Andrea Doria/La Vita/1: differenze tra le versioni

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La vita di Andrea Doria è la vita di un principe del suo tempo, ma è soprattutto la, vita di un uomo di guerra, condottiero saggio e valoroso sulla terra e sul mare: vita di un combattente per le cause che riteneva migliori e più proficue per il suo paese.
 
Essa si inquadra nel periodo più combattuto della vita italiana, quello nel quale due formidabili avversari, Spagna e Francia, rivendicando diritti sul nostro paese, ne fecero uno sterminato campo di battaglia.
 
Troppo forti erano i due rivali, perché i piccoli e i meno piccoli Stati d'Italiad’Italia, ivi compreso quello del Pontefice, potessero - come già abbiamo annotato - ignorarli, trincerandosi in salutari posizioni di assenza o di neutralità. Bisognava schierarsi, era necessario prendere partito: i principi italiani dovevano perciò ricordarsi di essere valorosi combattenti e stimati capitani, ma non potevano né dovevano dimenticai,e che tra i due avversari, entrambi stranieri tendenti all'unicoall’unico scopo di sfruttare il paese conquistato, occorreva saper scegliere secondo gli interessi italiani (sia pure limitati al loro piccolo Stato), ossia essere realisticamente pensierosi del bene --che sovente era solo il minor male - dei loro sudditi. Nessuna ragione strettamente italiana, di bene strettamente italiano militava per l'unol’uno o per l'altrol’altro dei due contendenti: stare in linea con l'unol’uno o con l'altrol’altro non voleva perciò significare altro che certezza, o almeno speranza, di poter ottenere di più. Si trattava cioè di giocare la carta storicamente migliore.
 
Stabilito questo esatto principio, non può più suscitare meraviglia né essere discusso - come molti hanno fatto - il passaggio dall'unodall’uno all'altroall’altro dei due grandi rivali, il cambiamento di padrone che molti principi italiani - Andrea Doria compreso - hanno effettuato durante la lunga contesa.
 
Esulando, perché troppo prematuro, un profondo senso nazionale dagli scopi dell'operadell’opera loro, i principi italiani non erano in realtà che dei capi di truppe che si offrivano al miglior offerente, superiori solo in questo ai capitani di ventura: che il loro atteggiamento non era esclusivamente guidato dall'interessedall’interesse del loro piccolo Stato, del loro piccolo popolo. Erano, insomma, già espressione - per quanto normalmente incompleta, e perciò. insufficiente - della figura nuova del Principe, del capo di Stato quale il subcosciente dei popoli emanava, e quale Niccolò Machiavelli andava precisando nella sua mente e nella sua opera immortale.
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