Cuore (1889)/Dicembre/La volontà: differenze tra le versioni

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28, mercoledì
 
28, mercoledì
C'è Stardi, nella mia classe, che avrebbe la forza di fare quello che fece il piccolo fiorentino. Questa mattina ci furono due avvenimenti alla scuola: Garoffi, matto dalla contentezza, perché gli han restituito il suo album, con l'aggiunta di tre francobolli della repubblica di Guatemala, ch'egli cercava da tre mesi; e Stardi che ebbe la seconda medaglia. Stardi, primo della classe dopo Derossi! Tutti ne rimasero meravigliati. Chi l'avrebbe mai detto, in ottobre, quando suo padre lo condusse a scuola rinfagottato in quel cappottone verde, e disse al maestro, in faccia a tutti: - Ci abbia molta pazienza perché è molto duro di comprendonio! - Tutti gli davan della testa di legno da principio. Ma egli disse: - O schiatto, o riesco, - e si mise per morto a studiare, di giorno, di notte, a casa, in iscuola, a passeggio, coi denti stretti e coi pugni chiusi, paziente come un bove, ostinato come un mulo, e così, a furia di pestare, non curando le canzonature e tirando calci ai disturbatori, è passato innanzi agli altri, quel testone. Non capiva un'acca di aritmetica, empiva di spropositi la composizione, non riesciva a tener a mente un periodo, e ora risolve i problemi, scrive corretto e canta la lezione come un artista. E s'indovina la sua volontà di ferro a veder com'è fatto, così tozzo, col capo quadro e senza collo, con le mani corte e grosse e con quella voce rozza. Egli studia perfin nei brani di giornale e negli avvisi dei teatri, e ogni volta che ha dieci soldi si compera un libro: s'è già messo insieme una piccola biblioteca, e in un momento di buon umore si lasciò scappar di bocca che mi condurrà a casa a vederla. Non parla a nessuno, non gioca con nessuno, è sempre lì al banco coi pugni alle tempie, fermo come un masso, a sentire il maestro. Quanto deve aver faticato, povero Stardi! Il maestro glielo disse questa mattina, benché fosse impaziente e di malumore, quando diede le medaglie: - Bravo Stardi; chi la dura la vince. - Ma egli non parve affatto inorgoglito, non sorrise, e appena tornato al banco con la sua medaglia, ripiantò i due pugni alle tempie e stette più immobile e più attento di prima. Ma il più bello fu all'uscita, che c'era a aspettarlo suo padre, - un flebotomo, - grosso e tozzo come lui, con un faccione e un vocione. Egli non se l'aspettava quella medaglia, e non ci voleva credere, bisognò che il maestro lo assicurasse, e allora si mise a ridere di gusto, e diede una manata sulla nuca al figliuolo, dicendo forte: - Ma bravo, ma bene, caro zuccone mio, va'! - e lo guardava stupito, sorridendo. E tutti i ragazzi intorno sorridevano, eccettuato Stardi. Egli ruminava già nella cappadoccia la lezione di domani mattina.
 
C'èC’è Stardi, nella mia classe, che avrebbe la forza di fare quello che fece il piccolo fiorentino. Questa mattina ci furono due avvenimenti alla scuola: Garoffi, matto dalla contentezza, perché gli han restituito il suo album, con l'aggiuntal’aggiunta di tre francobolli della repubblica di Guatemala, ch'eglich’egli cercava da tre mesi; e Stardi che ebbe la seconda medaglia. Stardi, primo della classe dopo Derossi! Tutti ne rimasero meravigliati. Chi l'avrebbel’avrebbe mai detto, in ottobre, quando suo padre lo condusse a scuola rinfagottato in quel cappottone verde, e disse al maestro, in faccia a tutti: - Ci abbia molta pazienza perché è molto duro di comprendonio! - Tutti gli davan della testa di legno da principio. Ma egli disse: - O schiatto, o riesco, - e si mise per morto a studiare, di giorno, di notte, a casa, in iscuola, a passeggio, coi denti stretti e coi pugni chiusi, paziente come un bove, ostinato come un mulo, e così, a furia di pestare, non curando le canzonature e tirando calci ai disturbatori, è passato innanzi agli altri, quel testone. Non capiva un'accaun’acca di aritmetica, empiva di spropositi la composizione, non riesciva a tener a mente un periodo, e ora risolve i problemi, scrive corretto e canta la lezione come un artista. E s'indovinas’indovina la sua volontà di ferro a veder com'ècom’è fatto, così tozzo, col capo quadro e senza collo, con le mani corte e grosse e con quella voce rozza. Egli studia perfin nei brani di giornale e negli avvisi dei teatri, e ogni volta che ha dieci soldi si compera un libro: s'ès’è già messo insieme una piccola biblioteca, e in un momento di buon umore si lasciò scappar di bocca che mi condurrà a casa a vederla. Non parla a nessuno, non gioca con nessuno, è sempre lì al banco coi pugni alle tempie, fermo come un masso, a sentire il maestro. Quanto deve aver faticato, povero Stardi! Il maestro glielo disse questa mattina, benché fosse impaziente e di malumore, quando diede le medaglie: - Bravo Stardi; chi la dura la vince. - Ma egli non parve affatto inorgoglito, non sorrise, e appena tornato al banco con la sua medaglia, ripiantò i due pugni alle tempie e stette più immobile e più attento di prima. Ma il più bello fu all'uscitaall’uscita, che c'erac’era a aspettarlo suo padre, - un flebotomo, - grosso e tozzo come lui, con un faccione e un vocione. Egli non se l'aspettaval’aspettava quella medaglia, e non ci voleva credere, bisognò che il maestro lo assicurasse, e allora si mise a ridere di gusto, e diede una manata sulla nuca al figliuolo, dicendo forte: - Ma bravo, ma bene, caro zuccone mio, va'va’! - e lo guardava stupito, sorridendo. E tutti i ragazzi intorno sorridevano, eccettuato Stardi. Egli ruminava già nella cappadoccia la lezione di domani mattina.
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