Morgante/Cantare ottavo: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Alebot (discussione | contributi)
m Conversione intestazione / correzione capitolo by Alebot
Alebot (discussione | contributi)
Correzione pagina via bot
Riga 1:
{{Qualità|avz=75%|data=22 settembre 2009|arg=Poemi epici}}{{IncludiIntestazione|sottotitolo=Cantare ottavo|prec=../Cantare settimo|succ=../Cantare nono}}
 
{{capitolo
|CapitoloPrecedente=Cantare settimo
|NomePaginaCapitoloPrecedente=../Cantare settimo
|CapitoloSuccessivo=Cantare nono
|NomePaginaCapitoloSuccessivo=../Cantare nono
}}
<poem>
<span style="font-size:80%">1</span>&nbsp;&nbsp; Virgine santa, madre di Gesùe,
Line 12 ⟶ 7:
perché tu ci ami tanto e tanto vali,
donami grazia e tanto di virtùe
ch'ioch’io mi ritorni a'a’ baron nostri, i quali
nella città tornar volevan drento;
e Manfredon ne va poco contento;
Line 19 ⟶ 14:
dicendo: «Omè, quanto pensai felice
esser per te, Meredïana, ahi lasso,
ch'ioch’io t'hot’ho lasciata or misero e infelice!».
Arebbe fatto lacrimare un sasso
per le parole che talvolta dice;
e tuttavia la gente rassettava
e inverso il suo camin tristo n'andavan’andava.
 
<span style="font-size:80%">3</span>&nbsp;&nbsp; Or chi avessi il gran pianto veduto
che nel suo dipartir fa la sua gente,
certo ch'assaich’assai gliene saria incresciuto:
chi morto il padre lascia e chi il parente,
e così morto l'hal’ha ricognosciuto,
onde e'e’ piangea di lui miseramente;
chi il suo fratello e chi l'amicol’amico abbraccia,
chi si percuote il petto e chi la faccia.
 
<span style="font-size:80%">4</span>&nbsp;&nbsp; Eravi alcun che cavava l'elmettol’elmetto
al suo figliuolo, al suo cognato o padre,
poi lo baciava con pietoso affetto,
Line 55 ⟶ 50:
come tu andassi per Elena a Troia:
or hai tu sazia la tua voglia ria?
E se'se’ cagion che tanta gente muoia. -
E così Manfredon ne va in Soria
afflitto, sconsolato, in pianto e in noia:
Line 65 ⟶ 60:
con Caradoro e tutti i cavalieri
colle bandiere al vento trïunfante.
Gran festa è fatta a'a’ cristian battaglieri
da tutto quanto il popolo affricante;
suonansi corni e trombette e tamburi,
Line 73 ⟶ 68:
la damigella un dì chiama il marchese;
in una cameretta sono andati;
e poi che tutta nel viso s'acceses’accese,
i suoi sospir tutti ha manifestati:
priega ch'ach’a lei sia cavalier cortese
e che 'l’l suo amor negar non debbi a quella
che nel suo cor sentia mille quadrella.
 
<span style="font-size:80%">9</span>&nbsp;&nbsp; Ulivier dice: - Io nol farò per certo,
perché se'se’ saracina, io son cristiano:
dal nostro Iddio so ch'ioch’io sarei diserto;
prima m'uccidim’uccidi qui colla tua mano. -
Ella rispose: - S'S’ tu mi mostri aperto
che 'l’l nostro Macometto iddio sia vano,
io mi battezerò per lo tuo amore
perché tu sia poi sempre il mio signore. -
Line 92 ⟶ 87:
di lor potenzia e di lor deïtate;
e poi gli fece una comparazione:
- Se d'essered’essere uno e tre pur dubitate,
si mostra per essemplo e per ragione
ch'unach’una candela accesa mille accende,
e il lume suo pure all'usatoall’usato rende. -
 
<span style="font-size:80%">11</span> De'De’ miracoli disse fatti al mondo
e come Lazar già resuscitassi,
come E'E’ fu crucifisso, e nel profondo
del limbo a trar molte anime n'andassin’andassi.
Disse la dama: - Più non ti rispondo. -
E fu contenta che la battezassi.
E dopo a questo vennono alla cresima,
tanto che infine e'e’ ruppon la quaresima.
 
<span style="font-size:80%">12</span> Più e più volte questa danza mena
Line 115 ⟶ 110:
che dètte a Carlo Man poi gran vittoria.
 
<span style="font-size:80%">13</span> Uscendo un dì d'unad’una zambra la dama,
Rinaldo s'accorgeas’accorgea di questo fatto,
ed Ulivier segretamente chiama:
- Che fai tu? - disse - Tu mi pari un matto. -
Ulivier gli contò tutta la trama
com'ellacom’ella è battezata e con che patto.
Rinaldo disse: - Se cristiana è certa,
fa'fa’ che la cosa almen vadi coperta. -
 
<span style="font-size:80%">14</span> Or lasciamo Ulivier fornir la danza
e riposarsi alquanto, e gli altri ancora,
e ritorniamo al signor di Maganza
Gan da Pontier, che non si posa un'oraun’ora.
Avuto avea del suo messo certanza
come impiccato fu sanza dimora
da Caradoro, onde e'e’ n'han’ha gran tormento,
e pensa pur qualche altro tradimento.
 
<span style="font-size:80%">15</span> E perché egli era maestro perfetto,
si ricordò d'und’un gran re saracino,
lo quale Erminïon per nome è detto,
nimico di Rinaldo paladino,
perché Rinaldo gli fe'fe’ già dispetto
quando dètte la morte al re Mambrino,
perch'egliperch’egli avea per moglie la sorella,
detta dama Clemenzia, savia e bella.
 
Line 145 ⟶ 140:
come fanno le moglie col marito,
pregato che far debba la vendetta;
Erminïon non l'aveal’avea consentito,
come colui che luogo e tempo aspetta,
sì come savio, a pigliar tal partito.
Line 151 ⟶ 146:
ogni trattato palese e secreto;
 
<span style="font-size:80%">17</span> e dove e'e’ possa seminar discordia,
nol ritenea pietà né conscïenzia,
ché lo facea sanza misericordia:
sapea il pensier della dama Clemenzia,
e scrisse un brieve, e dopo lunga essordia
gli ricordò l'oltraggiol’oltraggio e vïolenzia
del buon Rinaldo, e che non debba starsi,
però ch'eglich’egli era il tempo a vendicarsi:
 
<span style="font-size:80%">18</span> «A te, Erminïon di gran potere,
Line 166 ⟶ 161:
Credo tu debbi ogni cosa sapere
dove Rinaldo si truovi e in qual banda,
e com'eglicom’egli è sbandeggiato di corte;
e dètte al re Mambrin pur già la morte.
 
Line 175 ⟶ 170:
Lascia il tuo regno ed ogni tua contrada,
a Montalban te ne vieni alle mura:
Alardo e Ricciardetto v'èv’è a guardarlo,
e non potre'potre’ più in odio avergli Carlo.
 
<span style="font-size:80%">20</span> Se tu vien presto col tuo assembramento,
in poco tempo so che 'l’l piglierai:
gente non v'èv’è ne vettovaglia drento;
e in questo modo ti vendicherai;
però che fe'fe’ pur troppo tradimento
ucciderlo nel modo che tu sai.
Io te lo scrivo per antico amore;
e so che vuole il nostro imperadore.
 
<span style="font-size:80%">21</span> E'E’ si vorrebbe dinanzi levare
tutti que'que’ della casa di Chiarmonte,
ma con suo onor non l'hal’ha potuto fare;
ora ha sbandito Rinaldo col conte
per fargli sol, se può, mal capitare;
Line 200 ⟶ 195:
e se farà il suo debito, ha promesso
cento talenti Gan nel suo ritorno.
Il messaggier vuol far quel ch'èch’è interesso:
sùbito tolse la taschetta e 'l’l corno,
e dopo lungo e spiacevol camino
si rappresenta al gran re saracino.
Line 216 ⟶ 211:
<span style="font-size:80%">24</span> E poi che tutti furono assembrati,
con trentamila giunse un amirante,
e d'archid’archi sorïani erano armati,
e per nome si chiama Lïonfante;
avea per arme due lïon dorati
Line 225 ⟶ 220:
<span style="font-size:80%">25</span> ed arrecossi in buono augurio e segno
la sua venuta e quella gente franca.
L'armeL’arme d'Erminïond’Erminïon famoso e degno
nel campo rosso era un'aquilaun’aquila bianca,
salvo ch'avevach’aveva un altro contrassegno,
una rosetta sopra l'alial’alia manca.
E Fieramonte, suo fratello adorno,
appella Erminïone, e Salincorno;
Line 239 ⟶ 234:
fin che passare in qua mi vedrai il monte:
a te confido tutto il mio reame,
e la giustizia fa'fa’ che osservi ed ame. -
 
<span style="font-size:80%">27</span> Dama Clemenzia d'allegrezzad’allegrezza ha pieno
il core, e fece al messaggier di Gano
nel suo partir donare un palafreno;
cento bisanti poi gli pose in mano,
e d'und’un bel drappo splendido e sereno
gli dètte un ricco e gentil caffettano,
e disse: - Questo per mio amor ne porta.
Saluta Gan mille volte e conforta. -
 
<span style="font-size:80%">28</span> Erminïon gli fe'fe’ donare ancora
molte cose leggiadre alla moresca;
e 'l’l messaggier partì sanza dimora
colla risposta, e non par che gl'increscagl’incresca.
La qual risposta Ganellon rincora
come il nocciolo arà tosto la pèsca,
e come centotrentamila avea
di cavalieri, e come e'e’ si movea.
 
<span style="font-size:80%">29</span> In pochi dì ritornò il messaggieri
Line 264 ⟶ 259:
quando sentì di centomila e trenta.
Disse il messaggio: - O signor da Pontieri,
di quel che m'haim’hai promesso or mi contenta.
Erminïon non vuol di lui mi lagni. -
E mostrò i don c'hac’ha ricevuti magni.
 
<span style="font-size:80%">30</span> Gan gli donò quel che promesso avea,
e tutto pien d'allegrezzad’allegrezza era quello;
a Montalbano a Guicciardo scrivea
che ne veniva Orlando e 'l’l suo fratello,
e presto sarà in Francia; e ciò facea
per certa astuzia, il maladetto e fello,
perché e'e’ tenessin la terra e le mura
più sprovvedute e stien sanza paura.
 
<span style="font-size:80%">31</span> Intanto Erminïon si mette in punto:
apparecchiò navil gran quantitate;
e come e'e’ vide il vento per lui giunto,
sùbito furon le vele gonfiate,
e giorno e notte non si posa punto.
Le navi a salvamento son giostrate,
e in pochi dì questa brigata magna
si ritrovava ne'ne’ porti di Spagna.
 
<span style="font-size:80%">32</span> Fu la novella sùbito a Marsilio
Line 297 ⟶ 292:
<span style="font-size:80%">33</span> Erminïon rispose come saggio
che inverso Francia con sua gente andava
per vendicarsi d'und’un antico oltraggio,
e come il passo sol gli domandava,
ch'a'ch’a’ suoi paesi non faria dannaggio.
Marsilio della impresa il confortava.
E presto fu avvisato Carlo Mano
come e'e’ passava gran popol pagano.
 
<span style="font-size:80%">34</span> Carlo, sentendo sì fatta novella,
Line 309 ⟶ 304:
e raccontava del fatto il tinore,
dicendo: - Orlando non sarà qui in sella,
non c'èc’è Rinaldo, onde e'e’ mi triema il core,
né Ulivier, il nostro paladino.
Che faren noi, o Namo, o mio Turpino?
 
<span style="font-size:80%">35</span> Or si cognosce il mio nipote caro,
or si conosce Rinaldo e 'l’l marchese! -
Turpino e gli altri insieme s'accordaros’accordaro
che si dovessi stare alle difese,
e in questo modo Carlo confortaro.
Line 328 ⟶ 323:
Intanto Erminïon con sue bandiere
presso a Parigi son sopra le selle,
e fan tremare e 'l’l monte e la pianura,
e tutto il regno sta con gran paura;
 
Line 334 ⟶ 329:
rubando, ardendo e pigliando prigioni,
e mettono ogni cosa a saccomanno:
dove e'e’ s'abbattons’abbatton questi mascalzoni
in ogni parte facevon gran danno.
Erminïon fra tutti i suoi baroni
Line 350 ⟶ 345:
 
<span style="font-size:80%">39</span> Giugnendo a Carlo Man quel Mattafolle
fe'fe’ come matto e folle veramente:
ché quando e'e’ gli ebbe detto quel che volle,
e'e’ cominciò a minacciarlo aspramente.
Carlo pur rispondea timido e molle.
Astolfo a questo non fu pazïente:
Line 358 ⟶ 353:
per dare a Mattafolle in su la testa.
 
<span style="font-size:80%">40</span> Ma non poté perché e'e’ lo prese Namo,
e disse: - L'onestàL’onestà questo non vuole,
che a 'mbasciadore’mbasciadore oltraggio noi facciamo.
Lascialo far, ché fa come far suole,
sì che al suo re non ne faccia richiamo. -
Line 370 ⟶ 365:
benché il Dusnamo si scusassi assai.
Al grande Erminïon si fu tornato,
e disse: - La 'mbasciata’mbasciata tua contai,
e molto fui da 'Stolfo’Stolfo ingiurïato;
ond'ioond’io ti priego, s'as’a te piacqui mai,
che domattina sia contento io m'armim’armi,
e vo'vo’ con tutti i paladin provarmi. -
 
<span style="font-size:80%">42</span> Rispose Erminïon: - Tu non sa'sa’ bene
ancor chi sieno i paladin di Francia,
e per questa cagion sì spesso avviene
che molti n'hannon’hanno forata la pancia.
Sappi che Carlo Man questi non tiene,
se non fussino ognun provata lancia.
Tu ti potrai provar, se n'hain’hai pur voglia;
ma guarda ben che mal non te ne coglia.
 
<span style="font-size:80%">43</span> E se non v'èv’è Rinaldo ed Ulivieri,
e se non v'èv’è Orlando tanto forte,
e'e’ v'èv’è quel valoroso e franco Uggieri
ch'ach’a tanti saracin data ha la morte,
e quel famoso e degno Berlinghieri,
Ottone, e tanti altri baroni in corte.
Line 396 ⟶ 391:
<span style="font-size:80%">44</span> Astolfo in quella notte cavalcòe
inverso Montalban tutto soletto:
perché e'e’ non v'èv’è Rinaldo, dubitòe
d'Alardod’Alardo, di Guicciardo e Ricciardetto.
Ma giunto ove era il campo, riscontròe
certi pagani e fu preso in effetto,
e fu menato preso all'amiranteall’amirante,
ch'erach’era chiamato il fiero Lïonfante.
 
<span style="font-size:80%">45</span> Lïonfante comincia a domandare
Line 408 ⟶ 403:
Montalban, come tosto avea speranza,
dice che voglion Mambrin vendicare,
perché Rinaldo fe'fe’ troppa fallanza
a tradimento uccider quel signore,
e mancò troppo, al suo parer, d'onored’onore;
 
<span style="font-size:80%">46</span> e che per questo saria tanta guerra,
per vendicar questo peccato antico.
A lui rispose il signor d'Inghilterrad’Inghilterra:
- Ascolta, Lïonfante, quel ch'ioch’io dico.
Pel mio Gesù, che chi dice ciò erra,
perché e'e’ l'uccisel’uccise come suo nimico
a corpo a corpo e sanza tradimento,
e non vi fu difetto o mancamento. -
Line 423 ⟶ 418:
<span style="font-size:80%">47</span> E raccontò la cosa in tal maniera
che Lïonfante restò pazïente,
e disse: - Poi ch'ioch’io so la storia vera,
per mia fé, ora, ch'ioch’io ne son dolente
aver condotta qua la mia bandiera:
esser vorrei in Soria con questa gente,
ché poi ch'ach’a tradimento e'e’ non fu morto,
Erminïon, per Macometto, ha il torto.
 
Line 439 ⟶ 434:
ma per me tanto oltraggiato non fia;
 
<span style="font-size:80%">49</span> e s'ios’io potessi Montalban pigliarlo,
io nol farò, pel giusto iddio Apollino;
e in qualche modo si vorria avvisarlo
che ritornassi in qua col suo cugino.
Ma dimmi, prigionier col quale io parlo,
se tu se'se’ cavaliere o paladino. -
Astolfo il nome suo gli disse allora;
il perché Lïonfante assai l'onoral’onora;
 
<span style="font-size:80%">50</span> e fece accompagnarlo alla cittate.
Line 464 ⟶ 459:
la sua malizia, e scrisse a Carlo Mano
che certo il traditor di Gano è quello
ch'aveach’avea condotto là quel popol fello.
 
<span style="font-size:80%">52</span> Gano in que'que’ dì parea maninconoso
più ch'alcunch’alcun altro di sì fatto assedio,
e spesso il viso facea lacrimoso,
dicendo: - Carlo, io non veggo rimedio
a Montalbano, ond'ioond’io ne sto doglioso:
credo che poco vi staranno a tedio. -
E poi la notte nel campo avvisava
Line 476 ⟶ 471:
 
<span style="font-size:80%">53</span> Carlo un dì per ventura vide indosso
a quel corrier ch'eglich’egli aveva mandato
al re pagano, un certo vestir rosso
di camuccà, ch'e'ch’e’ gli aveva donato,
e fra se stesso diceva: «Io non posso
pensar donde costui l'abbil’abbi arrecato»;
e domandonne alcuna volta Gano
ond'egliond’egli avessi quel vestire strano.
 
<span style="font-size:80%">54</span> Gan gli avea detto: - A questi dì il mandai
nel tal paese, per saper d'Orlandod’Orlando
novelle; e perché poco ne spiai,
non te lo dissi; e 'l’l messaggier, tornando,
per quel ch'ioch’io intesi, ché nel domandai,
un dì in un bosco un pagano scontrando,
credo che disse lo fece morire,
e trassegli di dosso quel vestire.
 
<span style="font-size:80%">55</span> Vera cosa è ch'ioch’io scrissi a questi giorni
a Ricciardetto per dargli conforto:
«Rinaldo e gli altri paladini adorni
sappi che in Francia saranno di corto»:
questo è perché e'e’ non credon mai che torni
ed hanno dubitato che sia morto. -
Carlo ogni cosa nella mente avea,
e 'l’l messaggier d'Astolfod’Astolfo allor giugnea;
 
<span style="font-size:80%">56</span> e non credette a quel ch'Astolfoch’Astolfo scrisse,
perché il parlar di Gan si riscontrava;
e risposegli indrieto, e così disse,
quand'egliquand’egli scrisse questo, se sognava
a dir ch'Erminïonch’Erminïon per Gan venisse:
così Fortuna Carlo traportava;
o forse ch'erach’era permesso dal Cielo
ciò che Gan dice gli paia il Vangelo.
 
<span style="font-size:80%">57</span> Or ritorniamo a Mattafolle un poco:
egli era contro Astolfo inanimato
per quel che fe'fe’, che non gli parve giuoco.
La mattina seguente si fu armato,
però che l'iral’ira riscaldava el fuoco.
Così soletto si fu invïato,
e venne presso al muro di Parigi,
Line 527 ⟶ 522:
se Mattafolle si debba obedire;
e finalmente per partito prese
ch'ach’a lui si mandi il possente Danese.
 
<span style="font-size:80%">59</span> E 'l’l Danese s'armòs’armò con gran furore;
e 'l’l suo caval d'acciaiod’acciaio era guernito.
Chiese licenzia, e dallo imperadore
subitamente e dagli altri è partito.
Vide dove è Mattafolle il signore,
che rifaceva col corno lo 'nvito’nvito:
maravigliossi che 'l’l vide soletto
e non pareva ch'avessich’avessi sospetto.
 
<span style="font-size:80%">60</span> Giugnendo a Mattafolle, il franco Uggieri
lo salutò con un gentil saluto;
poi gli diceva: - O nobil cavalieri,
per combatter con noi se'se’ qua venuto?
Io sono stato per tutti i sentieri
de'de’ saracini, e mai non fu'fu’ abbattuto.
Che pensi tu, con ispada o con lancia
esser venuto acquistar fama in Francia?
 
<span style="font-size:80%">61</span> Io son de'de’ paladini il più codardo,
e non ti stimo, pagano, un bisante.
Se tu se'se’ pur, come credi, gagliardo,
prendi del campo, barone affricante. -
Rispose il saracin: - Per certo io guardo
se tu se'se’ quel cavaliere arrogante
che mi volesti far villania in corte,
per darti in ogni modo oggi la morte. -
Line 561 ⟶ 556:
se stato tu non fussi imbasciadore.
Colui che fare ti volea violenza
Astolfo è, d'Inghilterrad’Inghilterra alto signore.
Io son chiamato per nome Danese.
Il saracino allor del campo prese.
 
<span style="font-size:80%">63</span> Poi che fu dilungato il saracino
più d'unad’una arcata, volse il suo cavallo;
dall'altradall’altra parte il franco paladino
tosto tornava indrieto a contastallo;
furno scontrati a mezzo del camino,
Line 577 ⟶ 572:
sopra lo scudo il possente barone:
passollo tutto, e trovava la scorza
della corazza, e passala e 'l’l giubbone;
Uggier piegossi ora a poggia ora a orza,
e finalmente cadde dell'arcionedell’arcione.
Re Mattafolle, quando in terra il vide,
maravigliossi e di ciò forte ride;
 
<span style="font-size:80%">65</span> e disse: - Or non vo'vo’ più che tu ti vanti
che mai più non cadessi del destriere;
e di'di’ che ci hai provati tutti quanti!
provato non m'avevim’avevi, cavaliere.
Vedi che Cristo e tutti i vostri santi
non t'hant’han potuto aiutar di cadere.
Renditi a me, come tu dèi, prigione. -
Disse il Danese: - Questo è ben ragione. -
 
<span style="font-size:80%">66</span> La spada per la punta il paladino
dètte al pagan che l'aveval’aveva abbattuto.
Menollo in San Dionigi il saracino,
e disse: - Qui t'aspettat’aspetta, ché è dovuto. -
Poi cominciava: - O figliuol di Pipino,
sappi ch'Uggierch’Uggier della sella è caduto
e per prigion l'hol’ho messo in San Dionigi.
Mandami un altro baron di Parigi. -
 
Line 606 ⟶ 601:
dove era la sua gente sbigottita.
Dusnamo e gli altri tutti consigliorno
che, poi che 'l’l saracin così gl'invitagl’invita,
un altro cavalier mandar bisogna,
se non che gli saria troppa vergogna;
 
<span style="font-size:80%">68</span> ed accordârsi che v'andassiv’andassi Namo.
Namo v'andòv’andò, sì come gli fu imposto.
Giugnendo a Mattafolle, così gramo,
lo salutò e dissegli discosto:
Line 620 ⟶ 615:
 
<span style="font-size:80%">69</span> Namo si volse tutto furïoso:
e'e’ si credette inghiottir Mattafolle;
giunse allo scudo un colpo poderoso:
l'astel’aste si ruppe, ché passar nol volle,
e 'l’l saracin, ch'èch’è forte ed animoso,
nulla non par che dell'arciondell’arcion si crolle;
e prese il savio duca a mezzo il petto
e della sella lo cavò di netto.
Line 630 ⟶ 625:
<span style="font-size:80%">70</span> Namo si vide superato e vinto,
e così disse: - Io ti comincio a credere,
poi che tu m'haim’hai fuor dell'arciondell’arcion sospinto,
ch'ognich’ogni altro saracin tu debba eccedere. -
E 'l’l brando presto dallato ebbe scinto,
e disse: - A te prigion mi vo'vo’ concedere. -
Disse il pagano: - Or, se non t'èt’è fatica,
il nome tuo, baron, vo'vo’ che mi dica. -
 
<span style="font-size:80%">71</span> Namo rispose: - Questo poco importa.
Sappi ch'ioch’io sono il duca di Baviera. -
Disse il pagan: - Per Macon, ti conforta,
ch'onoratoch’onorato sarai fra la mia schiera. -
Di San Dionigi il condusse alla porta,
dove il Danese nostro prigione era;
e ritornossi al campo e 'l’l corno suona,
Carlo sprezzando e sua santa corona.
 
<span style="font-size:80%">72</span> Era Carlo a vederlo cosa oscura,
e tutti i suo'suo’ baron similemente;
ognuno avea già in Parigi paura.
Berlinghier nostro, quando il corno sente,
tosto apportar si facea l'armadural’armadura,
e montò sopra il suo destrier possente.
Nella sedia fatal rimase Carlo,
e'e’ suoi baron dintorno a confortarlo.
 
<span style="font-size:80%">73</span> La lancia di ciresse aveva in mano,
Line 659 ⟶ 654:
brocca il cavallo e giugneva al pagano
a lanci e salti, che pare un levriere,
e disse: - Se'Se’ tu quel baron villano
che così sprezzi il famoso imperiere?
Se tu sapessi chi sotto è in queste armi,
Line 665 ⟶ 660:
 
<span style="font-size:80%">74</span> Se tu scampi da me, tu sarai il primo,
tanti n'hon’ho morti già con questa spada:
non domandar s'ognis’ogni peluzzo cimo
con essa in aria, in modo par che rada. -
Disse il pagan: - Per Macon, poco stimo
chi troppo sta la notte alla rugiada!
Manda pel prete e fa'fa’ trovare i moccoli,
ché tu mi pari una bertuccia in zoccoli. -
 
<span style="font-size:80%">75</span> Berlinghier si crucciò come un dïavolo,
e disse al saracin: - Matto uom bestiale,
che se'se’ tu uso a mangiar, crusca e cavolo?
Co'Co’ pazzi sopra il carro trïonfale!
Non potre'potre’ farlo Macone o 'l’l suo avolo,
o Apollin, ch'ioch’io non ti facci male. -
Disse il pagan, poi che molto ebbe riso:
- Deh dimmi un poco, hai tu sotto altro viso? -
 
<span style="font-size:80%">76</span> Rispose Berlinghier: - Non più parole:
e'e’ ti parrà ch'ioch’io sia come un gigante.
Il molto rider segno esser non suole
però di cavalier saggio o prestante.
Non so quel che tu di'di’, rugiada o sole,
e zoccoli non ho sotto le piante;
ma nella punta del mio brando forte
so ch'ioch’io vi porto, baron, la tua morte.
 
<span style="font-size:80%">77</span> - Sares'Sares’ tu mai Rinaldo o quel marchese
ch'hach’ha tanta fama al mondo o 'l’l conte Orlando, -
disse il pagano - o puoi più che 'l’l Danese,
che nella punta la morte hai del brando?
Deh, fammi il nome tuo, se vuoi, palese. -
Line 702 ⟶ 697:
<span style="font-size:80%">78</span> Il saracin, sentendo nominarlo,
rispose: - Sia nel nome di Macone!
Dunque tu se'se’ de'de’ paladin di Carlo:
so che non tien sì fatto compagnone
in corte, se non usa di provarlo.
Io t'hot’ho squadrato dal capo al tallone
per veder quanto discosto gittarti
voglio in sul campo, e in su l'erbal’erba posarti.
 
<span style="font-size:80%">79</span> Prendi del campo, ch'ioch’io scoppio di ridere
pensando, cavalier, quel che tu hai detto,
che tu mi creda, così al primo, uccidere:
non potre'potre’ farlo tu, né Macometto!
Se tu non soldi gente da dividere
ovver se tu non voli, io ti prometto
Line 719 ⟶ 714:
 
<span style="font-size:80%">80</span> Rispose Berlinghier: - Degli altri matti
ho gastigati a'a’ miei dì mille volte,
e te gastigherò. Vegnamo a'a’ fatti,
ché le parole tue paiono stolte. -
Disse il pagano: - Io vo'vo’ far questi patti:
che tu mi lascia sol due dita sciolte
e mettami in un sacco il resto tutto,
e mosterrotti ch'ioch’io ti stimo un putto.
 
<span style="font-size:80%">81</span> Prendi del campo - disse Berlinghieri:
- forse che tu ti troverrai in un sacco. -
E sùbito rivolse il suo destrieri,
dicendo: - Mattafolle, tu m'haim’hai stracco:
tu se'se’ come tu hai nome, e volentieri
non gittian qui le perle in bocca al ciacco. -
E 'l’l saracin del campo prese e tolse,
poi con la lancia a Berlinghier si volse.
 
<span style="font-size:80%">82</span> Berlinghier ne venìa come un colombo,
e 'l’l saracin ne vien come un falcone:
da ogni parte si sentiva il rombo
de'de’ lor destrier, ch'ognunch’ognun pare un rondone;
poi lasciaron cader le lance a piombo,
ognuno in resta la sua tosto pone.
Line 747 ⟶ 742:
<span style="font-size:80%">83</span> Il saracin ferì sopra lo scudo
Berlinghier nostro e come fussi cera
sùbito il passa, e 'l’l ferro acuto e ignudo
passò la corazzina e la panziera:
fino alla carne andò quel colpo crudo;
e perché soda e verde la lancia era,
per la percossa che fu molto acerba
Berlinghier franco si trovò in su l'erbal’erba.
 
<span style="font-size:80%">84</span> E in su la punta più di dieci braccia
Line 765 ⟶ 760:
<span style="font-size:80%">85</span> Ah! - disse il saracin - tu falli troppo:
usanza è sempre di gentil baroni
che que'que’ che son caduti al primo intoppo
porghino il brando e diensi per prigioni.
Or ch'ioch’io t'hot’ho vinto, fracassato e zoppo,
a quel che vuol la giustizia t'opponit’opponi,
ed hai cavato fuor lo spadaccino:
questa usanza non è di paladino!
 
<span style="font-size:80%">86</span> Io t'avevot’avevo sentito ricordare
fra tutti gli altri un cavalier virile
che non sapessi in nessun modo errare,
onesto, saggio, pulito e gentile;
or fatto m'haim’hai di te maravigliare:
questo mi pare un atto stato vile. -
Rispose a Mattafolle Berlinghiere:
Line 782 ⟶ 777:
 
<span style="font-size:80%">87</span> Mattafolle non ebbe pazïenza,
e disse: - Poi che tu se'se’ in tanto errore,
io ti gastigherò di tua fallenza. -
E punse sopra i fianchi il corridore;
dèttegli un colpo di tanta potenza
sopra l'elmettol’elmetto, dice l'aütorel’aütore,
che Berlinghieri in terra inginocchiossi,
e non sapeva in qual mondo si fossi,
Line 793 ⟶ 788:
il saracino. - Oì - tosto rispose
il paladin sanza far più dimora;
e 'l’l brando per la punta in man gli pose.
Ed ècci un aüttor che dice ancora,
e così truovo nell'antichenell’antiche chiose,
che ginocchion lo fe'fe’ star quel che volle
colle ginocchia ignude Mattafolle,
 
Line 802 ⟶ 797:
ché tu volevi far le fusa torte. -
E poi che gli ebbe il suo brando pigliato,
non per la punta, ché v'erav’era la morte,
anzi dal pome, come e'e’ gli fu dato,
lo misse drento a quelle sante porte
di San Dionigi; e Namo, che vedea
il suo figliuol prigion, seco piangea.
 
<span style="font-size:80%">90</span> Era d'ognid’ogni eccellenzia e di costume
Berlinghier sopra tutti un uom dabbene,
di gentilezza una fonte, anzi un fiume,
a luogo e tempo, come si conviene,
tanto che scritto n'èn’è in più d'und’un volume.
Or se lo stil della ragion non tiene,
è che cognobbe ch'ognich’ogni gentilezza
perduta è sempre a chi quella non prezza;
 
Line 824 ⟶ 819:
era salvato Carlo e la sua gente;
e lecito ogni cosa è per la fede:
adunque chi lo 'ncolpa’ncolpa il ver non vede.
 
<span style="font-size:80%">92</span> Carlo sentì ritoccare il cornetto,
e disse: - Questo mi par tristo segno:
caduto è Berlinghier tanto perfetto;
non so chi abbi a'a’ suoi colpi ritegno:
venuto è questo pagan maladetto
per distrugger mia gente e tutto il regno. -
Avin s'armòs’armò, sentendo che 'l’l fratello
era abbattuto, per vendicar quello.
 
<span style="font-size:80%">93</span> Avin si ritrovò sopra la terra.
Venne in sul campo il valoroso Ottone,
il famoso signor là d'Inghilterrad’Inghilterra,
e finalmente si trovò prigione:
tutti gli abbatte il saracin da guerra.
Venne Turpino, Gualtier da Mulione,
Salamon di Bretagna e 'l’l buono Avolio:
tutti prigion n'andârn’andâr cheti come olio.
 
<span style="font-size:80%">94</span> Di Normandia il possente Riccardo
venne in sul campo, e con gran sua vergogna
al primo colpo rimase codardo.
Tosto s'armavas’armava Angiolin di Guascogna:
volle provar come e'e’ fussi gagliardo,
e ritrovossi come gli altri in gogna.
Carlo rimase sconsolato tutto,
Line 854 ⟶ 849:
 
<span style="font-size:80%">95</span> Restava appunto il traditor di Gano:
Carlo non volle ch'eglich’egli uscissi fore.
Tornossi Mattafolle a Montalbano
presso alla terra, ove era il suo signore,
e presentò i prigioni al re pagano.
Erminïon fe'fe’ lor massimo onore,
e nel suo padiglion gli ha ricevuti.
Cristo del ciel vi conservi ed aiuti.
</poem>
 
{{capitolo
|CapitoloPrecedente=Cantare settimo
|NomePaginaCapitoloPrecedente=../Cantare settimo
|CapitoloSuccessivo=Cantare nono
|NomePaginaCapitoloSuccessivo=../Cantare nono
}}
{{Conteggio pagine|[[Speciale:Statistiche]]}}