La Cortigiana (1525)/Atto primo/Scena quattordicesima: differenze tra le versioni

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''Parabolano e Rosso.''
 
;Parabolano: Dove se'se’ tu stato?
;Rosso: A la taverna, salvando l'onorel’onore de la Signoria Vostra, et ho veduto quella buona robba d'Angelad’Angela Greca.
;Parabolano: Che faceva ella?
;Rosso: Parlava con don Cerimonia spagnolo, e dicevano de andare a cena a non so che vigna; et io feci come la gatta de Masino.
;Parabolano: Come faceva la gatta di Masino?
;Rosso: Chiudeva gli occhi per non pigliare i topi.
;Parabolano: Tal mi cocessi altra fiamma, ch'ioch’io viverei senza noia.
;Rosso: Infine gli è un peccato a fare piacere a un gran maestro, perché gli vien a noia ogni cosa.
;Parabolano: Oimè, che colei ch'ioch’io adoro non mi verrà mai in fastidio, tanto m'èm’è avara d'und’un sguardo.
;Rosso: Non vi dissi io che 'l’l cibo vi sazia troppo tosto?
;Parabolano: Or taci: ascoltami.
;Rosso: Or dite, ch'ioch’io intenda!
;Parabolano: Sai tu la casa di Messer Ceccotto?
;Rosso: Di quel pazzo? Signor sí.
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;Parabolano: Son buoni a mangiare i gatti, furfante?
;Rosso: Se voi li mandate dieci carciofi, vi serà schiavo.
;Parabolano: La peste che t'occidat’occida; dove sono ora i carciofi, pecora?
;Rosso: Donatili doi fiaschi di Mangiaguerra; oh, il Riccio de la Lepre l'hal’ha perfetto.
;Parabolano: Fai conto che debba essere un imbriaco come te, bufolaccio? Or non mi rompere la testa, va'va’, e con questi dieci scudi compera de le lamprede, e dilli che le mangi per amor mio, ancor che gli sia piccolo presente; e sappi dire quattro parole.
;Rosso: Ne saperò dire piú d'ottantad’ottanta millia non che quattro; et è un peccato ch'ioch’io non sia mandato per imbasciatore a qualche Sofí, ch'almenoch’almeno io mi faría onore. Io gli direi: 'Magnificenzia’Magnificenzia, Reverenzia, Sacra Maestà, Padre Santo, Cristianissimo, Illustrissimo, Reverendissimo, in Cristo patri, Paternità, Omnipotenzia, Viro, Domino, e tutto il mondo'mondo’; e faría un inchino cosí, l'altrol’altro cosí, inchinarei la testa e ogni cosa.
;Parabolano: Deh, spàcciati, matto spacciato, ma porta prima questa vesta a Valerio, e io entrarò nella stalla a vedere quei turchi che mi son stati mandati a donare dal conte di Verucchio.
 
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