Le novelle della nonna/La fidanzata dello scheletro: differenze tra le versioni
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:'''La fidanzata dello scheletro'''
Maso aveva mantenuto la promessa, e la mattina del lunedì aveva chiesto in moglie Vezzosa per Cecco.
- Lo sapete che io non vi posso dar nulla di dote? - disse il padre della ragazza al capoccia dei Marcucci.
- Lo so, - rispose il contadino a denti stretti, - e in casa non ce la volevamo una donna che non portasse nulla; ma Cecco
- Dunque la mia figliuola ce la prendete per forza?
- Non dico questo, - rispose Maso, - ma se avesse avuto qualche cosa, sarebbe stato meglio; tutte le nostre donne hanno portato un
- Domani vi darò una risposta, - disse Momo.
I due contadini si separarono; Momo salì dalla figliuola, che era sempre a letto.
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- Almeno quando non ci sarò più io per volergli bene, ci sarai tu, ed egli potrà consolarsi con te della mia mancanza, - diceva la vecchia.
La domenica, Vezzosa, che non era più malata, ma bianca e rossa come un fiore, fu invitata a desinare a casa Marcucci, e le dettero a tavola il posto accanto a Cecco, che doveva occupare in seguito, quando sarebbe stata la moglie di lui .
Maso aveva invitato anche il resto della famiglia di Vezzosa, ma la matrigna, che era in furore per non averla potuta accasare a modo suo, non volle accettare, e così convenne anche a Momo di stare a casa sua. Non fu un desinare, ma un pranzo in tutta regola, quello che i Marcucci offrirono a Vezzosa. Cappone lesso, un buon fritto, tordi arrosto, ammazzati da Cecco, cenci dolci e vin buono. E di questo pranzo non godé soltanto Vezzosa, ma anche il pievano e due amici di Cecco, che erano stati soldati con lui e si erano recati da Bibbiena al podere di Farneta, dietro invito dello sposo. Vezzosa non
-
Ed era vero. Vezzosa non si abbassava nel prestare umili servigi. Aveva un certo fare che nobilitava ogni opera delle mani, e una destrezza che già le future cognate le invidiavano. Quando la cucina fu tutta in ordine, ella andò a sedersi accanto a Regina, e le disse sorridendole:
- Mamma, aspettiamo la novella!
La vecchia la guardò con compiacenza e prese a dire:
-
Dovete sapere che da anni e anni a Bibbiena
Ora avvenne che Amabile, la bella fra le belle di Bibbiena, si trovasse sulla Piazzolina quando fu incendiato il Pomo Bello. Ella era accompagnata dal padre, che, essendo uomo faceto, cantava a squarciagola: e le ronzava intorno Bindo, un altro tessitore, che era tanto innamorato di lei che pareva lo avesse stregato. Amabile, che era vana e ambiziosa, lo teneva a bada, ma non gli dava troppe speranze, perché il giovanotto non aveva terre al sole.
<poem>
La Brunettina mia,
La si bagna la fronte,
Il viso e il petto.
Un bianco guarnellino,
E pel dí delle feste,
Quello adopra.
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La voce del giovane si faceva specialmente forte per cantare gli ultimi quattro versi, che sono questi:
<poem>
Fra suoni e canti,
Io mi vedrei davanti,
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Amabile, cui non era sfuggita la cortesia del giovine signore, capì che era lui che cantava, e disse fra sé:
- Bindo non mi avrà certo; di qui a poco, sarò la moglie del bel cavaliere.
Il dì appresso ella stava filando
Ella rispose al saluto, e con belle maniere lo invitò a fermarsi per scambiare alcune parole.
Desiderio accondiscese, e da quel giorno non cessò di passare dalla casa di Amabile, finché le due chiacchiere diventarono lunghi discorsi. A farla breve, egli, che era sempre più consumato dalla fiamma
Amabile era al colmo della felicità, perché aveva sempre bramato di crescere di grado e di vestire abiti di drappo, come aveva veduto portare alle signore del castello di Bibbiena.
Ma intanto che i due giovani parlavano del loro avvenire, il fratello maggiore di Desiderio, cui non era sfuggita la passione del giovane per la bella fra le belle, gli ordinò di tornarsene a Pisa agli studî.
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Amabile pianse in sulle prime, ma il timore di guastarsi i begli occhi, che tutti decantavano, la fece smettere, e, ripreso il fuso, tornò sulla porta a cantare per svagarsi.
I giovinotti, che si erano allontanati per lasciare il campo libero a messer Desiderio, appena lo videro partire ricominciarono a ronzare intorno ad Amabile, la quale li trattava gentilmente, e alle loro parole melate rispondeva senza scoraggiarli, come sogliono far le ragazze che desiderano di sentirsi sempre adulare.
Intanto messer Desiderio non
Un giorno ella era andata a merenda a Fonte Chiara da una sua comare, e verso sera se ne tornava a Bibbiena, quando le si accostò un cavaliere montato sopra un bellissimo cavallo morello:
- Che cosa desiderate, signor cavaliere? - domandò Amabile alzando su di lui i bellissimi occhi.
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Amabile fece una risata.
- Voi non sapete certo che io sono promessa sposa, e che non posso accettare neppure un fiore da altri che dal mio sposo.
Il cavaliere non rispose, ma balzato di sella infilò il braccio nella briglia e si mise a camminare accanto ad Amabile, sussurrandole
- Se la bella fra le belle non vuole accettare una rosa, posso offrirle un bel fiore
- Anche il mio sposo è ricco e non mi ricuserebbe nulla, - rispose Amabile.
- Oltre
- Non vi ascolto, - rispose Amabile turbata. Così doveva parlare il serpente alla nostra prima madre.
Fecero un altro pezzo di strada e il cavaliere disse:
- Fin qui ho parlato alla bella fra le belle soltanto dei beni ereditati da mio padre e da mia madre; ma ho ancora dei boschi immensi lasciatimi da mio zio, e se il fiore
Questa volta Amabile rispose:
- Tacete, messer lo cavaliere, voi volete la mia dannazione.
Ma lo sconosciuto continuò a parlare a voce bassa di ciò che voleva offrire alla bella fra le belle. Prima di tutto abiti più ricchi di quelli di una regina e un palazzo degno di un re di corona.
Amabile non poté resistere a siffatte tentazioni. Ella si tolse di dito
Allora ella ebbe paura e disse allo sconosciuto:
- Signor cavaliere, è tanto che camminiamo e non vedo dinanzi a me altro che una spianata, che somiglia a un camposanto.
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- Misericordia!
Allora il morto le disse:
- Non urlare: son Desiderio, lo sposo tuo. Tornavo per celebrare le nozze e sono stato aggredito da due ladroni, i quali, dopo avermi spogliato, mi hanno messo questa corda al collo e mi hanno gettato in questa cava. Il mio cadavere marciva sopra a terra, quando Gesù
Ciò dicendo lo scheletro legò la corda attorno al collo della ragazza con un nodo così forte che nessuno avrebbe potuto sciogliere; e si coricò sulla terra umida.
Amabile passò tutta la notte a pregare la Madonna, che non la udiva.
Verso
Era un topolino che stava fermo a guardarla. Nel medesimo tempo apparve qualche cosa di nero sopra la casa, e un corvo bigio andò a posarsi sopra una pietra.
Il corvo e il topo erano due Maghi, che andavano in quel luogo a pascersi di cadaveri.
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- Non è difficile; basta che il topo roda la corda che mi tien legata al cadavere, e che il corvo mi porti fuori da questa caverna.
- Che cosa ci daresti se ti si contentasse? - domandarono i due Maghi.
- Supplicherei mio padre di tesservi un
I Maghi si misero a ridere.
- Una camicia di finissimo lino.
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- No, - disse il topo, - non ho bisogno di vestiti né di biancheria; ma voglio due ali per volare.
- Ed io, - continuò il corvo, - voglio quattro piedi per camminare.
- Se domani non ci dài quello che chiediamo,
Quelle condizioni parvero abbastanza dure a Amabile; ma accettò tutto, piuttosto che restare in quella caverna legata allo scheletro.
I Maghi le fecero le fecero fare un giuramento sulla crocellina
Amabile corse subito a picchiare
Appena fu giorno, Amabile andò al convento, accompagnata dal suo babbo e in confessione raccontò tutto a
- Figlia mia, tu hai giurato sulla croce e nessuno ti può prosciogliere dal giuramento; ti conviene fare quanto hai promesso.
- Dio mio, sarò dannata! - esclamò Amabile.
- Stammi a sentire, - replicò il Frate, - e fa quanto ti ordino.
La ragazza promise di non dimenticar nulla.
- Prenderai prima un coltello che non abbia mai toccato carne; andrai lungo le siepi ascoltando il soffio del vento
Amabile fece come le aveva ordinato il Frate e, trovata
Fino a sera
- Sono pronte le ali? - domandò in tono di scherno.
- Non ancora, - rispose Amabile, - ma presto sì.
- Sbrigati, sbrigati, - replicò il Mago, - ho furia, e domani sera devo essere a Firenze per certi affari miei.
- Riposatevi un momento, - rispose la ragazza, - e vi contento subito.
Il topo, che si sentiva volentieri trattato come persona di riguardo, si sedé
Dopo qualche momento comparve il corvo, e domandò:
- Ebbene, carina, dove sono i miei quattro piedi?
- Ahimè non ho potuto trovarli, neppure pagandoli a peso
- Ne ero sicuro, - disse il Mago sghignazzando. - Ora dunque mi spetta metà della tua animaccia, e la voglio fra poco.
- Concedetemi un
- Come mai? - domandò il corvo.
- Ho acchiappato un topo con la trappola e
Il corvo lo guardò.
- È un bocconcino ghiotto e lo accetto, a condizione di non rinunziare ai miei diritti.
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Il corvo non si fece pregare: chiappò il topo per la collottola e giù in un boccone.
Ma quello, svegliandosi, si mise a gridare e a dimenarsi tanto forte che con le quattro zampe forò lo stomaco del ghiottone.
Allora comparve
- Via, razza nata dal Diavolo! Questa ragazza non vi appartiene più perché ha adempiuto la sua promessa. A te, topo, ha dato le ali, perché oramai sei una cosa sola col corvo; a te, corvo, ha dato le quattro zampe che volevi. Andate dunque, e restate così come avete voluto essere, fino al giorno del Giudizio.
I due Maghi, scorbacchiati, se ne andarono, ma non per questo la ragazza fu salva.
Il grande spavento che aveva avuto nella caverna la fece ammalare, e presto presto si ridusse al lumicino. Il tessitore si rodeva le mani dal dispiacere.
Avere una figliuola così bella, la bella fra le belle, e vedersela morire nel fiore degli anni!
Il padre mandò a chiamare un forestiero che curava
Mandò a chiamare
E infatti non guarì. Di giorno era un
- Spergiura! Spergiura! - le diceva, e con le mani scheletrite le cingeva il collo, e con le guance ghiacciate toccava il viso infocato di Amabile.
La malata urlava, si dibatteva tutta la notte, e ogni momento faceva atto di gettarsi giù dal letto; ma lo scheletro la tratteneva con le lunghe braccia,
Amabile lo vedeva e lo sentiva, ma il padre, che
Una sera Amabile morì. Le donne del vicinato la vestirono dei suoi abiti più belli, accesero molti ceri attorno al cadavere e le misero una croce fra le mani. Prima esse pregarono per
Quando si destarono
Figuriamoci lo spavento del padre e delle donne! Chi diceva che i ladri lo avevano rubato per spogliarlo degli abiti! Chi diceva che il Diavolo se
Figuriamoci se il padre cercò il cadavere della sua Amabile per fargli dare onorata sepoltura! Si mise alla testa di una comitiva di amici, e frugò per le macchie, per i burroni; tutto fu inutile. Allora fece fare delle novene; ma sì, il corpo
Il corvo e il topo, che ormai formavano una sola persona, perfida per cento, appena che furono burlati a quel modo da Amabile pensarono di vendicarsi atrocemente di lei, e, aspettato il sabato notte, si recarono a un luogo dove sapevano
- Che cosa posso fare per compiacervi, figli diletti? - domandò Satanasso quando ebbe udita tutta la narrazione.
- Noi vorremmo un piccolo favore soltanto, - rispose il corvo che era molto loquace e parlava anche per il compagno. - Vorremmo cioè che ogni notte lo scheletro di messer Desiderio si destasse dal sonno della morte e andasse a tormentare Amabile.
- Compare, - disse il topo, che vinceva in perfidia il corvo, - non ti pare che sarebbe meglio ottenere che tanto Desiderio quanto Amabile tornassero in vita per alcune ore; così il tradito continuerebbe a tormentare la spergiura?
- Bravo! - esclamò il corvo.
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- Ora, - disse il topo, - voliamo pur via e andiamo a godere dello spettacolo di Amabile alle prese con lo scheletro. Quella vista ci farà buon sangue,
Infatti il corvo, nelle notti della malattia di Amabile, non si mosse più di sul davanzale della finestra, e quando la ragazza fu morta volò dietro allo scheletro, che se la portava nella sua caverna umida.
Nel destarsi in quel luogo
- Perfida fra le perfide, ora non
- Né che ti prenda sulle proprie ali per cavarti di qui, - aggiunse il corvo.
- Sposa mia, sei diventata tanto brutta che mi fai orrore; - le diceva lo scheletro, - ma posa la testa più qua, affinché mi serva da guanciale.
E allora lo scheletro posava il teschio sul viso di Amabile e la copriva
- Spergiura!... Vile!... Anima nera!... Strega!...
Questa scena si ripeteva ogni notte, e il corvo e il topo non la perdevano mai; venivano da lontano per assistervi, e a tutti e due pareva di andare a nozze.
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E qui la novella è finita.
- Mamma, - disse Cecco, - non so perché stasera ci abbiate raccontato questa novella che mette i brividi. Pare che
La ragazza rise di cuore mettendo in mostra i bellissimi denti, e fu lei che rispose:
- No, la mamma non
- E che ne sai tu di Dante? - le domandò Cecco.
- Poco o nulla.
- Non sai che cosa è avvenuto di quella cugina di tuo padre, che sapeva a mente i canti di Dante? - domandò la Regina alla sua futura nuora.
- Ho sentito dire che era morta, - rispose la ragazza.
- Morta sì, ma prima di scender nella fossa aveva fatto una tappa al manicomio. La povera Rosa
Maso fece osservare alla Vezzosa che era tardi e occorreva interrompere la veglia. La ragazza salutò tutti, prese in collo i bambini per baciarli, e avanti
Maso la riaccompagnò fino a casa, insieme con Cecco. Sulla porta
- Dovevi farti aspettar
Cecco sussurrò a Vezzosa:
- Coraggio, ce
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