
Line 358 ⟶ 353:
per dare a Mattafolle in su la testa.
<span style="font-size:80%">40</span> Ma non poté perché
e disse: -
che a
Lascialo far, ché fa come far suole,
sì che al suo re non ne faccia richiamo. -
Line 370 ⟶ 365:
benché il Dusnamo si scusassi assai.
Al grande Erminïon si fu tornato,
e disse: - La
e molto fui da
che domattina sia contento io
e
<span style="font-size:80%">42</span> Rispose Erminïon: - Tu non
ancor chi sieno i paladin di Francia,
e per questa cagion sì spesso avviene
che molti
Sappi che Carlo Man questi non tiene,
se non fussino ognun provata lancia.
Tu ti potrai provar, se
ma guarda ben che mal non te ne coglia.
<span style="font-size:80%">43</span> E se non
e se non
e quel famoso e degno Berlinghieri,
Ottone, e tanti altri baroni in corte.
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<span style="font-size:80%">44</span> Astolfo in quella notte cavalcòe
inverso Montalban tutto soletto:
perché
Ma giunto ove era il campo, riscontròe
certi pagani e fu preso in effetto,
e fu menato preso
<span style="font-size:80%">45</span> Lïonfante comincia a domandare
Line 408 ⟶ 403:
Montalban, come tosto avea speranza,
dice che voglion Mambrin vendicare,
perché Rinaldo
a tradimento uccider quel signore,
e mancò troppo, al suo parer,
<span style="font-size:80%">46</span> e che per questo saria tanta guerra,
per vendicar questo peccato antico.
A lui rispose il signor
- Ascolta, Lïonfante, quel
Pel mio Gesù, che chi dice ciò erra,
perché
a corpo a corpo e sanza tradimento,
e non vi fu difetto o mancamento. -
Line 423 ⟶ 418:
<span style="font-size:80%">47</span> E raccontò la cosa in tal maniera
che Lïonfante restò pazïente,
e disse: - Poi
per mia fé, ora,
aver condotta qua la mia bandiera:
esser vorrei in Soria con questa gente,
ché poi
Erminïon, per Macometto, ha il torto.
Line 439 ⟶ 434:
ma per me tanto oltraggiato non fia;
<span style="font-size:80%">49</span> e
io nol farò, pel giusto iddio Apollino;
e in qualche modo si vorria avvisarlo
che ritornassi in qua col suo cugino.
Ma dimmi, prigionier col quale io parlo,
se tu
Astolfo il nome suo gli disse allora;
il perché Lïonfante assai
<span style="font-size:80%">50</span> e fece accompagnarlo alla cittate.
Line 464 ⟶ 459:
la sua malizia, e scrisse a Carlo Mano
che certo il traditor di Gano è quello
<span style="font-size:80%">52</span> Gano in
più
e spesso il viso facea lacrimoso,
dicendo: - Carlo, io non veggo rimedio
a Montalbano,
credo che poco vi staranno a tedio. -
E poi la notte nel campo avvisava
Line 476 ⟶ 471:
<span style="font-size:80%">53</span> Carlo un dì per ventura vide indosso
a quel corrier
al re pagano, un certo vestir rosso
di camuccà,
e fra se stesso diceva: «Io non posso
pensar donde costui
e domandonne alcuna volta Gano
<span style="font-size:80%">54</span> Gan gli avea detto: - A questi dì il mandai
nel tal paese, per saper
novelle; e perché poco ne spiai,
non te lo dissi; e
per quel
un dì in un bosco un pagano scontrando,
credo che disse lo fece morire,
e trassegli di dosso quel vestire.
<span style="font-size:80%">55</span> Vera cosa è
a Ricciardetto per dargli conforto:
«Rinaldo e gli altri paladini adorni
sappi che in Francia saranno di corto»:
questo è perché
ed hanno dubitato che sia morto. -
Carlo ogni cosa nella mente avea,
e
<span style="font-size:80%">56</span> e non credette a quel
perché il parlar di Gan si riscontrava;
e risposegli indrieto, e così disse,
a dir
così Fortuna Carlo traportava;
o forse
ciò che Gan dice gli paia il Vangelo.
<span style="font-size:80%">57</span> Or ritorniamo a Mattafolle un poco:
egli era contro Astolfo inanimato
per quel che
La mattina seguente si fu armato,
però che
Così soletto si fu invïato,
e venne presso al muro di Parigi,
Line 527 ⟶ 522:
se Mattafolle si debba obedire;
e finalmente per partito prese
<span style="font-size:80%">59</span> E
e
Chiese licenzia, e dallo imperadore
subitamente e dagli altri è partito.
Vide dove è Mattafolle il signore,
che rifaceva col corno lo
maravigliossi che
e non pareva
<span style="font-size:80%">60</span> Giugnendo a Mattafolle, il franco Uggieri
lo salutò con un gentil saluto;
poi gli diceva: - O nobil cavalieri,
per combatter con noi
Io sono stato per tutti i sentieri
Che pensi tu, con ispada o con lancia
esser venuto acquistar fama in Francia?
<span style="font-size:80%">61</span> Io son
e non ti stimo, pagano, un bisante.
Se tu
prendi del campo, barone affricante. -
Rispose il saracin: - Per certo io guardo
se tu
che mi volesti far villania in corte,
per darti in ogni modo oggi la morte. -
Line 561 ⟶ 556:
se stato tu non fussi imbasciadore.
Colui che fare ti volea violenza
Astolfo è,
Io son chiamato per nome Danese.
Il saracino allor del campo prese.
<span style="font-size:80%">63</span> Poi che fu dilungato il saracino
più
tosto tornava indrieto a contastallo;
furno scontrati a mezzo del camino,
Line 577 ⟶ 572:
sopra lo scudo il possente barone:
passollo tutto, e trovava la scorza
della corazza, e passala e
Uggier piegossi ora a poggia ora a orza,
e finalmente cadde
Re Mattafolle, quando in terra il vide,
maravigliossi e di ciò forte ride;
<span style="font-size:80%">65</span> e disse: - Or non
che mai più non cadessi del destriere;
e
provato non
Vedi che Cristo e tutti i vostri santi
non
Renditi a me, come tu dèi, prigione. -
Disse il Danese: - Questo è ben ragione. -
<span style="font-size:80%">66</span> La spada per la punta il paladino
dètte al pagan che
Menollo in San Dionigi il saracino,
e disse: - Qui
Poi cominciava: - O figliuol di Pipino,
sappi
e per prigion
Mandami un altro baron di Parigi. -
Line 606 ⟶ 601:
dove era la sua gente sbigottita.
Dusnamo e gli altri tutti consigliorno
che, poi che
un altro cavalier mandar bisogna,
se non che gli saria troppa vergogna;
<span style="font-size:80%">68</span> ed accordârsi che
Namo
Giugnendo a Mattafolle, così gramo,
lo salutò e dissegli discosto:
Line 620 ⟶ 615:
<span style="font-size:80%">69</span> Namo si volse tutto furïoso:
giunse allo scudo un colpo poderoso:
e
nulla non par che
e prese il savio duca a mezzo il petto
e della sella lo cavò di netto.
Line 630 ⟶ 625:
<span style="font-size:80%">70</span> Namo si vide superato e vinto,
e così disse: - Io ti comincio a credere,
poi che tu
E
e disse: - A te prigion mi
Disse il pagano: - Or, se non
il nome tuo, baron,
<span style="font-size:80%">71</span> Namo rispose: - Questo poco importa.
Sappi
Disse il pagan: - Per Macon, ti conforta,
Di San Dionigi il condusse alla porta,
dove il Danese nostro prigione era;
e ritornossi al campo e
Carlo sprezzando e sua santa corona.
<span style="font-size:80%">72</span> Era Carlo a vederlo cosa oscura,
e tutti i
ognuno avea già in Parigi paura.
Berlinghier nostro, quando il corno sente,
tosto apportar si facea
e montò sopra il suo destrier possente.
Nella sedia fatal rimase Carlo,
<span style="font-size:80%">73</span> La lancia di ciresse aveva in mano,
Line 659 ⟶ 654:
brocca il cavallo e giugneva al pagano
a lanci e salti, che pare un levriere,
e disse: -
che così sprezzi il famoso imperiere?
Se tu sapessi chi sotto è in queste armi,
Line 665 ⟶ 660:
<span style="font-size:80%">74</span> Se tu scampi da me, tu sarai il primo,
tanti
non domandar
con essa in aria, in modo par che rada. -
Disse il pagan: - Per Macon, poco stimo
chi troppo sta la notte alla rugiada!
Manda pel prete e
ché tu mi pari una bertuccia in zoccoli. -
<span style="font-size:80%">75</span> Berlinghier si crucciò come un dïavolo,
e disse al saracin: - Matto uom bestiale,
che
Non
o Apollin,
Disse il pagan, poi che molto ebbe riso:
- Deh dimmi un poco, hai tu sotto altro viso? -
<span style="font-size:80%">76</span> Rispose Berlinghier: - Non più parole:
Il molto rider segno esser non suole
però di cavalier saggio o prestante.
Non so quel che tu
e zoccoli non ho sotto le piante;
ma nella punta del mio brando forte
so
<span style="font-size:80%">77</span> -
disse il pagano - o puoi più che
che nella punta la morte hai del brando?
Deh, fammi il nome tuo, se vuoi, palese. -
Line 702 ⟶ 697:
<span style="font-size:80%">78</span> Il saracin, sentendo nominarlo,
rispose: - Sia nel nome di Macone!
Dunque tu
so che non tien sì fatto compagnone
in corte, se non usa di provarlo.
Io
per veder quanto discosto gittarti
voglio in sul campo, e in su
<span style="font-size:80%">79</span> Prendi del campo,
pensando, cavalier, quel che tu hai detto,
che tu mi creda, così al primo, uccidere:
non
Se tu non soldi gente da dividere
ovver se tu non voli, io ti prometto
Line 719 ⟶ 714:
<span style="font-size:80%">80</span> Rispose Berlinghier: - Degli altri matti
ho gastigati
e te gastigherò. Vegnamo
ché le parole tue paiono stolte. -
Disse il pagano: - Io
che tu mi lascia sol due dita sciolte
e mettami in un sacco il resto tutto,
e mosterrotti
<span style="font-size:80%">81</span> Prendi del campo - disse Berlinghieri:
- forse che tu ti troverrai in un sacco. -
E sùbito rivolse il suo destrieri,
dicendo: - Mattafolle, tu
tu
non gittian qui le perle in bocca al ciacco. -
E
poi con la lancia a Berlinghier si volse.
<span style="font-size:80%">82</span> Berlinghier ne venìa come un colombo,
e
da ogni parte si sentiva il rombo
poi lasciaron cader le lance a piombo,
ognuno in resta la sua tosto pone.
Line 747 ⟶ 742:
<span style="font-size:80%">83</span> Il saracin ferì sopra lo scudo
Berlinghier nostro e come fussi cera
sùbito il passa, e
passò la corazzina e la panziera:
fino alla carne andò quel colpo crudo;
e perché soda e verde la lancia era,
per la percossa che fu molto acerba
Berlinghier franco si trovò in su
<span style="font-size:80%">84</span> E in su la punta più di dieci braccia
Line 765 ⟶ 760:
<span style="font-size:80%">85</span> Ah! - disse il saracin - tu falli troppo:
usanza è sempre di gentil baroni
che
porghino il brando e diensi per prigioni.
Or
a quel che vuol la giustizia
ed hai cavato fuor lo spadaccino:
questa usanza non è di paladino!
<span style="font-size:80%">86</span> Io
fra tutti gli altri un cavalier virile
che non sapessi in nessun modo errare,
onesto, saggio, pulito e gentile;
or fatto
questo mi pare un atto stato vile. -
Rispose a Mattafolle Berlinghiere:
Line 782 ⟶ 777:
<span style="font-size:80%">87</span> Mattafolle non ebbe pazïenza,
e disse: - Poi che tu
io ti gastigherò di tua fallenza. -
E punse sopra i fianchi il corridore;
dèttegli un colpo di tanta potenza
sopra
che Berlinghieri in terra inginocchiossi,
e non sapeva in qual mondo si fossi,
Line 793 ⟶ 788:
il saracino. - Oì - tosto rispose
il paladin sanza far più dimora;
e
Ed ècci un aüttor che dice ancora,
e così truovo
che ginocchion lo
colle ginocchia ignude Mattafolle,
Line 802 ⟶ 797:
ché tu volevi far le fusa torte. -
E poi che gli ebbe il suo brando pigliato,
non per la punta, ché
anzi dal pome, come
lo misse drento a quelle sante porte
di San Dionigi; e Namo, che vedea
il suo figliuol prigion, seco piangea.
<span style="font-size:80%">90</span> Era
Berlinghier sopra tutti un uom dabbene,
di gentilezza una fonte, anzi un fiume,
a luogo e tempo, come si conviene,
tanto che scritto
Or se lo stil della ragion non tiene,
è che cognobbe
perduta è sempre a chi quella non prezza;
Line 824 ⟶ 819:
era salvato Carlo e la sua gente;
e lecito ogni cosa è per la fede:
adunque chi lo
<span style="font-size:80%">92</span> Carlo sentì ritoccare il cornetto,
e disse: - Questo mi par tristo segno:
caduto è Berlinghier tanto perfetto;
non so chi abbi
venuto è questo pagan maladetto
per distrugger mia gente e tutto il regno. -
Avin
era abbattuto, per vendicar quello.
<span style="font-size:80%">93</span> Avin si ritrovò sopra la terra.
Venne in sul campo il valoroso Ottone,
il famoso signor là
e finalmente si trovò prigione:
tutti gli abbatte il saracin da guerra.
Venne Turpino, Gualtier da Mulione,
Salamon di Bretagna e
tutti prigion
<span style="font-size:80%">94</span> Di Normandia il possente Riccardo
venne in sul campo, e con gran sua vergogna
al primo colpo rimase codardo.
Tosto
volle provar come
e ritrovossi come gli altri in gogna.
Carlo rimase sconsolato tutto,
Line 854 ⟶ 849:
<span style="font-size:80%">95</span> Restava appunto il traditor di Gano:
Carlo non volle
Tornossi Mattafolle a Montalbano
presso alla terra, ove era il suo signore,
e presentò i prigioni al re pagano.
Erminïon
e nel suo padiglion gli ha ricevuti.
Cristo del ciel vi conservi ed aiuti.
</poem>
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