Brani di vita/Libro primo/Il Natale nella lirica: differenze tra le versioni
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{{Qualità|avz=75%|data=31 agosto 2009|arg=Autobiografie}}{{IncludiIntestazione|sottotitolo=Il Natale nella lirica|prec=../Natale|succ=../Per Comacchio}}
I boccali di Montelupo, ricchissimi di auree sentenze, debbono portar dipinta sulla pancia anche questa: che la stessa idea è concepita, sviluppata ed espressa diversamente nei diversi secoli. Ella dirà che questo aforisma poteva essere risparmiato agli innocenti lettori i quali hanno giudizio da imprestare, e sanno bene che senza queste trasformazioni delle idee e delle forme non ci sarebbe storia letteraria. Io protesto pel mio rispetto agli innocenti lettori, ma dico anche che non è poi affatto inutile ripetere questa massima decrepita. Non Le pare che a questo mondo ci sia ancora
▲I boccali di Montelupo, ricchissimi di auree sentenze, debbono portar dipinta sulla pancia anche questa: che la stessa idea è concepita, sviluppata ed espressa diversamente nei diversi secoli. Ella dirà che questo aforisma poteva essere risparmiato agli innocenti lettori i quali hanno giudizio da imprestare, e sanno bene che senza queste trasformazioni delle idee e delle forme non ci sarebbe storia letteraria. Io protesto pel mio rispetto agli innocenti lettori, ma dico anche che non è poi affatto inutile ripetere questa massima decrepita. Non Le pare che a questo mondo ci sia ancora dell'ottima gente la quale pretenderebbe che sentissimo e scrivessimo come nel trecento, nel cinquecento, o alla peggio come nel milleottocento dodici o quindici, l'epoca degli inni sacri del {{ac|Alessandro Manzoni|Manzoni}}! Non Le pare che novant'anni siano parecchi? Io Le auguro di non saperlo per prova.
Se Ella poi vuol capacitarsi di quel che oggi si chiama evoluzione, sia del pensiero che della forma, cerchi gli esempi piuttosto che i ragionamenti; anzi prenda uno di quegli argomenti che, dal trecento in qua, furono sempre trattati e ne segua la successiva trasformazione. Così avrà quasi una sintesi della storia letteraria. Siamo alle feste di Natale? Ebbene: segua la metamorfosi del Natale nella nostra lirica.
Nel secolo XIV i poeti sono cristiani nel sangue e
::Mio amore e Salvatore,
:::quanto tu
:::
:::e failo star gioioso!
:::non so star più pensoso
:::quando sovviene al core
:::
:::che in gioia mi mantiene.
::
:::che in Betelemme è nato
:::non vi paia sì fantino
:::
:::e
:::per figliuol vero di Dio.
:::Questo si è il signor mio
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Ma nel secolo seguente, il secolo degli umanisti, del paganesimo che ricomincia, non è più al bambino che si volgono gli affetti ed i canti; è alla madre, alla donna. {{
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::
:::di te vergin santa e pia!
:::. . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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:::O la bellezza eterna e santa
:::di Maria bella infiammasti.
:::Tu
:::Vergin santa dolce e pia.
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:::del tuo figlio, o Maria,
:::deh volgi, prego, alquanto
:::gli occhi tuoi da quel bene
:::In noi discendi e il pianto
:::la miseria e le pene
:::vedi del servo tuo che a te sospira,
:::a te, fonte
:::perchè in te sola il core
:::spera, in te sol si posa, in te respira.
:::Tu, madre di pietate,
:::pelago di dolcezza,
:::tu, specchio
:::fior
:::tu, porto di salute,
:::tu, refugio dei miseri mortali,
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Ah, chi scrive versi come questi, ama e crede veramente! Quanti oggi si protestano credenti e scrivono versi? Eppure quanti sanno trasfondere
::Aura impregnata del salubre timo
:::
:::Che
:::Molce
Dalla spontaneità
Nel secolo XVI
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:::Tal privilegio onde non fu mai rea.
::Per tanto
:::Se questa, insieme col figliuol, non vide
:::Chi a contemplar beltà gli occhi suoi gira.
::Questa nessuno col suo aspetto ancide,
:::Anzi
:::E dolcemente a gli
Ah, frataccio scellerato, chi
:::Virtù contra furore
:::Prenderà
:::Chè
:::
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:::Sai che il combatter contro
:::Anzi di niun valore,
:::Qual contra il fer leon vil cane è morto!
Ah! se ci fosse stato il {{
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Come non lo sospesero, non già ''a divinis'', ma ad una forca alta cinquanta cubiti?
Dalle fredde imitazioni del cinquecento è curioso passare alle caldezze artificiose del seicento. Qui
::Uomo e Dio grande in cielo, in terra umile
:::Tra i disprezzi Gesù scopre gli onori;
:::Ecco
:::Pur nato appena in rustico fenile.
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Pompierata infame! Ma
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:::Partorisce la donna
:::E non ne perde il virginal onore,
:::Fa
Si può dir di peggio come pensiero e come forma? Eppure il cavalier Frà Tommaso Stigliani credeva in buona coscienza di aver fatto un ottimo madrigale religioso e nel suo canzoniere lo si trova nel sesto libro, cioè tra i ''soggetti morali''!
La peste dei concetti, dei giuochi di parole, delle antitesi nelle quali allora si faceva consister
::Ben fu di vera luce ornata e chiara
:::La notte (se chiamar notte conviensi)
:::Che nacque il sol che
:::
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:::. . . . . . Il dolce canto
:::Di quegli spirti alati
:::
:::Chiama al presepio santo
:::I pastor fortunati.
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:::Il giglio fortunato,
:::Alba al giorno
Pier Matteo Petrucci, della Congregazione
::Sol te, Maria,
:::Sol degna tu del sommo Re sei reggia.
:::Sol degna tu del sommo Sole aurora.
::Qual maraviglia che sì chiara splenda
:::Questa notte beata,
:::Se
:::Altre volte
:::Fugge quando il sol nasce e si scolora;
:::Ma in questa che
:::Tiensi in braccio
No, non si può esser più ebete di così!
Il settecento, il secolo
::Io
:::Di tortora idumea
:::I quai mi stanno innanzi, o che si svegli,
:::O che
::Oh, fossi un angiol tuo! fossi un di quegli
:::Che
:::O destini a velare i tuoi capegli
:::Lucidi più che della lana i fiocchi!
Ma se costui mette un
::Io veggio entro una bassa e vil capanna
:::Un pargoletto che pur dianzi è nato,
:::Fra i rigor
:::Su paglia, fieno e foglie
::Veggio la cara madre che
:::Perchè sel vede in sì povero stato...
:::Misero! Ei sta di due giumenti al fiato.
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::Quel Dio che regge il Ciel, regge gli orrendi
:::Abissi, e fa su noi nascer
:::E il lampo, e i tuoni, e i fulmini tremendi.
::Ma un Dio se stesso in sì vil foggia onora?
:::Vieni, o superbo, e
:::Da quel maestro che non parla ancora!
Carini quei loro smascolinati sonettini, pargoletti piccinini, mollemente femminini, tutti pieni
Andiam che la via lunga ne sospinge; ed eccoci ai due ultimi cantori del Natale,
::
:::Sui vanni fiammanti,
:::Tre volte al Signore la gloria cantò.
::Tre volte iterando beate canzoni,
:::Diffuse
:::La pace che togliere il mondo non può.
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:::Dalle magioni eteree
:::Sgorga una fonte e scende,
:::E nel burron
:::Vivida si distende;
:::Stillano mele i tronchi,
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Desiderio di una palingenesi che per ora non sembra vicina.
Eccoci partiti
E buone feste.
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