Inferno monacale/Libro secondo: differenze tra le versioni
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Inganno è un de' più horridi mostri che concorrano ad infettar la quiette e felicità de' miseri mortali, cagionando loro gl'infortunij, sotto falso pretesto e finta apparenza di bene servire, aportar mali tanto più tormentosi quanto meno aspettati. Ben il provarono quegl'infelici Hebrei a' quali, nel condurli seco, Nabucdonosor comisse che al partire non arrecassero con esso loro altro che gli strumenti musicali: organi, timpani, flauti et cetre. Et ciò per persuader loro innganevolmente che in Babilonia erano per godere fra gli agi e che altro che conviti e suoni e canti non eran per esser i loro essercicij e vitta; ma miseramente restaro delusi et aggravati da durissimo giogo di servitù. Anzi, sovente motteggiatti e derisi, serviano di scherzo (come asserise il Testo) a chi gli haveva inganati: «Qua illic interogaverunt qui captivos duxerunt nos verba cantionum, cantate nobis de canticis Sion». Rispondevano i misserabili: «Quomodo cantabimus canticum Domini in terra aliena?».▼
▲Inganno è un
Lo stesso aviene all'infelici monache, quando si sono lasciate condur nella carcere d'un chiostro infernale per loro, dalle falacci promesse e da gl'astutti inganni de' tiranni parenti, non dalla voce dello Spirito Santo. All'hora che la speranza è inaridita, s'avveggono esser prese alla rete, onde, con falsità di pretesti, deluse e derisse, son fatte perpetue servitrici di mille obligationi. Gli arnesi od passatempi e gusti proposti loro nell'ingresso dalla vecchia e da i malvaggi padri restano, come quelli del popolo eletto, per sempre pendenti da' muri. «In salicibus in medio eius» dicevan essi «suspendimus organa nostra super flumina Babillonis, illic sedimus et flevimus cum reccordemur Sion». L'istesso diccono le sfortunate poi ché, in raccordandosi il lasciato mondo, né vedendosi spirar né pur un'aura di salutifera speranza, piangon di continuo. Nell'udirsi commetter che suonino, cioè che stian liette in servir Dio come tenute ad abnegar la propria volontà per ben amare il loro Sposo, rispondono:▼
▲Lo stesso aviene
«Quomodo cantabimus canticum Domini in terra aliena?» Come potiam noi lodar il Sommo et Omnipotente Motore, mentre ci ritroviam in terra altrui? Questa non è sua casa, se è habbitata da donne imprigionate con violenza. È impossibile che noi esprimiamo canto che ben risuoni e riesca grato, mentre piangiamo la servitù in che ci rittroviamo e gemiamo della perduta libertà!
Il cor loro, che si considera tradito, non può acconsentir ad allegrezze e così, fra sue inquietudini, ritruova modo
Ma per ché
«Sei novizza: a te, a te
«Tu, come ultima entrata in monastero, devi suplir per
«Non è decente che tu prettenda di voler star al paragone con le professe e sacratte...»
O scandalo essecrabile, quando, con
Oh Dio, se queste tali sapessero quanto è meglio
La novella religiosa, però, pura e semplice, non comprende che questi rimbrotti siano a lei con parcialità fuor di proposito e di tempo, ma crede che
Ah, che per corrisponder alla doppiezza di chi qual Gano tradisce, sarebbe a proposito un Giuda che, sepor quegli tradì Carlo, questi assasinò Christo!
Ma ogni malle nasce dalla cecità del padre che, privo
O che raccordi diabollici, che però non ponno penetrar in cor di donna virtuosa et honorata: se in questa tale resta seminata così trista zizania, non pullula e si disperde per ché è arido quel tereno per così esosa semenza!
Colei che è tentata da tante può ben cader in qualche legerezza, ma non perfettamente errare; si dà qualche puoco in preda alla vanità, ma non inciampa nelle trappole nelle quali, quando cadesse, sola cagion ne sarebbero stati i suoi genitori, prima, e poi i proprij parenti. E se la prudenza non regesse questa tale, si farebbe legge di quello che sente dirsi da questi esploratori della falsa legge: la parte fragile del senso la persuaderebbe a non star in forse
«Per ché
Se per gratia però sovranaturale, questa si serve di quel detto di Cristo, «Secundum opera eorum nolite facere»,
Ah, che io non ho ingegnio sì scaltro o inteletto sì sagacce che vaglia a spiegar in tutto tante intrecciate malitie di questi serpi che, sotto spoglia di religiose, cuoprono il veleno, hanno parole
E se i loro pensieri sono imperscruabili fuor che a Dio, abominatore di così fieri mostri generati
Queste sono chiamate da Isidoro «amfessibeni», specie di serpi
O come cantan con voci e concetti proprij per farsi creder affetuosissime contro quelli che non amano!
La mansuetudine, le parole inzucerate e i titoli di disonestissime voci sono il sale che condisse la lor simulatione, sì ché, parlando di gente tale, il segretario di Dio disse: «Verba eius iniquitas et dolus». Da bocche così sacrilege non
:«Un humil volger
:un parlar sì begnino e sì modesto,
:che pareva Gabriel che
:era brutta e difforme in tutto
:ma nascondea le sue fatezze prave
:con
:attosicato havea sempre il coltello».
Tali sono queste che, copiose
:«Gran fabro di calunie adorne in modi
:novi che sono accuse e paion lodi».
Ma passiamo dal noviziato alla professione, che poi anche non è per mancarci occassione di tornar alla malvagità di queste Sfingi diaboliche, così divenute per la tirania
Spirato il tempo della probatione, si comincia il funesto trattato
:«E ben ché fossi guardian
:viddi e conobbi pur
era vecchio, et il tempo e la pratica son quelle che rendono sagacci le più pure menti...
Giunte vicino a questo estremo punto, che è
A questo proposito mi ricchiamano i contrasti che occoron tra padri e monache per le necessarie spese di novo banchetto, della messa solene,
La sorella di questa misera che fu congionta in matrimonio mondano, doppo haver dalla monacha riceuto un presente sopra al quale haverà
Poveri insensati! Non si piange di queste spese, ma tutto ciò che per uso di questa meschina
Arriva il destinato giorno
O crudo horrore!
Ogni una delle destinate a questa funtione, alla presentia del sacerdotte,
«Ego, soror Cristi, promitto stabilitatem meam».
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Aggionge altre parole di gran ponderatione che tutte tendono ad attestare et obligarla a gran cose. Per sigillo, poscia, del giuramento segna una croce su biancha cartella, qual rimane in perpetuo per etterna memoria di sue indissolubili promesse.
Qui, oltre alla mia debil penna, ci vorebbero tutte, di cattolici e proffani scrittori, quelle
«Omnia persolui, fruitur nunc alter amore».
Anche
:«O feminil ingenio, egli dicea,
:come ti volgi e muti facilmente!»
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:«Non sic incerto mutante flamine Syrtes
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:sive et ea gravis sive et causa levis».
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«Nulla diu femina pondus habet».
Altri malignamente dissero che le donne sono simili alla Fortuna, volendo dinotar
:«Né so trovar cagione a casi miei
:se non
Ma se questi tali penetrassero a fondo, conoscerebber tal applicatione non risultar in dano e biasmo delle femine rispetto che, se ben la Fortuna è volubile, niente di meno produce et è
Io però non aprovo queste enormi propositioni, ma con S. Agostino dico la fortuna non esser altro che una secretta volontà di Dio et altro non è mio fine che far intender la sciocchezza degli huomeni
Non mancan però scrittori veridici e dissapassionati che han lasciato autentiche testimonianze della virile instabilità in amore. Il divinissimo {{
«Vedi quel che in un punto ama e disama!»
In ogni maniera, o perfidi, vi dicchiarate maligni per ché scientemente
O quanto meglio fora il persuaderle alla santità e religione con gli esempi che con le parole e con la forza! Ma bisognia che le sfortunate, perdendo la luce di questo mondo, entrino nel miserabil numero di coloro di cui fu detto: «Super cecidit ignis et non viderunt solem», rimangan apunto da inimmitabil crudeltà sin prive
«Già che vedi - dicon elle -, o Monacha
Niuna di loro, nel far il stretissimo passaggio della professione, suppone, non concorrendo con la propria volontà et elettione a
Ma torniamo alle funebri cerimonie che in poco o nulla differiscono dai funerali che
Torna quivi a ricever dalle sorelle religiose la sconsolata, non più novizza ma monacha, novi segni di pace con inviti di guerra. Dato il fine a queste esterne cerimonie, ella è introdotta al banchetto, assai più del primo semplice e penurioso, nel quale alle volti sogliono i padri e parenti più generosi distribuir a ciascheduna delle monache un scudo,
Fu già
Anzi, con lor tiranide le sferzan ad esser serve del Diavolo et ad avvelenarsi da se stesse come
Altre non di meno prudentissime, non si danno in preda alla disperatione per ché conoscono esser pazzia
:«ogni vergognia amorza
:il poter dir che le sia fatta forza».
Considerate voi qui un poco, o ministri di Satanasso, che, sforzando le vostre figliuole ad entrar
Da qui nasce che non impropria parmi la similitudin che io imagino delle propalate religioni col populo già favorito dal Lettor del Mondo con tanti eccessi, quanti nel Vecchio Testamento appariscano: sino che gli Hebrei furno obidienti al lor capitano Mosè i più sublimi favori della divina mano piovero, anzi diluviaro sopra di loro; non si trovò, per così dir, benefficio che non fosse in loro impiegato. Le gratie erano illimitate. Ma, se queste fur da lor senza fine e senza numero riceute, così fu anche eccessiva
Però non sia chi qui rimproveri che la comparatione di questi santi sia poco proporcionata al Duce de gli Hebrei, Moisè, che,
Sono innumerabili le gratie e privileggi ottenuti dalla soldatesca religiosa sotto la scorta di questi santi capitani che mai combattono con le schiere
Così faceva pur anche quel santo heroe di Celo, Antonio, in servigio del supremo Signore che, doppo tante vittorie haute contro
Ah certo che, di questi, la maggior parte non ha core per ché, se si riguardano in seno, trovaran
:«E legno viddi già dritto e veloce
:correr il mar per tutto suo camino
:perì al fin
Avviene tal volta che, per elettion
Ma, per ché è così proprio degli huomeni il pensar male, mi dicchiaro che non vorrei dassero sinistro senso e censurasser con danno delle anime loro i detti miei.
Altri, se non meritevole in quanto
Veramente se un esercito fosse guidato da un inaspetato, anzi inesperto
Ma qual maggior disunion può darsi
Quante saggiamente fingono di non udir gli spropositati concetti contro di lor profferiti, quali però non restano di trapassarle mortalmente
O quante, o quante effettuano sfacciatamente, in publico, tutto ciò che detestan
E per ché la nostra depravata natura è sempre più pronta et inclinata
Questi sono i progressi di
Se vedon che elle levino un occhio di terra, dicon balenar gli sguardi impudenti, anzi impudichi. Cognioscan la fersura su la paglia, anzi pupilla di loro sorella, ma nulla consideran alle travi che alla vista le
:«Che a donna non si fa maggior dispetto
:che quando brutta o vecchia le vien detto.»
Quella che volse però prettender di passar i congressi senza framischiarvi qualche paroletta mordace farebbe vanità: trapassan
Su quelle tragiche scene però, per esser di diversi capricci i rappresentanti,
Il viver
«Io non istituii religioni
«Io non pretesi esser padre di superbi figli» griderà Domenico.
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Tutti uniti dirano:
«Le leggi da voi osservate già non furono le nostre sante regole, ma, sforzate
Tali saran le voci che i gloriosi beati manderan in anzi al Tribunal della Suprema Maestà. Considerisi che sia per succeder delle loro missere anime, mentre veran rifiutate come vittime indegne
Come salmeggi nel coro, o sposa di Cristo, se
«Ah, mio Signore» dissi, «"paverunt legem tuam"!»
Ma di novo
«Già havete fatta proffessione e perciò non dovvete più da nisuna temer, essendo fatta padrona di voi stessa».
Con tali sproni al fianco, la misera si scieglie di rappresentar nella scena del monastero qual parte più le aggrada o a qual più
Né per conoscer se questa sia infallibile verità, habbiam bisognio di sentenze e pareri
Così la meschina, guidata da infida scorta di tristi consiglieri, comincia ad ispogliarsi la veste
Ben pono chiamarsi fortunati, anzi santamente felici, quei monasteri che sono da saggie e degnie vecchi habbitati, che sanno
:«Fertilior seges est aliorum semper in agris
:vicinunque pecus grandius uber habet».
È
:«Come gioia conserva i miei consigli:
:sappi, o dilletta, che
:
In oltre quel maledetto sesso che le racchiude, che non cessa tormentarli anche
:«Dandoli norma
:
:le
:e la lingua dal cor sempre diversa,
:
:che faccilmente ogni scusa
:
Ma ché, inoltrandosi a
:«- Non è Dio, Dio non è privo di fede -
:tacito e
:stolto cui
:ver la Prima Cagion non si concede.
:Dice
:né le cose mortali Ei cura molto,
:miser, né sa come qua giù rivolto
:contro ogni foglia, e
:
:Signor, che Tu non sappia e Tu non sia,
:osano
:per ché la Destra Tua tema non dia
:pena
:
Non
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Fine del libro segondo del'''Inferno Monacale.''
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