Daniele Cortis/Capitolo secondo: differenze tra le versioni
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<div align="center">'''UNA COSA GRAVE'''</div>
“Avanti” disse il conte Lao “e chiudi presto che viene
Elena, seria seria, fece una profonda riverenza.
“Vado a vedere, conte”
“Ah! Scempia!” rispose il conte Lao, rabbonito. “Vien qua, andiamo. Scusa, la mi vien su, saranno dieci minuti, fresca come una rosa, a domandarmi se voglio niente. Bisogna avere una testa da passera. Se voglio niente! Con questo baccano che passa i muri! Voglio che li mandiate tutti al diavolo, dico. Ma, dice, credevo che non udiste. Bella, sai? Non bastano quei pochi malanni che ho; anche sordo ho da essere. Andiamo, avanti! Cosa fai là sulla porta? Perché mi guardi in quel modo? Sarò pallido, ah? Sarò verde o almeno giallo? Avrò
“Ma no, ma no, zio; hai
Invece di rispondere il conte Ladislao trasse di tasca uno specchietto e si avvicinò alla finestra.
“Oh no”
Era pallido infatti:
Voltò le spalle a sua nipote e si guardò la lingua.
“Sei bello, zio”
Lo zio si voltò in fretta, si eresse.
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“Se non sognassi di essere malato” disse la baronessa Elena.
“Ah, sogno? La faccio per piacere questa vita? Mi diverto io, a non digerire, il giorno, e a non dormire, la notte? Mi diverto a esser pieno di dolori tredici mesi
Si sdraiò in una poltrona rintanata dietro un tavolino,
“Non ci vedo, zio” disse Elena.
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“Perché?”
Elena non rispose. Seduta, tra una finestra e la scrivania, in faccia a suo zio, lo guardava accarezzando un libro aperto, posato là a sbieco
“La colpa non è certo mia”,
“Che colpa, zio?”.
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Il conte Lao appoggiò le braccia sul tavolino e guardò il fiammifero fin che si spense.
“Se siamo a questi passi”
Elena non capiva.
“Val poco quel poeta inglese” esclamò il conte Lao, come per rompere una rete di pensieri penosi. “Pochissimo! Pieno di barocchismi. Me lo immaginavo. Il cielo che diventa sette volte piú divino per
“A che pensi, zio?” disse Elena, alzandosi.
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Venne a sedergli vicino, sullo sgabello del piano.
“Eh!” rispose lo zio. “Dove hai la testa adesso? Dimmi un
“Sí, zio.”
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Restò pensoso un momento, poi scattò in piedi gittando via la sigaretta, andò ad afferrar per le tempie Elena, che tentò, con alterezza involontaria, rialzar la testa.
“Senti”
“Lo accoppo, io.”
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Elena si sciolse sdegnosamente da quella stretta, guardò suo zio con occhi scintillanti.
“Sai che soffro”
Gli voltò le spalle e andò a guardare dalla finestra, mentre suo zio, irritato ripeteva:
“Giàa! Giàa! Giàa! Perché nessuno sa
“No, niente imposto!” rispose la giovane signora voltandosi impetuosamente. La mamma mi spingeva forse un poco, ma il povero papà mi ha ripetuto fino
“E allora, perché hai detto di sí? Ti giuro che se
“Oh, signor zio!”
“E adesso” proruppe “cosa
“Ah, corpo!” esclamò lo zio voltando e squassando lentamente il capo verso degli esseri immaginari, dei giudici
Alzò le mani, le lasciò ricadere sulle coscie rumorosamente.
“Non ne parliamo piú”
Sedette al piano come se non fosse affar suo e suonò, a mezza voce, una polka sciocca, brontolandosi mentre suonava:
“Bella educazione che ha avuto!... Sí, perdiana!... Un
Bellissima!”
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“Smetti, smetti, zio” disse Elena. “Come sei triviale stasera! Non ti ho mai conosciuto cosí.”
“Balla, cara, balla!” rispose Lao, sdolcinato. “Ma balla, tesoro. Non senti che suono?
“Che sciocchezze, zio! Vuoi che mi crucci per i danari! Smetti! È stupida, sai, questa musica.”
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Il conte afferrò a due mani lo sgabello su cui stava seduto e si girò di netto.
“Oh lo so”
“Può essere” disse Elena, fredda.
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“Lo ha detto a te?”
Il conte Lao si mise
“A me?”
“Quando?”
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“No.”
Gli ho fatto dire che venisse da me a ripetere questa bella cosa. Ma già tua madre
“Sapevo che mio marito ha bisogno di danari. Prima di venir qua, mi ha pregato, alla sua maniera, di domandarvene. Io gli dissi che lo lasciavo perfettamente libero di trattar lui con voialtri come voleva, ma che, per conto mio, non vi avrei detto una parola.”
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“Eh no, proprio scene, no” disse la baronessa, quasi sorpresa di dover affermare una cosa due volte. “Sai, se me ne facesse, con poche parole lo metterei a posto.”
Ecco dunque, pensò Elena, la cosa grave. Tanto grave davvero? Le gesta di suo marito la toccavano poco. Era poi evidente che lo zio non
“Zio” disse la baronessa, “cosa
“Io? Perché? Non ho raccontato niente, io, a Daniele.”
“Niente? Eppure
“Una cosa grave? Non so.”
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Elena sentí nella voce di suo zio un sospetto cambiamento di tono, una indifferenza esagerata.
“Non ti par grave”
“Ah sí, questo sí; sarà stato questo.”
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“Scusami” ripigliò suo zio. “È una cosa che riguarda lui solo. Non posso parlare.”
Ella si pentí
“Sei matta?” gridò il conte Lao, scappando, col bavero del soprabito alzato, alla poltrona
Non pioveva piú; appena qualche grossa goccia batteva sulla ghiaia dalle grondaie.
“Se non piove, zio! Se non
“Oh non
Elena non gli diede retta.
“Scusa, zio”
Uscivano i preti con un grande stropicciar di piedi, con una ressa di strascicati saluti. Il senatore era con loro. Prese a braccetto il parroco di Caodemuro e gli disse qualche cosa
“La sa, noialtri si deve star col papa; direttamente non si può far nulla. Non expedit. Io se avessi cento voti e potessi votare, certo non ne darei uno solo a questo signore qui, e sarò molto contento se farà un bel fiasco. Ma ho paura, perché qui votano tutti per lui. Quello che possiamo far noi è di persuaderne qualcuno a star a casa. Ma poi...”
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Il barone si voltò, guardò in su. I preti si voltarono pure, salutarono con certa sgomenta umiltà piegando il collo, alzando gli occhi. La baronessa accennò appena del capo e chiese a suo marito se Cortis fosse ancora in sala.
“Sí”
“Perché gli debbo parlare” rispose Elena tranquillamente; e chiuse la finestra.
“E la mamma?”
“Hai chiuso bene?” rispose il conte, tirandosi giú il bavero. “Lei si cruccia, lei piange, lei se la piglia con me perché non sono persuaso niente affatto di accontentare il suo signor genero. Né mi persuaderò mai. Se vuole far lei dei sacrifici con la roba sua, padrona: ma non credo che ci senta molto da
“Povera mamma!” disse Elena, sorridendo. “Le lagrime le costano meno. Addio, zio.”
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Ella gli offerse anche la sinistra, e raccolse a sè, con impeto affettuoso, le mani di lui.
“Basta”
Elena era ben sicura di quel virile cuore, tanto leale, tanto caldo sotto
Un domestico venne a vedere se il signor Daniele avesse dimenticato lí i suoi guanti.
La baronessa si spiccò in fretta da suo zio, balzò fuori della stanza, scese in loggia per
“Chi è?”
“Quel del pesce, contessina: Pitantoi.”
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“Oh bravo! Tu voti per il signor Daniele?”
“Io? Quando voteranno i marsoni e tutto quanto il pesce popolo, voterò
“Non sei elettore, tu?”
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La baronessa gli passò davanti, scese velocemente. Cortis entrava con Grigiolo dalla loggia nel porticato rustico che la continua, quando Elena vi entrava pure dalla scaletta segreta.
“Parti?”
Egli le stese la mano.
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“Volo, baronessa, volo” rispose lo zelante giovinotto. “Dunque, signor Cortis, per parlare di questo programma vengo da Lei domattina?”
“No” rispose
“Come, va via? Ma torna presto?”
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“Eh, non lo so.”
“Non lo sa? Ma prima
“Non lo so.”
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“E allora, cosa facciamo? Scusi per carità, baronessa.”
“Oh” esclamò Elena, “La prego! Se
Intanto Cortis rifletteva.
“Venga stasera”
Grigiolo
“Venga quando la società sarà sciolta” disse Cortis. “Alle undici, a mezzanotte, quando vuole”.
Rispose loro con uno sguardo pur grave e lungo. Né
“Cara Elena” disse Cortis.
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La maschia voce morbida e sonora cadde spossata come sotto un dolor mortale.
“Una cosa grave”
“No, cara, non è una cosa piú forte di me.”
“Lo credo”
“Tu la devi sapere” soggiunse Cortis “ma non è facile il dirla.”
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Pensò che, a rigore, era ancora in tempo di non imporsi e stese la mano a suo cugino con un sorriso forzato.
“Buon viaggio”
Egli fece un atto
“Oh!”
La giovane signora arrossí, come se in
“Scusa.”
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Rialzò a un tratto la testa.
“Mio marito?...”
Intanto erano giunti agli abeti che rumoreggiavano in alto, pieni di vento, e piovevano grosse gocce. A sinistra il piú vecchio dei tre inclinava le sue lunghe frange nere
A destra la strada svoltava giú per la costa erbosa.
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“Dove andiamo?” disse Cortis.
Allora si fermò.
“Senti”
Ella si ricompose, dimenticò la sua domanda stordita di prima e rispose pronta: “Lo so.”
Non
Pensò.
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Cortis la interruppe con uno scoter del capo.
“No”
Elena si ricordò di aver udito che il nome del seduttore non si era mai saputo con sicurezza, e arrischiò
“Forse hai scoperto chi...”
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“Pensa la cosa piú incredibile” disse; e guardò sua cugina in modo che il vero le brillò al cuore.
“Ah!”
Egli accennò di sí.
Continuarono a guardarsi, muti, incontrandosi lo stupore
“E non lo hai mai sospettato?” sussurrò Elena.
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Cortis alzò le braccia.
“Mai” rispose. “Mio padre mi ha sempre fatto credere che fosse morta. Però una volta, me ne sono ricordato oggi, una volta che gli chiesi tante cose, avrei dovuto capire, se non fossi stato un ragazzo,
Ella non osò andar oltre, fargli tante domande: temeva apprendere chi sa quali cose orribili.
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“Dove?”
“A Lugano. Una lettera che mi farebbe impazzire se non avessi un cervello
“Questa persona scrive che mia madre vive, è malata, e vorrebbe vedermi” soggiunse, rispondendo agli occhi ansiosi
Un singhiozzo gli ruppe la parola.
“Sí, sai, Elena” rispose con voce appena intelligibile. “Avevo pensato qualche volta: se ella vivesse ancora, se fosse sepolta in un ritiro o se si guadagnasse pane e rispetto col suo lavoro, e
Cortis
“Ma ci vai?”
Cortis si voltò.
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Elena trasalí, sorpresa.
“Oh, è impossibile!”
Ad Elena quelle lagrime rivelarono cosa egli temesse; ella si dolse di essere cosí ignorante, cosí tarda a comprendere certe depravazioni di cui aveva inteso parlare senza credervi mai interamente; si dolse
“Ma ella ti desidera” disse: “questo esprime tante cose...”
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“Parti domattina?”
“Sí, cara. Come tremano tutti, questi poveri fiori
Elena guardò il verde tempestato di margherite che ascendeva liscio fino alle piante nere.
“A che ora?”
“Presto.
Elena non
“Scrivimi.”
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“E quanto ti fermi ancora?”
“Non lo so. La mamma vorrebbe andar via a mezzo luglio se lo zio è contento, noi si potrebbe anche partire da un momento
“E poi, ti fermeresti a Roma o andresti in Sicilia?”
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“Ma, si parlava di Aix-les-bains, una volta; adesso non so piú nulla.”
Ambedue stettero immobili e muti, come se le parole “non so piú nulla” avessero risposto, nella loro mente, a un soggetto ben piú grave. Non sapevano piú nulla, Elena né Daniele, del loro cammino nel mondo; non potevano prevedere neppure un avvenire probabile, né quando mai si sarebbero ancora incontrati. Sicilia, Aix; che suono triste, questi nomi! Il cielo scuro, il Rovese con la sua cupa voce collerica parevano consci di un futuro sinistro. Gran colpi
“Pensa a me, qualche volta” disse Cortis, sottovoce.
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Si avviarono lentamente verso casa; ella con il volto chino e le labbra serrate, egli parlando sempre, a scatti, con inquietudine febbrile.
“Lo so” disse, “lo so che sei una buona amica. È una brutalità stupida
“Questo?”
La baronessa,
“Allora...” cominciò egli con impeto.
Ella lo interruppe, pallidissima, si mise
In fatti la contessa Tarquinia
Non parlarono piú sino al crocicchio dove avevano a dividersi. Elena si fermò la prima.
“Addio”
Le smorte labbra
“Confortala.”
Daniele non rispose. Ella si sciolse dalle mani gagliarde che la stringevano, e mosse verso
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