Morgante/Cantare decimoprimo: differenze tra le versioni
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<poem>
<span style="font-size:80%">1</span> O santo pellican, che col tuo sangue
campasti noi dalla fera crudele,
dal suo velen come pestifero angue,
e poi gustasti
tanto che la tua madre afflitta langue;
manda in mio aiuto
sì
e seguir possa questa istoria degna.
<span style="font-size:80%">2</span> Gano scriveva a Carlo in questo modo:
«O Carlo imperador, che
perché consenti tu
tu mostri essere ingrato a questo tratto,
e sanza udir le mie ragion, consenti
<span style="font-size:80%">3</span> Quel dì
che sapevo io chi drento era venuto,
o se pur
che ti paressi Orlando sconosciuto?
Per riparare a quella furia pazza
corsi alla piazza, e parvemi dovuto.
Che sapevo io se tu
o che nella città fussi trattato?
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le mie ragioni, ma furiando forte
mi minacciava di farmi morire:
io mi
Tu ti stai in festa, ed io con gran martìre;
e tanto tempo è pur
or
<span style="font-size:80%">5</span> Carlo lesse la lettera piangendo,
però che molto Ganellone amava;
ed ogni cosa per fermo tenendo
dicendo: «Il tuo partir, Gan, non commendo
e la distanzia tua troppo mi grava.
Torna a tua posta e come caro amico
come stato mi
<span style="font-size:80%">6</span> Gan ritornò, come scriveva Carlo.
Carlo lo vide molto volentieri
e corse, come
- Ben sia tornato il mio Gan da Pontieri. -
Gan come Giuda in fronte usa baciarlo.
Dicea Rinaldo al marchese Ulivieri:
- Vedi che Carlo consente
e ritornianci pur
<span style="font-size:80%">7</span> Io
se non è quel
e che lo
non so come guardar lo può diritto.
Ma metter lo potria in tanti travagli
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vennono insieme, giucando, a quistione;
e tanto ognun di parole rinfuoca
- Tu hai talvolta men cervel
e col gridar difendi sempre il torto.
Non so se
<span style="font-size:80%">10</span> Rinaldo rispondea: - Tu credi forse,
perché presente è qui Meredïana,
che Ulivieri il pugno innanzi porse:
la damigella gli prese la mana;
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<span style="font-size:80%">11</span> sùbito corse per la sua armadura;
torna a Rinaldo e trasse fuori il brando:
Rinaldo non
ma in questo mezzo si cacciava Orlando.
Meredïana triema di paura;
Carlo Rinaldo venìa minacciando:
- Ogni dì metti la corte a romore,
e
<span style="font-size:80%">12</span> Rinaldo,
rispose a Carlo Magno: - Tu ne menti,
ché
Carlo gridava a tutte le sue genti:
- Fate che presto costui sia pigliato,
se non che tutti farò mal contenti! -
Dicea Rinaldo: - Ignun non mi
ché gli parrà che le mosche gli arrosti! -
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e così disse: - Piglia tuo partito:
vattene a Montalban per mio conforto,
sanza voler saper chi
Rinaldo
tolse Baiardo ed ubbidiva Orlando,
e inverso Montalban va cavalcando.
<span style="font-size:80%">14</span> Carlo si dolfe con Orlando molto
perché
dicendo: - Il traditor dove
che per la gola ogni dì
Io
Sùbito fece il consiglio venire
e disse in brieve e soluta orazione
quel che far debba del figliuol
<span style="font-size:80%">15</span> Diceva Orlando: - A mio modo farai:
lasciagli un poco uscir questa arroganza,
ed altra volta ginocchion
e faren che ti chiegga perdonanza. -
Carlo rispose: - Ciò non farò mai,
che di smentirmi più pigli baldanza:
io
né mai più intendo tenerlo in mia corte. -
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ché qualche mal ne potrebbe seguire;
e dicea: - Tutto il popolo è in bisbiglio
e forse potria farne novitade,
ché molto amato è pur nella cittade. -
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<span style="font-size:80%">17</span> Astolfo non volea che si sbandisse,
ma che gli fussi in tutto perdonato;
ma Ulivieri incontro
tanto che molto di ciò fu sdegnato;
e Carlo comandò che si seguisse
il bando, come Namo ha consigliato.
Gano avea detto solo una parola:
- Se
<span style="font-size:80%">18</span> Poi che più Astolfo non vide rimedio,
e che Rinaldo è sbandito da Carlo,
si dipartì sanza più stare a tedio:
a Montalban se
che consigliato
ed accordati poi di sbandeggiarlo;
e ciò
per suo consiglio il traditor di Gano.
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se prima non gli fia la vita tolta;
e poi diceva: - Caro cugin mio,
so che tu
io
e che di mascalzon vita tegnamo;
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Rispose Astolfo: - Perché stiamo a bada?
Io spoglierò Otton per un quattrino.
Doman si vuol che
non si rispiarmi parente o compagno,
e poi si parta il bottino e
<span style="font-size:80%">21</span> Se vi passassi con sua compagnia
che annunzïò la Virgine Maria,
che sia spogliato e toltogli il mantello! -
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che Dio ti ci ha mandato, car fratello:
troppo mi piaci, e savio or ti conosco.
Parmi
<span style="font-size:80%">22</span> Quivi era Malagigi, e confermava
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Rinaldo gente strana raünava:
se sa sbandito ignun, gli dà ricetto;
gente
a Montalban rimetteva in assetto,
donava panni e facea buone spese;
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insin presso a Parigi in su le mura. -
Non domandar se Gano era contento,
acciò che Carlo più
tanto che a campo a Montalbano andassi.
<span style="font-size:80%">24</span> E perché più
diceva a Carlo un dì: - La corte nostra
par tutta in ozio per questo ribaldo
che
Io sono in questo proposito saldo,
che si vorrebbe ordinare una giostra,
per sollazzar la corte e
e non mostrar far di Rinaldo stima. -
<span style="font-size:80%">25</span> Carlo gli piacque quel che Gan dicea,
e
come il tal dì la giostra si facea:
che chi volessi, potessi venire.
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Gan, per potere ogni cosa fornire
e per parere a ciò di miglior voglia,
in punto misse Grifon
<span style="font-size:80%">26</span> Questo era della schiatta di Maganza.
Orlando
Gan gli diceva: - O Grifon di possanza,
poi che non
con tutti gli altri accettar dèi la danza,
Grifon rispose al suo degno signore:
- Io farò sì
<span style="font-size:80%">27</span> Venne la giostra e
ed ordinò lo
un bel carbonchio molto ricco e degno
che in un bel gambo
Fuvvi gran gente di tutto il suo regno,
e molta baronia viene alla giostra;
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<span style="font-size:80%">28</span> Rinaldo un giorno un suo falcon pascendo,
ecco venire il fratel Malagigi,
e come
- Non sai tu come
Che tu vi vadi in ogni modo intendo,
iscognosciuto, con istran vestigi,
ed una barba
che cognosciuto da nessun sarai. -
<span style="font-size:80%">29</span> Tutto
e missesi di sùbito in assetto
di sopravveste,
e disse: - Io intendo menar Ricciardetto
e
Alardo rimarrà qui per rispetto. -
Missonsi in punto tutti, e
iscognosciuti a Parigi
<span style="font-size:80%">30</span> E solean questi sempre per antico
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ovver di don Simon, lor caro amico:
a questa volta trovorno altro ostieri
fuor di Parigi,
quivi smontorno e missono i destrieri
per fuggire ogni tradimento reo;
e
<span style="font-size:80%">31</span> E poi Rinaldo Ricciardetto manda
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Vide la giostra che cominciata era,
né poté far non entrassi nel ballo;
e
e poi il secondo e
<span style="font-size:80%">33</span> Poi si partì e tornava al fratello,
e disse ciò che al campo aveva fatto.
Rinaldo,
e
e tutto il popol si ferma a vedello,
perché parea
Ulivieri era già venuto al campo
e con la lancia menava gran vampo.
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a mezzo il corso dèttonsi i campioni:
le lance in aria pel colpo ne vanno,
ma
<span style="font-size:80%">35</span> salvo che ginocchion vanno i destrieri;
e nel cader
al valoroso marchese Ulivieri,
tanto che tutta scoperse la faccia.
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Ulivier si rizzò tutto smarrito.
<span style="font-size:80%">36</span> Allor Rinaldo
e rivoltossi col cavallo a tondo;
vide venire un certo Maganzese
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sopra lo scudo la lancia giù scese,
gittalo in terra, e poi gittò il secondo,
cioè Grifon,
<span style="font-size:80%">37</span> Quivi combatte il signor
ed or questo, or
molti
Rinaldo guarda se cognosce Gano:
videlo un tratto, e Baiardo disserra;
e come
per fargli il giuoco, se poteva, netto,
gli pose alla visiera
<span style="font-size:80%">38</span> Gan si scontorse tutto in su
la lancia si spezzò subitamente,
e
E come
sùbito intorno gli fu molta gente
e rilevato fu sù col cavallo.
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parvon le lance gambi di finocchi;
tanto che molto piacque a Gallerana,
<span style="font-size:80%">40</span> Fatta la giostra, fu dato
al buon Rinaldo, che lo meritava.
Alda la bella al baron di valore
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Rinaldo gli accettò cortesemente.
<span style="font-size:80%">41</span> Tornossi
Rinaldo con Astolfo e col fratello.
Gan, perché avuta vergogna avea in guerra,
vituperato, drento al suo cor fello
pensò di far con sua gente tal serra
al paladin
acciò che tanti cavalier prestanti
<span style="font-size:80%">42</span> Sùbito fuor di Parigi son corsi,
e giunti
e cominciorno
a volerlo atterrar sanza riparo:
così con esso a battaglia appiccorsi,
tanto
e con fatica Rinaldo è fuggito
con Ricciardetto che
<span style="font-size:80%">43</span> Gan fece
con intenzion di dargli poi la morte,
ma saper prima ben
e del compagno suo
Come il cognobbe, cominciò a parlare:
- Tu
vituperasti sempre e Carlo Mano,
e malandrin
<span style="font-size:80%">44</span> I tuoi peccati
dove tu merti, se tu guardi bene
alla tua vita, e pagherai lo scotto
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<span style="font-size:80%">45</span> Questo facea perché non abbi aiuto,
né per la via scoperto
acciò che non sia tolto o cognosciuto;
e dice: - O Carlo Magno, alta corona,
fallo impiccar, ché tu farai il dovuto:
alla sua vita mai
se tu ragguardi, nel tempo passato
per mille vie le forche ha meritato. -
Line 416 ⟶ 411:
Mentre che questo ordinava Carlone,
e Gan tutto era acceso di letizia,
Rinaldo,
sentia
e pensa pur come
ché dicea: «Carlo Man farà impiccarlo».
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e rivedere il suo cugin volea;
e Ricciardetto e lui truova sospesi.
Rinaldo poi
or questo par
ché in Agrismonte stato era di Buovo,
e non sapea di questo caso nuovo.
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che non gli fia la vita perdonata;
e Malagigi ha perduta ogni speme,
però che Carlo
gli ha messo addosso, ché
di Malagigi, e la prigion guardata
in modo avea che non si può aiutare,
Line 443 ⟶ 438:
Disse Rinaldo: - Ed io. Facciàn pur tosto,
però che non è tempo da dormire. -
Come il sol fu
sùbito
e Ricciardetto con seco menorno,
e cavalcâr la notte insino al giorno.
Line 458 ⟶ 453:
<span style="font-size:80%">51</span> Fugli risposto: - Niente sappiàno,
se non
questa mattina per suo mancamento:
le forche qua su la strada veggiàno.
Line 466 ⟶ 461:
e di Parigi le novelle ha conte.
<span style="font-size:80%">52</span> Disse Rinaldo: -
Ben debbe godere or quel traditore! -
Diceva Orlando: -
se tu mi segui, cugin, di buon core. -
Disse Rinaldo: - Morir teco spero,
e
prima
vegga morir con tanta sua vergogna.
<span style="font-size:80%">53</span> Io trarrò a Gano il cuor prima del petto
così la fede, Orlando, ti prometto;
io verrò teco in mezzo dello stuolo,
così sbandito, sanza alcun sospetto,
E così insieme congiurati sono
di mettersi alla morte in abandono.
Line 486 ⟶ 481:
<span style="font-size:80%">54</span> E stanno alla veletta per vedere
qualunque uscissi fuor della cittade;
così Terigi,
aveva gli occhi per tutte le strade;
ognuno in punto teneva il destriere,
Line 493 ⟶ 488:
sul campanile, e cenno ci farai.
<span style="font-size:80%">55</span> Ma
acciò che error per nulla non pigliassi;
se tu vedessi apparire stendardi
o che alle forche nessun
sùbito il
che
Ma, a mio parer, sanza dimostrazione
<span style="font-size:80%">56</span> Gan la mattina per tempo è levato
e ciò che fa di bisogno ordinava:
insino al manigoldo ha ritrovato;
non domandar come
I paladini ognun molto ha pregato;
ma Carlo chi lo priega minacciava
tanto che pochi volean contraddire.
<span style="font-size:80%">57</span> Avea molto pregato
che con Erminïon si
questo era quel famoso Lïonfante
che prese Astolfo presso a Montalbano;
Line 525 ⟶ 520:
per non punire i tristi e lor malizia
vedi che Troia e Roma se ne duole;
e
La tua sentenzia debbe avere effetto,
e non mutar quel
<span style="font-size:80%">59</span> Carlo rispose: - Gan, sia tua tal cura:
quel che bisogna a tutto ben procura. -
Gan gli rispose: -
di questo
per isfogarti a tua consolazione. -
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Astolfo innanzi a Carlo fu menato.
Carlo comincia iratamente a dire,
poi
- Come hai tu avuto, Astolfo, tanto ardire
con quel ribaldo tristo, scelerato
Line 547 ⟶ 542:
mettere in preda tutti i miei paesi?
<span style="font-size:80%">61</span>
quando io pensai tu mi fussi fedele,
a Montalban con lui ti
e fatto un uom micidiale e crudele:
del tuo peccato è tempo sia punito,
Line 557 ⟶ 552:
<span style="font-size:80%">62</span> Otton fuor di Parigi doloroso
afflitto vecchio misero angoscioso,
morir sì tristamente il suo figliuolo.
Line 563 ⟶ 558:
rispose con sospiri e con gran duolo,
e disse umilemente: - O imperadore,
io mi
<span style="font-size:80%">63</span> Io non posso negar che la Corona
Line 572 ⟶ 567:
per quel Gesù che perdonò a Lungino,
pel padre mio, tuo servo e caro amico,
se mai piaciuto
<span style="font-size:80%">64</span> pel tuo caro nipote e degno conte,
per quel
per la corona tua famosa e magna.
E pur se morir debbo con tante onte,
quel traditor
più
per le sue man non consentir
<span style="font-size:80%">65</span> Carlo diceva: - Questo a che
Gan da Pontier gli volse dar col guanto;
me
Astolfo fu
preso e menato inverso della porta;
e tutto il popol ne facea gran pianto.
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e non pensò che rïuscissi netto.
I Maganzesi son ristretti insieme,
perché
e
Quel traditor di Gan per più dispetto
come un ladrone Astolfo svergognava,
e
<span style="font-size:80%">67</span> Avea pregato Namo e Salamone
lo
Avolio, Avino, Gualtier da Mulione
e Berlinghier si sforza di camparlo,
dicendo: - Abbi pietà del vecchio Ottone,
che tanto tempo
Tutta la corte per Astolfo priega;
ma Carlo a tutti questa grazia niega.
Line 612 ⟶ 607:
<span style="font-size:80%">68</span> E finalmente a Gan fu consegnato
che facci che far dèe di sua persona.
Gan sopra un carro
e
per traditore, e
e gran romor per Parigi risuona;
ed un capresto
or questo è quel
<span style="font-size:80%">69</span>
le trombe innanzi e stendardi e bandiere,
minacciando e chiamandol rubatore.
Line 625 ⟶ 620:
e di Rinaldo temea il traditore,
e tuttavolta gliel parea vedere.
Terigi presto del fatto
al conte tosto ed a Rinaldo corse.
<span style="font-size:80%">70</span> Orlando sopra Vegliantin
Rinaldo sta, come suole il falcone
uscito del cappello, alla veletta.
Line 635 ⟶ 630:
tanto che fussi giunto allo scaglione,
dicendo: - Quanto più si scosta Gano,
tanto più salvo poi
<span style="font-size:80%">71</span> Lasciàgli pure alle forche venire,
che se noi gli assaltassin così tosto,
nella città potrebbon rifuggire:
io
Astolfo in modo alcun non dèe morire:
noi giugneren più a tempo che
Forse verrà a veder lo
e
<span style="font-size:80%">72</span> I Maganzesi so che sgomberranno
come vedranno scoperto il quartieri
o
Così si furno accordati i guerrieri,
e come i can cogli orecchi alti stanno
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Astolfo inverso le forche ne mena.
<span style="font-size:80%">73</span> Non
come schernito sia da quella gente:
per non vederla, gli occhi spesso serra,
Line 661 ⟶ 656:
già tanto tempo in corte stato e in guerra
sì degno paladin tanto eccellente,
morti
per salvar Carlo, migliaia di pagani.
<span style="font-size:80%">74</span> Carlo imperador, quanto
Non sai tu quanto è in odio a Dio tal pecca?
Non hai tu letto che per tal peccato
la fonte di pietà sù in Ciel si secca?
e con superbia insieme mescolato,
caduto è
con tutti i suoi seguaci già Lucifero?
Tanto è questo peccato in sé pestifero.
<span style="font-size:80%">75</span> Tu hai sentito pur che Scipïone,
sendo di senno vecchio e giovan
di che tanta acquistata avea già a Canni.
Furno i Romani ingrati alla ragione,
onde seguiron poi sì lunghi affanni.
Questo peccato par che
e finalmente ogni regno distrugge;
<span style="font-size:80%">76</span> questo peccato scaccia la giustizia,
sanza la qual non può durare il mondo;
questo peccato è pien
questo peccato a gnun non è secondo;
Gerusalem per questo precipizia;
Line 691 ⟶ 686:
che ci perturba ogni sua grazia e zelo.
<span style="font-size:80%">77</span> Quel
credo tu
mentre che fu tra
so che fra gli altri assai lodar quel suòi.
Non ti ricordi, figliuol di Pipino,
E pur se fatta ha cosa che sia atroce,
del tuo Gesù ricòrdati già in croce,
<span style="font-size:80%">78</span> che perdonava al popol che
raccomandàlo al Padre umilemente.
Astolfo in colpa ginocchion si rende
e chiede a te perdon pietosamente;
e pur se
di grazia ti domanda finalmente
che per le man di Gan non vuol morire:
Line 711 ⟶ 706:
<span style="font-size:80%">79</span> E non sai ben che, se quel guida a morte
Astolfo, così guida te, Carlone,
ben ti conducerà fuor delle porte
quando fia tempo ancor, questo fellone.
E pel consiglio suo ti fai crudele
e
<span style="font-size:80%">80</span> Astolfo, poi che si vide condotto
Line 722 ⟶ 717:
un pianto cominciò molto dirotto
quando in sul primo scaglion pose il piede,
e disse: - O Dio, è spenta ogni merzede?
Non è pietà nel mondo più né in Cielo
<span style="font-size:80%">81</span>
per disperato e pien di giusto sdegno,
consenti tu
Io ho tanto assaltato il pagan regno
e tanti per te morti colla spada,
che di misericordia ero pur degno.
Come un ladron
e per più ingiuria il manigoldo è Gano:
<span style="font-size:80%">82</span> quel che
e mille e mille e mille alla sua vita,
e tanti ha già
Ove è la tua pietà,
A questo modo
Per la tua deïtà
per la tua santa e glorïosa Madre,
abbi pietà del mio misero padre,
<span style="font-size:80%">83</span> se per me stesso non
per le sue opre degne e giuste e sante.
Ma tu sai pur se pel tempo passato
combattuto ho nel Ponente e Levante:
tal
altra corona o carro trïunfante,
altri stendardi di più gloria e fama:
Line 756 ⟶ 751:
<span style="font-size:80%">84</span> Avino era venuto per vedere
quel che veder non vorrebbe per certo;
ma
non poté il pianto, tanto avea sofferto.
Guardava Astolfo contro a suo volere
le forche in alto, e
e quanto può di non salir
ché di morir non
<span style="font-size:80%">85</span> I Maganzesi gli sputan nel viso
Line 769 ⟶ 764:
Ricòrdati di me sù in Paradiso. -
Altri dicea come ferno i Giudei,
mentre
- Dimmi,
<span style="font-size:80%">86</span> Tu
tu doverresti conoscer la mano,
se
Che guati tu? Del senator romano,
o che ti scampi il figliuol di Pipino?
ed anco Cristo chiamò in croce Elia. -
<span style="font-size:80%">87</span> Era a vedere Astolfo cosa oscura;
e
dicendo: - Vien sù, con buona ventura. -
E
Astolfo avea della morte paura,
e tuttavia di soccorso pur guarda,
e quanto più potea, di salir tarda:
<span style="font-size:80%">88</span> con le ginocchia alla scala
e
chi qualche dardo alle gambe gli ficca,
ma sosteneva in pace ogni percossa:
malvolentier dagli scaglion si spicca,
e cigolar si sentian prima
Pur per la forza di sopra e di sotto
sopra il terzo scaglion
<span style="font-size:80%">89</span> Diceva Gano: - Alla barba
tira pur sù, ribaldo traditore,
che più le strade non assalterai. -
Or questo è quel
e dicea: - Traditor non
ma tu
e quel che tu fai a me, meriti tue.
Ma contro al mio distin non posso piùe.
<span style="font-size:80%">90</span> Io non posso pensar come il terreno
non
poi
O crocifisso giusto Nazareno,
non è nel Ciel per me difesa alcuna?
Line 820 ⟶ 815:
Non è per me persona che risponda?
Che questo traditor malvagio e rio
nol sofferir, benigno etterno Iddio! -
E tanto sdegno nel suo core abonda
Line 828 ⟶ 823:
<span style="font-size:80%">92</span> Ma il manigoldo tuttavia punzecchia
ed or col piede, or col pugno lo picchia
quando nel volto e quando
e pure Astolfo meschin si rannicchia,
e tuttavolta
di rappiccarsi a scaglione o cavicchia.
Ma con le grida la gente
e
<span style="font-size:80%">93</span> alcuna volta la gola gli serra:
non domandar
Un tratto gli occhi abbassava alla terra,
ed Avin suo fra la gente cognobbe:
or questo è quel dolor che
fece le spalle pel gran duol più gobbe;
raccomandògli sopra
il vecchio padre e la sua cara sposa.
<span style="font-size:80%">94</span> Talvolta gli occhi volgeva a Parigi;
quando guardava inverso Montalbano:
non sa che
Diceva allor per dileggiarlo Gano:
- Che guardi tu? Se ne vien Malagigi?
Perché con meco, Astolfo, così adiriti,
che liberar ti farà
<span style="font-size:80%">95</span> E nondimeno
gli avea cucito di sua mano addosso
nella prigion, che caso non venissi
che Malagigi
acciò che in ogni modo quel morissi.
Diceva Astolfo: - Omè! che più non posso
risponder, traditor, quel che tu meriti
<span style="font-size:80%">96</span> Gan lo schernia di nuovo con parole,
e pure al manigoldo raccennava;
e
Astolfo a poco a poco
però che solo un tratto morir vuole,
e così finalmente
e sbuffan beffe con ischerno e scorno.
Line 874 ⟶ 869:
e disse: - Tempo non è da star saldo:
non senti tu quel tumulto e le gride? -
e
- Io veggo il manigoldo che
e già il capresto gli acconcia, il ribaldo:
non aspettiàn che gli facci più ingiuria. -
Così di San Dionigi escono a furia.
<span style="font-size:80%">98</span> Rinaldo punse in
che non si vide mai saltar cervietto
così faceva Orlando e Ricciardetto:
non è lïon sì presto o lïopardo;
Line 893 ⟶ 888:
vide costor che venien come un vento,
non come strale o come uccel pennuto:
furno in un tratto i lupi tra
che quasi ignun non se
ma poi
fu posto fine a tutte le sue angosce.
<span style="font-size:80%">100</span>
giunse in un tratto la folgore e
Il manigoldo si facea già assolvere
al duca Astolfo, e chiedeva perdono,
ché gli volea poi dar
e messo avea la vita in abbandono,
e domandava di grazia che in modo
Line 913 ⟶ 908:
Avea mille vittorie già acquistate,
e domandava ora una cosa sola:
che
per modo che corressi il nodo presto.
<span style="font-size:80%">102</span> Giunto che fu
- Ah, popol traditor! - gridava forte;
e misse mano a Durlindana, il brando.
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<span style="font-size:80%">103</span> Mai non si vide un colpo come quello,
tanto fu
Astolfo cadde leggier come uccello,
tanto in un tratto riprese vigore;
il manigoldo si spezza il cervello.
Gan da Pontier fuggiva, il traditore;
Avin, che
ma non potieno uscir fuor della calca.
<span style="font-size:80%">104</span> Orlando è in mezzo di
e mena colpi di drieto e davante
con Durlindana, e faceva
quanti ne giugne, al ciel volgon le piante.
E Ricciardetto,
molti
Come un leon famelico ognun rugge.
Gan da Pontier verso Parigi fugge.
<span style="font-size:80%">105</span>
i Maganzesi e fuggir per paura
chi qua, chi là, pur che possa scampare.
Trasse Rinaldo un colpo per ventura:
un Maganzese morto
e tolsegli il cavallo e
e rassettava Astolfo
e corron tutti poi verso la terra.
<span style="font-size:80%">106</span>
come il lupo suol far le pecorelle,
e questo e quello e
e braccia in terra balzano e cervelle;
fino alle mura i colpi raddoppiavano,
cacciando i brandi giù per le mascelle;
altri avén féssi insin sopra gli arcioni,
chi insino al petto, e chi insino
<span style="font-size:80%">107</span> Astolfo, poi
gridando: - Popol crudo e rinnegato,
gente bestiale, iniqua e maladetta,
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e con la spada facea gran vendetta,
e molta avea di quella turba morta
prima
<span style="font-size:80%">108</span> Ricciardetto era a Ganellone
e col caval lo seguia a tutta briglia:
dunque convien che
perché da lui non levava le ciglia.
Giunti in Parigi i baron degni e franchi,
sùbito tutto il popol si scompiglia;
e come
sùbito i paladin montorno in sella.
<span style="font-size:80%">109</span> Carlo, sentendo come il fatto era ito,
e che in Parigi era Rinaldo e
e come Astolfo è di sua man fuggito,
con ambo man si percosse la fronte:
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che si fuggì per non veder sue onte,
e la corona si trasse di testa
e
<span style="font-size:80%">110</span> Era Rinaldo già in piazza venuto
col conte Orlando, e sollevato tutto
il popol, che
e disïava Carlo sia distrutto,
da poi
e seguitato
Preso la piazza, al palagio corriéno,
là dove Carlo Man pigliar crediéno.
<span style="font-size:80%">111</span> Dicea Rinaldo: - Ignun non mi dia impaccio:
io intendo a Carlo far quel
come vedete
addosso, ognun da parte stia a vedere.
La prima cosa il
e levarlo di sedia da sedere;
poi la corona di testa cavargli,
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<span style="font-size:80%">112</span> e mettergli una mitera a bendoni
e
per tutta la città, come i ladroni;
e farlo tanto a Gano scorreggiare
che sia segnato dal capo
e
ribaldo vecchio rimbambito e pazzo! -
Così con gran furor corse al palazzo.
<span style="font-size:80%">113</span> Carlo la sala aveva sgomberata,
perché
Vide Rinaldo la sedia votata;
sùbito fuor del palazzo ne viene,
e per Parigi fece la cercata,
e minacciava che chi Carlo tiene
nascoso o sa dove
gliel manifesti: se non, fia punito.
<span style="font-size:80%">114</span> Carlo a casa
come Rinaldo drento era alle mura;
e nascoso
che
e triema tuttavia questa donzella
che non vi corra il popol a furore
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e già Rinaldo si vedeva appetto,
al conte Orlando si dètte prigione.
E
per far di te quel che vorrà ragione. -
Diceva Gano: - Io mi ti raccomando
che tu mi salvi almen la vita, Orlando. -
<span style="font-size:80%">116</span> Come
ognun gridava: - Fagli quel che merta! -
Non si potea rattemperar Rinaldo,
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e come il veltro non istava saldo
quando la lepre ha veduta scoperta.
Diceva Orlando: - Aspetta
<span style="font-size:80%">117</span> Per tutta la città tutto quel giorno
cercato fu di Carlo; e finalmente,
non si trovando, al palagio
e
Alda la bella col suo viso adorno
la notte se
ed ogni cosa diceva al suo sposo
<span style="font-size:80%">118</span> Orlando disse: -
celato tanto che passi il furore;
e
che nulla manchi al nostro imperadore,
acciò che ignun disagio non sostenga:
così diceva - e
Vedi
<span style="font-size:80%">119</span>
e di Rinaldo dubitava forte,
e per pietà ne bagnava le gote,
che non gli dessi alla fine la morte,
e sa che guasta sarebbe la corte.
Così furno alcun giorno dimorati,
<span style="font-size:80%">120</span> Rinaldo pure Orlando ritoccava
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uccider Gan, ché così meritava,
e che dovessi a lui dar questo uficio.
Astolfo
di grazia, in luogo di gran beneficio,
ché di sue ingiurie far volea vendetta.
Line 1 088 ⟶ 1 083:
<span style="font-size:80%">121</span> e che farebbe sì crudel giustizia
di lor,
Gan nel suo core avea molta tristizia
e dubitava di molto tormento,
come colui
Orlando,
e di Rinaldo conoscea
lasciava pur raffreddarlo nel core.
Line 1 105 ⟶ 1 100:
è che stanotte il vidi in visïone.
<span style="font-size:80%">123</span>
che fussi tutto afflitto e doloroso,
di quel color
la barba e
e tutto il capo arruffato e ravvolto;
e con un atto molto disdegnoso
mi guardassi nel viso a mano a mano
un crucifisso
<span style="font-size:80%">124</span>
ché, come desto
ed io temendo mi levai, e
feci priego alla Vergine Maria,
al Padre, al Figlio, allo Spirito santo,
che
e parmi aver nella mente compreso
che Carlo è morto, e Cristo abbiamo offeso.
Line 1 129 ⟶ 1 124:
ché dal Ciel lo stendardo gli fu porto,
che non fu dato al mondo mai a persona.
Temo
<span style="font-size:80%">126</span> E credo che sarebbe utile ancora
Line 1 136 ⟶ 1 131:
che chi sapessi ove Carlo dimora,
o vivo o morto, lo venga insegnando;
e come giusto imperador
che si venissi il sepulcro ordinando;
però che
della sua morte, mosterrà gran segno. -
Line 1 145 ⟶ 1 140:
e di tal caso sé molto riprende,
dicendo: - Io non pensai che così fossi! -
E nel suo cor tanta pietà
che gli occhi già son lacrimosi e rossi,
e disse: - Orlando, quel che detto
mi pesa troppo, e dolgomene assai.
Line 1 153 ⟶ 1 148:
di questo caso seguitar dovessi;
ma dopo il fatto il penter poi non vale.
A me par verisimil
perché pur, sendo di stirpe reale,
arà voluto uccidersi lui stessi
più tosto
come
<span style="font-size:80%">129</span> Mandisi il bando, al mio parere, e tosto,
che lo riveli sanza alcun sospetto
chi
però che di dolor mi
e
siccome imperador magno e perfetto;
e sempre piagnerò questo peccato,
e
<span style="font-size:80%">130</span> E dico
e che si facci sùbito scultallo,
non di marmo o di bronzo, anzi sia
con la corona sopra un gran cavallo
come ferno i Roman
e lettere scolpite etterne e salde
della sua gloria e fama e pregio e lalde;
<span style="font-size:80%">131</span> e come il Ciel già mandassi il vessillo,
che quel
allor che
Orlando, come savio, alquanto udillo;
poi prestamente il bando ebbe ordinato.
E come
Alda la bella ne venne a Orlando,
Line 1 199 ⟶ 1 194:
ed accusava il conte di Maganza,
dicendo: - Consigliato da quel fui. -
Quivi alcun giorno si fece
ognun si scolpa
come nel dir seguente dirò in versi.
Guardivi il Ciel da tutti i casi avversi.
</poem>
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