I suicidi di Parigi/Episodio terzo/III: differenze tra le versioni
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La principessa Bianca, dicevano i cortigiani, è una Minerva, come se ne veggono ancora le statue nei Musei. Suo padre l'aveva chiamata Diana. Forse, ei sarebbe restato più nel vero se la si fosse addimandata una Venere contadina!<ref>Non vi pare d'intravedere qui la regina Cristina di Spagna? (N. dell'Editore)</ref>▼
▲La principessa Bianca, dicevano i cortigiani, è una Minerva, come se ne veggono ancora le statue nei Musei. Suo padre
La statura s'innalzava un poco al di sopra della mezzana, ma bene assisa sulle groppe e solidamente costrutta. Nell'insieme, svelta ed armoniosa. Non si appiccava l'epiteto di piccino nè ai suoi piedi, nè alle sue mani; ma le sue mani seducevano, i suoi piedi provocavano.▼
▲La statura
Io mi sono sempre dimandato perchè dei piedi graziosi, piccoli, inarcati, elastici, provocassero, solleticassero. Che mi si parli delle labbra, io lo comprendo. Delle labbra rosse, leggiermente umide, a pelle fina, a palpitazione soave, a polpa attraente - delle labbra, insomma, come quelle della principessa Bianca - sono un focolaio di amore a getto continuo, che danno i brividi. Que' piccoli denti - che debbono morsicchiare sì bene - sembrano una frangia tagliata in un petalo di magnolia! Quegli occhi neri, grandi, lucenti, che vi avviluppano e vi penetrano; che riverberano l'infinito; che rivelano l'abisso; ove il piacere è re; ove l'amore è tiranno... appiccano l'incendio dovunque si posano, la disperazione dovunque passano, fanno paura se s'inalberano, uccidono se diventano languenti. Le sopracciglia che li coprono scoppiettano scintille se si aggrottano.▼
▲Io mi sono sempre dimandato perchè dei piedi graziosi, piccoli, inarcati, elastici, provocassero, solleticassero. Che mi si parli delle labbra, io lo comprendo. Delle labbra rosse, leggiermente umide, a pelle fina, a palpitazione soave, a polpa attraente - delle labbra, insomma, come quelle della principessa Bianca - sono un focolaio di amore a getto continuo, che danno i brividi.
La fronte di Bianca non è alta, ma levigata e candida e si perde nelle onde infinite di una capigliatura nera e vellutata - che morde il freno, lo rode ed irrompe - correndo dietro alle carezze della brezza ed ai raggi del sole.
La sua fiera narice è crudele e voluttuosa, altera e provocatrice. Il soffio che
La vita, esuberante, lussuosa, irresistibile, inebriante, impetuosa, esigente, scoppia da tutti i suoi lineamenti. Il color vivo delle sue guance la rivela. Bianca invita al festino degli dei, che inizia alla beatitudine, ma che uccide se vi vi si tuffa con abbandono. Chi non vorrebbe morire su quel petto, la bocca applicata a quel collo serico e bianco - il serpente
Malgrado la vivacità e
Nulla di più goffo se ella danzava. A ginocchio, un libro alla mano, nella cappella, alla messa, era disperatamente ridicola e meschina. Un bicchiere alla mano, a tavola, ella avrebbe fatto scoppiare Arianna di gelosia.
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Non pertanto, ella suonava bene il piano, il quale sotto la sua mano potente scoppiettava come una frusta, scintillava, espettorava dei suoni come colpi di pistola. Laonde ella non suonava mai sempre che arie guerresche, inni spietati, sinfonie tempestose, finali gremiti di antitesi ed orripilanti.
Il piacere che
Malgrado ciò, era sensibile alle lagrime, e gli atti generosi la facevano singhiozzare. Un uomo ucciso la colpiva; un fiore appassito
Una principessa non è dessa una piuma, cui il vento deve un giorno trasportare Dio sa su quale riva?
Il moto era per lei la vita; il riposo la spegneva. Aveva
Eccola adesso sur un ginetto andaluso nei viali della foresta.
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Quindici giorni di reclusione le davano il farnetico del movimento.
Il suo occhio si dilatava, le sue narici si gonfiavano, il suo seno si apriva. I suoi colori, un istante impalliditi, rifluivano trionfanti. La sua testa sfidava il nugoleto che si granulava di fulmine e
I suoi fratelli e
Un solo cavaliere, il duca di Balbek, si teneva ai suoi fianchi, attaccato al suo abito, gualcendo sovente la sua amazzone in quella corsa scapigliata. I loro cavalli erano ebbri di demenza. Tutto è fiamma intorno a loro: il pelo dei cavalli, i ferri dei piedi, gli occhi dei padroni,
Ove van dessi? verso il limite illimitato: in niun luogo! Avanti! poi avanti! avanti sempre!
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- Mica male! - sclama la principessa. Per un primo saggio ve la siete tirata bene. Promettete qualcosa.
- Non sono io
- Ritorniamo. La bufera bufonchia. Se il nuvolo crepa voi andrete a pigliare un cimorro; ne ò paura!
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- In questo caso non vi accimorrerete mai al mio seguito. Voi non andate dunque mai al ballo, voi? mai allo spettacolo?
-
Rivennero su i loro passi e traversarono i cedui.
Era la fine di maggio. La natura fremeva ancora del suo immenso andare in amore - ciò che si armonizzava completamente con
Camminavano adesso fianco a fianco, a passo lento, in silenzio.
La natura cantava sotto gli abbracciari del sole che divenivano più incalzanti. La cervia, sbalordita dal rumore cui la caccia spandeva lontano, si ritirava nei suoi folti appartati. Il caprioletto saltellava intorno ai cavalli. Il daino bramiva.
La caccia del giorno era ai lepri, ai conigli, agli uccelli, di cui si compiè
La volpe, cauta e curiosa, si teneva in distanza,
Che gaiezza poi nei rami! Che cinguettìo, che garrito, che gorgheggi, che saltellare, che strepito di ali, che beccheggiare, che lascivia! Che negghianza negli uni, che inquietudini per la casa negli altri! Che spanto di pietre preziose negli occhi, nelle ali, nelle goliere, nei ciuffetti, nei pennacchi! Quei fiori
Un olezzo indefinito si spandeva
La natura fondeva i colori, i profumi, le voci, le scintille, i sentimenti ed i gradi.
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Si aspettava Bianca ed il duca per asciolvere e tornare al castello.
Si era ucciso una montagna di lepri, di conigli, di palombi, di merli, qualche riccio, qualche istrice, qualche scoiattolo, molti fagiani. Si era ucciso per uccidere. Imperciocchè tutto ciò, in quella stagione, non valeva nulla. Non era la caccia, era
Bianca non aveva scaricato il suo fucile. Ella non era venuta per dar mano a quel massacro, ma per bagnarsi
Il duca di Balbek
Ed io mi penso che
Gli staffieri ed i bracchieri, che li seguivano in distanza, li smarrivano talvolta nel laberinto dei folti e nei sentieri della foresta, cui gli stessi guardacaccia visitavano di raro.
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E quanti accidenti in quelle scappatucce!
Ieri,
- Che punto di vista magnifico. Voi non lo ammirate, voi?
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- Aiutatemi adesso a rimontare a cavallo.
Ed il duca la prendeva nelle sue braccia, adagiava il di lei piede nella staffa, aggiustava, o disordinava
- Oh! come quella glycina bleu è bella ed olezza bene! Andate a cogliermela.
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Ed il duca correva, e le cacciava poi dentro al busto il grappolo del fiore colto.
-
Ed il duca le prestava la sua spalla per saltar di cavallo. Ed ella toglieva i guanti, si stendeva lunga lunga alla ripa del rivolo, attingeva
- Bravo! ò perduto la mia pezzuola. Prestatemi la vostra, duca.
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Quanto cammino compiuto, ma quanta distanza ancora!
Non pertanto, il vaso si empiva,
Una gocciola ancora!
Tuttavia, non mai un motto galante, non mai
Gli antenati di S. M. Claudio III erano stati cacciatori.
La loro capitale era circondata di residenze di caccia
Oltre quelle foreste, quei parchi, quei palazzi di caccia vicino alla città, ve
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Bianca ed il suo cavaliere salirono in sedia di posta e vi arrivarono alle nove.
Due ore di viaggio,
Si parlò poco.
Ma presto, in sella. Il sole carica: i suoi raggi sferzano; maggio spira. In via. Si servirà
Ed il galoppo furibondo e scarmigliato cominciava.
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Chi potrebbe seguire Bianca, che sembra pigliare le ali!
Ella
In mezzo a quel guazzabuglio di pini, di cedri, di abeti, di criptomerie che si rizzano svelte e spigliate come colonne, si sarebbe creduto trovarsi nella moschea di Cordova - di cui si è fatta una cattedrale! Il sole, a traverso i rami, zebbrava il suolo di rabeschi fantastici. La mandevillea, dai grossi mazzi di fiori bianchi che olezzano il gelsomino, invadeva quelle colonne. La phylophora, dai pampani lucenti, circondava le loro basi e si slanciava in pergole. La maurandia, dai fiori purpurei, ed il phoseolus, dai fiori rosei carichi di profumo, spiegavano le loro cortine. Un ruscello accompagnava della sua sordina i gorgheggi dei rosignuoli, le improvvisazioni alla diavola di una folla di piccoli uccelli che si apparecchiavano a fare la loro siesta. Il suolo era tappezzato di una giovane felce tenera e fresca.
-
Il duca le porse il braccio. Ella si lasciò cadere in braccia a lui - tanto sembrava affaticata! Si assise sur un cespo di erbe, ed il duca legò i cavalli ad un albero.
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Bianca sorrise.
La di lei testa
Gli aliti si confusero. Gli occhi si chiusero. I capelli
Come ciò avvenne? Per quale contorsione di collo ebbe ciò luogo? Nol so. Ma la bocca
Bianca dormiva.
Le loro labbra tremolarono. Un rumore sordo, come una foglia di rosa che si squarci, ne seguì. Quelle due bocche restarono così a ricamare, per tutto il tempo che
Infine, ella si svegliò in sussulto e gridò:
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- Come! Vi sarebbero ancora degli Alain Chartier, che meritino di essere baciati sulla bocca dalle principesse... attempatelle?
- Io credo, Altezza, che qualunque uomo che dica ad una donna: Io
-
- Io non
La principessa si alzò di un lancio e risalì a cavallo, appoggiandosi appena al braccio del duca.
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Ella tirò un colpo di fucile e partì al galoppo.
Arrivata al crocicchio, Bianca tirò un altro colpo ed ordinò a Balbek di fare altrettanto. Poco dopo uno dei bracchieri comparve
La principessa entrò in un sentiero, al passo, ed il bracchiere la raggiunse.
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Bianca sembrava offesa; il duca affranto. E camminava dietro, apostrofando il suo cavallo.
Quella parte della foresta era scura e bassa. Delle roccie bianche, seminate qua e là, le davano
- Mastro Alain Chartier in prosa, capite voi ciò che quelli amabili piumiferi ci vogliono dire?
- Altezza, io
- Davvero! E che dicon esse dunque?
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Si volse a sinistra, ed un quadro maraviglioso si presentò ai loro sguardi.
Il viale metteva capo al lembo di un burrone. Di fronte, si rizzava altissimo uno scoglio rossastro a foggia di mitra, sormontato da un picco, come il corno dei dogi di Venezia. Un torrente scendeva ad infrangersi contro quel corno, e
Il Cristo, sul Tabor, ebbe a trasfigurarsi così.
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Lo staffiere prese i cavalli. La principessa si appoggiò al braccio del duca, e cominciò a discendere il burrone.
- Aprite dunque il vostro paracqua -
- A traversare il mar Rosso a piede secco, ma al capo innondato - soggiunse il duca.
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Passarono infatti sotto la parabola della cascata, a destra, avendo sulla testa quella vôlta di cristallo soffusa di luce. Salirono qualche scaglione tagliato nella roccia, poi entrarono sotto una specie di galleria che forava il masso di lungo a lungo.
Quando furono al centro, si trovarono in una camera pellicciata di quercia. Un ovale, chiuso da un doppio cristallo, sporgendo sur una piccola piattaforma, rischiarava il luogo.
Il sole del pomeriggio rischiarava la stanza. Il rumore della caduta
- Signor duca di Balbek - parlò la principessa Bianca, con una dignità tragica, che faceva fremere la deliziosa pelugine del suo labbro superiore; - io
- Mille grazie, Altezza. E che il buon Dio sia assai clemente e grazioso per mandarci del dessert dalla sua tavola.
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