Il piacere/VII: differenze tra le versioni
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{{Qualità|avz=75%|data=25 aprile 2010|arg=Da definire}}{{IncludiIntestazione|sottotitolo=[[Il Piacere/Libro secondo|Libro secondo]]<br /><br />II|prec=../I|succ=../III}}
Schifanoja sorgeva su la collina, nel punto in cui la catena dopo aver seguito il litorale ed abbracciato il mare come in un anfiteatro, piegava verso l'interno e declinava alla pianura. Sebbene edificata dal cardinale Alfonso Carafa d'Ateleta, nella seconda metà del <small>XVIII</small> secolo, la villa aveva nella sua architettura una certa purezza di stile. Formava un quadrilatero, alto di due piani, ove i portici si alternavano con gli appartamenti; e le aperture de' portici appunto davano all'edificio agilità ed eleganza, poiché le colonne e i pilastri ionici parevano disegnati e armonizzati dal Vignola. Era veramente un palazzo d'estate, aperto ai venti del mare. Dalla parte dei giardini, sul pendio, un vestibolo metteva su una bella scala a due rami discendente in un ripiano limitato da balaustri di pietra come un vasto terrazzo e ornato di due fontane. Altre scale dalle estremità del terrazzo si prolungavano giù per il pendio arrestandosi ad altri ripiani sinché terminavano quasi sul mare e da questa inferiore area presentavano alla vista una specie di settemplice serpeggiamento tra la verdura superba e tra i foltissimi rosai. Le meraviglie di Schifanoja erano le rose e i cipressi. Le rose, di tutte le qualità, di tutte le stagioni, erano a bastanza pour en tirer neuf ou dix muytz d'eaue rose, come avrebbe detto il poeta del Vergier d'honneur. I cipressi, acuti ed oscuri, più ieratici delle piramidi, più enigmatici degli obelischi, non cedevano né a quelli della Villa d'Este né a quelli della Villa Mondragone né a quanti altri simili giganti grandeggiano nelle gloriate ville di Roma.▼
▲Schifanoja sorgeva su la collina, nel punto in cui la catena dopo aver seguito il litorale ed abbracciato il mare come in un anfiteatro, piegava verso
La marchesa d'Ateleta soleva passare a Schifanoja l'estate e parte dell'autunno; poiché ella, pur essendo tra le dame una delle più mondane, amava la campagna e la libertà campestre ed ospitare amici. Ella aveva usato ad Andrea infinite cure e premure, durante la malattia, come una sorella maggiore, quasi come una madre, senza stancarsi. Una profonda affezione la legava al cugino. Ella era per lui piena d'indulgenze e di perdoni; era un'amica buona e franca, capace di comprendere molte cose, pronta, sempre gaia, sempre arguta, a un tempo spiritosa e spirituale. Pur avendo varcata da circa un anno la trentina, conservava una mirabile vivacità giovenile e una grande piacenza, poiché possedeva il segreto della signora di Pompadour, quella ''beauté sans traits'' che può avvivarsi d'inaspettate grazie. Anche possedeva una virtù rara, quella che comunemente si chiama « il tatto ». Un delicato genio feminile erale di guida infallibile. Nelle sue relazioni con innumerevoli conoscenti d'ambo i sessi, ella sapeva sempre, in ogni circostanza, come contenersi; e non commetteva mai errori, non pesava mai su la vita altrui, non veniva mai inopportuna né diveniva mai importuna, faceva sempre a tempo ogni suo atto e diceva a tempo ogni sua parola. Il suo contegno verso Andrea, in questo periodo di convalescenza un po' strano e ineguale, non poteva essere, in verità, più squisito. Ella cercava in tutti i modi di non disturbarlo e di ottenere che nessuno lo disturbasse; gli lasciava pienissima libertà; mostrava di non accorgersi delle bizzarrie e delle malinconie; non l'infastidiva mai con domande indiscrete; faceva sì che la sua compagnia gli fosse leggera nelle ore obbligatorie; rinunziava perfino ai motti, in presenza di lui, per evitargli la fatica d'un sorriso forzato.▼
▲La marchesa
Andrea, che comprendeva quella finezza, era riconoscente.
Il 12 di settembre, dopo i sonetti
- Cugina, ho trovato la Verità e la Via.
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Ed ella discese nei giardini e Andrea salì alle sue stanze, col cuor sollevato.
Dopo poco, egli udì battere leggermente
- Posso entrare?
Ella entrò portando nella sopravveste e tra le braccia un gran fascio di rose rosee, bianche, gialle, vermiglie, brune. Alcune larghe e chiare, come quelle della Villa Pamphily, freschissime e tutte imperlate, avevano non so che di vitreo tra foglia e foglia; altre avevano petali densi e una dovizia di colore che faceva pensare alla celebrata magnificenza delle porpore
- Oggi è festa - ella disse, ridendo; e i fiori le coprivano il petto fin quasi alla gola.
- Grazie! Grazie! Grazie! - ripeteva Andrea aiutandola a deporre il fascio sul tavolo, su i libri, su gli albi, su le custodie
Ella, poi che fu libera, adunò tutti i vasi sparsi per le stanze e si mise a riempirli di rose, componendo tanti singoli mazzi con una scelta che rivelava in lei un gusto raro, il gusto della gran convivatrice. Scegliendo e componendo, parlava di mille cose con quella sua gaia volubilità, quasi volesse compensarsi della parsimonia di parole e di risa usata fin allora con Andrea per riguardo alla malinconia taciturna di lui.
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- Non mi pare.
- Infatti, non la puoi conoscere.
- Americana?
- No; italiana e di Siena, per giunta. Nasce di casa Bandinelli, battezzata con
Ella seguitava a scegliere le rose e a parlare amabilmente.
Un profumo pieno, inebriante come un vino di
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Due mattine dopo, egli offerì in compenso alla marchesa
<poem>
''Schifanoja in Ferrara (oh gloria
''ove il Cossa emulò Cosimo Tura
''in trionfi
''non vide mai tanto gioconde feste.
''Tante rose portò ne la sua veste
''Monna Francesca
''quante mai
''bianche angelelle, a cingervi le teste.
''Ella parlava ed iscegliea
''con tal vaghezza
''venne una Grazia per le vie del Sole? -
''Travidi, inebriato dalli odori.
''Un verso del Petrarca a
«'' Così partìa le rose e le parole.'' »
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Così Andrea cominciava a riavvicinarsi
Egli intendeva trovare una forma di Poema moderno, questo inarrivabile sogno di molti poeti; e intendeva fare una lirica veramente moderna nel contenuto ma vestita di tutte le antiche eleganze, profonda e limpida, appassionata e pura, forte e composta. Inoltre vagheggiava un libro
In materia di disegno, egli intendeva illustrare con acque forti la terza e la quarta giornata del ''Decamerone'', prendendo ad esempio quella ''Istoria di Nastagio degli Onesti'' ove Sandro Botticelli rivela tanta raffinatezza di gusto nella scienza del gruppo e
Il 15 settembre, un mercoledì, giunse
La marchesa andò, insieme con il suo primogenito Ferdinando e con Andrea, ad incontrar
- Credo che ti piacerà - ella concluse.
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- Perché ridi? - le chiese Andrea.
- Per
- Quale?
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- Non so.
- Ecco: pensavo a un altro annunzio di presentazione e a
- Ah!
- Rido perché anche questa volta si tratta di una incognita e anche questa volta io sarei...
- Ohibò.
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- Io sono ora un ''vas spirituale''.
- Guarda! Dimenticavo che tu hai finalmente trovato la Verità e la Via. «
- Tu citi i miei versi?
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- Che amabilità!
- Del resto, caro cugino,
- Sacrilegio! Sacrilegio!
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- Siamo giunti, cugina.
Ridevano ambedue. Entravano nella stazione, mancando pochi minuti
- Ecco il treno - disse Ferdinando.
La marchesa si avanzò incontro alla ben venuta;
- Francesca! Francesca! - ella chiamava, con una effusione tenera di gioia.
Quella voce fece su Andrea
Donna Maria discese con un atto rapido ed agile; e con un gesto pieno di grazia sollevò il velo fitto scoprendosi la bocca per baciare
- Maria, ti presento mio cugino, il conte Andrea Sperelli-Fieschi
Andrea
Quindi la marchesa presentò Andrea a Don Manuel Ferres y Capdevila. Poi disse, accarezzando i capelli della bimba che guardava il giovine con due dolci occhi attoniti:
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- Ecco Delfina.
Nel ''phaeton'' Andrea sedeva di fronte a Donna Maria e a fianco del marito. Ella non aveva ancor svolto il velo; teneva su le ginocchia il mazzo di Ferdinando e di tratto in tratto lo portava alle nari, mentre rispondeva alle domande della marchesa. Andrea non
- Manuel - dicea ella, discorrendo - partirà venerdì. Poi verrà a riprendermi, più tardi.
- Molto tardi, speriamo -
- Se la mamma non
- Peccato! Il 20
- Come fare?
Il marito taceva: doveva essere di natura taciturno. Di mezza taglia, un poco obeso, un
- Guarda, Delfina, gli aranci tutti fioriti! - esclamò Donna Maria stendendo la mano al passaggio per cogliere un rametto.
La strada infatti saliva tra due boschi
Delfina aveva posate le ginocchia sul sedile e si sporgeva fuor della carrozza per afferrare i rami. La madre la cingeva con un braccio per reggerla.
- Bada! Bada! Puoi cadere. Aspetta un poco
E chinò la testa verso
- Grazie - ella disse.
Aveva un volto ovale, forse un poco troppo allungato, ma appena appena un poco, di
- Dio mio! - esclamò ella, provando a sollevare con le mani il peso delle trecce constrette insieme sotto la paglia. - Ho tutta quanta la testa addolorata come se fossi rimasta sospesa
- Ti ricordi, - chiese Donna Francesca - in conservatorio, quando eravamo in tante a volerti pettinare? Succedevano gran liti, ogni giorno. Figurati, Andrea, che corse perfino il sangue! Ah, non dimenticherò mai la scena tra Carlotta Fiordelise e Gabriella Vanni. Era una mania. Pettinar Maria Bandinelli era
Donna Maria sorrideva,
Andrea pensò che in nessuna delle sue amiche egli aveva posseduta una tal capigliatura, una così vasta selva e così tenebrosa, ove smarrirsi. La storia di tutte quelle fanciulle innamorate
Non erano, veramente, neri. Egli li guardava, il giorno dopo, a mensa, nel punto in cui il riverbero del sole li feriva. Avevano riflessi di viola cupi, di
La sera, nella gran sala che dava sul vestibolo, ella
- Suoni ancóra, tu, Francesca?
- Oh, no - rispose la marchesa. - Ho smesso di studiare, da parecchi anni. Penso che la semplice audizione sia una voluttà preferibile. Però mi do
- Mia cugina è assai modesta, Donna Maria.
- Mi ricordo
Ella parlava di musica con sottilità
- Io ho eseguita ed ascoltata molta musica - diceva ella. - E di ogni Sinfonia, di ogni Sonata, di ogni Notturno, di ogni singolo pezzo insomma, conservo una imagine visibile,
Ella si mise a ridere,
- Ti ricordi, Francesca, in collegio, di quanti commenti in margine affliggemmo la musica di quel povero Chopin, del nostro divino Federico? Tu eri la mia complice. Un giorno mutammo tutti i titoli allo Schumann, con gravi discussioni; e tutti i titoli avevano una lunga nota esplicativa. Conservo ancóra quelle carte, per memoria. Ora, quando risuono i ''Myrthen'' e le ''Albumblätter'', tutte quelle significazioni misteriose mi sono incomprensibili; la commozione e la visione sono assai diverse; ed è un fino piacere questo, di poter paragonare il sentimento presente con il passato, la nuova imagine con
Ella parlava con piena confidenza, forse con una leggera esaltazione spirituale, come una donna che, lungamente oppressa dalla frequentazion forzata di gente inferiore o da uno spettacolo di volgarità, abbia il bisogno irresistibile di aprire il suo intelletto e il suo cuore a un soffio di vita più alta. Andrea
Era una voce ambigua, direi quasi bisessuale, duplice, androgìnica; di due timbri. Il timbro maschile, basso e un poco velato,
E il fenomeno era tanto singolare che bastava da solo ad occupare
- Cantate? - chiese Andrea alla signora, quasi con timidezza.
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- Canta, un poco - la pregò Donna Francesca.
- Si, - consentì ella - ma appena accennando, perché proprio, da più
Nella stanza attigua, Don Manuel giocava col marchese
Donna Maria si mise al pianoforte, dicendo:
- Già che siamo
Ella cantava, accompagnandosi. Nel fuoco del canto i due timbri della sua voce si fondevano come due metalli preziosi componendo un sol metallo sonoro, caldo, pieghevole, vibrante. La melodia del Paisiello, semplice, pura, spontanea, piena di soavità accorata e di alata tristezza, su un accompagnamento chiarissimo, sgorgando dalla bella bocca afflitta
- Oh, Maria mia! - esclamò Donna Francesca, baciando teneramente su i capelli la cantatrice quando tacque.
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- Ancóra! - soggiunse Donna Francesca.
Ella cantò ancóra un'''Arietta'' di Antonio Salieri. Poi sonò una ''Toccata'' di Leonardo Leo, una ''Gavotta'' del Rameau e una ''Giga'' di Sebastiano Bach. Riviveva meravigliosamente sotto le sue dita la musica del <small>XVIII</small> secolo, così malinconica nelle arie di danza: che paion composte per esser danzate in un pomeriggio languido
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