Dei difetti della giurisprudenza/Capitolo XII: differenze tra le versioni

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<div align="center">''Dell’indifferenza richiesta ne’ giudici.''</div>
 
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Nè voglio lasciar di dire, che non sapendo se non difficilmente le teste umane trovare il mezzo, in cui consiste la virtù, la verità, e la giustizia, persuaso che sia taluno del dover essere ben indifferente nel giudicare, allorchè qualche persona potente o amica viene a litigare davanti a lui, potrebbe cotanto paventar de i rimproveri della coscienza, se la desse vinta a quel tale, che si mettesse a cercar solamente ragioni per pronunziar sentenza in favore del di lui avversario. Chi nol vede? sarebbe ancor questo cadere in un altro eccesso. Si avrebbe pur da avvedere costui, che ispogliandosi dell’amicizia dell’uno, egli passa all’amicizia dell’altro. Ne’ tempi delle repubbliche italiane pensando gli antichi nostri savj a gli sconcerti della giustizia, provenienti non rade volte dal non trovarsi i giudici in un giusto equilibrio, e questo senza avvedersene essi (poichè il vendere la giustizia a visiera calata forse è di pochi) introdussero il costume di chiamare per podestà e giudici persone forestiere, affinché non avessero parenti ed amici nel paese, che pervertissero i lor giudizj; nè permettevano loro di andare a i conviti, nè di strignere familiarità con alcuno. Era, ed è da lodare il ripiego, che tuttavia si osserva in alcune città. Ma nè pur questo basta. Converrebbe sequestrare i giudici in un superbo palazzo con delizioso giardino a canto, ma circondato di mura, come le fortezze, senza ch’eglino potessero ricever lettere, nè ambasciate da chicchessia. Le cause portate al lor tribunale dovrebbono essere co i nomi finti, e in una sala dietro ad un velo avrebbono da ascoltar le ragioni e i contrasti de gli avvocati. Se in tal caso fallassero ne i lor giudizi, all’ignoranza, o ad altri difetti sarebbe ciò da attribuire: non certo alla parzialità. Ma questi son vani ed impossibili ripieghi. Oltre di che a ben regolare il retto giudizio di chi amministra la giustizia, può in molti casi influire assaissimo la conoscenza delle persone, delle lor affezioni, parentele, ed altre circostanze di tempo, e di luogo, le quali possono somministrar qualche giusto riflesso e motivo per far preponderare in mano dell’onorato giudice le bilance più dall’una che dall’altra parte. Però solamente resta, che si scelgano al ministero della giudicatura (sieno cittadini, o forestieri, poco per lo più importa) persone timorate di Dio, pratiche delle leggi e del suo mestiere, che sappiano ben raziocinare; e poi pregar Dio, che l’indovinino in giudicare.
 
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