Canti (Aleardi)/I fuochi dell'Appennino: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Alebot (discussione | contributi)
m Conversione intestazione / correzione capitolo by Alebot
Alebot (discussione | contributi)
Correzione pagina via bot
Riga 1:
{{Qualità|avz=50%|data=2 giugno 2008|arg=Poesie}}{{IncludiIntestazione|sottotitolo=I fuochi dell'Appennino|prec=../Accanto a Roma|succ=../Lettere a Maria}}
 
{{capitolo
|CapitoloPrecedente=Accanto a Roma
|NomePaginaCapitoloPrecedente=../Accanto a Roma
|CapitoloSuccessivo=Lettere a Maria
|NomePaginaCapitoloSuccessivo=../Lettere a Maria
}}
<div style="text-align: center;">
I FUOCHI DELL'APPENNINODELL’APPENNINO
 
Nella notte del 5 Dicembre 1846
Line 21 ⟶ 16:
MADDALENA SAN GERVASIO FIORETTI</div>
 
''A voi, madre e figliuola, che vivete del respiro l'unal’una dell'altradell’altra, inseparabili sempre, come conchiglia e perla; amiche elette che meco visitaste, son pochi mesi, i toscani Appennini, gli umbri, e i piceni, offro questi versi a memoria di viaggio. Vi ricordate, mie care, que'que’ tanti voti ch'eranoch’erano appesi qua e là nel Santuario di Loreto? Or bene, accettate questo canto, come un voto che l'affezionel’affezione appende alle vostre domestiche pareti. Anche l'amicizial’amicizia ha le sue divozioni.''
 
:::::::ALEARDO ALEARDI.
Line 34 ⟶ 29:
Vispi fanciulli, amabili imprudenti,
A cui già ridon su la testa bionda
Il primo albor che rompe all'orïenteall’orïente
Nitido, e i rai dell'avvenirdell’avvenir che spunta.
Qui festivi accorrete in man recando
Rame d'allord’allor, rame di cedri tolte
Ai giardini dei Doria. In questa notte
Si festeggiò per le montagne un grido
Line 43 ⟶ 38:
Un giorno a noi per cento anni remoto,
La sublime imprudenza, e lo scagliato
Ciottolo provocâr d'und’un giovinetto.
Inghirlandati de la nobil fronda,
Stringendo in pugno ciottoli votivi,
Qui venite, speranze itale; io canto.
Non l'aural’aura bruna, che s'imperlas’imperla e stilla
Vivificando il calice dei fiori
Ne le arsure del dì mortificati;
Nè il quïeto splendor d'alabastrinad’alabastrina
Luna che batte là su le muraglie
De le case montane, e su la snella
Gora spumante del mulin che geme,
M'eccitanM’eccitan l'estrol’estro e i sùbiti ardimenti;
Però che solo per cantar non canto:
Non tra le siepi il piccioletto lume
Line 70 ⟶ 65:
Aperte chiuse de la rezia rupe
Al flagellato da procelle ionie
Capo dell'Armidell’Armi, come folgor sacra
Trapasserebbe illuminando, il carme!
</poem>
Line 77 ⟶ 72:
<poem>
Ma perchè là dove si leva il sole
Spunta a fior d'ondad’onda una funerea croce?
Forse è il voto che pose un battelliere
Per ricordanza d'affogatod’affogato amico.
No; su quel lido, ove impaluda e requia
La famiglia dei rivoli dell'Alpedell’Alpe,
Fu la più bella marinara; e quelle
Son le lagune, ove moría Venezia.
 
Rode l'aligal’aliga e il nicchio, e l'acrel’acre fiotto
Le basi inferme e le sconnesse pietre
De'suoiDe’suoi palagi, che gl'illustrigl’illustri nomi
In barbari mutaro: e quando il vento
D'AffricaD’Affrica mugge, sui canali immondi
Cascan dall'altodall’alto i fregi, e le pensose
Teste e le braccia a'a’ suoi dogi di marmo.
La sua gloria sparì, come una barca
Di pescadori, cui la lunga fame
Dei figli spinse a ritentar le irose
Onde del verno, e non tornò più mai.
Un'orfanaUn’orfana e una vedova sedute
Sopra la rena, puntan le pupille
Tra le nebbie del mar; e a quando a quando
Line 103 ⟶ 98:
 
E il suo Lione è morto.
Pur v'àv’à chi dice ch'eglich’egli viva ancora,
Che fu visto vagar muto, di notte
Tra gli scogli istrïani, e per le coste
Cavernose dei Dàlmati fedeli
Fino all'ultimoall’ultimo giorno. Esce, e sul lido
Posa l'anticol’antico, e con la lenta lingua
Lambe le piaghe che dan sempre sangue;
Ma se l'armoniosol’armonioso inno o il tamburo
Sente sonar dei Vandali, si leva,
E flagellando con la coda i lombi,
Line 119 ⟶ 114:
===III.===
<poem>
Perché dal sen di quell'elisioquell’elisio golfo
Spunta là vêr ponente un'altraun’altra croce
A contristar quel tiepido teatro
Di palagi, d'arancid’aranci e d'olivetid’oliveti?
Forse è l'indiziol’indizio ch'ivich’ivi cadde un giorno
Sotto il perfido stil dell'assassinodell’assassino
Un vïatore. Il mulattier che scende
Dal petroso cammin de la collina,
Giunto davanti a quella croce, il canto
Sospende, scopre il capo, e prega, e in via
Poscia rimette al suon d'unad’una bestemmia
L'unghiaL’unghia ferrata de la sua giumenta.
No; t'ingannit’inganni: laggiù dentro a un fiorito
Sepolcro di cinerea lavagna,
I trafficanti di famiglie umane
Ancor viva calar l'ardimentosal’ardimentosa
Mercadantessa, che da Giano à nome,
E deserta finiva, ella che avea
Dato l'aurel’aure vitali, e le fidenti
Audacie, e l'ansial’ansia di venture, e il primo
Amoreggiar coi remi all'indovinoall’indovino
Dell'atlanticoDell’atlantico mar che trovò un mondo
Da Dio nascosto. Pel suo porto un tempo
Di merce carchi, di valor, di senno
Line 155 ⟶ 150:
Parla a quel modo che Alighier scrivea,
Vedo laggiù su la fatal collina
Di Prunetta spuntar un'altraun’altra croce.
Accanto ad essa nei color listato
De la fiamma, dell'orodell’oro, e de la notte
Sorge immobile ai venti un alemanno
Stendardo imperïal, che stilla sangue
Da le lacere falde. Ivi spirava
Ne la convalle un dì l'indipendenzal’indipendenza
Italica; nel loco, ove recinto
Da romani cadaveri, con morte
Line 167 ⟶ 162:
Catilina. E quel sangue usci dal core
Di Ferruccio. Però che quando curvo
Sopra il morente, l'assassinl’assassin di Spagna
Il più vigliacco dei pugnali infisse
Nel magnanimo petto, il Fiorentino
S'avvoltolòS’avvoltolò nell'aquilenell’aquile di seta
Del vessillo stranier, per affacciarsi
Con quella rea sindone a Dio, chiedendo
Line 176 ⟶ 171:
O Iberia, Iberia! allor che il lïoncello
Ausonio un giorno metterà le giubbe,
Prega il tuo cupo Dio, ch'eich’ei non ricordi
Le codarde tue colpe. Ove la piova
Batta sul tetto dell'alpinadell’alpina chiesa
Di Cavinana, colano le gronde
A macerar le sante ossa ferite
Dell'EttoreDell’Ettore toscano. E forse in quella
Scurità de la fossa a lui parranno
Stille di sangue torpido che cada
Dal rotto seno de la patria ingrata.
E quando inoltro e prego in quell'ostelloquell’ostello
Di numi che si chiama Santa Croce,
Meno io penso talora ai glorïosi
Line 195 ⟶ 190:
<poem>
E nuove croci e simboli di morte
Veggo per tutto, dove più s'imborgas’imborga
La gemina pianura ove Appennino
Più s'incastellas’incastella ne le grigie alture.
Strappate via quelle tristezze. Iddio
Certo non volle scindere quest'almaquest’alma
Penisola in amari cimiteri
Di patrie. Dai celesti ognor protette
Line 207 ⟶ 202:
Deserto, è vero, abbiam peregrinato,
Esuli in patria, incatenati, irrisi;
Ma se non v'erav’era altro sentier che questo
Triste di spine e di servile affanno
A mondarne dai vecchi astii, e dal sangue
Sparso in pugne fraterne, e a farci uniti,
Siccome fascio di littoria scure,
Benedetto l'affannol’affanno! - E il di che in capo
Provocata discenda a lo straniero,
Benedetta la scure! Esulta, o patria;
Line 220 ⟶ 215:
Pianta di Libertade; ove dei forti
La congiurata carità la guardi
Dai turbini dell'Alpidell’Alpi; ove il codardo
Non l'avvelenil’avveleni col femmineo pianto.
E voi fate esultanza, Isole illustri,
Smeraldi eterni in campo di zaffiro,
Line 231 ⟶ 226:
<poem>
Al passeggero
Che a Teramo s'avvias’avvia ne la festiva
Notte di San Giovanni, occorre un nuovo
Spettacol di lumiere. Da le cime
Line 237 ⟶ 232:
Róse da due profonde urne di fiumi,
Per quanto abbraccia di curve campagne
Quell'abbruzzeseQuell’abbruzzese austero anfiteatro,
Ogni chiesa, ogni villa, ogni abituro
Accende innanzi de la porta il suo
Line 243 ⟶ 238:
Che passano, come ombre, su la faccia
De le candide case e de le fiamme,
Paion drappelli d'animed’anime beate
Che intreccin balli al suon de le infinite
Campane in festa ed al tonar dell'armidell’armi
Di qua, di là, dall'ecodall’eco ripercossi.
Non altrimenti in questa nobil notte,
Dagli umbri ulivi ai siculi castagni,
Dai toschi pini ai calabresi lecci,
Lungo la schiera de le brune corna
Dell'AppenninoDell’Appennino si levaron fiamme
A Vesta Independente, itala Dea.
Accorgimento di stranier geloso
Non valse a penetrar chi le accendesse
Su quell'ultimequell’ultime rupi; e forse fûro
Provvedimento di quel Dio gagliardo
Che a le tribù de la promessa terra
Line 267 ⟶ 262:
Con vivo lume di cortesi assensi
Corrispondea, però che allora allora
Dall'orizzonteDall’orizzonte emersa era la stella
D'ItaliaD’Italia rinascente.
</poem>
 
Line 277 ⟶ 272:
Fosse il rigor del moribondo autunno,
Pur una falda candida di neve
Non fioccò su que'que’ balzi a far insulto
Ai fochi sacri. Fu però chi scòrse
Altissima passar pei tersi cieli
Una procella, e ne reggeva il volo,
Di negro e di color giallo dipinta,
Inferocita un'aquilaun’aquila scettrata,
La cui simíle non fu vista viva.
Rivolte vèr gli squallidi Trïoni
Valicarono l'Alpil’Alpi; ivi le nubi
Sciolser dal grembo gli adunati geli
Che ruinando crepitâr sull'altesull’alte
Querce d'Arminiod’Arminio, e sui poveri tetti
Acuminati d'unad’una fulva stirpe.
Rupper la calma de la notte strane
Novità di clamori. I pii che stanno
Line 295 ⟶ 290:
De le speranze italiche, agitarsi
Su la pianura di Roncalia udiro
Un'assembleaUn’assemblea d'astutid’astuti laureati
Che di fede)e schiavitù, di dritti
Favellava, e d'antiched’antiche signorie
D'unaD’una gente sull'altrasull’altra, e di ribelli:
Tal che del Po si diffondea sull'ondesull’onde
Una viltà di striduli cavilli;
Poi sull'Olonasull’Olona un cigolio di aratri
Che squarciavan le vie, dove era stata
Una città per seminarvi il sale.
Allor pei campi di Legnan s'inteses’intese,
Come a risposta, un gran tumulto, ed era
Un percoter di ferree aste, di spade
Repubblicane su le maglie e i cranii
Tedeschi; un giuramento dell'audacedell’audace
Legïon de la Morte; una severa
Melodia trïonfal: mentre lontana
Sonava l'unghial’unghia d'und’un cavallo in fuga
Che vêr Costanza su la vuota sella
L'ontaL’onta recava del superbo Svevo.
E quando all'albaall’alba gli astri impallidiro,
Parve si udisse da normanne chiese
Salir con la marina ôra distinto
Uno squillo di Vespri siciliani
L'AvemmariaL’Avemmaria dell'italedell’itale vendette.
</poem>
 
Line 325 ⟶ 320:
Ave Maria, se a te son cari i folti
Vigneti, e gli orti, e la divota china
Là dove al mesto dell'adriacodell’adriaco mare
Sorride il colle de la tua Loreto,
O mistico geranio de le notti,
Questa notte t'offriamot’offriamo e questi fuochi.
Regina dei dolenti, Ave Maria;
Se tu celeste viaggiatrice un clivo
Dell'AppenninDell’Appennin sceglievi, ove posasse
La povertà de la materna casa,
Siccome l'ortol’orto de la tua famiglia
Questa patria proteggi. Ave Maria,
Il pescadore in disperata angoscia
Tra la furia d'ingorded’ingorde onde ti chiami
Stella del mare. L'esuleL’esule che passa,
E ad ogni vecchiarella de la via
Pensa a la madre e lagrima, ti chiami
Rifugio de la prole esule d'Evad’Eva
Noi Te con l'innol’inno di viril preghiera
Arca di Federanza invocheremo.
</poem>
 
{{capitolo
|CapitoloPrecedente=Accanto a Roma
|NomePaginaCapitoloPrecedente=../Accanto a Roma
|CapitoloSuccessivo=Lettere a Maria
|NomePaginaCapitoloSuccessivo=../Lettere a Maria
}}
{{Conteggio pagine|[[Speciale:Statistiche]]}}