I misteri della jungla nera/Parte II - Capitolo VII - I fiori che addormentano: differenze tra le versioni

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Quando Tremal-Naik tornò in sé, si trovò rinchiuso in uno stretto sotterraneo illuminato da un piccolo spiraglio difeso da una doppia fila di grosse sbarre e solidamente legato a due anelli di ferro, infissi in una specie di colonna.
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Dapprima si credette in preda ad un brutto sogno ma ben presto si convinse che era realmente prigioniero.
 
Una vaga paura s'impossessòs’impossessò allora di quell'uomoquell’uomo, che pur aveva dato tante prove di un coraggio sovrumano.
 
Cercò di riordinare le idee, ma nel suo cervello regnava una confusione che non riusciva a diradare. Si rammentava vagamente di Negapatnan, della fuga di lui, della limonata, ma nulla di più.
 
- Chi può avermi tradito? - si chiese, rabbrividendo. - Cosa accadrà ora di me? Cos'èCos’è questa nebbia che mi offusca il cervello?... Che mi abbiano ubbriacato con qualche bevanda a me sconosciuta?
 
Fece uno sforzo per alzarsi, ma subito ricadde; aveva udito aprirsi una porta.
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- Sono più terribili degli uomini. Rappresentano la dea Kâlì.
 
- T'inganniT’inganni, Bhârata! T'inganniT’inganni!
 
- Tanto peggio. -
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- Questa notte bisogna fuggire, - mormorò, - o tutto è perduto.
 
La giornata trascorse senza che qualche cosa di nuovo accadesse. A mezzodì e al tramonto fu portata al prigioniero un'ampiaun’ampia scodella di ''curry'' e una coppa di ''tody''.
 
Appena il sole tramontò dietro le foreste e l'oscuritàl’oscurità nella cantina divenne fitta, Tremal-Naik respirò. Stette cheto per tre lunghe ore, temendo che qualcuno improvvisamente entrasse, poi si mise alacremente all'operaall’opera per tentare l'evasionel’evasione.
 
Gli indiani sono famosi nel legare le persone ed occorre una lunga pratica per sciogliere i loro nodi complicatissimi. Tremal-Naik per fortuna possedeva una forza prodigiosa e buoni denti.
 
Con una scossa allentò una corda che gl'impedivagl’impediva di curvare la testa poi, pazientemente, non badando al dolore, avvicinò uno dei polsi alla bocca e si mise a lavorare coi denti, tagliando, segando, sfilacciando.
 
Riuscito a tagliare la corda, sbarazzarsi degli altri legami fu per lui l'affarel’affare d'und’un sol momento.
 
S'alzòS’alzò stiracchiandosi le membra indolenzite, s'avvicinòs’avvicinò poscia alla feritoia e guardò fuori.
 
La luna non era ancora sorta, ma il cielo era splendidamente stellato.
 
Buffi d'ariad’aria fresca e imbalsamata dal profumo di mille diversi fiori, entravano per la feritoia.
 
Nessun rumore veniva dal di fuori, né persona umana scorgevasi sulla fosca linea dell'orizzontedell’orizzonte.
 
Il prigioniero afferrò una delle sbarre e la scosse furiosamente; la curvò ma non la spezzò.
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- Sono perduto, - mormorò, con ispavento. - Eppure non voglio morire, non voglio scendere nella tomba ora che la felicità è vicina.
 
S'avvicinòS’avvicinò alla porta, ma s'arrestòs’arrestò di botto. Un sordo mugolìo, che veniva dal di fuori, era giunto improvvisamente fino a lui.
 
Volse la testa verso la feritoia e la vide occupata da una massa oscura in mezzo alla quale brillavano due punti luminosi, verdognoli.
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Una speranza gli attraversò il cervello.
 
- Darma!... Darma!... - mormorò con voce tremante per l'emozionel’emozione.
 
La tigre emise un secondo brontolìo, scuotendo le spranghe di ferro. Il prigioniero s'avventòs’avventò verso la feritoia, afferrando le zampe della fedele bestia.
 
- Sono salvo! - esclamò egli. - Brava Darma, lo sapevo che tu saresti venuta a trovare il tuo padrone. Ora non temo più il capitano né il suo sergente.
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La fiera scosse la testa e partì colla rapidità di una freccia.
 
- Va'Va’, - diceva l'indianol’indiano, seguendola cogli occhi.- Essi comprenderanno quale pericolo io corro e verranno a salvarmi o mi daranno almeno un mezzo qualsiasi per evadere.
 
Passò una lunga ora. Tremal-Naik aggrappato convulsivarnente alle sbarre, attendeva ansiosamente il ritorno, in preda a mille timori.
 
D'unD’un tratto nel fondo della pianura scorse la tigre che s'avvicinavas’avvicinava con balzi giganteschi.
 
- Se la scoprissero? mormorò, tremando.
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Fortunatamente Darma poté giungere fino alla feritoia senza essere stata scoperta dalle sentinelle. Al collo portava un grosso involto che Tremal-Naik, con gran pena, riuscì a far passare tra le sbarre.
 
L'aperseL’aperse. Conteneva una lettera, una rivoltella, un pugnale, delle munizioni, un laccio e due mazzolini di fiori accuratamente rinchiusi in due vasi di cristallo.
 
- Cosa significano questi fiori? - si domandò, sorpreso.
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Grandi pericoli ci minacciano e la tua evasione è necessaria.
 
Unisco alle armi due mazzi di fiori. I bianchi addormentano, i rossi combattono l'efficacial’efficacia dei bianchi.
 
Addormenta le sentinelle e tieni ben appresso i rossi. Una volta libero, espugna l'abitazionel’abitazione e tronca la testa del capitano. Nagor segnalerà la sua presenza col noto fischio e ti presterà man forte. Affrettati.
 
Kougli
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Forse qualche altro si sarebbe spaventato nel leggere quella lettera, ma non così Tremal-Naik. In quel momento supremo si sentiva tanto forte da espugnare la casa anche senza l'aiutol’aiuto di Nagor.
 
- L'amoreL’amore mi darà la forza e il coraggio per operare il miracolo, - aveva detto egli.
 
Nascose le armi e le munizioni sotto un mucchio di terra e tornò alla feritoia.
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- Vattene, Darma, - le disse. - Tu corri un gran pericolo.
 
La tigre s'allontanòs’allontanò, ma non aveva fatto venti passi che s'udìs’udì una delle sentinelle gridare:
 
- La tigre!... La tigre!...
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Vi tenne dietro un colpo di fucile.
 
Un'altraUn’altra detonazione rimbombò, ma la brava bestia aveva raddoppiata corsa e in breve tempo fu fuori di vista.
 
S'udìS’udì un rumore di passi precipitati ed alcuni uomini s'arrestaronos’arrestarono dinanzi alla feritoia.
 
- Ehi! - esclamò una voce che Tremal-Naik riconobbe per quella di Bhârata. - Dov'èDov’è la tigre?
 
- È scappata, - rispose la sentinella che stava nella veranda.
 
- Dov'eraDov’era?
 
- Presso la feritoia.
 
- Scommetterei cento rupie contro una, che è un'amicaun’amica di Saranguy.
 
Presto, due uomini nella cantina o il briccone ci sfugge.
 
Tremal-Naik aveva udito tutto. Prese i due vasi, li spezzò, gettò i fiori bianchi nell'angolonell’angolo più oscuro, nascose i rossi in seno e si sdraiò addosso al palo, accomodandosi attorno al corpo le corde e stringendole meglio che poté.
 
Era tempo! Due sipai armati e muniti d'unad’una torcia resinosa entrarono.
 
- Ah! - esclamò uno. - Ci sei ancora, Saranguy?
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- Puoi dormire, mio caro, e con tutta tranquillità poiché noi veglieremo.
 
Tremal-Naik alzò le spalle, s'appoggiòs’appoggiò al palo e chiuse gli occhi. I due sipai, piantata la fiaccola in una spaccatura della parete, si sedettero per terra colle carabine fra le ginocchia.
 
Erano trascorsi appena pochi minuti quando Tremal-Naik avvertì un acuto profumo che davagli alla testa, malgrado i fiori rossi che tramandavano un profumo non meno acuto e affatto speciale.
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- Provi nulla tu? - chiese il soldato più giovane, dopo qualche tempo.
 
- Sì, - rispose il compagno. - Mi pare d'essered’essere...
 
- Ubbriaco, vuoi dire.
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La conversazione cadde lì. Tremal-Naik, che stava attento, li vide chiudere a poco a poco gli occhi, riaprirli tre o quattro volte, poi richiuderli. Lottarono ancora per qualche minuto, poi caddero pesantemente a terra, russando sonoramente.
 
Era il momento d'agired’agire. Tremal-Naik si strappò di dosso i legami e silenziosamente s'alzòs’alzò.
 
- La libertà...! esclamò.
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Andò a prendere le armi, legò solidamente i due addormentati e slanciossi verso la scala.
 
 
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