Canti (Aleardi)/I fuochi dell'Appennino: differenze tra le versioni
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I FUOCHI
Nella notte del 5 Dicembre 1846
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MADDALENA SAN GERVASIO FIORETTI</div>
''A voi, madre e figliuola, che vivete del respiro
:::::::ALEARDO ALEARDI.
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Vispi fanciulli, amabili imprudenti,
A cui già ridon su la testa bionda
Il primo albor che rompe
Nitido, e i rai
Qui festivi accorrete in man recando
Rame
Ai giardini dei Doria. In questa notte
Si festeggiò per le montagne un grido
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Un giorno a noi per cento anni remoto,
La sublime imprudenza, e lo scagliato
Ciottolo provocâr
Inghirlandati de la nobil fronda,
Stringendo in pugno ciottoli votivi,
Qui venite, speranze itale; io canto.
Non
Vivificando il calice dei fiori
Ne le arsure del dì mortificati;
Nè il quïeto splendor
Luna che batte là su le muraglie
De le case montane, e su la snella
Gora spumante del mulin che geme,
Però che solo per cantar non canto:
Non tra le siepi il piccioletto lume
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Aperte chiuse de la rezia rupe
Al flagellato da procelle ionie
Capo
Trapasserebbe illuminando, il carme!
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<poem>
Ma perchè là dove si leva il sole
Spunta a fior
Forse è il voto che pose un battelliere
Per ricordanza
No; su quel lido, ove impaluda e requia
La famiglia dei rivoli
Fu la più bella marinara; e quelle
Son le lagune, ove moría Venezia.
Rode
Le basi inferme e le sconnesse pietre
In barbari mutaro: e quando il vento
Cascan
Teste e le braccia
La sua gloria sparì, come una barca
Di pescadori, cui la lunga fame
Dei figli spinse a ritentar le irose
Onde del verno, e non tornò più mai.
Sopra la rena, puntan le pupille
Tra le nebbie del mar; e a quando a quando
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E il suo Lione è morto.
Pur
Che fu visto vagar muto, di notte
Tra gli scogli istrïani, e per le coste
Cavernose dei Dàlmati fedeli
Fino
Posa
Lambe le piaghe che dan sempre sangue;
Ma se
Sente sonar dei Vandali, si leva,
E flagellando con la coda i lombi,
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===III.===
<poem>
Perché dal sen di
Spunta là vêr ponente
A contristar quel tiepido teatro
Di palagi,
Forse è
Sotto il perfido stil
Un vïatore. Il mulattier che scende
Dal petroso cammin de la collina,
Giunto davanti a quella croce, il canto
Sospende, scopre il capo, e prega, e in via
Poscia rimette al suon
No;
Sepolcro di cinerea lavagna,
I trafficanti di famiglie umane
Ancor viva calar
Mercadantessa, che da Giano à nome,
E deserta finiva, ella che avea
Dato
Audacie, e
Amoreggiar coi remi
Da Dio nascosto. Pel suo porto un tempo
Di merce carchi, di valor, di senno
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Parla a quel modo che Alighier scrivea,
Vedo laggiù su la fatal collina
Di Prunetta spuntar
Accanto ad essa nei color listato
De la fiamma,
Sorge immobile ai venti un alemanno
Stendardo imperïal, che stilla sangue
Da le lacere falde. Ivi spirava
Ne la convalle un dì
Italica; nel loco, ove recinto
Da romani cadaveri, con morte
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Catilina. E quel sangue usci dal core
Di Ferruccio. Però che quando curvo
Sopra il morente,
Il più vigliacco dei pugnali infisse
Nel magnanimo petto, il Fiorentino
Del vessillo stranier, per affacciarsi
Con quella rea sindone a Dio, chiedendo
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O Iberia, Iberia! allor che il lïoncello
Ausonio un giorno metterà le giubbe,
Prega il tuo cupo Dio,
Le codarde tue colpe. Ove la piova
Batta sul tetto
Di Cavinana, colano le gronde
A macerar le sante ossa ferite
Scurità de la fossa a lui parranno
Stille di sangue torpido che cada
Dal rotto seno de la patria ingrata.
E quando inoltro e prego in
Di numi che si chiama Santa Croce,
Meno io penso talora ai glorïosi
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<poem>
E nuove croci e simboli di morte
Veggo per tutto, dove più
La gemina pianura ove Appennino
Più
Strappate via quelle tristezze. Iddio
Certo non volle scindere
Penisola in amari cimiteri
Di patrie. Dai celesti ognor protette
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Deserto, è vero, abbiam peregrinato,
Esuli in patria, incatenati, irrisi;
Ma se non
Triste di spine e di servile affanno
A mondarne dai vecchi astii, e dal sangue
Sparso in pugne fraterne, e a farci uniti,
Siccome fascio di littoria scure,
Benedetto
Provocata discenda a lo straniero,
Benedetta la scure! Esulta, o patria;
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Pianta di Libertade; ove dei forti
La congiurata carità la guardi
Dai turbini
Non
E voi fate esultanza, Isole illustri,
Smeraldi eterni in campo di zaffiro,
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<poem>
Al passeggero
Che a Teramo
Notte di San Giovanni, occorre un nuovo
Spettacol di lumiere. Da le cime
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Róse da due profonde urne di fiumi,
Per quanto abbraccia di curve campagne
Ogni chiesa, ogni villa, ogni abituro
Accende innanzi de la porta il suo
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Che passano, come ombre, su la faccia
De le candide case e de le fiamme,
Paion drappelli
Che intreccin balli al suon de le infinite
Campane in festa ed al tonar
Di qua, di là,
Non altrimenti in questa nobil notte,
Dagli umbri ulivi ai siculi castagni,
Dai toschi pini ai calabresi lecci,
Lungo la schiera de le brune corna
A Vesta Independente, itala Dea.
Accorgimento di stranier geloso
Non valse a penetrar chi le accendesse
Su
Provvedimento di quel Dio gagliardo
Che a le tribù de la promessa terra
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Con vivo lume di cortesi assensi
Corrispondea, però che allora allora
</poem>
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Fosse il rigor del moribondo autunno,
Pur una falda candida di neve
Non fioccò su
Ai fochi sacri. Fu però chi scòrse
Altissima passar pei tersi cieli
Una procella, e ne reggeva il volo,
Di negro e di color giallo dipinta,
Inferocita
La cui simíle non fu vista viva.
Rivolte vèr gli squallidi Trïoni
Valicarono
Sciolser dal grembo gli adunati geli
Che ruinando crepitâr
Querce
Acuminati
Rupper la calma de la notte strane
Novità di clamori. I pii che stanno
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De le speranze italiche, agitarsi
Su la pianura di Roncalia udiro
Che di fede)e schiavitù, di dritti
Favellava, e
Tal che del Po si diffondea
Una viltà di striduli cavilli;
Poi
Che squarciavan le vie, dove era stata
Una città per seminarvi il sale.
Allor pei campi di Legnan
Come a risposta, un gran tumulto, ed era
Un percoter di ferree aste, di spade
Repubblicane su le maglie e i cranii
Tedeschi; un giuramento
Legïon de la Morte; una severa
Melodia trïonfal: mentre lontana
Sonava
Che vêr Costanza su la vuota sella
E quando
Parve si udisse da normanne chiese
Salir con la marina ôra distinto
Uno squillo di Vespri siciliani
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Ave Maria, se a te son cari i folti
Vigneti, e gli orti, e la divota china
Là dove al mesto
Sorride il colle de la tua Loreto,
O mistico geranio de le notti,
Questa notte
Regina dei dolenti, Ave Maria;
Se tu celeste viaggiatrice un clivo
La povertà de la materna casa,
Siccome
Questa patria proteggi. Ave Maria,
Il pescadore in disperata angoscia
Tra la furia
Stella del mare.
E ad ogni vecchiarella de la via
Pensa a la madre e lagrima, ti chiami
Rifugio de la prole esule
Noi Te con
Arca di Federanza invocheremo.
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