Le novelle della nonna/La campana d'oro fino: differenze tra le versioni
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:'''La campana d'oro fino'''▼
Quella domenica, mentre tutti i Marcucci aspettavano, seduti sull'aia, che la Regina narrasse la novella, Vezzosa si mostrava inquieta e spiava sempre la via maestra come se attendesse qualcuno. E infatti ella attendeva Cecco, partito verso le undici per Pratovecchio, insieme con una comitiva d'amici, per festeggiare la copertura di una fabbrica di uno di loro. Vezzosa aveva fatto un po' il broncio quando erano venuti a prendere il suo Cecco, e lo avrebbe volentieri trattenuto, ma la Carola aveva detto:▼
▲Quella domenica, mentre tutti i Marcucci aspettavano, seduti
- Non te lo mangiano mica!
Ed ella, per non farsi biasimare dalla cognata, lo aveva lasciato andare.
Era la prima volta, dacché erano stati sposi, che Cecco si allontanava senza di lei dal podere di Farneta, ed ella ne soffriva come se si fosse trattato di un lungo distacco.
A desinare non aveva mangiato nulla e non aveva parlato mai, sempre col pensiero rivolto
Vezzosa era immersa in questo doloroso pensiero e la Regina le leggeva nel cuore, desiderando
-
Il giullare, dunque, vedendosi privato del suo cavallo, chiese un compenso al conte di Porciano, il quale gli diede una borsa piena
<poem>
A Porciano, in Casentino,
Tra una fonte ed uno spino,
Si trova una campana
Che vale quanto tutto il Casentino.
</poem>
- È sempre bene a sapersi; - diceva Banfio, - ora partirò, ma potrei anche tornare a cercare questo gran tesoro.
E partì, infatti, dopo essersi comprato un altro cavallo e averlo bardato con brandelli di panno rosso, penne e sonagli, per modo che si vedesse e si udisse da lontano.
In quel tempo il Duca risiedeva a Gubbio, e fu verso quella città che si diresse il buffone.
Come fosse ricevuto non so, ma devo ritenere che le cose non gli andassero tanto bene, perché cinque anni dopo, quando già il conte Gentile aveva ereditato il feudo del nonno, Banfio ricomparve in Casentino, non più a cavallo, ma a piedi, e in pessimo arnese, proprio come un gallo cui siano state levate le penne maestre. Anche
Egli si recò a Porciano, e saputo che la profezia del suo balzano
Infatti Gentile lo ricevé con molta cortesia appena fu giunto, e gli disse di trattenersi quanto voleva presso di lui e di non crucciarsi di nulla.
Così, dopo la prima sera passata a divertire il conte Gentile e la nobile consorte di lui, Banfio pensò che era tempo di lavorare sul serio.
Questo lavoro, secondo lui, consisteva
Andò dunque a trovare un vecchio Romito, che si diceva avesse più di cento anni, e viveva fra mezzo ai boschi dalla parte di Montemignaio. Alcuni tenevano quel vecchio in conto di stregone e assicuravano che in casa sua si davan convegno, la notte del sabato, le streghe.
- Mi sapresti dire, - gli domandò Banfio, - dove siano quella tal fonte e quel tale spino fra i quali si trova la campana
- Se lo sapessi, a
- Non è una ragione, - replicò Banfio. - Forse per trovar la campana bisognerà faticare, e tu non hai forza; mentre io ne ho ancora. Se tu
- Non posso indicarti nulla perché non lo so; ma lo domanderò alle mie sorelle, che son più vecchie di me, e forse loro lo sapranno.
Banfio sgranò tanto
- E se le interrogassi io, quelle tue venerande sorelle? Io ho una certa maniera per far ciarlare le donne, proprio tutta mia.
- Prova, - rispose il vecchio, - tanto più che Oliva, che è la maggiore, si lascia facilmente intenerire dalle paroline dolci. Se gliele dico io, non le fanno effetto,
Banfio gongolava, e già gli pareva di avere davanti agli occhi il misterioso tesoro di cui tutti parlavano senza averlo visto, quando il Romito gli disse a bruciapelo:
- Conosco bene Oliva! se vuoi renderla dolce come il miele, le devi fare una promessa.
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- Sì.
- E io me la dovrei sposare, con tutti quegli anni e quei malanni addosso?
- Faresti un affare
Banfio andò via un
- Non sarà mica noto solo alla strega il nascondiglio della campana di oro fino. Ci son tanti vecchi in questo paese!
E ripreso coraggio andò a trovare una donnina tutta curva, che camminava a malapena su due bastoni, ma che era tutta pepe.
- Il posto te lo indico subito, - rispose la vecchia. - La fonte che tu cerchi è a settemila passi dal noce, che cresce sotto la torre a tramontana del castello di Porciano. Ti avverto però che non
Banfio stette a sentire quello che gli diceva la vecchia, ma siccome di Oliva non ne voleva sapere affatto, si consolò pensando che dal momento che sapeva il luogo, a spaccare il macigno ci sarebbe riuscito senza
Senza più indugiare, Banfio cercò il noce, e poi, fattosi dare un gomitolo per non deviare né a destra né a sinistra, incominciò a sdipanarlo camminando e contando. Ma siccome egli non aveva molta memoria, ogni tanto saltava a pié pari qualche decina, oppure contava doppia qualche centinaia, e così rifaceva il gomitolo e ricominciava da capo.
Pare impossibile, ma gli ci vollero otto giorni prima di aver contato settemila passi; e quando li ebbe contati si trovò in un punto dove non
- Quella vecchia era rimbambita e chissà quante sciocchezze mi ha dette! - esclamò Banfio. - Andiamo a interrogare qualche persona che abbia il cervello più al posto.
Ma i giorni passavano, per il buffone, in gite, in palpiti, in ansietà, e
- Banfio mio, se tu mi sposassi, io ti farei
Finché Oliva gli parlava in sogno del tesoro, Banfio
Banfio
- Ebbene, - disse un sabato, - anderò stanotte da Oliva. In fin dei conti, ella può essere meno brutta di quanto mi figuro. Per ora la cosa principale è di diventare ricco e di potermi rivoltolar
Presa che ebbe questa determinazione, non gli pareva vero che suonasse la mezzanotte per andar a bussare alla casuccia del Romito, fra i boschi, verso Montemignaio.
A mezzanotte precisa era davanti
- Chi sei? che vuoi?
- Sono Banfio e voglio Oliva.
- Potresti dire la bella Oliva, screanzato! - esclamò una voce stridula.
- Sono Banfio e voglio la bella Oliva, - disse il giullare.
Allora
- Perché non entri? - gli disse il Romito.
Banfio non rispondeva e teneva gli occhi fissi sopra un gruppo formato da tre vecchie. Due di esse, vestite modestamente, stavano sedute sotto la cappa del camino a scaldarsi; la terza, tutta in ghingheri, gli veniva incontro e gli sorrideva con la bocca sdentata. In costei Banfio riconobbe subito
- Da molti sabati ti aspettavo, Banfio, - disse la vecchia stendendogli la mano. - Perché non sei venuto prima, dolce amor mio?
Banfio non sapeva più in che mondo si fosse, e aveva una voglia matta di stritolare quella brutta strega e di fuggir lontano; ma ella seppe trattenerlo, dicendogli:
- Vuoi venir subito a veder la campana
- Andiamo! - rispose il giullare.
- È una parola! La via è aspra e lunga, e io non sono assuefatta a calpestare sassi e steppi; prendimi nelle tue braccia amorose e portami dove io
Banfio
Però, appena ebbe fra le braccia quel mucchio
- Ho le membra delicate, amor mio; - disse Oliva, - e tu devi portarmi gentilmente, senza farmi male.
Quel mucchio
Giunto colà, egli aprì le braccia e lasciò cascar di botto Oliva
- Piano, amor mio; noi donne abbiamo le membra fragili e bisogna trattarci come fiorellini delicati.
- Bel fiorellino! - esclamò Banfio tutto arrabbiato. - Tu mi canzoni, strega. Qui
-
Era un lume di luna così bello che pareva
- Qui non
- Smuovi la pietra che impedisce
- Ma io sono stanco, - osservò il giullare. - Non ho mai lavorato la terra prima
- Prima
Se non fosse stato il desiderio della ricchezza, il giullare sarebbe scappato via, sì poco gli sorrideva
- E lo spino
- Sollevami ancora nelle tue braccia amorose e te lo indicherò, - disse Oliva.
Il buffone dovette obbedire, e la vecchia lo guidò alla estremità opposta del prato, dove, col bastone, gli ammiccò che da quel lato cresceva una siepe di spini.
- E la famosa campana,
- Vedi, - rispose la vecchia, - tutto lo spazio che corre fra la fonte e la siepe?
- Lo vedo.
- Quanto calcoli che sia?
- Quattrocento passi almeno.
- Ebbene, la campana
Gli occhi di Banfio brillavano di cupidigia e, dimenticando quello che gli era stato detto, si buttò in terra e si mise a scavare con le mani. Scava, scava, trovò il macigno. Allora fece una buca, a qualche distanza dalla prima, e lì pure sentì dopo poco sotto le unghie un masso di durissima pietra.
La vecchia stava accanto a lui e rideva.
- Amor mio caro, senza la sega che io sola possiedo e che per cento anni ho unta ogni giorno col grasso di topo, tu non riuscirai a intaccare codesto macigno.
- Dammi subito quella sega! - disse Banfio accecato dalla brama di possedere quel tesoro.
- Ho giurato di non darla altro che allo sposo mio, - replicò la vecchia bavosa. - Se vuoi,
- E sia! - esclamò Banfio.
- Ora, sposo mio diletto, ricopri la fonte e riconducimi dal fratel mio, - disse Oliva.
Quando furono a casa del Romito, la vecchia, con mille leziosaggini, annunziò alle sorelle che era sposa, che il sabato venturo si facevano le nozze e che in quella settimana aveva da fare un mondo per preparare la casa e il corredo.
Prima che fosse giorno ella si fece aiutare a salir sopra una mula, e soltanto dopo aver baciato e ribaciato Banfio, sbavandogli tutto il viso, se ne andò in compagnia delle sorelle.
Il buffone, quando
Il tesoro lo voleva, ma quella vecchia cisposa e bavosa, no davvero!
Peraltro, quel giorno, attratto dalla cupidigia, tornò al prato
- Con
In quella settimana la via fra Porciano e il prato non mise erba; Banfio la faceva tre o quattro volte il giorno, calcolando sempre quanto avrebbe potuto valere quella grande campana
Altro che le ricchezze del conte Gentile! Il signor di Porciano gli pareva uno straccione, anche quando lo vedeva seduto a mensa, sotto il baldacchino frangiato di oro, o a cavallo, alla testa di una schiera di paggi e di valletti.
Una cosa sola invidiava a Gentile: la bella e giovane sposa. Quando pensava a Oliva, gli
Eppure tutta la notte il povero Banfio se la vedeva davanti agli occhi, come quel sabato che
La settimana passò presto e la sera del sabato, Banfio, mogio mogio, andò a bussare alla casa del Romito. Quella volta la porta gli fu subito spalancata, e la sposa gli andò incontro tentennando, benché si appoggiasse sul bastone.
- Dolce amor mio, tutto è pronto, non si aspettava altro che te, - gli disse baciandolo con la bocca bavosa.
Infatti, sopra una parete era preparato un altare illuminato, e sopra a quello
Il Romito consegnò
- Ora che ti ho sposata, - disse a Oliva il giullare, - non mi potresti dare la sega per segare il macigno?
- No, amor mio; - rispose la vecchia, - prima che io ti faccia ricco, devi dimostrarmi il tuo affetto e la tua gratitudine. A trovare il tesoro
Banfio, che si vedeva burlato, ebbe voglia di strozzarla; ma tentò di prenderla con le buone per ottener
- Carina, - le disse, - la morte ci potrebbe cogliere da un momento
- La morte può colpirti, non dico; ma in quanto a me è impossibile; io ho fatto un patto con lei, e questo patto si rinnova ogni volta che mi rimarito.
- Dunque, - disse Banfio spaventato, - io non sono il tuo primo consorte?
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- Il numero dei miei mariti è così grande che io non rammento neppure più quanti ne ho avuti, né come si chiamavano. Il desiderio di avere il tesoro li ha spinti a centinaia a sposarmi.
- E son tutti morti?
- Tutti: non per colpa mia, ma per colpa loro. Chi ha voluto uccidermi per impossessarsi della sega; chi mi ha maltrattata; chi ha tentato di fuggire. Ti avverto perché tu mi sei specialmente caro e vorrei serbarti lunghi anni al mio fianco, vorrei che tu fossi
Banfio sudava freddo addirittura. Dunque quella vecchiaccia gli avrebbe sopravvissuto, e senza il beneplacito di lei non poteva far nulla.
- Ora andiamo a casa nostra; - disse la vecchia, - desta le mie care sorelle, aiutale a salir sulla mula; tu mi prenderai in groppa alla tua per avermi più vicina, dolce amor mio!
Il
Il giorno seguente e quelli successivi, la vecchia, col pretesto che nei primi giorni del matrimonio nessuno lavora, come nei giorni di festa, si rifiutava di consegnare a Banfio la sega per segare il macigno, e se lo teneva sempre
Finalmente un giorno, a forza di moine, egli la indusse a consegnargliela, e appena
Sega, sega, aveva staccato molti pezzi di macigno e vedeva tutta la parte superiore della campana, che, oltre ad essere di metallo prezioso, era ornata di finissimo lavoro e tempestata di gemme.
Venne la sera, ma Banfio non si poteva staccar da quel posto e non pensava più alla moglie né ad altri. Venne la notte, ed egli lavorava ancora. Insomma, a farla breve, lavorò tanto, senza cessar mai, che quando spuntò
- Quella strega, raccontandomi di tutti i mariti che ha fatto morire prima di me, ha voluto sgomentarmi. Scommetto che lo ha fatto per tenermi cucito alla sottana. Ora son ricco; marameo! chi
Appena aveva pronunziato queste parole, si sentì acchiappare per la cintola delle brache dal gancio del batacchio e «din don» fu mandato di qua e di là, quasi che venti braccia tirassero la fune della campana.
Questo scherzo durò per un pezzo, e Banfio si sentiva più morto che vivo. Aveva la testa tutta ammaccata, le braccia e le gambe rotte dai colpi, e pensava con terrore che anche a lui era riservata la sorte
Ma appena la campana si fermò, egli riprese coraggio e pensò che sarebbe stato più prudente di andare a Porciano ad avvertire della scoperta il conte Gentile. Era quello un signore giusto di animo, e se gli avesse proposto di terminare lo scavo, che non poteva far da solo, mediante un tanto di compenso, il Conte lo avrebbe aiutato anche a trasportare la campana e a dividerla in tante parti per poterla fondere ed esitar
- Marito mio caro, già ti piangevo morto! - esclamò ella buttandogli al collo due braccia, che parevan pale da mulino a vento. - Perché, perché mi hai tenuta in tanta angustia?
Banfio fremeva dalla rabbia a vedersi capitar quel fulmine a ciel sereno, e voleva indurre la vecchia a tornare a casa e a lasciarlo lavorare ancora; ma ella protestò che non voleva farlo morir di fatica, e lo persuase a sdraiarsi per terra e dormire. Il
Quanto egli dormisse non lo so; però è un fatto che quando si svegliò sentì sonare a morte. Era un doppio funebre, malinconico, e il più curioso si è che era proprio la campana
Banfio, non vedendosi più Oliva alle costole, pensò che quello era il momento opportuno per correre dal signore di Porciano a fargli la proposta; ma quando fece per camminare, la campana cessò di sonare, le gambe gli si fecero pesanti come se fossero state di piombo, ed egli dovette mettersi di nuovo a giacere per terra.
Allora
- Sono morto! - gridò. - Oliva, Olivuccia, Olivina mia bella, salvami!
A questo grido nessuno rispose, mentre la campana si stringeva sempre e le pareti interne di essa già gli toccavano la testa e i piedi. Per non rimanere schiacciato, Banfio dovette alzarsi; ma dopo poco si trovò chiuso come in un astuccio, e la paura di morire lo assalì.
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Intanto la campana lo schiacciava e si restringeva sempre.
- Vergine santa, - gridò allora, - mi pento di aver bramato le ricchezze, mi pento di tutto, salvatemi!
Dopo questa fervida invocazione, la campana incominciò ad allargarsi sensibilmente, e Banfio poté uscir
Il conte Gentile, per convincere Banfio, lo condusse alla casa del Romito, e appena la toccò con una croce che aveva al collo, la casa sprofondò nella terra e il Romito sparì in una voragine.
Poi ordinò a molti cavatori di pietra di scavare nel luogo ove Banfio aveva veduta la campana
Convinto il buffone che tutto quello che gli era successo non fosse altro che opera infernale, e per impedire che altri dopo di lui fosse tratto nei lacci del Demonio, fece pubblica confessione
Ma
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A Porciano, in Casentino,
Tra una fonte ed uno spino,
Si trova una campana
Che vale quanto tutto il Casentino.
</poem>
Però, nonostante la leggenda, nessuno
Qui Regina tacque e
Il resto della famiglia andò a letto; la vecchia massaia e la giovane sposa, inquiete tutte e due, rimasero ad aspettare
- Mamma, - disse Vezzosa, - vi sembro meritevole che Cecco mi tenga in tanta angustia?
- No, figlia mia; ma sii indulgente con lui, non lo rimproverare quando giunge. Mostragli la tua afflizione, non il tuo rincrescimento; la prima intenerisce, il secondo irrita.
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- Eccolo, - gridò Vezzosa che lo aveva veduto comparire nella viottola del podere.
Era lui, infatti, ma taciturno e turbato. Si vedeva che era pentito di essere stato tante ore fuori di casa, e nel giungere diede appena la buona sera.
- Che cosa
- Nulla. Quando siamo in compagnia, una ciarla tira
E senza aggiungere nessuna spiegazione, entrò in casa.
- Mamma, a Cecco è successo qualche cosa, lo sento, me ne accorgo; fatelo confessare voi, io non ne ho il coraggio! - esclamò Vezzosa correndo a piangere in camera sua.
Ma anche alle vive e tenere insistenze della mamma, Cecco rispose con lo stesso laconismo, e invece di salire a rassicurare la Vezzosa,
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