Morgante/Cantare decimoprimo: differenze tra le versioni

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<poem>
<span style="font-size:80%">1</span>&nbsp;&nbsp; O santo pellican, che col tuo sangue
campasti noi dalla fera crudele,
dal suo velen come pestifero angue,
e poi gustasti l'acetol’aceto col fele,
tanto che la tua madre afflitta langue;
manda in mio aiuto l'arcangell’arcangel Michele,
ch'ioch’io riporti di vittoria insegna
e seguir possa questa istoria degna.
 
<span style="font-size:80%">2</span>&nbsp;&nbsp; Gano scriveva a Carlo in questo modo:
«O Carlo imperador, che t'hot’ho io fatto?
S'ioS’io non commissi inganno mai né frodo,
perché consenti tu ch'ioch’io stia di piatto?
S'ioS’io t'hot’ho servito sempre, assai ne godo:
tu mostri essere ingrato a questo tratto,
e sanza udir le mie ragion, consenti
che'che’ miei nimici sien di me contenti.
 
<span style="font-size:80%">3</span>&nbsp;&nbsp; Quel dì ch'ioch’io presi in Parigi la piazza,
che sapevo io chi drento era venuto,
o se pur v'erav’era gente d'altrad’altra razza,
che ti paressi Orlando sconosciuto?
Per riparare a quella furia pazza
corsi alla piazza, e parvemi dovuto.
Che sapevo io se tu t'erit’eri ingannato
o che nella città fussi trattato?
 
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le mie ragioni, ma furiando forte
mi minacciava di farmi morire:
io mi fuggi'fuggi’, temendo della morte.
Tu ti stai in festa, ed io con gran martìre;
e tanto tempo è pur ch'ioch’io fui in tua corte
de'de’ tuoi baroni e del tuo gran consilio:
or m'haim’hai scacciato e mandato in essilio».
 
<span style="font-size:80%">5</span>&nbsp;&nbsp; Carlo lesse la lettera piangendo,
però che molto Ganellone amava;
ed ogni cosa per fermo tenendo
ch'e'ch’e’ gli scriveva, indrieto rimandava
dicendo: «Il tuo partir, Gan, non commendo
e la distanzia tua troppo mi grava.
Torna a tua posta e come caro amico
come stato mi se'se’ pel tempo antico».
 
<span style="font-size:80%">6</span>&nbsp;&nbsp; Gan ritornò, come scriveva Carlo.
Carlo lo vide molto volentieri
e corse, come e'e’ lo vide, abbracciarlo:
- Ben sia tornato il mio Gan da Pontieri. -
Gan come Giuda in fronte usa baciarlo.
Dicea Rinaldo al marchese Ulivieri:
- Vedi che Carlo consente ch'e'ch’e’ torni,
e ritornianci pur ne'ne’ primi giorni.
 
<span style="font-size:80%">7</span>&nbsp;&nbsp; Io vo'vo’ che 'l’l capo Carlo Man mi tagli
se non è quel ch'ach’a Caradoro ha scritto
e che lo 'mbasciador’mbasciador fece mandàgli:
non so come guardar lo può diritto.
Ma metter lo potria in tanti travagli
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vennono insieme, giucando, a quistione;
e tanto ognun di parole rinfuoca
ch'Ulivierch’Ulivier disse a Rinaldo d'Amoned’Amone:
- Tu hai talvolta men cervel ch'un'ocach’un’oca,
e col gridar difendi sempre il torto.
Non so se m'haim’hai per tuo ragazzo scorto. -
 
<span style="font-size:80%">10</span> Rinaldo rispondea: - Tu credi forse,
perché presente è qui Meredïana,
ch'ioch’io ti riguardi? - E tanto ognun trascorse
d'unad’una parola in un'altraun’altra villana,
che Ulivieri il pugno innanzi porse:
la damigella gli prese la mana;
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<span style="font-size:80%">11</span> sùbito corse per la sua armadura;
torna a Rinaldo e trasse fuori il brando:
Rinaldo non l'aveval’aveva alla cintura,
ma in questo mezzo si cacciava Orlando.
Meredïana triema di paura;
Carlo Rinaldo venìa minacciando:
- Ogni dì metti la corte a romore,
e 'l’l torto hai sempre, e fa'mifa’mi poco onore. -
 
<span style="font-size:80%">12</span> Rinaldo, ch'erach’era tutto infurïato,
rispose a Carlo Magno: - Tu ne menti,
ché 'l’l torto ha egli ed hammi minacciato. -
Carlo gridava a tutte le sue genti:
- Fate che presto costui sia pigliato,
se non che tutti farò mal contenti! -
Dicea Rinaldo: - Ignun non mi s'accostis’accosti,
ché gli parrà che le mosche gli arrosti! -
 
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e così disse: - Piglia tuo partito:
vattene a Montalban per mio conforto,
ch'ioch’io veggo Carlo troppo insuperbito,
sanza voler saper chi s'abbis’abbi il torto. -
Rinaldo s'ès’è prestamente fuggito;
tolse Baiardo ed ubbidiva Orlando,
e inverso Montalban va cavalcando.
 
<span style="font-size:80%">14</span> Carlo si dolfe con Orlando molto
perché l'aveal’avea così fatto fuggire,
dicendo: - Il traditor dove m'ham’ha còlto,
che per la gola ogni dì m'ham’ha a smentire?
Io l'hol’ho a trattare un giorno come stolto. -
Sùbito fece il consiglio venire
e disse in brieve e soluta orazione
quel che far debba del figliuol d'Amoned’Amone.
 
<span style="font-size:80%">15</span> Diceva Orlando: - A mio modo farai:
lasciagli un poco uscir questa arroganza,
ed altra volta ginocchion l'arail’arai
e faren che ti chiegga perdonanza. -
Carlo rispose: - Ciò non farò mai,
che di smentirmi più pigli baldanza:
io vo'vo’ perseguitarlo insino a morte,
né mai più intendo tenerlo in mia corte. -
 
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ché qualche mal ne potrebbe seguire;
e dicea: - Tutto il popolo è in bisbiglio
ch'altrach’altra gente pagana dèe venire,
e forse potria farne novitade,
ché molto amato è pur nella cittade. -
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<span style="font-size:80%">17</span> Astolfo non volea che si sbandisse,
ma che gli fussi in tutto perdonato;
ma Ulivieri incontro 'Astolfo’Astolfo disse,
tanto che molto di ciò fu sdegnato;
e Carlo comandò che si seguisse
il bando, come Namo ha consigliato.
Gano avea detto solo una parola:
- Se t'hat’ha smentito, impiccal per la gola. -
 
<span style="font-size:80%">18</span> Poi che più Astolfo non vide rimedio,
e che Rinaldo è sbandito da Carlo,
si dipartì sanza più stare a tedio:
a Montalban se n'andavan’andava avvisarlo
che consigliato s'eras’era porgli assedio,
ed accordati poi di sbandeggiarlo;
e ciò ch'avevach’aveva detto a Carlo Mano
per suo consiglio il traditor di Gano.
 
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se prima non gli fia la vita tolta;
e poi diceva: - Caro cugin mio,
so che tu m'amim’ami, e pertanto m'ascoltam’ascolta:
io vo'vo’ che tutto il paese rubiamo
e che di mascalzon vita tegnamo;
 
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Rispose Astolfo: - Perché stiamo a bada?
Io spoglierò Otton per un quattrino.
Doman si vuol che s'assaltis’assalti la strada:
non si rispiarmi parente o compagno,
e poi si parta il bottino e 'l’l guadagno.
 
<span style="font-size:80%">21</span> Se vi passassi con sua compagnia
sant'Orsolasant’Orsola con l'agnoll’agnol Gabrïello
che annunzïò la Virgine Maria,
che sia spogliato e toltogli il mantello! -
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che Dio ti ci ha mandato, car fratello:
troppo mi piaci, e savio or ti conosco.
Parmi mill'annimill’anni che noi siàn nel bosco. -
 
<span style="font-size:80%">22</span> Quivi era Malagigi, e confermava
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Rinaldo gente strana raünava:
se sa sbandito ignun, gli dà ricetto;
gente ch'ognunch’ognun le forche meritava
a Montalban rimetteva in assetto,
donava panni e facea buone spese;
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insin presso a Parigi in su le mura. -
Non domandar se Gano era contento,
acciò che Carlo più s'inanimassis’inanimassi,
tanto che a campo a Montalbano andassi.
 
<span style="font-size:80%">24</span> E perché più s'accendessis’accendessi Rinaldo,
diceva a Carlo un dì: - La corte nostra
par tutta in ozio per questo ribaldo
che co'co’ ladroni alle strade si mostra.
Io sono in questo proposito saldo,
che si vorrebbe ordinare una giostra,
per sollazzar la corte e 'l’l popol prima,
e non mostrar far di Rinaldo stima. -
 
<span style="font-size:80%">25</span> Carlo gli piacque quel che Gan dicea,
e fe'fe’ per tutto Parigi bandire
come il tal dì la giostra si facea:
che chi volessi, potessi venire.
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Gan, per potere ogni cosa fornire
e per parere a ciò di miglior voglia,
in punto misse Grifon d'Altafogliad’Altafoglia.
 
<span style="font-size:80%">26</span> Questo era della schiatta di Maganza.
Orlando s'eras’era di corte partito.
Gan gli diceva: - O Grifon di possanza,
poi che non c'èc’è Rinaldo, ch'èch’è sbandito,
con tutti gli altri accettar dèi la danza,
ch'Orlandoch’Orlando non si sa dove sia ito. -
Grifon rispose al suo degno signore:
- Io farò sì ch'ioch’io vi farò onore. -
 
<span style="font-size:80%">27</span> Venne la giostra e 'l’l tempo diputato;
ed ordinò lo 'mperador’mperador, per segno
d'onored’onore a quel che l'aràl’arà meritato,
un bel carbonchio molto ricco e degno
che in un bel gambo d'orod’oro era legato.
Fuvvi gran gente di tutto il suo regno,
e molta baronia viene alla giostra;
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<span style="font-size:80%">28</span> Rinaldo un giorno un suo falcon pascendo,
ecco venire il fratel Malagigi,
e come e'e’ giunse, diceva ridendo:
- Non sai tu come e'e’ si giostra a Parigi?
Che tu vi vadi in ogni modo intendo,
iscognosciuto, con istran vestigi,
ed una barba d'erbad’erba porterai
che cognosciuto da nessun sarai. -
 
<span style="font-size:80%">29</span> Tutto s'acceses’accese Rinaldo nel core,
e missesi di sùbito in assetto
di sopravveste, d'armed’arme e corridore,
e disse: - Io intendo menar Ricciardetto
e d'Inghilterrad’Inghilterra il famoso signore.
Alardo rimarrà qui per rispetto. -
Missonsi in punto tutti, e l'altrol’altro giorno
iscognosciuti a Parigi n'andornon’andorno.
 
<span style="font-size:80%">30</span> E solean questi sempre per antico
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ovver di don Simon, lor caro amico:
a questa volta trovorno altro ostieri
fuor di Parigi, ch'erach’era assai mendico:
quivi smontorno e missono i destrieri
per fuggire ogni tradimento reo;
e l'ostel’oste appellato è Bartolomeo.
 
<span style="font-size:80%">31</span> E poi Rinaldo Ricciardetto manda
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Vide la giostra che cominciata era,
né poté far non entrassi nel ballo;
e 'l’l primo ch'eglich’egli scontra in terra ha spinto,
e poi il secondo e 'l’l terzo e 'l’l quarto e 'l’l quinto.
 
<span style="font-size:80%">33</span> Poi si partì e tornava al fratello,
e disse ciò che al campo aveva fatto.
Rinaldo, ch'erach’era armato come quello,
e 'l’l duca Astolfo n'andaronn’andaron di tratto;
e tutto il popol si ferma a vedello,
perché parea nell'arminell’armi molto adatto.
Ulivieri era già venuto al campo
e con la lancia menava gran vampo.
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a mezzo il corso dèttonsi i campioni:
le lance in aria pel colpo ne vanno,
ma l'unol’uno all'altroall’altro facea poco danno,
 
<span style="font-size:80%">35</span> salvo che ginocchion vanno i destrieri;
e nel cader l'elmettol’elmetto si dilaccia
al valoroso marchese Ulivieri,
tanto che tutta scoperse la faccia.
Line 322 ⟶ 317:
Ulivier si rizzò tutto smarrito.
 
<span style="font-size:80%">36</span> Allor Rinaldo un'altraun’altra lancia prese
e rivoltossi col cavallo a tondo;
vide venire un certo Maganzese
Line 328 ⟶ 323:
sopra lo scudo la lancia giù scese,
gittalo in terra, e poi gittò il secondo,
cioè Grifon, ch'aveach’avea molta possanza,
ch'erach’era mandato da Gan di Maganza.
 
<span style="font-size:80%">37</span> Quivi combatte il signor d'Inghilterrad’Inghilterra,
ed or questo, or quell'altroquell’altro manda al piano:
molti n'avevan’aveva cacciati per terra.
Rinaldo guarda se cognosce Gano:
videlo un tratto, e Baiardo disserra;
e come e'e’ giunse al traditor villano,
per fargli il giuoco, se poteva, netto,
gli pose alla visiera dell'elmettodell’elmetto.
 
<span style="font-size:80%">38</span> Gan si scontorse tutto in su l'arcionel’arcione;
la lancia si spezzò subitamente,
e 'l’l suo forte destrier Mattafellone
s'accosciòs’accosciò in terra, se Turpin non mente.
E come e'e’ fu caduto Ganellone,
sùbito intorno gli fu molta gente
de'de’ Maganzesi, e corsono aiutallo,
e rilevato fu sù col cavallo.
 
Line 356 ⟶ 351:
parvon le lance gambi di finocchi;
tanto che molto piacque a Gallerana,
ch'erach’era con Alda e con Meredïana.
 
<span style="font-size:80%">40</span> Fatta la giostra, fu dato l'onorel’onore
al buon Rinaldo, che lo meritava.
Alda la bella al baron di valore
Line 367 ⟶ 362:
Rinaldo gli accettò cortesemente.
 
<span style="font-size:80%">41</span> Tornossi all'osteall’oste di fuor della terra
Rinaldo con Astolfo e col fratello.
Gan, perché avuta vergogna avea in guerra,
vituperato, drento al suo cor fello
pensò di far con sua gente tal serra
al paladin ch'eglich’egli uccidessi quello,
acciò che tanti cavalier prestanti
d'averd’aver vinti quel giorno non si vanti.
 
<span style="font-size:80%">42</span> Sùbito fuor di Parigi son corsi,
e giunti all'osteall’oste, Rinaldo trovaro,
e cominciorno co'co’ graffi e co'co’ morsi
a volerlo atterrar sanza riparo:
così con esso a battaglia appiccorsi,
tanto ch'Astolfoch’Astolfo per forza pigliaro;
e con fatica Rinaldo è fuggito
con Ricciardetto che l'aveal’avea seguito.
 
<span style="font-size:80%">43</span> Gan fece 'Astolfo’Astolfo l'elmettol’elmetto cavare
con intenzion di dargli poi la morte,
ma saper prima ben d'ognid’ogni suo affare
e del compagno suo ch'èch’è tanto forte.
Come il cognobbe, cominciò a parlare:
- Tu se'se’ quel traditor che nostra corte
vituperasti sempre e Carlo Mano,
e malandrin se'se’ fatto a Montalbano!
 
<span style="font-size:80%">44</span> I tuoi peccati t'hannot’hanno pur condotto
dove tu merti, se tu guardi bene
alla tua vita, e pagherai lo scotto
Line 404 ⟶ 399:
 
<span style="font-size:80%">45</span> Questo facea perché non abbi aiuto,
né per la via scoperto l'hal’ha a persona,
acciò che non sia tolto o cognosciuto;
e dice: - O Carlo Magno, alta corona,
fallo impiccar, ché tu farai il dovuto:
alla sua vita mai fe'fe’ cosa buona;
se tu ragguardi, nel tempo passato
per mille vie le forche ha meritato. -
Line 416 ⟶ 411:
Mentre che questo ordinava Carlone,
e Gan tutto era acceso di letizia,
Rinaldo, ch'erach’era pien di passïone,
sentia d'Astolfod’Astolfo al cor molta tristizia,
e pensa pur come e'e’ possa aiutarlo,
ché dicea: «Carlo Man farà impiccarlo».
 
Line 425 ⟶ 420:
e rivedere il suo cugin volea;
e Ricciardetto e lui truova sospesi.
Rinaldo poi d'Astolfod’Astolfo gli dicea:
or questo par ch'alch’al conte molto pesi,
ché in Agrismonte stato era di Buovo,
e non sapea di questo caso nuovo.
Line 433 ⟶ 428:
che non gli fia la vita perdonata;
e Malagigi ha perduta ogni speme,
però che Carlo un'ostiaun’ostia consecrata
gli ha messo addosso, ché dell'artedell’arte teme
di Malagigi, e la prigion guardata
in modo avea che non si può aiutare,
Line 443 ⟶ 438:
Disse Rinaldo: - Ed io. Facciàn pur tosto,
però che non è tempo da dormire. -
Come il sol fu nell'occeànnell’occeàn nascosto,
sùbito l'armel’arme si fecion guernire,
e Ricciardetto con seco menorno,
e cavalcâr la notte insino al giorno.
Line 458 ⟶ 453:
 
<span style="font-size:80%">51</span> Fugli risposto: - Niente sappiàno,
se non ch'eglich’egli è certo mormoramento
ch'unch’un de'de’ baroni impicca Carlo Mano
questa mattina per suo mancamento:
le forche qua su la strada veggiàno.
Line 466 ⟶ 461:
e di Parigi le novelle ha conte.
 
<span style="font-size:80%">52</span> Disse Rinaldo: - E'E’ fa pur daddovero!
Ben debbe godere or quel traditore! -
Diceva Orlando: - E'E’ fallerà il pensiero,
se tu mi segui, cugin, di buon core. -
Disse Rinaldo: - Morir teco spero,
e 'l’l primo uccider Carlo imperadore,
prima ch'Astolfoch’Astolfo, come Gano agogna,
vegga morir con tanta sua vergogna.
 
<span style="font-size:80%">53</span> Io trarrò a Gano il cuor prima del petto
ch'i'ch’i’ sofferi veder mai tanto duolo:
così la fede, Orlando, ti prometto;
io verrò teco in mezzo dello stuolo,
così sbandito, sanza alcun sospetto,
s'ios’io vi dovessi morto restar solo. -
E così insieme congiurati sono
di mettersi alla morte in abandono.
Line 486 ⟶ 481:
<span style="font-size:80%">54</span> E stanno alla veletta per vedere
qualunque uscissi fuor della cittade;
così Terigi, ch'erach’era lo scudiere,
aveva gli occhi per tutte le strade;
ognuno in punto teneva il destriere,
Line 493 ⟶ 488:
sul campanile, e cenno ci farai.
 
<span style="font-size:80%">55</span> Ma fa'fa’ che bene in ogni parte guardi,
acciò che error per nulla non pigliassi;
se tu vedessi apparire stendardi
o che alle forche nessun s'accostassis’accostassi,
sùbito il di'di’: che noi non fussin tardi,
che 'l’l manigoldo intanto lo 'mpiccassi’mpiccassi.
Ma, a mio parer, sanza dimostrazione
s'ingegneràs’ingegnerà mandarlo Ganellone. -
 
<span style="font-size:80%">56</span> Gan la mattina per tempo è levato
e ciò che fa di bisogno ordinava:
insino al manigoldo ha ritrovato;
non domandar come e'e’ sollecitava.
I paladini ognun molto ha pregato;
ma Carlo chi lo priega minacciava
perch'ostinatoperch’ostinato era farlo morire,
tanto che pochi volean contraddire.
 
<span style="font-size:80%">57</span> Avea molto pregato l'amirantel’amirante
che con Erminïon si fe'fe’ cristiano:
questo era quel famoso Lïonfante
che prese Astolfo presso a Montalbano;
Line 525 ⟶ 520:
per non punire i tristi e lor malizia
vedi che Troia e Roma se ne duole;
e sanz'essasanz’essa ogni regno precipizia.
La tua sentenzia debbe avere effetto,
e non mutar quel ch'unach’una volta hai detto. -
 
<span style="font-size:80%">59</span> Carlo rispose: - Gan, sia tua tal cura:
fa'fa’ che la giustizia abbi suo dovere;
quel che bisogna a tutto ben procura. -
Gan gli rispose: - E'E’ fia fatto, imperiere:
di questo sta'sta’ colla mente sicura.
S'AstolfoS’Astolfo prima volessi vedere
ch'ioch’io il meni via, il trarrò di prigione,
per isfogarti a tua consolazione. -
 
Line 541 ⟶ 536:
Astolfo innanzi a Carlo fu menato.
Carlo comincia iratamente a dire,
poi ch'a'ch’a’ suoi pie'pie’ se gli fu inginocchiato:
- Come hai tu avuto, Astolfo, tanto ardire
con quel ribaldo tristo, scelerato
Line 547 ⟶ 542:
mettere in preda tutti i miei paesi?
 
<span style="font-size:80%">61</span> Perch'ioPerch’io avevo Rinaldo sbandito,
quando io pensai tu mi fussi fedele,
a Montalban con lui ti se'se’ fuggito
e fatto un uom micidiale e crudele:
del tuo peccato è tempo sia punito,
Line 557 ⟶ 552:
 
<span style="font-size:80%">62</span> Otton fuor di Parigi doloroso
s'eras’era fuggito, per non veder, solo,
afflitto vecchio misero angoscioso,
morir sì tristamente il suo figliuolo.
Line 563 ⟶ 558:
rispose con sospiri e con gran duolo,
e disse umilemente: - O imperadore,
io mi t'accusot’accuso e chiamo peccatore.
 
<span style="font-size:80%">63</span> Io non posso negar che la Corona
Line 572 ⟶ 567:
per quel Gesù che perdonò a Lungino,
pel padre mio, tuo servo e caro amico,
se mai piaciuto t'èt’è pel tempo antico,
 
<span style="font-size:80%">64</span> pel tuo caro nipote e degno conte,
per quel ch'ioch’io feci già teco in Ispagna,
s'ios’io meritai mai nulla in Aspramonte,
per la corona tua famosa e magna.
E pur se morir debbo con tante onte,
quel traditor ch'èch’è pien d'ognid’ogni magagna
più ch'altroch’altro Giuda o che Sinon da Troia,
per le sue man non consentir ch'i'ch’i’ muoia. -
 
<span style="font-size:80%">65</span> Carlo diceva: - Questo a che t'importat’importa? -
Gan da Pontier gli volse dar col guanto;
me 'l’l duca Namo di ciò lo sconforta.
Astolfo fu da'da’ Maganzesi intanto
preso e menato inverso della porta;
e tutto il popol ne facea gran pianto.
Line 595 ⟶ 590:
e non pensò che rïuscissi netto.
I Maganzesi son ristretti insieme,
perché de'de’ paladini avean sospetto,
e d'ognid’ogni parte molta gente preme.
Quel traditor di Gan per più dispetto
come un ladrone Astolfo svergognava,
e 'l’l manigoldo pur sollecitava.
 
<span style="font-size:80%">67</span> Avea pregato Namo e Salamone
lo 'mperador’mperador che dovessi lasciarlo;
Avolio, Avino, Gualtier da Mulione
e Berlinghier si sforza di camparlo,
dicendo: - Abbi pietà del vecchio Ottone,
che tanto tempo t'hat’ha servito, Carlo. -
Tutta la corte per Astolfo priega;
ma Carlo a tutti questa grazia niega.
Line 612 ⟶ 607:
<span style="font-size:80%">68</span> E finalmente a Gan fu consegnato
che facci che far dèe di sua persona.
Gan sopra un carro l'aveval’aveva legato,
e 'n’n testa gli avea messa una corona
per traditore, e 'l’l giubbon di broccato;
e gran romor per Parigi risuona;
ed un capresto d'orod’oro gli avvolgea:
or questo è quel ch'ch’ 'Astolfo’Astolfo assai dolea.
 
<span style="font-size:80%">69</span> Fe'Fe’ per Parigi la cerca maggiore,
le trombe innanzi e stendardi e bandiere,
minacciando e chiamandol rubatore.
Line 625 ⟶ 620:
e di Rinaldo temea il traditore,
e tuttavolta gliel parea vedere.
Terigi presto del fatto s'accorses’accorse:
al conte tosto ed a Rinaldo corse.
 
<span style="font-size:80%">70</span> Orlando sopra Vegliantin s'assettas’assetta;
Rinaldo sta, come suole il falcone
uscito del cappello, alla veletta.
Line 635 ⟶ 630:
tanto che fussi giunto allo scaglione,
dicendo: - Quanto più si scosta Gano,
tanto più salvo poi l'aremol’aremo in mano.
 
<span style="font-size:80%">71</span> Lasciàgli pure alle forche venire,
che se noi gli assaltassin così tosto,
nella città potrebbon rifuggire:
io vo'vo’ che 'l’l traditor tarpian discosto.
Astolfo in modo alcun non dèe morire:
noi giugneren più a tempo che l'arrostol’arrosto.
Forse verrà a veder lo 'mperadore’mperadore,
e vo'vo’ colle mie man cavargli il core.
 
<span style="font-size:80%">72</span> I Maganzesi so che sgomberranno
come vedranno scoperto il quartieri
o 'l’l lïone sbarrato mireranno. -
Così si furno accordati i guerrieri,
e come i can cogli orecchi alti stanno
Line 655 ⟶ 650:
Astolfo inverso le forche ne mena.
 
<span style="font-size:80%">73</span> Non potre'potre’ dire il signor d'Inghilterrad’Inghilterra
come schernito sia da quella gente:
per non vederla, gli occhi spesso serra,
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già tanto tempo in corte stato e in guerra
sì degno paladin tanto eccellente,
morti a'a’ suoi dì con le sue proprie mani,
per salvar Carlo, migliaia di pagani.
 
<span style="font-size:80%">74</span> Carlo imperador, quanto se'se’ ingrato!
Non sai tu quanto è in odio a Dio tal pecca?
Non hai tu letto che per tal peccato
la fonte di pietà sù in Ciel si secca?
e con superbia insieme mescolato,
caduto è d'Aquilond’Aquilon nella Giudecca
con tutti i suoi seguaci già Lucifero?
Tanto è questo peccato in sé pestifero.
 
<span style="font-size:80%">75</span> Tu hai sentito pur che Scipïone,
sendo di senno vecchio e giovan d'annid’anni,
'Anibal’Anibal tolse ogni reputazione,
di che tanta acquistata avea già a Canni.
Furno i Romani ingrati alla ragione,
onde seguiron poi sì lunghi affanni.
Questo peccato par che 'l’l mondo adugge,
e finalmente ogni regno distrugge;
 
<span style="font-size:80%">76</span> questo peccato scaccia la giustizia,
sanza la qual non può durare il mondo;
questo peccato è pien d'ognid’ogni malizia;
questo peccato a gnun non è secondo;
Gerusalem per questo precipizia;
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che ci perturba ogni sua grazia e zelo.
 
<span style="font-size:80%">77</span> Quel c'hac’ha fatto per te già il paladino
credo tu 'l’l sappi, ma saper nol vuoi,
mentre che fu tra 'l’l popol saracino:
so che fra gli altri assai lodar quel suòi.
Non ti ricordi, figliuol di Pipino,
de'de’ benefici, e penter non val poi.
E pur se fatta ha cosa che sia atroce,
del tuo Gesù ricòrdati già in croce,
 
<span style="font-size:80%">78</span> che perdonava al popol che l'offendel’offende,
raccomandàlo al Padre umilemente.
Astolfo in colpa ginocchion si rende
e chiede a te perdon pietosamente;
e pur se 'l’l giusto priego non t'accendet’accende,
di grazia ti domanda finalmente
che per le man di Gan non vuol morire:
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<span style="font-size:80%">79</span> E non sai ben che, se quel guida a morte
Astolfo, così guida te, Carlone,
e'e’ tuoi baroni e tutta la tua corte.
Fa'Fa’ che tu creda sempre a Ganellone:
ben ti conducerà fuor delle porte
quando fia tempo ancor, questo fellone.
E pel consiglio suo ti fai crudele
e 'ngrato’ngrato contro al servo tuo fedele.
 
<span style="font-size:80%">80</span> Astolfo, poi che si vide condotto
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un pianto cominciò molto dirotto
quando in sul primo scaglion pose il piede,
e'e’ Maganzesi il sospignean di sotto;
e disse: - O Dio, è spenta ogni merzede?
Non è pietà nel mondo più né in Cielo
pe'pe’ tuoi fedel che credon nel Vangelo?
 
<span style="font-size:80%">81</span> S'ioS’io ho tre mesi assaltata la strada
per disperato e pien di giusto sdegno,
consenti tu ch'allech’alle forche ne vada?
Io ho tanto assaltato il pagan regno
e tanti per te morti colla spada,
che di misericordia ero pur degno.
Come un ladron m'impiccam’impicca Carlo Mano;
e per più ingiuria il manigoldo è Gano:
 
<span style="font-size:80%">82</span> quel che t'hat’ha fatti mille tradimenti
e mille e mille e mille alla sua vita,
e tanti ha già de'de’ tuoi cristiani spenti!
Ove è la tua pietà, s'ellas’ella è infinita?
A questo modo ch'ioch’io muoia or consenti?
Per la tua deïtà ch'èch’è in Ciel gradita,
per la tua santa e glorïosa Madre,
abbi pietà del mio misero padre,
 
<span style="font-size:80%">83</span> se per me stesso non l'hol’ho meritato,
per le sue opre degne e giuste e sante.
Ma tu sai pur se pel tempo passato
combattuto ho nel Ponente e Levante:
tal ch'ioch’io pensavo d'avered’avere acquistato
altra corona o carro trïunfante,
altri stendardi di più gloria e fama:
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<span style="font-size:80%">84</span> Avino era venuto per vedere
quel che veder non vorrebbe per certo;
ma 'l’l grande amor lo sforza, e più tenere
non poté il pianto, tanto avea sofferto.
Guardava Astolfo contro a suo volere
le forche in alto, e 'l’l camin gli pare erto,
e quanto può di non salir s'attienes’attiene,
ché di morir non s'accordavas’accordava bene.
 
<span style="font-size:80%">85</span> I Maganzesi gli sputan nel viso
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Ricòrdati di me sù in Paradiso. -
Altri dicea come ferno i Giudei,
mentre ch'ognunch’ognun quanto può lo percuote:
- Dimmi, s's’ tu sai, chi ti batte le gote!
 
<span style="font-size:80%">86</span> Tu 'l’l doverresti saper, paladino,
tu doverresti conoscer la mano,
se se'se’ profeta, astrolago o indovino.
Che guati tu? Del senator romano,
o che ti scampi il figliuol di Pipino?
Ch'aspettiCh’aspetti tu? Il signor di Montalbano?
E'E’ verrà a te quando a'a’ Giudei Messia;
ed anco Cristo chiamò in croce Elia. -
 
<span style="font-size:80%">87</span> Era a vedere Astolfo cosa oscura;
e 'l’l manigoldo tirava il capresto,
dicendo: - Vien sù, con buona ventura. -
E 'l’l traditor di Gan dicea: - Fa'Fa’ presto. -
Astolfo avea della morte paura,
perc'haperc’ha diciotto in volta e vanne il resto;
e tuttavia di soccorso pur guarda,
e quanto più potea, di salir tarda:
 
<span style="font-size:80%">88</span> con le ginocchia alla scala s'appiccas’appicca,
e 'l’l manigoldo gli dava una scossa;
chi qualche dardo alle gambe gli ficca,
ma sosteneva in pace ogni percossa:
malvolentier dagli scaglion si spicca,
e cigolar si sentian prima l'ossal’ossa.
Pur per la forza di sopra e di sotto
sopra il terzo scaglion l'aveanl’avean condotto.
 
<span style="font-size:80%">89</span> Diceva Gano: - Alla barba l'arail’arai!
tira pur sù, ribaldo traditore,
che più le strade non assalterai. -
Or questo è quel ch'ch’ 'Astolfo’Astolfo passa il core,
e dicea: - Traditor non fu'fu’ già mai;
ma tu se'se’ traditore e rubatore,
e quel che tu fai a me, meriti tue.
Ma contro al mio distin non posso piùe.
 
<span style="font-size:80%">90</span> Io non posso pensar come il terreno
non s'apres’apre e non iscura sole e luna,
poi ch'ach’a te, traditor d'ingannid’inganni pieno,
m'ham’ha dato così in preda la fortuna.
O crocifisso giusto Nazareno,
non è nel Ciel per me difesa alcuna?
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Non è per me persona che risponda?
Che questo traditor malvagio e rio
m'uccidam’uccida, e con parole mi confonda,
nol sofferir, benigno etterno Iddio! -
E tanto sdegno nel suo core abonda
Line 828 ⟶ 823:
<span style="font-size:80%">92</span> Ma il manigoldo tuttavia punzecchia
ed or col piede, or col pugno lo picchia
quando nel volto e quando nell'orecchianell’orecchia;
e pure Astolfo meschin si rannicchia,
e tuttavolta co'co’ pie'pie’ s'apparecchias’apparecchia
di rappiccarsi a scaglione o cavicchia.
Ma con le grida la gente l'assordal’assorda;
e 'l’l manigoldo scoteva la corda;
 
<span style="font-size:80%">93</span> alcuna volta la gola gli serra:
non domandar s'eglis’egli era un nuovo Giobbe.
Un tratto gli occhi abbassava alla terra,
ed Avin suo fra la gente cognobbe:
or questo è quel dolor che 'l’l cor gli afferra;
fece le spalle pel gran duol più gobbe;
raccomandògli sopra ogn'altraogn’altra cosa
il vecchio padre e la sua cara sposa.
 
<span style="font-size:80%">94</span> Talvolta gli occhi volgeva a Parigi;
quando guardava inverso Montalbano:
non sa che 'l’l suo soccorso è in San Dionigi.
Diceva allor per dileggiarlo Gano:
- Che guardi tu? Se ne vien Malagigi?
E'E’ fia qui tosto, egli è poco lontano.
Perché con meco, Astolfo, così adiriti,
che liberar ti farà da'da’ suoi spiriti? -
 
<span style="font-size:80%">95</span> E nondimeno un'ostiaun’ostia, com'iocom’io dissi,
gli avea cucito di sua mano addosso
nella prigion, che caso non venissi
che Malagigi l'avessil’avessi riscosso,
acciò che in ogni modo quel morissi.
Diceva Astolfo: - Omè! che più non posso
risponder, traditor, quel che tu meriti
de'de’ tuoi peccati pe'pe’ tempi preteriti! -
 
<span style="font-size:80%">96</span> Gan lo schernia di nuovo con parole,
e pure al manigoldo raccennava;
e 'l’l manigoldo tira come suole.
Astolfo a poco a poco s'avvïavas’avvïava,
però che solo un tratto morir vuole,
e così finalmente s'accordavas’accordava.
E'E’ Maganzesi pur gridan dintorno
e sbuffan beffe con ischerno e scorno.
 
Line 874 ⟶ 869:
e disse: - Tempo non è da star saldo:
non senti tu quel tumulto e le gride? -
e 'l’l simigliante diceva Rinaldo:
- Io veggo il manigoldo che l'uccidel’uccide,
e già il capresto gli acconcia, il ribaldo:
non aspettiàn che gli facci più ingiuria. -
Così di San Dionigi escono a furia.
 
<span style="font-size:80%">98</span> Rinaldo punse in su'su’ fianchi Baiardo,
che non si vide mai saltar cervietto
ch'ach’a petto a questo non paressi tardo;
così faceva Orlando e Ricciardetto:
non è lïon sì presto o lïopardo;
Line 893 ⟶ 888:
vide costor che venien come un vento,
non come strale o come uccel pennuto:
furno in un tratto i lupi tra l'armentol’armento,
che quasi ignun non se n'eran’era avveduto;
ma poi ch'Orlandoch’Orlando e Rinaldo conosce,
fu posto fine a tutte le sue angosce.
 
<span style="font-size:80%">100</span> E'E’ parén proprio un nugolo di polvere;
giunse in un tratto la folgore e 'l’l tuono.
Il manigoldo si facea già assolvere
al duca Astolfo, e chiedeva perdono,
ché gli volea poi dar l'ultimol’ultimo asciolvere;
e messo avea la vita in abbandono,
e domandava di grazia che in modo
Line 913 ⟶ 908:
Avea mille vittorie già acquistate,
e domandava ora una cosa sola:
che 'l’l manigoldo acconciassi il capresto
per modo che corressi il nodo presto.
 
<span style="font-size:80%">102</span> Giunto che fu tra'tra’ Maganzesi Orlando
- Ah, popol traditor! - gridava forte;
e misse mano a Durlindana, il brando.
Line 926 ⟶ 921:
 
<span style="font-size:80%">103</span> Mai non si vide un colpo come quello,
tanto fu l'iral’ira, la rabbia e 'l’l furore.
Astolfo cadde leggier come uccello,
tanto in un tratto riprese vigore;
il manigoldo si spezza il cervello.
Gan da Pontier fuggiva, il traditore;
Avin, che 'l’l vide, drieto a lui cavalca;
ma non potieno uscir fuor della calca.
 
<span style="font-size:80%">104</span> Orlando è in mezzo di que'que’ di Maganza
e mena colpi di drieto e davante
con Durlindana, e faceva l'usanzal’usanza:
quanti ne giugne, al ciel volgon le piante.
E Ricciardetto, ch'hach’ha molta possanza,
molti n'ucciden’uccide col brando pesante.
Come un leon famelico ognun rugge.
Gan da Pontier verso Parigi fugge.
 
<span style="font-size:80%">105</span> E'E’ si vedea in un tratto sbaragliare
i Maganzesi e fuggir per paura
chi qua, chi là, pur che possa scampare.
Trasse Rinaldo un colpo per ventura:
un Maganzese morto fe'fe’ cascare,
e tolsegli il cavallo e l'armadural’armadura,
e rassettava Astolfo d'Inghilterrad’Inghilterra;
e corron tutti poi verso la terra.
 
<span style="font-size:80%">106</span> E'E’ Maganzesi innanzi si cacciavano
come il lupo suol far le pecorelle,
e questo e quello e quell'altroquell’altro tagliavano,
e braccia in terra balzano e cervelle;
fino alle mura i colpi raddoppiavano,
cacciando i brandi giù per le mascelle;
altri avén féssi insin sopra gli arcioni,
chi insino al petto, e chi insino a'a’ talloni.
 
<span style="font-size:80%">107</span> Astolfo, poi ch'ach’a caval fu montato,
tra'tra’ Maganzesi a gran furor si getta,
gridando: - Popol crudo e rinnegato,
gente bestiale, iniqua e maladetta,
Line 968 ⟶ 963:
e con la spada facea gran vendetta,
e molta avea di quella turba morta
prima ch'entratich’entrati sien drento alla porta.
 
<span style="font-size:80%">108</span> Ricciardetto era a Ganellone a'a’ fianchi
e col caval lo seguia a tutta briglia:
dunque convien che 'l’l traditore arranchi,
perché da lui non levava le ciglia.
Giunti in Parigi i baron degni e franchi,
sùbito tutto il popol si scompiglia;
e come e'e’ fu saputo tal novella,
sùbito i paladin montorno in sella.
 
<span style="font-size:80%">109</span> Carlo, sentendo come il fatto era ito,
e che in Parigi era Rinaldo e 'l’l conte,
e come Astolfo è di sua man fuggito,
con ambo man si percosse la fronte:
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che si fuggì per non veder sue onte,
e la corona si trasse di testa
e 'ndosso’ndosso si stracciò la real vesta.
 
<span style="font-size:80%">110</span> Era Rinaldo già in piazza venuto
col conte Orlando, e sollevato tutto
il popol, che d'Astolfod’Astolfo gli è incresciuto;
e disïava Carlo sia distrutto,
da poi ch'ach’a Gano avea sempre creduto
e seguitato n'eran’era amaro frutto.
Preso la piazza, al palagio corriéno,
là dove Carlo Man pigliar crediéno.
 
<span style="font-size:80%">111</span> Dicea Rinaldo: - Ignun non mi dia impaccio:
io intendo a Carlo far quel ch'èch’è dovere;
come vedete ch'ioch’io le man gli caccio
addosso, ognun da parte stia a vedere.
La prima cosa il vo'vo’ pigliar pel braccio
e levarlo di sedia da sedere;
poi la corona di testa cavargli,
Line 1 007 ⟶ 1 002:
 
<span style="font-size:80%">112</span> e mettergli una mitera a bendoni
e 'n’n sul carro d'Astolfod’Astolfo farlo andare
per tutta la città, come i ladroni;
e farlo tanto a Gano scorreggiare
che sia segnato dal capo a'a’ talloni;
e l'unol’uno e l'altrol’altro poi fare squartare,
ribaldo vecchio rimbambito e pazzo! -
Così con gran furor corse al palazzo.
 
<span style="font-size:80%">113</span> Carlo la sala aveva sgomberata,
perché e'e’ conosce Rinaldo assai bene.
Vide Rinaldo la sedia votata;
sùbito fuor del palazzo ne viene,
e per Parigi fece la cercata,
e minacciava che chi Carlo tiene
nascoso o sa dove e'e’ si sia fuggito,
gliel manifesti: se non, fia punito.
 
<span style="font-size:80%">114</span> Carlo a casa d'Orlandod’Orlando per paura
s'eras’era fuggito, inteso la novella
come Rinaldo drento era alle mura;
e nascoso l'aveal’avea Alda la bella,
che 'l’l dì venuta v'erav’era per ventura;
e triema tuttavia questa donzella
che non vi corra il popol a furore
Line 1 037 ⟶ 1 032:
e già Rinaldo si vedeva appetto,
al conte Orlando si dètte prigione.
E 'l’l conte Orlando rispose: - Io t'accettot’accetto
per far di te quel che vorrà ragione. -
Diceva Gano: - Io mi ti raccomando
che tu mi salvi almen la vita, Orlando. -
 
<span style="font-size:80%">116</span> Come e'e’ fu preso il traditor ribaldo,
ognun gridava: - Fagli quel che merta! -
Non si potea rattemperar Rinaldo,
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e come il veltro non istava saldo
quando la lepre ha veduta scoperta.
Diceva Orlando: - Aspetta d'averd’aver Carlo,
ch'ioch’io vo'vo’ in sul carro con esso mandarlo. -
 
<span style="font-size:80%">117</span> Per tutta la città tutto quel giorno
cercato fu di Carlo; e finalmente,
non si trovando, al palagio n'andornon’andorno,
e 'l’l conte Orlando è in suo luogotenente.
Alda la bella col suo viso adorno
la notte se n'andòn’andò celatamente,
ed ogni cosa diceva al suo sposo
com'ellacom’ella avea lo 'mperador’mperador nascoso.
 
<span style="font-size:80%">118</span> Orlando disse: - Fa'Fa’ che tu lo tenga
celato tanto che passi il furore;
e fa'fa’ che in modo nessun non avvenga
che nulla manchi al nostro imperadore,
acciò che ignun disagio non sostenga:
ch'eglich’egli è pur vecchio, e mio padre e signore; -
così diceva - e fa'fa’ che sia segreto. -
Vedi s'Orlandos’Orlando nostro era discreto!
 
<span style="font-size:80%">119</span> E'E’ gl'incresceagl’increscea di Carlo quanto puote,
e di Rinaldo dubitava forte,
e per pietà ne bagnava le gote,
che non gli dessi alla fine la morte,
perch'eraperch’era vecchio, e lui pur suo nipote,
e sa che guasta sarebbe la corte.
Così furno alcun giorno dimorati,
e'e’ Maganzesi morti e chi scacciati.
 
<span style="font-size:80%">120</span> Rinaldo pure Orlando ritoccava
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uccider Gan, ché così meritava,
e che dovessi a lui dar questo uficio.
Astolfo d'altrad’altra parte il domandava
di grazia, in luogo di gran beneficio,
ché di sue ingiurie far volea vendetta.
Line 1 088 ⟶ 1 083:
 
<span style="font-size:80%">121</span> e che farebbe sì crudel giustizia
di lor, ch'ognunch’ognun ne sarebbe contento.
Gan nel suo core avea molta tristizia
e dubitava di molto tormento,
come colui ch'èch’è pien d'assaid’assai malizia.
Orlando, ch'erach’era savio a compimento
e di Rinaldo conoscea l'omorel’omore,
lasciava pur raffreddarlo nel core.
 
Line 1 105 ⟶ 1 100:
è che stanotte il vidi in visïone.
 
<span style="font-size:80%">123</span> E'E’ mi pareva, a vederlo nel volto,
che fussi tutto afflitto e doloroso,
di quel color ch'èch’è l'uoml’uom quando è sepolto,
la barba e 'l’l petto tutto sanguinoso
e tutto il capo arruffato e ravvolto;
e con un atto molto disdegnoso
mi guardassi nel viso a mano a mano
un crucifisso ch'eglich’egli aveva in mano.
 
<span style="font-size:80%">124</span> Dond'ioDond’io n'hon’ho tutto questo giorno pianto:
ché, come desto fu'fu’, disparì via;
ed io temendo mi levai, e 'ntanto’ntanto
feci priego alla Vergine Maria,
al Padre, al Figlio, allo Spirito santo,
che 'nterpetrar’nterpetrar dovessi quel che sia;
e parmi aver nella mente compreso
che Carlo è morto, e Cristo abbiamo offeso.
Line 1 129 ⟶ 1 124:
ché dal Ciel lo stendardo gli fu porto,
che non fu dato al mondo mai a persona.
Temo ch'offesoch’offeso non abbiam Gesùe
pe'pe’ suoi gran merti e per le sue virtùe.
 
<span style="font-size:80%">126</span> E credo che sarebbe utile ancora
Line 1 136 ⟶ 1 131:
che chi sapessi ove Carlo dimora,
o vivo o morto, lo venga insegnando;
e come giusto imperador s'onoras’onora,
che si venissi il sepulcro ordinando;
però che 'l’l Ciel, se ha conceputo sdegno
della sua morte, mosterrà gran segno. -
 
Line 1 145 ⟶ 1 140:
e di tal caso sé molto riprende,
dicendo: - Io non pensai che così fossi! -
E nel suo cor tanta pietà s'accendes’accende
che gli occhi già son lacrimosi e rossi,
e disse: - Orlando, quel che detto m'haim’hai
mi pesa troppo, e dolgomene assai.
 
Line 1 153 ⟶ 1 148:
di questo caso seguitar dovessi;
ma dopo il fatto il penter poi non vale.
A me par verisimil s'uccidessis’uccidessi,
perché pur, sendo di stirpe reale,
arà voluto uccidersi lui stessi
più tosto ch'altrich’altri vi ponessi mano,
come d'Anibald’Anibal sai che letto abbiàno.
 
<span style="font-size:80%">129</span> Mandisi il bando, al mio parere, e tosto,
che lo riveli sanza alcun sospetto
chi l'hal’ha tenuto o tenessi nascosto;
però che di dolor mi s'apres’apre il petto,
e d'onorarlod’onorarlo, per Dio, son disposto
siccome imperador magno e perfetto;
e sempre piagnerò questo peccato,
e vo'vo’ al Sepulcro andar, come è trovato.
 
<span style="font-size:80%">130</span> E dico ch'ach’a voler bene onorallo
e'e’ si raguni tutto il concestoro,
e che si facci sùbito scultallo,
non di marmo o di bronzo, anzi sia d'orod’oro
con la corona sopra un gran cavallo
come ferno i Roman d'alcund’alcun di loro,
e lettere scolpite etterne e salde
della sua gloria e fama e pregio e lalde;
 
<span style="font-size:80%">131</span> e come il Ciel già mandassi il vessillo,
ch'èch’è stato in terra assai più avventurato
che quel ch'ach’a Roma riportò Camillo
allor che 'l’l Campidoglio era occupato. -
Orlando, come savio, alquanto udillo;
poi prestamente il bando ebbe ordinato.
E come e'e’ fu per tutto andato il bando,
Alda la bella ne venne a Orlando,
 
Line 1 199 ⟶ 1 194:
ed accusava il conte di Maganza,
dicendo: - Consigliato da quel fui. -
Quivi alcun giorno si fece l'usanzal’usanza:
ognun si scolpa de'de’ peccati sui,
come nel dir seguente dirò in versi.
Guardivi il Ciel da tutti i casi avversi.
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