Le novelle della nonna/Lo stemma sanguinoso: differenze tra le versioni
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:'''Lo stemma sanguinoso'''
La fede nelle proprie forze, rinata nei Marcucci, aveva in parte dissipato la malinconia degli ultimi giorni. Inoltre, un fatto avvenuto appunto il sabato li aveva tutti rincorati.
- La posizione per ora non è bella, - aveva detto
Era una bocca di meno al podere e un pane assicurato per la vita, e Maso fu oltremodo contento
- Dio ci assiste, - aveva detto la Regina. - Egli vede le nostre miserie e le solleva. Animo, figliuoli, e arriveremo alla fine di
Tonio era tutto lieto di diventare a un tratto un omino, e di bastare a se stesso.
- Vedrete, nonna, - diceva, - come mi farò voler bene, come imparerò. Anche noi dobbiamo rimboscare i terreni come fa il governo, così avremo del legname da vendere, e i nostri campi saranno meno esposti ai vènti ed al freddo.
Questa teoria
I cugini lo canzonavano chiamandolo già: «Signor Ispettore», e la buona Regina, che prevedeva che quello scherzo finirebbe con una baruffa, impose silenzio a tutti, dicendo:
- È
-
Quando, tante e tante centinaie di anni addietro, giunse qui in Casentino, gli fu chiesto chi fosse e come si chiamasse.
- Chi sono non deve importarvi, - rispose. - Il mio nome è Espiazione!
Figuratevi se queste risposte, date da quello strano personaggio, destarono meraviglia, tanto più che invece di andare a chiedere ospitalità nei numerosi castelli che
- Fate che il misterioso cavaliere venga a me e che io gli parli, - rispose la Badessa. - Forse allora potrò spiegarvi il perché del prodigio che narrate.
I tre contadini, Meco, Sandro e Cecco, andarono al luogo ove durante la notte avevano scôrto il cavaliere; ma non videro più fiammeggiargli la croce sul petto, né scintillare il campo
- Messere, - gli dissero alquanto impacciati, - la badessa Costanza vorrebbe parlarvi.
- Io non desidero
I contadini crederono che lo sconosciuto fosse pazzo, sentendosi dare quella risposta. Non supponevano neppure che vi fosse qualcuno sulla terra che non accondiscendesse subito a un desiderio espresso dalla badessa Costanza, e non lo considerasse come un comando. Mogi mogi se ne tornarono dunque al monastero e riferirono a parole tronche, arrossendo, la risposta di quello strano cavaliere.
- Figli miei, - disse Costanza, -
E la bella Badessa, avvolta nel suo manto di lana bianca che le scendeva in morbide pieghe attorno alla snella persona, uscì dal monastero seguìta da Meco, da Sandro e da Cecco, e con passo sicuro, inchinata reverentemente da quanti passavano, si diresse verso il sagrato della chiesa.
- Fratello, tu non puoi rimanere di notte in questo luogo; degnati, per
- Io non sono un pellegrino, madre Badessa, e il solo tetto che mi conviene è la vôlta del firmamento.
- È un tetto malsicuro; talvolta in questi paesi imperversa per più giorni la bufera e soffia il vento gelato dai monti. Tu non hai diritto di rifiutare quello che ti è offerto nel nome santissimo di Dio.
- Io ti seguirò, madre Badessa, ma col patto che nessuno mi domandi mai
- Il mistero in cui ti avvolgi sarà rispettato e tu potrai partire a tuo beneplacito. Di più ti dico che tu non devi avere verso di me nessuna gratitudine, poiché io compio verso di te un dovere e non esercito
Dopo aver avuto questa promessa, il cavaliere nero si alzò e disse:
- Madre Badessa, il mio nome è Espiazione, e così desidero di esser chiamato.
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Meco, Sandro e Cecco avevano assistito a questo dialogo senza fiatare, ma quando videro che il cavaliere, dopo essersi alzato, andava avanti alla monaca, spinti dal sentimento del rispetto che avevano per lei, fecero un movimento per trattenerlo e lasciarla passar prima; ma ella lo impedì e disse:
- Figli miei, lasciate che Espiazione mi preceda; chi porta quel nome deve poter correre il mondo liberamente.
Il padre forestale fece boccuccia vedendo
La prima giornata passò senza incidenti, ma quando giunse la notte il forestale fu svegliato da un gran rumore. Si mise in orecchio, e sentì che quel rumore partiva dalla camera dello sconosciuto.
- San Romualdo benedetto! - esclamò, - me
E presa con una mano la lanterna e con
- Fratello, - gridò attraverso
- Io non faccio nulla; - rispose lo sconosciuto, - ma tutto si muove appena io mi corico nel letto.
Il forestale mise
Il padre forestale non volle vedere altro e corse a precipizio a rinchiudersi nella sua cella, pregando tutti i santi del Paradiso di liberarlo di
Nel rimanente della notte egli non riuscì a chiuder occhio, e la mattina dopo andò a bussare al monastero e disse che doveva parlare alla madre Badessa. Questa lo ricevé in sagrestia, e subito gli domandò del forestiero.
- Madre, - rispose il forestale, -
- Queste parole non vorrei udirle in bocca tua, - replicò la monaca.
- Ma se voi foste stata in foresteria, stanotte, direste come me, madre Badessa.
- Tu vaneggi certo. Stasera, accompagnata da una conversa, mi apposterò
La Badessa fece cenno al forestale di uscire, ed egli, nel ritornare alla casa che abitava, e che era appunto separata dal monastero mediante
- È peggio di san Tommaso la nostra Badessa: ma stanotte vedrà!
Quando il forestale tornò nella casa in cui abitava, andò di nuovo a spiare dal buco della chiave quel che faceva Espiazione, e lo vide disteso sul letto e addormentato.
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- Che vuoi? - gli domandò il forestale.
- Voglio che tu mi aiuti a togliere tutti i mobili dalla camera.
- Non posso, - rispose
Il forestale pensava che se avesse tolto i mobili, la Badessa non avrebbe udito rumore, ed egli si sarebbe sentito tacciar di bugiardo.
- Dunque non vuoi levare le suppellettili di camera mia? - domandò Espiazione.
- No, no, e poi no!
- Ma tu non hai pietà di me! - esclamò. - Non hai inteso che musica la notte scorsa? Se tu non le togli, le butto io dalla finestra o ritorno a dormir sul sagrato delle chiese.
A questa minaccia il padre forestale fece un salto, chiuse
E noi torniamo un passo addietro e vediamo perché lo stemma del cavaliere mandava fiamme la notte.
Per saperlo, ci convien uscir di Casentino e andare in un castello costruito fra le macchie della Maremma, nel castello di Bolgheri, di proprietà dei conti della Gherardesca.
In quel castello era nato e cresciuto Adalberto, il misterioso cavaliere. Egli aveva un fratello maggiore per nome Valdifredo, bello e forte della persona, il quale stava per condurre in moglie la bella Olimpia, unica figlia del conte Donoratico. Adalberto vedeva con segreta invidia questo matrimonio. I grandi occhi di Olimpia gli avevano ferito il cuore, ed egli non poteva tollerare che quella bella fanciulla divenisse moglie del fratello, al quale, inoltre, spettavano i feudi paterni.
Le nozze dovevano celebrarsi in breve, e già il castello di Bolgheri era pieno di parenti, giunti da Pisa, per assistere alla cerimonia, quando un giorno Adalberto, per non veder nessuno, se ne andò a cavallo sulla sponda del mare. Il litorale di Maremma, in
Adalberto lo sapeva, ma, noncurante della vita
- Sei nostro prigioniero, - gli dissero.
Un pensiero malvagio traversò la mente di Adalberto.
- Prendetemi pure, non mi oppongo; ma io non ho ricchezze in dosso.
- Non importa, sei un cristiano.
- Un momento.
E nel dir questo balzò di sella e, lasciato il cavallo in balìa di due barbareschi, seguì gli altri nel fitto bosco. Essi lo condussero a una grotta, scavata probabilmente dal mare nella sabbia.
La grotta era guardata da una specie di gigante, armato fino ai denti, che gli dette uno spintone per cacciarlo dentro. Nella grotta poi vi era un uomo mollemente disteso su tappeti orientali; le pareti sparivano sotto le stoffe e le armi damaschinate, e dinanzi a lui, sopra un desco, era apparecchiato un lauto pranzo.
- Signore, - dissero i barbareschi al loro capo, - qui
- Esponi ciò che hai da dirmi, - ordinò il capo ad Adalberto, - e sii breve.
- Vorrei che tu solo ascoltassi le mie parole, - rispose Adalberto.
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- Ma tu potresti frattanto tradirci, come ora tradisci i tuoi, - rispose il capo dei barbareschi. - Perciò io ti tengo in ostaggio. Appena compiuto il colpo tu sarai riposto in libertà.
Adalberto fu turbato da quella risoluzione del capo, ma dovette rimanere nella grotta.
Già sentiva cocente il rimorso della sua mala azione, e più volte, mentre il capo dei barbareschi dormiva sul soffice letto di tappeti orientali, Adalberto ebbe la tentazione
Quando poi spuntò il terzo giorno, e Adalberto vide partire il capo e i suoi per
Ma le catene erano fissate ad un anello murato alla parete, e
Quello che soffrì il traditore in quelle ore
Adalberto avrebbe voluto che la grotta precipitasse e la terra si sprofondasse per inghiottirlo.
Egli non poteva sopportare la vista di quella sposa, adorna ancora degli abiti nuziali, e tanto meno avrebbe potuto tollerare il bello sguardo di lei se ella si fosse riavuta. La fanciulla fu adagiata sui tappeti orientali e il capo stesso le spruzzò il volto
In questo frattempo, Olimpia aveva riaperto gli occhi e, scorgendo il cognato, lo aveva fissato. Poi, leggendogli in volto il rimorso, esclamò:
- Che tu sia maledetto, traditore del sangue tuo!
E, veloce come il lampo, aveva afferrato il pugnale che il capo teneva infilato nella cintura e se
Un grido del capo
Era ancora notte quando Adalberto riprese la fuga. Egli errò per molti mesi nei boschi, su per i monti, sempre inseguìto da quello spettro, sempre dilaniato dal rimorso, senza mai poter posare la testa sopra un sasso, senza che quel sasso non prendesse a ballare una ridda
Peregrinando sempre, incalzato dal ricordo della sua colpa, giunse in Casentino; ma non aveva mai, in mezzo a tanta desolazione, provato il desiderio di confessare i suoi falli; accanto al rimorso non aveva mai veduto sorgere il pentimento.
Le sue notti erano meno angosciose quando le passava sul sagrato delle chiese, col capo posato sulla nuda terra; allora nulla si moveva intorno a lui, e talvolta riusciva a prender sonno.
Quella giornata che egli passò rinchiuso nella camera della foresteria del monastero di cui era badessa Costanza, fu per lui angosciosa come le altre, e quando vide avvicinarsi la sera, si diede a chiamare a gola aperta il forestale, supplicandolo di avere pietà di lui e di aprirgli.
Intanto Costanza, che aveva capito che solamente il rimorso di un truce fatto poteva spingere, ramingo, Espiazione, aveva adunate le sue monache in coro e aveva raccomandato loro di pregare per
Venuta la sera, quando tutti i lumi erano già spenti nelle celle, la Badessa, seguìta da una conversa, era andata
Mentre pregava, ella aveva veduto salire da quelle finestre delle lingue di fuoco e aveva udito nella stanza un rumore indiavolato coperto dalle grida del cavaliere.
- Pèntiti! -
- Oh! se lo potessi! - rispondeva Espiazione.
- Devi volere! - lo esortava la monaca, e intanto riprendeva la preghiera a voce alta.
A un tratto nel cielo scuro comparve una nuvoletta bianca, e scese, scese, finché non si fermò dinanzi alla finestra del traditore. Un urlo più forte degli altri gli uscì allora dal petto.
- Son pentito! - gridò, - e una vita intera di penitenza non basterà a lavare la mia colpa. Siete voi, Madonna santissima, che avete avuto pietà di me.
La nuvoletta bianca si era diradata e lasciava vedere
La monaca pregava sempre a voce alta
A giorno, il cavaliere si fece aprire, e, dal forestale, fu guidato a un confessionario dove un pio monaco attendeva i penitenti. Egli fece ampia confessione
Commosso dal miracolo avvenuto per le preghiere della pia badessa Costanza, egli volle ringraziarla, e come voto appese accanto
- Ormai, se voglio salvarmi, debbo tollerare tutti
La badessa Costanza promise di accompagnare il cavaliere con le sue preci, ed Espiazione uscì dal monastero per riprendere il suo pellegrinaggio. Appena fu sulla piazza del paese, si imbatté in una comitiva di signori che andavano a caccia.
Il primo di essi, che pareva il capo, fermò il suo cavallo di fronte
- Vedete, signori, quel brutto ceffo? Anche se non portasse il suo misfatto scritto in petto, la grinta lo denunzierebbe per traditore. Fatti da parte, fellone, e sgombra le vie maestre; i traditori non trovano terra in Casentino!
Fremé, Espiazione, sentendosi insultato, e la mano corse alla cintura
Espiazione avrebbe volentieri abbandonato la via maestra per rifugiarsi nei boschi ove sarebbe sfuggito agli insulti; ma una voce che gli parlava continuamente al cuore, gli diceva:
- Rammentati che per meritare il perdono devi molto, molto soffrire.
Ed egli, ubbidendo a quella voce, cercava
Naturalmente nessuno voleva ricoverarlo, e le guardie lo respingevano con insulti e con percosse.
- Dio ve ne renda merito! - rispondeva per solito Espiazione.
Un giorno giunse a Bibbiena. Il popolo, che non sapeva leggere, lo guardava con una specie di meraviglia e di terrore, ma non capiva quello che portava scritto in petto, Espiazione, che voleva far palese il suo delitto, andò a bussare in casa Dovizi, che era la più sontuosa e magnifica della città, e chiese di parlare al signore. I servi cercavano di respingerlo, ma egli si sedé su un muricciolo accanto al portone, aspettando che il padrone uscisse, e allorché lo vide, gli disse:
- Signore, io ti chiedo
Il signore lo fissò e gli rispose:
- Non ospito traditori, ma sono cristiano e non nego un tozzo di pane a chi me lo chiede.
E, rientrato in casa, fece gettare dai suoi servi una pagnotta
- Iddio ve ne renda merito! - rispondeva Espiazione. - Di tutto il male che mi farete, io vi renderò sempre grazie, poiché mi spiana la via del Cielo.
Il popolo si divertiva a sentirsi ringraziare, e siccome ha istinti feroci, rincarava la dose. Ora non tirava più soltanto
- Iddio ve ne renda merito!
Egli sorrideva in mezzo ai suoi carnefici, perché udiva la dolce voce, che gli parlava al cuore, ripetere:
- Hai molto, molto sofferto; coraggio, il momento del perdono è vicino.
Quel baccano chiamò alla finestra la signora del palazzo, la bella e pietosa madonna Chiara Dovizi. Vedendo un uomo disteso in terra e grondante sangue, preso a bersaglio dal popolo, ella ordinò ai servi di raccoglierlo e di portarlo in una camera, sopra un letto, e con le sue stesse mani lavò il sangue delle ferite.
Ma Espiazione era giunto
Madonna Chiara, che per volere del morente aveva udito la sua ultima confessione, fece dare al cavaliere della Gherardesca onorata sepoltura nella chiesa di San Francesco, e sopra un mausoleo di marmo fece scolpire lo stemma gentilizio della potente famiglia pisana e il nome che il cavaliere aveva scelto: Espiazione. La badessa Costanza, informata della morte del pentito, scrisse alla famiglia di lui e rimandò a Bolgheri la spada e il pugnale
- E qui è finita la novella dello stemma sanguinoso, - disse Regina rivolta ai suoi.
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- Ed ora siete contenti?
- Sì, sì, nonna, contentissimi, e vi promettiamo che domenica saremo meno curiosi.
- Peccato che Tonio e
- Che bel pasticcio ne farai! - risposero gli altri. - Pretenderesti forse di saper raccontar come la nonna?
Il bimbo, umiliato da quella risposta, arrossì e stava per fare i lucciconi; ma la Vezzosa seppe consolarlo promettendogli che presto sarebbe venuto un bel bimbo, col quale egli si sarebbe potuto divertire; e di quel bimbo disse tante cose carine, che Gigino badava a ripeterle:
- Zia, digli che si sbrighi a venire; io mi annoio solo; gli altri sono tutti grandi.
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