Le novelle della nonna/Adamo il falsario: differenze tra le versioni
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:'''Adamo il falsario'''
Quella domenica la Carola e le altre donne
La Vezzosa quella sera arrivò tutta in fronzoli, e quando si levò lo scialle,
Cecco finse di non accorgersi neppure che ella avesse cambiato vestito, e salutò appena lei e le altre ragazze, rincantucciandosi accanto alla Regina, dalla quale pareva che non si potesse spiccicar mai. Gli uomini che erano stati invitati, dovevano arrivare verso le otto, quando la novella fosse sulla fine. Quella sera
- Al tempo dei tempi erano signori di Romena e di Lierna, di Montemignaio, di Partina e di tanti altri castelli, di cui ora si rammenta solo il nome, tre fratelli per nome Alessandro, Guido Pace e Aghinolfo. Questi tre signori, benché avessero molti palazzi e due ville, una a Pratovecchio e
I tre fratelli erano così avari da fare schifo. Invece di divertirsi, di cacciare e di dar conviti, essi stavano sempre rintanati nel loro palazzo di Romena in vetta al monte, e se qualche povero andava a bussare alla loro porta per aver la carità, lo cacciavano come un cane e non davano mai un centesimo a nessuno, neppur a baciare. In casa loro
Chi
Alessandro, Guido Pace e Aghinolfo non avevano altra passione che il danaro, specialmente i fiorini
Per aumentare di un solo il numero di quei bei fiorini gigliati, i tre avaroni riducevano alla fame una povera famiglia senza provarne rimorso. Le domeniche essi scendevano tutti insieme nella stanza del tesoro e passavan delle ore a contare e a lustrare i loro fiorini.<br />
Una notte, mentre dormivano, Aghinolfo fece un sogno, e appena si destò, andò a svegliare Alessandro e Guido Pace e, tutto lieto, disse:<br />
- Sentite che sogno ho fatto. Mi pareva di essere sulla via della Consuma, in quel punto detto la Casaccia, e me ne venivo giù di notte, a cavallo, sotto un turbine di neve, quando odo un gemito che pareva venisse di sotterra. Scendo da cavallo, prendo
- Tu sai, fratello, - rispose Alessandro, - che spesso vedesi in sogno quello che si crede con piacere; e tu hai sognato i fiorini perché li desideri.<br />
- Io invece credo, - osservò Guido Pace, - che il sogno di Aghinolfo sia vero, perché se egli ha udito una voce di un vivo, è segno di chiamata, e alle chiamate occorre rispondere.<br />
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- Io ti consiglio di montare a cavallo e di percorrer la via che tu hai sognata, - disse Guido Pace.<br />
- Seguirò il tuo parere, perché mi pare il più saggio, - rispose Aghinolfo.<br />
E, vestitosi in fretta, si avvolse in un mantello, scese nella stalla, sellò il suo cavallo e se ne andò
Cavalcò per più ore,
Aghinolfo balzò da cavallo, si avvolse le redini al pugno, e si diresse verso
La voce lamentevole, di un uomo sfinito, rispose:<br />
- Sono un povero vecchio; abbi pietà di me e non avrai penuria di fiorini.<br />
Aghinolfo gridò al vecchio:<br />
- Scendo a salvarti e, come ben capisci, arrischio per te la vita; ma tu saprai mantenere la tua promessa?<br />
- Per Adamo, di cui porto il nome, per Mosè, per tutti i patriarchi gloriosi del popolo
Il giovane signore capì che il vecchio era un ebreo; ma il pensiero di salvare un miscredente non lo trattenne
- Vieni, - gli disse.<br />
E dopo aver tolta la cintura che fermava attorno alla vita
Quando furono sulla via, il vecchio disse:<br />
- Ora hai salvato me, e ti sono grato; ma non hai compiuto che metà
- Come sarebbe a dire? - domandò il Conte irato.<br />
- Non ti lasciar vincer dalla collera, - replicò il vecchio pacatamente. - Devi sapere che io montavo una mula per compiere il viaggio da Firenze a Romena, poiché mi dirigevo a quel palazzo. La mula è caduta insieme con me nel precipizio, ed essa porta nelle bisacce tutto ciò che ti ho promesso.<br />
Aghinolfo storse la bocca, perché gli pareva fatica, dopo aver tirato su il vecchio, di trascinarsi dietro la mula; ma la promessa di aver molti fiorini era sì lusinghiera, che affrontò senza fiatare anche quel disagio, e, come Iddio volle, scese.<br />
La neve aveva quasi ricoperto
Il vecchio, sbalordito dalla sua caduta, intirizzito dal freddo, non parlava.<br />
Aghinolfo aveva una paura matta che gli morisse per la strada, e ogni tanto si fermava alle case del contado e faceva ristorare Adamo con bevande e con cibi.<br />
Con molta fatica essi giunsero a Romena alcune ore dopo il mezzogiorno.<br />
Alessandro e Guido Pace, quando videro il fratello in compagnia del vecchio, si guardarono in faccia, e fu tanta
Maestro Adamo fece scaricare, in presenza sua, la mula, poi seguì il servo che si era caricato in spalla le bisacce; ma appena fu in camera cadde come un ciocco per terra e pareva morto.<br />
Non si può dire quante cure gli usassero i tre fratelli per fargli riprendere i sensi. Per lui fecero apprestare brodi sostanziosi, aprirono una botticella di vino prelibato, bruciarono grande quantità di legna, ma Adamo non dava segno di riaversi. Era pallido, smunto, e la lunga barba che gli scendeva sul petto pareva che circondasse il volto di un cadavere.<br />
Così rimase ad occhi chiusi per tre giorni interi, e durante quei giorni i tre fratelli sentivano svanire sempre più le speranze che avevano fondate sul vecchio. Aghinolfo però era il più desolato e rammaricavasi di essersi esposto a tanto disagio e a un così grande pericolo per tirar su da un precipizio un vecchio, che aveva già un piede nella fossa, se non tutti e due, e una mula zoppa. Egli guardava con cupidigia le pesanti bisacce che erano accanto al letto, ma poi lo assaliva il dubbio che invece di esser piene di fiorini, contenessero soltanto vile moneta di rame.<br />
La sera del terzo giorno Adamo aprì gli occhi, e i tre fratelli, nel vederlo ritornare alla vita, non poterono trattenere un grido di gioia.<br />
- Ho dormito, - disse il vecchio, - perché ne avevo bisogno. Quel maledetto Bargello fiorentino mi dava la caccia da più giorni, e
I tre fratelli
- Belli! belli! - dicevano i tre fratelli mettendo le mani in quei mucchi di oro per avere il piacere di toccarli.<br />
- Molti sono di quelli coniati alla zecca, ma alcuni sono fabbricati da me, e in questi
I giovani avari soppesavano le monete, se le mettevano sottocchio, le giravano e le rigiravano e poi dicevano:<br />
- Questa è buona, questa pure, questa ancora.<br />
E le porgevano al vecchio, che rideva di un riso maligno assicurando che fra quelle giudicate buone ce
- Vedete, messeri, - disse a un tratto, - col mio segreto io posso farvi possessori
La gioia dei tre signori era così grande che non potevano esprimerla a parole. Essi non si saziavano di rimuginare quelle monete, e il suono che producevano era più dolce al loro orecchio che quello del liuto toccato da mano appassionata.<br />
Il giorno dopo, maestro Adamo era sano ed arzillo come un giovanetto e, senza concedersi un momento di riposo, si diede subito a costruire il fornello ed a preparare la fabbricazione dei fiorini di similoro. Non era passato un mese dacché era giunto a Romena, che già spacciava ad Arezzo un sacchetto di quelle monete in cambio di tante gemme, che poi andava a rivendere a Perugia. E in grazia di questo scambio entrarono nel tesoro dei Guidi di Romena tanti fiorini di quelli buoni, che essi contavano con gioia, benedicendo
Così andarono le cose per un certo tempo. Maestro Adamo fabbricava fiorini, li spacciava, ed intanto il tesoro dei suoi padroni aumentava ogni dì più. Ormai la stanza sottostante alla camera
Però il Diavolo, che aveva insegnato a maestro Adamo a far
Ecco come andaron le cose.<br />
Naturalmente, la presenza di
Peraltro, se questi pretesti eran buoni per la gente che lo vedeva soltanto da lontano, non erano egualmente buoni per quelli di casa, i quali vedevan bene che maestro Adamo passava la giornata e talvolta le notti nel sotterraneo. Fra i pochi servi di casa,
Costui, che aveva nome Marco, un poco per
Questo Marco, oltre al vedere che maestro Adamo portava talvolta nel sotterraneo delle verghe di piombo e ne usciva con sacchetti pieni di monete, aveva una volta sorpreso un discorso fra
- Quanto sarei curioso di conoscere il segno che vi fa distinguere quelli veri da quelli falsi!<br />
E
- È un segreto che voi conoscerete soltanto dopo la mia morte.<br />
Bisogna sapere che questo Marco era povero come Giobbe e per sua disgrazia
Marco non si sgomentò per quella risposta; ma si persuase che bisognava mettere assieme un
Appena Marco ebbe sorpreso quel discorso fra il conte Aghinolfo e maestro Adamo, disse:<br />
- Se ho giudizio, arricchisco e sposo Telda.<br />
Pensa e ripensa, stabilì di prendere consiglio da un suo compare, più vecchio di lui, che godeva fama di astuto.<br />
Marco raccontò a questo tale
- È certo che quegli spilorci dei conti Guidi non terrebbero in casa a ufo un giudeo, se questo maestro Adamo non procurasse loro molto utile. Senza dubbio
- Fin qui
- Un utile grande, poiché la Signoria fiorentina ha sommo interesse di conoscerlo.<br />
- Ma io non posso andare a Firenze a rivelarlo. I miei padroni
- Hai ragione, - replicò il compare. - A Firenze potrei andar io, ma la Signoria non si contenterà di sapere che a Romena si fabbricano i fiorini falsi: essa vorrà bensì aver nelle mani maestro Adamo, e qui non può venirlo a prendere senza fare una guerra.<br />
- Ma potrebbe farlo arrestare sul territorio della Repubblica! - esclamò Marco.<br />
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- Alla Consuma, per esempio, dove maestro Adamo va spesso non so a che fare, - disse Marco.<br />
- La cosa mi par difficile, ma intanto io andrò a Firenze.<br />
E il compar di Marco una mattina si avviò su per la Consuma con un pane in tasca e pochi soldi nella scarsella, e dopo tre giorni era a Firenze e informava la Signoria che a Romena si facevano monete false. Prima, peraltro, di rivelare il segreto,
Il compare rifece tutto allegro la via e recò a Marco la buona notizia spartendo con lui, da buoni amici, il denaro avuto.<br />
- Ora il più difficile è di avvertire in tempo la Signoria quando
Marco, per non perder
Un giorno, però, che era nella stalla, capitò maestro Adamo a veder la sua mula, e, imbattutosi in Marco, gli domandò se per fare una ventina di miglia occorreva farla ferrare, perché dopo
- Secondo che miglia sono, - disse Marco che voleva saper dove andava. - Se deve camminare in piano non ce
- In monte, - rispose
- Allora è meglio farla ferrare.<br />
- Conducila dunque dal manescalco domani, perché doman
Appena questi fu uscito, Marco corse dal compare e gli disse che prendesse un cavallo, lo ammazzasse magari per via, ma che giungesse la mattina dopo a Firenze affinché in capo a due giorni i soldati della Signoria fossero alla Consuma per arrestare maestro Adamo.<br />
Il compare non si fece pregare, e, senza ammazzare il cavallo, in dodici ore giunse a Firenze e ne ripartì poco dopo con una schiera di uomini armati sotto gli ordini del Bargello in persona.<br />
Marco intanto era a Romena a struggersi
Marco, nel vederlo partire, era mezzo matto e non capiva più nulla. A momenti gli pareva di esser più felice dei santi del Paradiso, a momenti più angustiato dei dannati
Ma lasciamolo smaniare a Romena e torniamo al compare con i soldati e il Bargello. Essi giunsero alla Consuma dopo venti ore di viaggio, perché non viaggiavano
Come Dio volle giunsero al valico, e allora il Bargello, che non voleva entrare sul territorio del Casentino, rimpiattò i suoi uomini in un bosco a poca distanza dalla via, e mandò il compare a scoprire se
Infatti poco dopo, sulla via che da Firenze mena in Casentino, comparve un giovine a cavallo, che,
Il Bargello, il compare, il giovine artiere e i soldati tornarono a Firenze, e la Signoria pagò al villano il prezzo pattuito per la consegna
Siccome quelli che andavano alla Consuma dicevano di veder sempre allo Spino
- Io so appena leggere, - aggiunse la Regina, - ma mi rammento di aver sentito dire che anche il poeta Dante,
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Li ruscelletti che
Del Casentin discendon giuso in Arno.
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E al poeta il falsario dice:
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Ivi è Romena, là
La lega suggellata del Battista,
Ma
Di Guido o
Per Fonte Branda non darei la vista.
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Fonte Branda, avete a sapere, era una fonte non lungi dalla terra di Romena dove
La vecchia Regina, dopo aver fatto questo gaio invito alla gioventù, si era alzata per andarsene a letto, ma la Carola era stata pronta a tagliare una fetta di schiacciata, e Vezzosa a offrirle un bicchier di vino, ringraziandola della novella.<br />
- Vengo a sentirvi per impararle, - aveva detto, - così quando sarò nonna
- Ne devon passar degli anni prima di quel tempo, - aveva risposto la Regina, e
Cecco prese la mamma dolcemente per un braccio e
- Non ti piacerebbe la Vezzosa? - gli domandò la madre sorridendo.<br />
- Mamma, - rispose Cecco scherzando. - Nessuna ragazza, per bella che sia, mi piace quanto voi.<br />
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Cecco scese e andò a collocarsi fra i suonatori sulla madia, e per quanto la Vezzosa e le altre ragazze lo invitassero a ballare, egli rifiutò dicendo che non voleva fare una brutta figura dal momento che non sapeva muovere le gambe a tempo.<br />
Quando scese per prendere un bicchier di vino, la Vezzosa gli si accostò e gli disse:<br />
- Sapete, Cecco, che cosa
Cecco, che non aveva ascoltato la Vezzosa quando la domenica prima faceva il chiasso, né quando quella sera lo aveva ripetutamente invitato a ballare, ora non perdeva una parola di quello che ella gli diceva sulla afflizione costante di vedersi in casa una matrigna; e quella ragazza, che gli era parsa leggerina e un poco vanesia,
Erano goffi a vederli ballare quelle danze esotiche, e tale apparivano a Cecco, il quale fatto un cenno ai suonatori, attaccò un trescone. Allora, smessa la scimmiottatura cittadina, quei bravi contadini presero a ballare con garbo e con grazia quel ballo paesano. La Vezzosa poi era così aggraziata nei movimenti, che Cecco, posato
Quando ebbero terminato, tutti gli dettero la baia, dicendo:<br />
- Guarda, guarda quello che non sapeva ballare!<br />
- Non so ballare infatti né polche né valzer perché quei balli vanno lasciati a chi ha imparato dai maestri e alla gente meno zotica di noi; ma il trescone lo facciamo fino da piccini, come giuochiamo alla ruzzola e a palla. Che volete, io son fatto così, e mi pare che ognuno debba fare il proprio mestiere, e che i contadini, anche nei balli, debbano far da contadini. Forse sbaglierò, ma anche negli abiti bisogna mantenere le antiche usanze, e le donne nostre mi paion più belle vestite di bordatino, con un bel grembiale davanti e lo sciallino incrociato sul petto, che con tanti fronzoli da cittadine, che non sanno portare.<br />
Mentre Cecco parlava, la Vezzosa teneva gli occhi bassi e arrossiva sentendo che quel rimprovero era diretto specialmente a lei.<br />
Verso le dieci il ballonzolo in casa Marcucci era terminato, e nonostante vi fossero molti uomini, pure Cecco, senza farsi tanto pregare, accompagnò a casa la Vezzosa e
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