I rossi e i neri/Secondo volume/XXIV: differenze tra le versioni
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{{IncludiIntestazione|sottotitolo=[[I rossi e i neri/Secondo volume|Secondo volume]] - XXIV.<br/>Che potrebbe, in via di metafora, intitolarsi "La prima ai Corinzii".|prec=../XXIII|succ=../XXV}}
Sono le quattro dopo il meriggio, ora in cui il ceto dei negozianti suole aver posto fine al lavoro, e i granaiuoli, i sensali, i cambiatori, e simili, chiuso il banco, lo scrittoio, il telonio e via discorrendo, se ne vanno da buoni padri di famiglia ai taglierini domestici. Ma non è chiuso ancora il banco Cardi Salati e C., nè accenna a volersi chiudere così presto, poichè in anticamera c'è ancora il galoppino, che sonnecchia a gomitello sulla sponda d'un tavolino, di rincontro alla finestra, aspettando che qualcheduno lo chiami dalla seconda camera, ove sta un giovine di banco, o dalla terza, che è il sancta sanctorum dei due principali.▼
▲Sono le quattro dopo il meriggio, ora in cui il ceto dei negozianti suole aver posto fine al lavoro, e i granaiuoli, i sensali, i cambiatori, e simili, chiuso il banco, lo scrittoio, il telonio e via discorrendo, se ne vanno da buoni padri di famiglia ai taglierini domestici. Ma non è chiuso ancora il banco Cardi Salati e C., nè accenna a volersi chiudere così presto, poichè in anticamera
Il banco sullodato (passateci l'aggettivo) era al terzo piano d'una casaccia nerastra, posta in una di quelle viuzze che adornano i pressi della via San Luca. Ci si ascendeva per una scala stretta, buia, umidiccia, ogni pianerottolo della quale godeva, la mercè d'una smilza apertura decorata del nome di finestra, non già la luce, perchè la luce è una cosa chiara, ma un'ombra crepuscolare, bastante a lasciar vedere le centinaia di ragnatele polverose che spenzolavano nel vano di una chiostra, la quale, anzi che il pozzo d'aria, poteva dirsi l'immondezzaio dei sette piani della casa. Il che piaceva, e s'intenderà di leggieri, a quattro o cinque galline che razzolavano in fondo, non già alle centinaia di ragni de' piani superiori, che vedevano ad ogni tratto sfondati da bucce e torsi di cavolo i loro sapienti tessuti.▼
▲Il banco sullodato (passateci
Che cosa aspettavano quei ragni? che frutto si ripromettevano dalle lor reti, che andavano rimendando sollecitamente ad ogni nuovo strappo? Colà non si perigliavano mosche nè moscerini, allegri figli della luce, e tenerissimi della madre loro. Quei poveri ragni tiravano là, per amore dell'arte, aspettando tempi migliori, che non giungevano mai, e senza sapersi risolvere a mutar di paese. Amavano, avevano prole, condannata a vivacchiar di speranza e a morir di inanizione com'essi.▼
▲Che cosa aspettavano quei ragni? che frutto si ripromettevano dalle lor reti, che andavano rimendando sollecitamente ad ogni nuovo strappo? Colà non si perigliavano mosche nè moscerini, allegri figli della luce, e tenerissimi della madre loro. Quei poveri ragni tiravano là, per amore
Una bella ragnatela, e largamente fruttuosa, era al terzo piano che abbiam detto. Colà ma non all'aria aperta, prosperavano tre ragni in una medesima buca, due noti e visibili, il Cardi e il Salati, il terzo nascosto all'ombra d'un C., che era il discepolo di Bonaventura. Si davano ad ogni maniera di traffichi, o, per meglio dire, d'intrugli, pei quali ci avevano i loro mezzani, che, all'occorrenza, e per salvare l'onoratezza del banco, il quale apertamente non imprestava denari oltre il sei d'interesse, assumevano apparenza di capitalisti. E da quella triade nascosta uscivano i più sottili accorgimenti che ingegno di strozzino potesse immaginare; quello ad esempio dei nòccioli di pèsche, il quale va raccontato. Ab uno disce omnes.▼
▲Una bella ragnatela, e largamente fruttuosa, era al terzo piano che abbiam detto. Colà ma non
Un giovanotto di buon casato, a cui non potevano un giorno mancare le sue quarantamila lire d'entrata, ma che appunto per la larghezza delle speranze, non poteva rassegnarsi ad attendere in pace (i padri eterni, lo dice il proverbio, fanno i figliuoli crocifissi), aveva bisogno di denaro. Ogni somma gli bastava; seimila lire, diecimila, ventimila; fossero anche state centomila, le avrebbe accettate, sottoscrivendo la sua brava obbligazione a babbo morto.▼
▲Un giovanotto di buon casato, a cui non potevano un giorno mancare le sue quarantamila lire
I sensali, a cui si rivolse, gliene proffersero due mila, s'intende in mercanzie «di sua piena soddisfazione, per rivenderle e farne commercio» come doveva essere scritto in una cambiale a tre mesi. Nè il genere dell'obbligazione, a scadenza troppo breve, nè il fatto delle mercanzie, piacevano al giovanotto; ma la necessità dei cumquibus l'aveva stretto alla gola, e poichè i sensali gli ebbero detto che una cambiale poteva rinnovarsi, e che le mercanzie potevano vendersi il giorno stesso, chinò la testa e passò sotto le forche caudine, pigliando, per una cambiale di due mila lire, venti quintali di nòccioli di pèsche.▼
▲I sensali, a cui si rivolse, gliene proffersero due mila,
- Che roba è questa? - aveva esclamato il giovinotto, innanzi di sottoscrivere.
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E andarono da uno dei più riputati della città, il quale comperava quella derrata a una lira e venti centesimi il chilogramma, ed era pronto a pigliarne anche quattro quintali.
- Ma noi li abbiamo in partita; venti quintali, ce
- Son troppi pel mio bisogno; - disse il confettiere. - Ma via, per far piacere, li piglierò a una lira e dieci.
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- Anche subito. -
Al giovinotto pareva di sognare. Quella robaccia valer tanto! La sua mente si sentì sollevata
- Vede Ella? - gli andava dicendo frattanto il sensale. - È affar fatto. Il confettiere è una birba, che ci guadagna ancora il trenta per cento, perchè i nòccioli si pagano una lira e cinquanta al chilogramma, e a volte anche più caro, laddove noi gli si dànno a una e dieci. Del resto Ella non ci perde, anzi fa un contratto
- In verità, me ne duole; - disse il giovinotto, - povero capitalista! non gli si fa forse un mal tiro?
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Per tal modo chetati gli scrupoli del compratore, la cambiale passò nelle mani del capitalista, e la mercanzia fu allogata in un magazzino pigliato a bella posta in affitto dal giovine. Il confettiere vide allora la merce, e guardò in volto quei due, in aria di chiedere se avessero voluto dargli la baia.
- E che debbo io farmene di questa roba? - gridò egli finalmente, vedendo di aver dinanzi non un canzonatore, ma un canzonato. - Si dice nòccioli, ma
E se
La gherminella dispiacque al nostro giovine, rimasto padrone di venti quintali di nòccioli; ma che farci? Bastonare il sensale? Questa era
I nòccioli furono stacciati; ma, come i lettori facilmente argomentano, la rammendatura fu peggiore dello strappo; e il giovanotto ebbe da aggiungervi la paga delle donne e dei ragazzi che lavorarono, di martello sui nòccioli, e di dente
Di tal fatta erano stati i negozi del banco Cardi Salati e C.
Per tornare al racconto, il banco era aperto; ma il sancta sanctorum che abbiamo accennato più sopra, era chiuso da dentro; indizio certo che
Che cosa faceva il signor Salati, chiuso là dentro? Era solo, abbiam detto, ma solo,
Come son cari gli amici! E come giungono, quando meno
Ma ogni estasi ha il suo fine; se così non fosse, avremmo in terra le beatitudini del paradiso. Al signor Salati fu interrotto quel passatempo dolcissimo da un colpo discretamente battuto
- Chi è?
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- Son io, Salati.
- Ah, il nostro dottore! - disse il Salati, aprendo
- Orbene? - entrò subito a dimandargli il dottore.
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- Tutto fatto a dovere.
- Ah finalmente! - esclamò il Collini, traendo un sospiro di contentezza. - E come
- Che avvocato? che fiscale? - strillò il Salati, ghignando.
- Credevo ci foste andato subito; - disse
- No, no; e neanche
- Ma che cosa avete fatto? Suvvia, parlate, non mi tenete sulla corda! - gridò impazientito il Collini.
- Chetatevi! chetatevi! Ora vengo al busilli. Non volevo darvi la nuova così
Il Collini, che già si sentiva soffocar dalla stizza, gli volse le spalle e andò a sedersi sopra un divano, dove depose, anzi buttò con piglio sdegnoso il cappello.
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- Ih, che furia! Eccole qui, le vostre cambiali, anzi qualcosa di meglio che le vostre cambiali. -
E andato alla scrivania, presso cui fu sollecito a seguirlo il Collini,
- Eccoli! -
Il Collini, veduti i biglietti, era rimasto come fulminato, e, sentendosi venir meno le forze,
- Ma ditemi, per
- Vi contento subito, purchè mi lasciate parlare. Al tocco mi son mosso di qui per andare dai fratelli Teirasca, come mi avevate raccomandato di fare. La vuol finir male, dicevo tra me. Il Marsigli non sa nulla; il Montalto non ha quattrini, e
- Le perdevo del mio! - interruppe il Collini.
- Lo capisco; anzi, a dir vero, non perdevate nulla, poichè
- Maledizione! - urlò il Collini, che si era contenuto fino a quel punto, per sentire tutti quei particolari. - Tutto ciò è strano, assai strano. Donde
- A caval donato non si guarda in bocca, - sentenziò placidamente il Salati. - Abbiamo fatto un negozio stupendo. Di sessantamila abbiamo centomila in due mesi; abbiam messo il nostro denaro, se la memoria non mi gira nel manico,
- Oh voi non vedete altro che il guadagno! - brontolò il Collini, che andava a passi concitati su e giù per la camera.
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Il Collini gli rispose con una crollata di spalle, e continuò borbottando la sua passeggiata.
- Ma scusatemi, veh! - proseguì
- Sicuramente! - gridò il Collini, piantandosi sui due piedi in faccia al collega, che rimase con tanto
- Sì, lo ricordo benissimo; - interruppe il Salati. - Ci avete detto che non occorreva; che anzi avevate il dubbio che la firma del Marsigli non fosse autentica, ma che a voi non importava nulla, poichè
- Ma non intendete voi che io le volevo perdere, quelle sessantamila lire?
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- Perderle? e perchè?
- Il perchè lo so io. E adesso, la vendetta
- Capisco, - disse il Salati, - che se le centomila lire non
- Non dicevate così, per lo innanzi!
- E mi disdico;
- Siete un asino, voi! - rispose furibondo il Collini.
E pigliato il cappello, se
- Asino! asino a me? - fischiò, digrignando i denti, l'ometto paffuto. - Te lo darò io l'asino, tra due mesi, alla stretta dei conti! -▼
▲- Asino! asino a me? - fischiò, digrignando i denti,
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