Brani di vita/Libro primo/A Loreto: differenze tra le versioni
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Salimmo il colle di Loreto in un giorno rovente di Luglio, sotto le vampe del sole meridiano, nel barbaglio bianco della via che bruciava, assordati dallo stupido ed ostinato frinire delle cicale furibonde. I gelsi spogliati, le stoppie arse e gialle e le siepi immobili sotto un velo di polvere densa, parevano attendere la morte, immersi nel profondo torpore
▲Salimmo il colle di Loreto in un giorno rovente di Luglio, sotto le vampe del sole meridiano, nel barbaglio bianco della via che bruciava, assordati dallo stupido ed ostinato frinire delle cicale furibonde. I gelsi spogliati, le stoppie arse e gialle e le siepi immobili sotto un velo di polvere densa, parevano attendere la morte, immersi nel profondo torpore dell'agonia. Le sole vestigia della vitalità umana apparivano lassù, in cima al colle, dove si alzava arcigna l'abside merlata del tempio dominatore, come una rocca fortificata contro un nemico invisibile, minaccia di offese e di sangue contro l'insorgere delle ribellioni. Pareva che sotto alla croce stesse in agguato il cannone e che le campane sonassero a stormo. Non ci appariva il tranquillo aspetto della fede, ma il viso ferreo, il cupo terrore della forza.
E salendo sempre, ogni passo era una rivelazione ed un incanto. Prima
Ma le torri brune
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Giunti alla città, ci parve di entrare in un sepolcro. Saettati dal meriggio, dormivano le cose e gli uomini nel mistero
In una via stretta e non soleggiata, si distendono due lunghe fila di banchi e di bacheche piene di medaglie, di amuleti, di imagini, di rosari, di campanelle, di cembali, di pezzuole variopinte e di ciambelle coperte di mosche. Dietro ai banchi di questa fiera devota ciarlano le venditrici incatenando le ave marie delle corone con le pinzette di acciaio e il filo
Quando fiutano e vedono forastieri, chiamano, gridano, aprono vetrine, scuotono rosari, offrono imagini e cartoline illustrate, strillano e vituperano chi passa senza comprare o imprecano alle rivali più fortunate. Vivono del tempio, vivono della Madonna, quasi sui gradini
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Entrammo finalmente nel tempio, troppo descritto e conosciuto per parlarne qui. Lo splendore
È qui, nel breve spazio di questa casupola, fasciata di fuori da marmi lavorati e coronata di statue superbe, in una atmosfera calda di aliti umani, di ceri accesi, di incensi fumanti, che appare manifestamente il miracolo.
Ma il miracolo non
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Cenciosi, polverosi, schifosi, salivano le scalinate del tempio in ginocchioni, gridando "Viva Maria!" mentre le rivenditrici chiudevano a furia le vetrine e nascondevano tutto.
Pare che questi piissimi pellegrini, se hanno molti scrupoli
Cantavano, come ho detto, trascinandosi sui ginocchi e nelle faccie gialle estenuate e negli occhi smisuratamente aperti era
Due vecchie orribili leccavano il pavimento con la lingua bavosa, sorrette alle ascelle da due megere che strillavano. Così furono trascinate sino
La ripugnanza si impadronì di noi e
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Ed uscimmo cercando
Eravamo veramente in Italia? Come? A questo ci doveva condurre tanto sforzo di pensiero, tanto tesoro di sacrifici e il sangue di tanti martiri? E come mai qualcuno pensa di sollevare a questa civiltà gli africani e i chinesi, assai più civili di questi antropoidi che leccano le pietre e il sudiciume per propiziarsi un idolo di legno e pure sono italiani? Che si è fatto in questo mezzo secolo se qui, nel centro
Non molto lungi di qui, al di là
Così, pensando amaramente, scendevamo la via tra le vetrine riaperte, il brusìo della fiera e il clamore dei contratti sacri, quando, in fondo,
Oh! Garibaldi che vigili come una sentinella su la porta di Loreto e su le porte del Vaticano, chi non sente
Era il tuo ruggito di leone che doveva dir ''basta'', non la voce muliebre e pia che chiede perdono a chi non perdona mai. Tu dovevi farci Castelfidardo, tu aprirci la breccia di Porta Pia, e allora Castelfidardo e la breccia non sarebbero da rifare.
Ma, se Dio vuole, li rifaremo.... e meglio!
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