Mastro Titta, il boia di Roma/Capitolo LIII: differenze tra le versioni
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Decapitato Andrea Emili quondam Giuseppe Dolfi il 2 agosto, un forzato che aveva ucciso, al Colosseo, un suo compagno di pena, mi capitò in mano per lo stesso ufficio Raffaele Vattani romano, il quale aveva uccisa sua moglie in condizioni singolarissime e meritevoli
▲Decapitato Andrea Emili quondam Giuseppe Dolfi il 2 agosto, un forzato che aveva ucciso, al Colosseo, un suo compagno di pena, mi capitò in mano per lo stesso ufficio Raffaele Vattani romano, il quale aveva uccisa sua moglie in condizioni singolarissime e meritevoli d'essere ricordate.
Raffaele Vattani aveva sposato poco più che ventenne Romilda Sangeni, una bionda ragazza sui diciotto, tutta poesia, sentimento, idealità. Appartenenti entrambi a ricche famiglie borghesi, avevano di che condurre una vita allegra e brillante. Si amavano entrambi; ma in un modo troppo dissimile, come portavano i due diversi caratteri, i due opposti temperamenti.
Romilda gracile, delicata preferiva tutto ciò che è gentile e geniale; abborriva gli scatti impetuosi, le improvvise bufere, la parte dirò così tragica della passione. Il suo affetto per Raffaele giungeva alla adorazione, ma
Raffaele, per converso, era di un temperamento che lo portava ai trasporti più violenti. Quando la foia lo investiva, non era più un uomo, ma una belva, che ruggiva
La sua salute si alterò. Fu assalita da una malattia di languore, che faceva continui ed allarmanti progressi. I medici rimproveravano a Raffaele le sue esuberanze ed egli parve chetarsi e mutar carattere tutto
La povera malata ne era rapita; dimenticava tutto quanto le aveva fatto soffrire e lo attribuiva
Si avvicinava
- Un mese ancora e non più.
- Un mese e non più! - ripeté colle labbra smunte e tremide
- Ho sete! - mormorò poi, sentendo Raffaele che ritornava nella camera.
- Ti servo subito- rispose sollecito il pietoso infermiere e si diede a prepararle una limonata.
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