I Viceré/Parte terza/9: differenze tra le versioni
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La situazione del collegio era questa: smantellata la rocca affaristico-conservatrice che per
Appena andato via dal Municipio, aveva cominciato il lavorìo fuori città, nelle sezioni rurali. Popolani e contadini si svegliavano laggiù alla politica;
Quasi da per tutto si guadagnava simpatie e accaparrava voti. Il solo fatto che don Consalvo Uzeda principe di Francalanza faceva loro una visita, disponeva quegli umili in favor suo. Le strette di mano, i discorsi famigliari, le grandi frasi e le promesse convertivano i più restii. Molti però recalcitravano; egli otteneva tuttavia
E ancora non si parlava
Stretto il patto con Giardona, restava da scegliere tra il Lisi e il Vazza per formare la triade. Egli voleva mettersi con
La legge della riforma era ancora dinanzi al Senato che già ogni sera riunivasi gente in casa del principe: nobili parenti, impiegati comunali, maestri elementari, avvocati, sensali, appaltatori: un veglione. Il quartiere di gala era aperto al pubblico; egli non relegava gli elettori nelle stanzette buie
"Hanno ragione!" rispondeva, sorridendo. "il mio più grande titolo
Ciò che egli esprimeva con la facezia era la verità. "Principe di Francalanza": queste parole erano il passaporto, il talismano che operava il miracolo di aprirgli tutte le vie. Egli sapeva che le dichiarazioni di democrazia non gli potevano nuocere presso gli elettori della sua casta, poiché costoro non lo credevano sincero ed erano sicuri di averlo, al momento buono, dalla loro;
Lavorava come un cane a far visite, a scriver lettere, a dirigere i suoi galoppini, a presiedere le adunanze del comitato. La notte stentava a prender sonno, con la mano scottata dal contatto di tante mani sudice, sudate, ruvide, incallite, infette; con la mente infiammata
"
Era la zia Lucrezia. Egli si fermò ad ascoltare.
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"Vostra Eccellenza mi perdoni," rispondeva dolcemente Teresa, "ma parlare così contro suo nipote..."
"Mio nipote?... Che nipote?..." vociferava
"Zia!"
"Di quel bestione di Monsignore, che non vuole appoggiare mio marito. Invece di fare il giuoco di Vazza, dovrebbe sostener Benedetto, che è stato sempre moderato e perciò più vicino ai clericali! E mi meraviglio più di te, che non vuoi spendere una parola per tuo zio!... Ma gli parlerò io! Ho lingua, e posso parlar da me! Se tutti abbandonano Benedetto, ci sono qua io! Io non
Contenendo le risa, Consalvo entrò. Appena lo vide, Lucrezia levossi.
"Ti saluto, ho da fare," disse alla nipote; e senza guardarlo, quasi non
Consalvo si mise a ridere.
"Quella pazza
"Poveretta, non ne dir male," rispose Teresa con pietosa indulgenza.
"È già una fortuna che tu non le dia ragione! Voleva che pei begli occhi di suo marito io rinunziassi
"Sì."
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"Né io né essi parliamo di queste cose."
"Di che parlate allora, spiegami un
Al tono leggermente canzonatorio di Consalvo, la duchessa chiuse gli occhi un momento, quasi ad attinger forza per affrontare le contraddizioni, quasi a pregare pel miscredente.
"Parliamo, in questi giorni,
Egli sapeva qualcosa, così in aria,
"È
"Questi li chiami segni della Grazia? Sono fenomeni isterici!"
Teresa tacque un poco, con la stessa espressione
"Vuol dire che hanno chiamato dottori asini..."
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"Il Santo Padre ha ordinato che i cattolici non vadano alle urne come partito..."
"Ah!... Dunque sai che
"Non è difficile intenderlo."
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"Va bene, va bene!... E come singoli cittadini, i cattolici che fanno?"
"Appoggiano, talvolta, chi più
"Cioè?"
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"Chi crede."
Le due parole significavano: "Tu non sei fra questi; ecco perché io non posso fare nulla per te." Ma Consalvo, che faceva
"Chi crede a che cosa?"
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"Al trionfo della Chiesa!"
"Anche tu?..." cominciò Consalvo, sul punto di protestare, di dire il fatto suo a
"Sopra i suoi nemici e i suoi persecutori."
"Chi sono? Dove sono? In Italia? In Francia? Sentiamo un
Ella disse, seriamente:
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Ella alzò il capo e socchiuse gli occhi, quasi ispirandosi.
"Nascerà," disse, "un gran monarca, dalla diretta progenitura di San Luigi di Francia, e si chiamerà Carlo. Egli farà
Questa volta Consalvo non riuscì a frenare le risa.
"Ah! Ah! Ah!...
"Che
"Sì! Sì!... Ma donde
Ella stese il braccio verso una scansietta piena di libri e vi prese un volumetto legato con pelle nera e dorato sui tagli. Consalvo lesse sul frontespizio:
"Padre Gentile, Eccellenza."
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Il prete inchinossi profondamente. Consalvo lo squadrava da capo a piedi. Un altro, adesso! Quella casa diventava una sacrestia!
"Il Padre," aggiunse Teresa, rivolta al fratello, "ha la bontà di dirigere
"Io sono ben lieto," rispose
"Non è siciliano?" gli domandò Consalvo, per dire qualcosa, perché non paresse che andava via subito, ma impaziente di svignarsela poiché
"Signor no, sono romano" rispose il Padre.
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"Tanto piacere..." fece il principe, alzandosi.
Il prete
"Dunque?" insisté Consalvo. "Che bisogna fare per ottenere
"Ma io non valgo a nulla!..." protestò Teresa, con un discreto sorriso.
"Bisogna giurare fedeltà a Carlo, al Gran Monarca?... Non
"Uno dei Padri più colti della Compagnia di Gesù!..."
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"Tempo perduto! Tempo perduto!..." Non
Giorno e notte la sua casa trasformata in una piazza, in un pubblico mercato, dove i delegati discesi dalle sezioni rurali e gli elettori cittadini andavano e venivano, discutendo, contrattando, gridando, col cappello in testa, con le mazze in mano. Più gente veniva, più egli ne invitava: i galoppini, per suo ordine, rimorchiavano lassù, adescati dal marsala e dai sigari, dalla curiosità di entrare nel palazzo dei Viceré, gonfi
Una sera, facendo il giro delle sale, Consalvo vide una faccia nuova, che rassomigliava tuttavia... a chi?... A Baldassarre, il suo antico maestro di casa! Ma i favoriti erano scomparsi, e invece sulle labbra già sbarbate
"Grazie
"Niente!... Dovere!..." balbettò Baldassarre.
Uscito dalla casa del principe, il maggiordomo
"Da noi la riuscita è assicurata. E qui, professore, come vanno le cose?"
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"Eccellente!" fece Baldassarre, scrollando il capo.
I membri del comitato, quella sera, riferivano i nomi degli elettori amici che avevano fatto iscrivere nelle liste.
"Signor principe," non gli dava più, per democrazia,
"La ringrazio; non so come ringraziarla."
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"Si figuri, per carità: dovere! Vinceremo certamente! La vittoria è nostra!"
"Accetto di cuore
E Baldassarre, dimenticato il torto che gli aveva fatto il principe defunto, si fece in quattro per assicurare il trionfo del principino, divenne in breve uno dei suoi luogotenenti. Egli faceva i suoi rapporti a Consalvo, ne riceveva le istruzioni, gli dava a sua volta consigli; e il padrone e il servo erano scomparsi, sedevano a fianco alla stessa tavola, il principe passava la carta e la penna
La lotta diveniva frattanto più aspra. Consalvo aveva fatto fare certe aperture ai capi clericali, ma costoro avevano risposto che la sua alleanza con Lisi e Giardona rendeva impossibile qualunque accordo. Giulente boccheggiava. Per salvare il Municipio aveva dovuto imporre nuove tasse, aggravare le antiche, congedare impiegati, lasciare in asso tutte le opere non finite, ridurre tutte le spese; e la sollevazione era unanime contro di lui per
Gli altri candidati, però, non si davano vinti, i più pericolanti si ostinavano peggio, ricorrevano a tutti i mezzi, contrattavano i voti, lanciavano accuse violente ai rivali fortunati, specialmente al principe. "Noi non abbiamo nipoti educati dai Gesuiti, né zii Cardinali di Santa Chiesa, né parenti reazionari; non ci appoggiamo su tutti i partiti, dalla nobiltà alla canaglia!..." Consalvo lasciava dire, correva in provincia, tornava in città, allargava la cerchia dei propri aderenti. I messi di Baldassarre, dal canto loro, predicavano nelle osterie la democrazia del principe, pagavano da bere a quanti gli promettevano il voto. Una sera, però, la discussione si fece brutta fra quelli che stavano dalla sua e gli oppositori che davano al principe del Rabagas, del Gesuita e del traditore. Dalle parole vennero ai fatti, volarono sedie e bottiglie, luccicarono i coltelli, gravi minacce furono pronunziate. Allora Consalvo si rivolse agli antichi compagni di bagordo, alla gente con la quale aveva fatto vita, un tempo, nelle taverne e nelle case di tolleranza: ceffi spaventosi, pallidi bertoni con la faccia tagliata da cicatrici fecero la guardia al suo palazzo, alla sua persona; si disseminarono nei luoghi equivoci, minacciando, intimorendo... "Il candidato di Francesco II ha sguinzagliato la mafia per tutto il collegio allo scopo di spaventare gli onesti cittadini," denunziarono i fogli avversari; ma nella violenza della battaglia le più feroci accuse avevano perduto ogni efficacia, erano naturalmente attribuite
Grandi cartelloni multicolori incollati per tutta la città annunziarono
Era una novità, questa dei discorsi-programmi. Le elezioni non si potevano più fare alla chetichella, in famiglia, come al tempo del duca
Egli andò a dirigere personalmente
Dinanzi a quella devastazione, Consalvo pensava adesso con un senso di rammarico alla morte del mondo monastico, che egli aveva vista con vivo tripudio. Ma allora - rammentava! - aveva quindici anni, era impaziente di prendere il posto che lo aspettava in società. Se gli avessero detto, allora, che egli sarebbe tornato un giorno a San Nicola per discorrervi
Frattanto i preparativi si venivano compiendo; la domenica del comizio tutto fu pronto.
Fin dalle dieci, la folla cominciò a far ressa, ma le porte erano custodite da buon nerbo di membri del comitato, riconoscibili a una gran coccarda tricolore appuntata al petto. Giù, nel cortile esterno, si riunivano le società attorno alle bandiere e ai labari, per ricevere il candidato e accompagnarlo alla palestra. Tre bande arrivarono una dopo
Baldassarre, in redingote e cappello alto, con una coccarda grande come una ruota di mulino, andava e veniva, sudato, sbuffante, come ventotto anni addietro, quando ordinava
Ora la palestra offriva uno spettacolo veramente straordinario:
Consalvo avanzavasi, pallidissimo, ringraziando appena con un cenno del capo, assordato, abbacinato, sgomentato dallo spettacolo. Dietro di lui, nuovi torrenti si riversavano nelle terrazze, nei portici,
"Concittadini!... Se la benevolenza dei miei amici vi ha indotto a credere che io possegga le doti
Gli stenografi smisero di scrivere, tale uragano
"Concittadini," riprese quando fu ristabilita la calma, "io sono giovane
Il piacere,
"Ma voi, concittadini," riprese egli, "giudicherete forse che se questa fede compendia tutto un programma, è mestieri che un legislatore si tracci una precisa linea di condotta in tutte le particolari quistioni riflettenti
Veramente gli applausi non furono generali a questo passo, e anzi qualche colpo di tosse partito da un angolo fece voltare molte teste.
"Voi mi direte," proseguiva però
"Ci siamo! Adesso stiamo freschi!..." mormorarono qua e là gli avversari, gli studenti; ma voci crucciate ingiunsero: "Silenzio!" mentre
Qualche signora sbadigliava dietro il ventaglio, la gente che desinava
Subito dopo passò alla quistione delle finanze.
"Quivi sospiri, pianti ed alti guai..." (Ilarità.) Ma i guai non erano senza riparo. "Non facciamo per carità di patria confronti con gli Stati Uniti
Adesso si vedevano larghi vuoti
"Queste ed altre riforme io vagheggio; non credo tuttavia di dover abusare della vostra pazienza." Sospiri di sollievo uscirono dai petti oppressi. "Concittadini! Se voi mi manderete alla Camera, io dedicherò tutto me stesso
Consalvo non ne poteva più, sfiancato, rotto, esausto da una fatica da istrione: parlava da due ore, da due ore faceva ridere il pubblico come un brillante, lo commoveva come un attor tragico, si sgolava come un ciarlatano per vendere la sua pomata. E mentre la marcia, intonata per ordine di Baldassarre, spronava
"Adesso che ha parlato, mi sapete ripetere che ha detto?"
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Negli ultimi giorni,
La riuscita non poteva mancare, ma egli voleva essere il primo. Il suo comitato oramai era tutta la città, tutto il collegio, elettori e non elettori. I cartelloni con la scritta: VOTATE PEL PRINCIPE DI FRANCALANZA. ELEGGETE CONSALVO UZEDA DI FRANCALANZA. È CANDIDATO AL PRIMO COLLEGIO IL PRINCIPE CONSALVO DI FRANCALANZA crescevano di dimensioni, erano lenzuoli di carta con lettere
La sera della vigilia
E il domani, costituiti gli uffici, cominciata la votazione, insieme con la notizia della vittoria del principe - perché gli elettori dichiaratisi per lui erano migliaia, venivano apposta dalle villeggiature, si facevano trascinare alle urne sopra le seggiole se non potevano andare coi loro piedi - una voce si sparse, dapprima sorda, poi sempre più alta fra i seguaci di Lisi: "Tradimento, tradimento!..." Il principe, affermavano, si era messo
Al palazzo, verso il tramonto, arrivarono i primi telegrammi delle sezioni di provincia; ma quei risultati non erano tutti egualmente favorevoli: i candidati locali avevano forti maggioranze; il posto del principe, nelle prime somme, oscillava fra il secondo ed il terzo. Consalvo, pallidissimo, aveva la febbre. Ma, come venivano i risultati delle sezioni urbane, la sua posizione si consolidava; del terzo posto non si parlava più; egli stava con Vazza tra il primo e il secondo. Quando arrivarono gli ultimi telegrammi e gli ultimi messi con le cifre definitive, non vi fu più dubbio: egli era il primo con 6043 voti; veniva dopo Vazza con 5989; poi Giardona con 4914; il radicale Marcenò restava fuori con 3309; Lisi precipitava con meno di 3000 voti; gli altri erano tutti a distanza di migliaia di voti, con 2000, con 1000 appena. Giulente non ne aveva più di 700!
Era notte alta, ma il palazzo Francalanza, illuminato a giorno, risplendeva da tutte le finestre. Una folla sterminata traeva a congratularsi "col primo eletto del popolo"; per le scale era un brusìo incessante; nelle sale non si respirava. Consalvo, raggiante, circolava a stento in mezzo alla folla compatta, afferrava tutte le mani, si stringeva addosso a tutte le persone, guarito interamente, come per incanto, dalla manìa
Per tre giorni la città fu in un continuo fermento: ogni sera la dimostrazione si rinnovava,
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Gruppi di ubriachi gridavano: "Viva Vittorio Emanuele! Viva la rivoluzione! Viva Sua Santità!..." cose ancora più pazze. Per tre giorni il palazzo restò ancora invaso dalla gente che veniva a congratularsi: una processione incessante dalle dieci del mattino a mezzanotte, con appena due ore di sosta per la colazione ed il pranzo. Modestamente, egli tentava parlare dei risultati generali,
Il quarto giorno uscì nelle vie. Si spezzò il braccio, dalle tante scappellate, dalle tante strette di mano. La gioia gli si leggeva in viso, traspariva da tutti i suoi atti e da tutte le sue parole, nonostante lo studio per contenerla. Stanco di veder gente, per assaporare altrimenti il proprio trionfo pensò di far visita ai parenti. Cominciò dal duca, che veramente stava male, con gli ottanta anni di maneggi e
"È contenta Vostra Eccellenza dei risultati?" gli domandò Consalvo.
Ma il vecchio, quantunque avesse raccomandato a tutti il nipote perché il potere restasse in famiglia, pure non sapeva difendersi da un senso
"Ho sentito... va bene..." borbottò seccamente.
"Ha visto pure che nel resto
Egli piaggiava un poco lo zio, del quale aspettava adesso
Lasciata la casa dello zio, egli andò dalla sorella. Se doveva esser grato a costei per la generosità con la quale
"Teresa è andata a Belpasso a visitare la Serva di Dio... sai bene, quella contadinella dei miracoli... Monsignor Vescovo non ha permesso a nessuno questo genere di visite; ha fatto
"La santità della duchessa," disse compuntamente il Padre Gesuita, "spiega e legittima questa eccezione."
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"Monsignore," continuava a spiegare il Padre, "ha provvidamente impedito che questo spettacolo alimentasse la malsana curiosità della folla; ma i sentimenti cristiani che animano la giovane signora e la distinguono fra tutte..."
La conversazione, sempre sullo stesso soggetto, continuava fra il Gesuita e la duchessa. Consalvo, visto sul tavolino da lavoro accanto al quale era seduto un foglietto stampato, lo scorreva con la coda
"Non sai che Ferdinanda sta male?" gli disse la duchessa.
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"Che ha?"
"
Egli ascoltò il consiglio. Anche da quella parte poteva venirgli qualcosa, un mezzo milioncino. Se fosse stato più accorto, avrebbe preso con le buone la vecchia, senza rinunziare, beninteso, a nessuna delle proprie ambizioni.
"Come sta la zia?" chiese alla cameriera, una faccia nuova.
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"Ditele che il principe suo nipote vorrebbe vederla."
La vecchia era capace di non riceverlo; egli aspettava la risposta con una certa ansietà. Donna Ferdinanda, udendo che
Egli le andò incontro premurosamente, si chinò sul lettuccio di ferro, quello di
"Zia, come sta?"
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Ella fece solo un gesto ambiguo col capo.
"Ha febbre? Mi lasci sentire il polso... No, soltanto un
"I dottori sono altrettanti asini," gli rispose brevemente, voltandosi con la faccia contro il muro.
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Donna Ferdinanda fece il solito cenno col capo.
"Io non sapevo nulla, altrimenti sarei venuto prima.
Non ebbe risposta. Pur continuò a parlare, comprendendo che alla vecchia doveva far piacere udir chiacchiere e notizie, vedersi qualcuno vicino.
"Io, col rispetto dovuto, non ne credo niente. È forse peccato? Lo stesso San Tommaso volle vedere e toccare, prima di credere... ed era santo!... Ma francamente, certe storie!... Teresa adesso è infatuata... Basta, ciascuno ha da vedersela con la propria coscienza... E la zia Lucrezia che
La vecchia non fiatava, gli voltava le spalle.
"Tutto pel grande amore del marito improvvisamente divampatole in petto!... Prima dichiarava ridicoli gli atteggiamenti di Giulente," non lo chiamava zio sapendo di farle piacere, "adesso sono tutti infami coloro che non
Un nuovo scoppio di tosse fece soffiare la vecchia come un mantice. Quando calmossi, ella disse con voce affannata, ma con accento di amaro disprezzo:
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"Tempi obbrobriosi!... Razza degenere!"
La botta era diretta anche a lui. Consalvo tacque un poco, a capo chino, ma con un sorriso di beffa sulle labbra, poiché la vecchia non poteva vederlo. Poi, fiocamente, con tono
"Forse Vostra Eccellenza
Non una sillaba di risposta.
"Vostra Eccellenza giudica obbrobriosa
Egli diceva queste cose anche per se stesso, per affermarsi nella giustezza delle proprie vedute; ma, poiché la vecchia non si muoveva, pensò che forse
"La storia è una monotona ripetizione; gli uomini sono stati, sono e saranno sempre gli stessi. Le condizioni esteriori mutano; certo, tra la Sicilia di prima del Sessanta, ancora quasi feudale, e questa
Travolto dalla foga oratoria, nel tripudio del recente trionfo, col bisogno di giustificarsi agli occhi propri, di rimettersi nelle buone grazie della vecchia, egli improvvisava un altro discorso, il vero, la confutazione di quello tenuto dinanzi alla canaglia, e la vecchia stava ad ascoltarlo, senza più tossire, soggiogata
"Si rammenta Vostra Eccellenza le letture del Mugnòs?..." continuava Consalvo. "Orbene, imaginiamo che quello storico sia ancora in vita e voglia mettere a giorno il suo Teatro genologico al capitolo: Della famiglia Uzeda. Che cosa direbbe? Direbbe
La vecchia non rispose.
"Fisicamente, sì; il nostro sangue è impoverito; eppure ciò non impedisce a molti dei nostri di arrivare sani e vegeti
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