Canti (Leopardi - Donati)/XV. Il sogno: differenze tra le versioni

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{{Qualità|avz=100%|data=4 giugno 2007|arg=poesie}}{{Nota disambigua|Il sogno}}
{{IncludiIntestazione|sottotitolo=XV<br />Il sogno|prec=../Alla luna|succ=../La vita solitaria}}
 
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<poem>
 
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Prima insegnommi, e poi lasciommi in pianto.
Morta non mi parea, ma trista, e quale
{{R|10}}Degl'infeliciDegl’infelici è la sembianza. Al capo
Appressommi la destra, e sospirando,
Vivi, mi disse, e ricordanza alcuna
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Che risaper tu lo dovessi; e questo
Facea più sconsolato il dolor mio.
Ma sei tu per lasciarmi un'altraun’altra volta?
Io n'hon’ho gran tema. Or dimmi, e che t'avvennet’avvenne?
{{R|20}}Sei tu quella di prima? E che ti strugge
Internamente? Obblivione ingombra
I tuoi pensieri, e gli avviluppa il sonno,
Disse colei. Son morta, e mi vedesti
L'ultimaL’ultima volta, or son più lune. Immensa
{{R|25}}Doglia m'oppressem’oppresse a queste voci il petto.
Ella seguì: nel fior degli anni estinta,
Quand'èQuand’è il viver più dolce, e pria che il core
Certo si renda com'ècom’è tutta indarno
L'umanaL’umana speme. A desiar colei
{{R|30}}Che d'ognid’ogni affanno il tragge, ha poco andare
L'egroL’egro mortal; ma sconsolata arriva
La morte ai giovanetti, e duro è il fato
Di quella speme che sotterra è spenta.
Vano è saper quel che natura asconde
{{R|35}}Agl'inespertiAgl’inesperti della vita, e molto
All'immaturaAll’immatura sapienza il cieco
Dolor prevale. Oh sfortunata, oh cara,
Taci, taci, diss'iodiss’io, che tu mi schianti
Con questi detti il cor. Dunque sei morta,
{{R|40}}O mia diletta, ed io son vivo, ed era
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Questa misera spoglia? Oh quante volte
{{R|45}}In ripensar che più non vivi, e mai
Non avverrà ch'ioch’io ti ritrovi al mondo,
Creder nol posso. Ahi ahi, che cosa è questa
Che morte s'addimandas’addimanda? Oggi per prova
Intenderlo potessi, e il capo inerme
{{R|50}}Agli atroci del fato odii sottrarre.
Giovane son, ma si consuma e perde
La giovanezza mia come vecchiezza;
La qual pavento, e pur m'èm’è lunge assai.
Ma poco da vecchiezza si discorda
{{R|55}}Il fior dell'etàdell’età mia. Nascemmo al pianto,
Disse, ambedue; felicità non rise
Al viver nostro; e dilettossi il cielo
De'De’ nostri affanni. Or se di pianto il ciglio,
Soggiunsi, e di pallor velato il viso
{{R|60}}Per la tua dipartita, e se d'angosciad’angoscia
Porto gravido il cor; dimmi: d'amored’amore
Favilla alcuna, o di pietà, giammai
Verso il misero amante il cor t'assalset’assalse
Mentre vivesti? Io disperando allora
{{R|65}}E sperando traea le notti e i giorni;
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O sventurato. Io di pietade avara
Non ti fui mentre vissi, ed or non sono,
Che fui misera anch'ioanch’io. Non far querela
{{R|75}}Di questa infelicissima fanciulla.
Per le sventure nostre, e per l'amorel’amore
Che mi strugge, esclamai; per lo diletto
Nome di giovanezza e la perduta
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{{R|80}}Che la tua destra io tocchi. Ed ella, in atto
Soave e tristo, la porgeva. Or mentre
Di baci la ricopro, e d'affannosad’affannosa
Dolcezza palpitando all'anelanteall’anelante
Seno la stringo, di sudore il volto
{{R|85}}Ferveva e il petto, nelle fauci stava
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Gli occhi negli occhi miei, già scordi, o caro,
Disse, che di beltà son fatta ignuda?
{{R|90}}E tu d'amored’amore, o sfortunato, indarno
Ti scaldi e fremi. Or finalmente addio.
Nostre misere menti e nostre salme
Son disgiunte in eterno. A me non vivi
E mai più non vivrai: già ruppe il fato
{{R|95}}La fe che mi giurasti. Allor d'angosciad’angoscia
Gridar volendo, e spasimando, e pregne
Di sconsolato pianto le pupille,
Dal sonno mi disciolsi. Ella negli occhi
Pur mi restava, e nell'incertonell’incerto raggio
{{R|100}}Del Sol vederla io mi credeva ancora.
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