Adone/Canto VI: differenze tra le versioni
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{{Qualità|avz=50%|data=9 aprile 2008|arg=Poemi}}{{IncludiIntestazione|sottotitolo=Canto sesto|prec=../Canto V|succ=../Canto VII}}
====Allegoria====
IL GIARDINO DEL PIACERE. Sotto la figura del giardino ci vien rappresentato il Piacere. Nelle cinque porte si sottointendono i cinque sentimenti del corpo. Nel cristallo e nel zaffiro della prima porta si significa la materia
====Argomento====
''Al giardin del Piacer col giovinetto''<br />
''sen va la dea
''Per le porte
''di gioia in gioia
====Canto sesto====
Armi il petto di gel chi vede Amore {{R|1ª ottava}}<br />
saettar foco e ferir
e dela rocca fragile del core<br />
difenda pur le malguardate porte;<br />
né del crudele e perfido signore<br />
sotto vista di pace apportan guerra.<br />
Chi da
condur si lascia infra perigli errante,<br />
è qual cieco
segue del senso le fallaci piante;<br />
chi per torto sentier lo scorse avante,<br />
non si lagni
È ver, che da sé sola a ciò non basta {{R|3ª ottava}}<br />
nostra natura inferma
delo spirto di Dio tromba gradita,<br />
per schermirsi da tal che ne contrasta,<br />
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senza grazia divina acquistar palma.<br />
Ma vuolsi ancor con studio e con fatica {{R|4ª ottava}}<br />
schivar quel dolce invito, esca
perché dela domestica nemica<br />
sol con la fuga la vittoria ottiensi<br />
e chi fuggir non sa questa impudica<br />
a rischio va di precipizi immensi,<br />
dove caduta poi
Questa è la donna,
Adam per far che gusti esca interdetta;<br />
la meretrice,
Giuseppe il giusto ed a peccar
questa è colei, che Sisara addormenta,<br />
e per tradirlo sol seco il ricetta;<br />
la disleal, che pria lusinga e prega<br />
il malcauto Sansone e poi lo lega.<br />
Questa è la Bersabea, per cui
il buon re
questa è di Salomon la concubina,<br />
che follemente idolatrar
la Vener, che lontan dala ragione<br />
al giardin del piacer conduce Adone.<br />
Infiora il lembo di quel gran palagio {{R|7ª ottava}}<br />
spazioso giardin, mirabil orto.<br />
Miseria mai né mai
Colà, senza temer fato malvagio,<br />
Venere bella il bel fanciullo ha scorto,<br />
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che sembra il cielo o cede al ciel di poco.<br />
- Non pensar tu che senza alto disegno {{R|8ª ottava}}<br />
(disse volto Mercurio al
fondata abbia Ciprigna entro il suo regno<br />
questa sì vaga e florida magione,<br />
nulla a caso giamai forma o dispone;<br />
misterioso il suo edificio tutto<br />
a sembianza
Del corpo uman la nobile struttura {{R|9ª ottava}}<br />
in semedesma ha simmetria cotanta,<br />
di quanto il ciel con
Tal fra gli altri animali il fè Natura,<br />
che solo siede e sol dritto si pianta<br />
e, come
così
Le meraviglie che comprende e serra {{R|10ª ottava}}<br />
non son possenti ad agguagliar parole;<br />
né nave in onda, né palagio in terra,<br />
né teatro, né tempio è sotto il sole,<br />
né
che non tragga il model da questa mole;<br />
trovano in sì perfetta architettura<br />
il compasso e lo squadro ogni figura.<br />
Miracol grande, in cui con piena intera {{R|11ª ottava}}<br />
Giove
dela divinità sembianza vera,<br />
imagin viva e simulacro espresso.<br />
Quasi in angusta mappa immensa sfera,<br />
fu
tien sublime la fronte, alte le ciglia,<br />
sol per mirar quel ciel che
È distinto in tre parti il maggior mondo: {{R|12ª ottava}}<br />
dele sfere rotanti hanno il secondo<br />
loco le belle e ben disposte classi;<br />
ritien
la region degli elementi bassi.<br />
E
ben di proporzion seco conviensi:<br />
sostien la vece del sovran motore {{R|13ª ottava}}<br />
nel capo eccelso la virtù
stassi a guisa di sol nel mezzo il core,<br />
loqual pertutto il suo calor distende;<br />
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questa casa animata è tripartita.<br />
Son cinque corpi il cielo e gli elementi {{R|14ª ottava}}<br />
e pur
è dela vista un natural ritratto;<br />
son poi tra lor conformi e rispondenti<br />
né par che meno in simpatia risponda<br />
Potea ben la divina onnipotenza, {{R|15ª ottava}}<br />
con
con cui pose
donargli ancora incorrottibil velo<br />
e di quel puro fior di quinta essenza,<br />
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come simile al ciel la forma veste<br />
di materia comporlo anco celeste;<br />
ma però
e convien
e
i fantasmi sensibili conduca,<br />
non devea
che
per far di quanto intende e quanto sente<br />
prima il senso capace e poi la mente.<br />
Di tutto il bel lavor che con
orna
sono i nervi istromenti, onde comparte<br />
lo spirto ai membri il movimento
altri molli, altri duri, in ogni parte<br />
ciascun è sempre al proprio ufficio intenso,<br />
né può
la facoltà del moto o del sentire.<br />
Or tratti avante e ne vedrai gli effetti, {{R|18ª ottava}}<br />
e dirai
a far
Qui tacette Cillenio e con tai detti<br />
dalo stupore il giovane riscosse,<br />
che
già nel primo sogliare entrato e giunto.<br />
dan cinque porte al peregrin
e da un custode insu la soglia assiso<br />
la porta
là dove un giardinetto si dilata,<br />
talché di spazio egual tra sé vicini<br />
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Cinque giardin la dilettosa reggia {{R|20ª ottava}}<br />
nele sue cinque torri inclusi abbraccia,<br />
siché
differente un giardin per ogni faccia.<br />
Confine un muro ogni giardino ombreggia,<br />
che stende linea infuor di mille braccia.<br />
Questo in quadro si chiude e in mezzo lassa<br />
porte, onde
Ciascun canton
una torre angolare insu la punta,<br />
e la quinta tra lor nel mezzo sorge<br />
sì
e, come dissi, a dritto fil si scorge<br />
torre da torre egualmente disgiunta;<br />
e con giusta misura arte leggiadra,<br />
Dela porta del portico primiero, {{R|22ª ottava}}<br />
vivace e nobil giovane è
di diverso color sparso la vesta.<br />
Un avoltoio in pugno ed un cerviero<br />
si tiene a piè da quella parte e questa,<br />
un specchio ha innanzi e nelo scudo incisa<br />
la generosa che nel sol
Ai duo felici amanti immantenente {{R|23ª ottava}}<br />
fecesi incontro il giardinier cortese<br />
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Adon raccolse e per la mano il prese.<br />
- Ben venga (disse) il vivo sole ardente,<br />
Dritto fia ben che degli alberghi nostri<br />
nulla si celi a lui, tutto si mostri. -<br />
- Dimmi (al nunzio di Giove Adon converso) {{R|24ª ottava}}<br />
dimmi (disse) ti prego, o cara scorta,<br />
con
che vuol dir questa guardia e questa porta?<br />
quel famelico augel, quel vetro terso<br />
e quel vario vestir, che cosa importa?<br />
Suo stranio arnese e sua sembianza ignota<br />
Risponde
parti di tutta la sensibil massa,<br />
in gloria eccede, in nobiltà trapassa,<br />
ché, posto dela rocca insu le cime<br />
ogni membro vulgar sotto si lassa<br />
e, dove il tutto regge
tra la plebe
Siede eminente e
e certo il gran fattor tale il compose,<br />
sì per la tanta e tal,
varietà di colorate cose,<br />
sì per lo modo ancor spedito e presto<br />
Perché senza intervallo o mutar loco {{R|27ª ottava}}<br />
giunge in instante ogni lontano oggetto,<br />
talché negli atti suoi si scosta poco<br />
dala perfezzion
onde se quel, vie più che vento o foco<br />
rapido e vago, occhio
questo,
intelletto del corpo anco
Per
qualunque
e di
quasi
i più soavi fior leggiadra e lieve,<br />
scegliendo il bel dela beltà che scorge,<br />
Dale fonti del cerebro natie, {{R|29ª ottava}}<br />
un sol principio per diverse vie<br />
di duo stretti sentier sue linee elice.<br />
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Perché volubil sia, donar gli volle<br />
orbicolare e sferica figura,<br />
oltre
franger nel centro e rintuzzare i rai.<br />
Gli spirti unisce ala pupilla e spira {{R|31ª ottava}}<br />
dala gemina sfera il raggio vivo,<br />
si stende fuor del circolo visivo.<br />
La specie intanto in sé di quelche mira<br />
ritrae, come suol ombra o specchio o rivo;<br />
così
esce dala potenzia, entra
O quanto studio o quanta industria mise {{R|32ª ottava}}<br />
qui
vene, arterie, membrane
sottile aragne e dilicate spoglie.<br />
Per quanti obliqui muscoli divise<br />
passano e quinci e quindi e fila e foglie,<br />
quante corde diverse e quanti e quali<br />
versano
Di tuniche e
havvi contesto un lucido volume<br />
ed uva e corno e con più reti e nodi<br />
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ciascun questo difende e questo aiuta,<br />
organo principal dela veduta.<br />
sia meno ai danni
gli ha dato, in un ricovero riposto<br />
sotto
per siepi e propugnacoli
palpebre infaticabili ed eterne,<br />
sol
dagli umani accidenti il serbi intatto.<br />
Ed a guisa di sole,
emulo
qual corona di raggi anco
sottilissime sete intorno intorno.<br />
Nel curvo globo
e, temprati di limpidi zaffiri,<br />
vi dipinse nel mezzo i sommi giri.<br />
Questi
indici fidi, oracoli veraci,<br />
dela dubbia ragion secure scorte<br />
e
Son lingue del pensier pronte ed accorte<br />
e del muto desir messi loquaci;<br />
geroglifici e libri,
Vivi specchi sereni, onde traspare {{R|37ª ottava}}<br />
quanto il cupo del petto in sé ristringe<br />
e dove in guise manifeste e chiare<br />
ogni suo affetto
i ridenti piacer, le doglie amare<br />
vi scopre, or
e, ciò
son del foco
E
di
per questo il primo grado, il primo varco<br />
del giardino
Quinci potrai, già
il mistero,
del ministro gentil che guarda il vallo,<br />
degli augei, dela fera e del cristallo. -<br />
Ciò detto, per incognito sentiero, {{R|39ª ottava}}<br />
là dove altrui vestigio il suol non serba,<br />
ma serba il prato
intatto il fiore, inviolata
colà dentro lo scorge,
fa corona il gran muro alta e superba,<br />
e di pietre sì lucide la tesse,<br />
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dove in ogni stagion Flora e Pomona<br />
guidano danze e trecciano ghirlande.<br />
Il muro principal che
tetto ricopre a meraviglia grande,<br />
sostenuto da un ordine leggiadro<br />
Da quattro galerie per quattro grate, {{R|41ª ottava}}<br />
che cancelli han
dove prendono ognor schiere beate<br />
di ninfe e di pastor vari diporti<br />
e, passando in piaceri
fanno giochi tra lor di tante sorti<br />
quante suol forse celebrarne apena<br />
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Forman parte di lor, sedendo sotto {{R|42ª ottava}}<br />
gran tribuna di fronde, un cerchio lieto,<br />
e
dentro
scopre a chi più gli piace ogni secreto.<br />
Con questa invenzion chieste e concesse<br />
si patteggian
Parte in gioco più strano e più diverso {{R|43ª ottava}}<br />
dispensano del dì
nel molle grembo il capo ingiù converso<br />
vaga donzella
ciascun altro la man,
né solleva ei giamai la testa china,<br />
se chi battuto
Odesi di lontan scoppio di riso, {{R|44ª ottava}}<br />
quando per legge di colui che regna<br />
di bella ninfa perditrice il viso,<br />
Altri più dolci e con più saggio aviso<br />
trar dal trionfo suo spoglie
ché, con un bacio in bocca o su la gota,.<br />
vuol
Chi con le carte effigiate in mano {{R|45ª ottava}}<br />
prova quanto fortuna in terra possa;<br />
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fa ribalzar dele volubil ossa;<br />
chi con maglio leggier manda lontano<br />
chi, poiché dal cannel le sorti ha tratte,<br />
su tavolier le tavole ribatte.<br />
Van le vergini belle a schiera sparte {{R|46ª ottava}}<br />
scalze il piè, scinte il seno e sciolte il crine;<br />
rozza incoltura in lor, beltà
fa
Parte per
tra le linfe argentate e cristalline,<br />
parte coglie viole ed amaranti<br />
per farne dono ai fortunati amanti.<br />
Quella danza
di rose il crine al favorito amico;<br />
questi canta
con la sua donna in un boschetto aprico.<br />
Alcun
legge amoroso alcun romanzo antico<br />
e i versi espone in guisa tal, che quasi<br />
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Altri nel cavriuol rapido e snello {{R|48ª ottava}}<br />
al veloce levrier la lassa allenta;<br />
altri,
contro la garza il girifalco aventa;<br />
altri più lieve e più minuto augello<br />
con più sottile insidia ingannar tenta,<br />
tendendo, accioché preso
pania tenace o dilicata aragna.<br />
Né vi manca però fra
chi nel margo palustre, ove si giace,<br />
col cane assaglia o con lo stral saetti<br />
anitra opima o foliga loquace;<br />
né chi con nasse e vangaiuole alletti<br />
la trutta pigra
né chi tragga
orate
Mentre sotto quel ciel che soli o piogge {{R|50ª ottava}}<br />
non teme, arda quantunque o geli
tra tali e tante feste in tante fogge<br />
le brigate piacevoli si stanno,<br />
Adone e Citerea per
lastricate di gemme, intorno vanno,<br />
mirando pur di
Da tutti quattro i lati in ogni parte {{R|51ª ottava}}<br />
il muro a varie imagini è dipinto.<br />
Ciò che favoleggiar
degli amori celesti, in esso è finto.<br />
e, benché tutti mute abbian le lingue,<br />
il silenzio
Non son già corrottibili colori, {{R|52ª ottava}}<br />
che le belle figure han colorite;<br />
misture tali, incognite
da macina mortal non fur mai trite:<br />
son quinte essenze chimiche e licori<br />
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Se sì perfetta grana, azzur sì fino {{R|53ª ottava}}<br />
avesse alcuno artefice moderno,<br />
ben
far al secol migliore ingiuria e scherno.<br />
Del secondo miracolo
quanto fora più chiaro il nome eterno?<br />
dico di lui, che con la man far suole<br />
quelche
Il ligustico Apelle, il Paggi vanto {{R|54ª ottava}}<br />
sommo e splendor dela città di Giano,<br />
Line 447 ⟶ 442:
Il mio Castel, che del conquisto santo<br />
fregia le carte al gran cantor toscano,<br />
lasceria forse
vie più salde memorie a mille lustri.<br />
E tu Michel, di Caravaggio onore, {{R|55ª ottava}}<br />
per cui del ver più bella è la menzogna,<br />
mentre che creator più che pittore,<br />
con
e voi, Spada e Valesio, il cui valore<br />
fa
e voi, per cui Milan pareggia Urbino,<br />
Morazzone e Serrano e Procaccino;<br />
e tu, che col pennel vinci
e i duo vicini sì famosi e noti<br />
di Verona e Cador, non pur agguagli,<br />
Palma, ma lor di man la palma scuoti;<br />
e tu, Baglion, che con la luce abbagli<br />
con assai più lodate opre e pitture<br />
avreste,
E voi, Bronzino e Pasignan, per cui {{R|57ª ottava}}<br />
il prodigio tebano Arno rivede,<br />
poiché gemino lume e quasi dui<br />
novi soli
Caraccio a Febo caro e tu con lui<br />
Reni,
alcun non temeria, che fusser poi<br />
cancellati dagli anni i lavor suoi.<br />
A contemplar la loggia e la parete {{R|58ª ottava}}<br />
il portier del giardino Adone invita,<br />
di mute poesie,
imaginata tutta e colorita,<br />
e del fanciul
i dolci effetti ad un ad un gli addita,<br />
divisandogli a bocca or quelli, or questi<br />
furtivi amori degli eroi celesti.<br />
- Vedi Giove (dicea)
schiera di verginelle ir con
Vedi che scherza e la superba luna<br />
crolla del capo e sfida a giostra il vento.<br />
Tutto candido il pel, la fronte ha bruna,<br />
dove in mezzo biancheggia un sol
Già muggir sembra e sembra al suo muggito<br />
muggir la valle intorno intorno
Ala ninfa gentil, che varie appresta {{R|60ª ottava}}<br />
trecce di fiori ale sue trecce
umil le bacia il vago lembo il toro.<br />
Ella il vezzeggia
di catenate rose alto lavoro;<br />
ed egli inginocchion le terga abbassa<br />
e dala bella man palpar si lassa.<br />
Sovra gli monta la donzella ardita, {{R|61ª ottava}}<br />
quel prende allor per entro
e sì sen porta lei, che sbigottita<br />
volgesi a tergo
Cogliesi tutta e tutta in sé romita<br />
scherzano i biondi crini
Solca la giovinetta il salso regno, {{R|62ª ottava}}<br />
sparsa il volto di neve, il cor di gelo,<br />
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quasi per scherno e per le corna il tira.<br />
Le sconsolate e vedove compagne {{R|63ª ottava}}<br />
in atto di pietà stanno
additando la vergine che piagne,<br />
credula, ahi troppo, al predatore infido.<br />
Par che di lor per poggi e per campagne<br />
"Europa ove ne vai?", risoni il grido;<br />
par che
"Europa ove ne vai?" mesta risponda.<br />
Eccol vestito di canute piume {{R|64ª ottava}}<br />
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qual di Caistro o di Meandro al fiume,<br />
rotar volando in spaziosi giri<br />
e gorgogliar
canori pianti e musici sospiri,<br />
temer del proprio folgore il baleno<br />
e comporre il suo nido entro il bel seno.<br />
Ecco
e la casta moglier schernir si vede;<br />
ecco Satiro poi pasce la torma<br />
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la spoglia, inteso a due leggiadre prede;<br />
ecco converso in foco arde e sfavilla,<br />
ecco in grandine
Vedi lo schernitor
lo dio, che dela luce è tesoriero,<br />
a cui
né
siché profonda al cor piaga mortale<br />
non porti alfin dalo sprezzato arciero.<br />
Ecco
la bella di Peneo figlia fugace.<br />
Ed ecco, mentre
segue anelante e giungerla si sforza,<br />
degli occhi amati e
repentino rigor la luce ammorza;<br />
fansi radici i piè, rami le braccia,<br />
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chiome fregiar dele già chiome, or fronde.<br />
Volgiti poscia al vecchiarel Saturno, {{R|68ª ottava}}<br />
tutto voto di sangue e carco
come invaghito
in forma di destrier la moglie inganni.<br />
Mira quel dal cappello e dal coturno,<br />
quegli è il corrier di Giove
ché dela ninfa Maura Amor
Pon mente là, dove la notte ha stese {{R|69ª ottava}}<br />
come per disfogar sue voglie accese,<br />
le due disciolte trecce accolte in una,<br />
si reca in braccio placida e cortese<br />
al vago suo
e
addormenta le luci e sveglia il core.<br />
Mira il selvaggio dio non lunge molto, {{R|70ª ottava}}<br />
di verdi salci e fresche canne avolto<br />
le corna, i crini e
al ciel leva le luci e nel bel volto<br />
dela candida dea
e par la preghi in sì pietosi modi,<br />
che vi scorgi il pensier, la voce
deposta alfin la lusingata diva,<br />
ale promesse dela bianca lana<br />
Line 583 ⟶ 578:
vedila, or chi dirà che sia Diana?<br />
col rozzo amante in solitaria riva<br />
Poi vedi Endimion
quindi avampar
e col capo e col dito il nume amato<br />
di rampognar, di minacciar fa segno:<br />
Line 594 ⟶ 589:
più volubil nel cor, che nel sembiante."<br />
Dela fiamma gentil, che nel mar nacque, {{R|73ª ottava}}<br />
ecco poscia arde il mare, arde
arder quel dio si vede in mezzo
che
arde per la beltà, che sì gli piacque,<br />
il tiranno crudel
strugge ardore amoroso il cor severo<br />
a quel signor,
Sì dice
ale mura superbe intento gira<br />
e, mentre queste ed altre illustri forme,<br />
di cui son tutte effigiate, ammira,<br />
sembra, né sa
statua animata, imagine che spira,<br />
anzi più tosto
tra figure spiranti ombra dipinta.<br />
Non
di cui fur quelle volte opra e fatica<br />
e celar volse le vergogne in parte<br />
del fiero amante e dela bella amica,<br />
per non rinovellar
e nele gioie lor
Sotto
che volte han le facciate ala verdura,<br />
onde il giardin le chiome sue frondose<br />
può vagheggiar nele lucenti mura,<br />
specolando
stassene Adon
mentre colui del sagittario cieco<br />
va passo passo ragionando seco.<br />
Venere allor così gli dice: - O cara {{R|77ª ottava}}<br />
delizia del mio cor, dolce diletto,<br />
deh
tanto omai non occupi un finto oggetto,<br />
che
parte a me neghi del bramato aspetto;<br />
lascia
sorbir con gli occhi e depredar col guardo.<br />
Non dee la vista tua fermarsi in cose {{R|78ª ottava}}<br />
Line 641 ⟶ 636:
Se pitture vuoi pur, vero e non finto<br />
mira testesso in questo sen dipinto. -<br />
Qui tace; ed ecco per
da lor non lunge, emulator del prato,<br />
fa di sestesso ambiziosa mostra<br />
e, del bel lembo che
di fiori incorrottibili gemmato,<br />
dilettoso spettacolo a
un più vago giardin dietro si tira.<br />
Per ventura in quel punto apunto avenne, {{R|80ª ottava}}<br />
la bella coppia si rivolse e tenne<br />
per vaghezza le luci in lui converse.<br />
il superbo gemmaio in giro aperse<br />
ed allargò, quasi corona altera,<br />
- Di
(disse Venere allor) parla ciascuno.<br />
Dicon
cangiò la forma e così crede alcuno<br />
che la giovenca
a guardar con
e che, quantunque a vigilar accorto,<br />
fu da Mercurio addormentato e morto.<br />
Contan che gli occhi, onde sen giva altero, {{R|82ª ottava}}<br />
nele piume gli affisse ancor Giunone,<br />
ed è voce vulgar
nome
Or dela cosa io
diverso assai da questa opinione;<br />
gli umani ingegni, quando più non sanno,<br />
favole tali ad inventar si danno.<br />
Era questi un garzon superbo e vano, {{R|83ª ottava}}<br />
tutto
cameriero
che
Amor,
ferigli il cor con aureo stral pungente,<br />
facendo
Colomba detta fu questa donzella, {{R|84ª ottava}}<br />
laqual veder ancor potrai qui forse,<br />
che fu pur in augel mutata
ma per altra cagion questo
Pavon si nominò, Pavon
costui,
Seben altro di lui dice la fama,<br />
Pavon chiamossi ed or Pavon si chiama.<br />
Oltre che di bei drappi e vestimenti {{R|85ª ottava}}<br />
si dilettava assai per sua natura,<br />
per farsi grato a lei
pompe, fogge, livree, fregi, ornamenti<br />
variando ogni dì fuor di misura,<br />
Line 699 ⟶ 694:
Con tuttociò, da lei sempre negletto, {{R|86ª ottava}}<br />
senza speme languia tra pene e doglie,<br />
perché discorde
di qualità contraria avean le voglie.<br />
Tutto era fasto e gloria il giovinetto<br />
mansueti, piacevoli e gentili.<br />
La servia, la seguia fuor di speranza {{R|87ª ottava}}<br />
con sospir caldi e con preghiere spesse;<br />
e perché, come pien
pensava di poter quanto volesse,<br />
ragionandole un dì prese baldanza<br />
di farle troppo prodighe promesse;<br />
tutto
dal sommo giro al baratro profondo.<br />
"Poiché tanto (
voglio accettar la tua cortese offerta,<br />
e del foco,
giovami di veder prova più certa.<br />
Recami alquanti
se vuoi pur
se servigio vuoi far che mi contenti,<br />
dele stelle del cielo aver convienti.<br />
Grande impresa fia ben
non difficile a te,
poiché presso a colui tieni il tuo seggio<br />
che le raccende con gli aurati rai.<br />
Line 728 ⟶ 723:
di tanta luce io mi compiaccio assai<br />
e bramo alcuna in mano aver di loro<br />
sol per saper se son di foco o
O volesse fuggir con questa scusa {{R|90ª ottava}}<br />
o forse per non esserne delusa<br />
esperienza far dela sua fede,<br />
o perché pur la femina è
ingorda a desiar ciò
ed, indiscreta, altrui prega e comanda<br />
e le cose impossibili dimanda,<br />
basta
ogni suo sforzo a
aspettò
di purpureo color
ed egli uscito in compagnia del sole,<br />
che la lampa minor sorgendo estinse,<br />
ale luci notturne e mattutine<br />
accostossi per far
"Su mio cor (dicea seco) andianne audaci {{R|92ª ottava}}<br />
val più che lo splendor di tutte queste.<br />
Di stender non temiam le man rapaci<br />
nele gemme
pur
dele stelle e del sol più chiare stelle".<br />
Orbe del lume e dela scorta prive {{R|93ª ottava}}<br />
fuggian le stelle in varie schiere accolte,<br />
e sicome talor per
quando
sbigottite, tremanti e fuggitive<br />
per fretta nel fuggir ne cadean molte.<br />
Line 762 ⟶ 757:
ed un groppo nel lembo alfin ne prese.<br />
Giove, che vide il forsennato e sciocco {{R|94ª ottava}}<br />
giovane depredar
sdegnossi forte e da
gli trasformò repente abito e pelle;<br />
e nela falda gli restar le stelle;<br />
Febo, che pietà
per sempre poi gliele stampò nel manto.<br />
Del ciel
tosto che vide il non più visto augello<br />
il volubil suo carro ornò di quello;<br />
poi le penne gli svelse e fu inventrice<br />
cura
Ed io, che soglio ognor qualunque imago {{R|96ª ottava}}<br />
scacciar dagli orti miei difforme e trista,<br />
ché grazia il loco e nobiltà
perché natura in terra augel più vago<br />
non credo
né so cosa trovar fra quanti oggetti<br />
invaghiscano altrui, che più diletti.<br />
Vedilo là,
e ben
con quanta maestà rotando intorno<br />
di mirabil ghirlanda il palco infiora.<br />
Perché crediam che sì si mostri adorno,<br />
senon per allettar chi
e per aprire ala beltà, che mille<br />
fiamme gli aventa al cor, cento pupille?<br />
Line 797 ⟶ 792:
Qual da sì dolce universal desio<br />
anima fia, che si ritragga o scioglia?<br />
Ma che mirar, ma che curar
del bel pavon la ben dipinta spoglia,<br />
altri fregi, altre pompe, altre ricchezze? -<br />
Così ragiona e seco il trae pian piano {{R|99ª ottava}}<br />
dove
che con bei fasci di fioretti in mano<br />
e varie ampolle di profumi alletta.<br />
Garzon verde vestito e non lontano,<br />
esplorator dela fiorita erbetta,<br />
scaltro seguso e
tutto, dovunque va, cerca col fiuto.<br />
Inestinguibilmente a piè gli bolle {{R|100ª ottava}}<br />
infuso un misto
Con sangue di colombe e con midolle<br />
di passere stemprò liquide rose<br />
e col puro storace e
il muschio dentro e
il cifo egizzio
Vista costui da lunge avea la bella {{R|101ª ottava}}<br />
coppia,
onde subito a sé Zefiro appella<br />
- O genitor dela stagion novella<br />
(dice) vago forier di Citerea,<br />
Line 828 ⟶ 823:
del gran motor che su le stelle regna,<br />
come col vivo suo terreno sole<br />
le nostre case
Su su, studio a raccorla usar si vole,<br />
tu tanta dea
Con la virtù che
figli la terra e pargoleggi
Quanto essalan di grato Ibla e Pancaia, {{R|103ª ottava}}<br />
quanto
quanto
tutto qui spargi, accioché degno appaia<br />
di lei ciò
fa
godan del tuo favor le selci istesse.<br />
Tutto per questi piani e questi poggi {{R|104ª ottava}}<br />
prodigo il tuo tesor diffondi e sciogli,<br />
e qual rupe più sterile fa
onde,
ma
e i nostri fior da
possano meritar
Scote a quel dir le piume a più colori {{R|105ª ottava}}<br />
tutto di fresco nettare stillante<br />
dela vezzosa e leggiadretta Clori,<br />
sorto dal seggio suo,
Clori ninfa
spargendo fior dala purpurea stola<br />
sempre il segue costei dovunque ei vola.<br />
La gonna che la copre è tutta ordita {{R|106ª ottava}}<br />
quando ai raggi del sol si trascolora;<br />
di simil manto comparir vestita<br />
suole agli occhi
tal fra
spande ale prime piogge Iride in cielo.<br />
Volano a prova e con disciolti lembi {{R|107ª ottava}}<br />
scorron del ciel le spaziose strade;<br />
nubi accoglie quel ciel, gravide i grembi<br />
di fini unguenti e
onde
da
cade su
Ciò fatto, ei precursore, ella seguace, {{R|108ª ottava}}<br />
fan maritate con
le glebe partorir novi rampolli.<br />
e fioreggiano intorno i campi e i colli.<br />
Vedresti, ovunque vanno, in mille guise<br />
Line 883 ⟶ 878:
Tornano al copular di due stagioni {{R|109ª ottava}}<br />
i secchi dumi con stupor vermigli;<br />
sbucciano fuor
dele madri spinose i lieti figli.<br />
Ricca la terra di celesti doni<br />
par
par che per vincer
applicato ogni studio ala pittura.<br />
Qual di splendor sanguigno e qual
tingonsi i fiori in quelle piagge
qual di fin oro e qual di latte puro,<br />
qual di dolce ferrugine si veste.<br />
Adone intanto nel secondo muro<br />
con
per angusto sportel passa introdotto<br />
Mercurio incominciò: - Tra quante abbraccia {{R|111ª ottava}}<br />
maggior delizie il cerchio dela luna,<br />
cosa non ha di cui più si compiaccia<br />
Venere
né
lusingamento o tenerezza alcuna,<br />
che la soavità
molto possenti ad allettar gli amori.<br />
Ostie crudeli e sacrifici infausti, {{R|112ª ottava}}<br />
miseri tori ed innocenti agnelle<br />
offre la gente al ciel, tanto
restan gli armenti ognor di questi e quelle<br />
e, sol per far salir
un fumo abominevole ale stelle,<br />
aggiunto il foco ale svenate strozze,<br />
Line 917 ⟶ 912:
aborriti lassù non sien da noi,<br />
che siam pur sì pietosi, anzi sien cari;<br />
cittadini del ciel beati e chiari<br />
o le dolcezze lor sempre immortali<br />
Line 931 ⟶ 926:
e per questa cagion qui, dove torna {{R|115ª ottava}}<br />
ella per uso ad albergar talora,<br />
di tutto il bel che
scelse quanto diletta e quanto odora.<br />
Or
ed a tutti gli dei
soglion tanto piacer gli odori sparsi,<br />
quanto denno dagli uomini pregiarsi?<br />
Line 941 ⟶ 936:
che quindi con le ciglia ambe è congiunto<br />
e col labro sovran quinci confina.<br />
E perché di guardarlo abbia
che qual base il sostenta; e tutto il resto<br />
di molli cartilagini è contesto.<br />
E perché, se vien pur sinistro caso {{R|117ª ottava}}<br />
una a turar dele finestre sue,<br />
onde i fiati essalar, ne formò due;<br />
e posta in mezzo
terminatrice una colonna fue<br />
tenera ma non fral, siché per questa<br />
le sue piogge stillar possa la testa.<br />
Ma benché oltre il decoro e
ed oltre ancor
vaglia a purgar del capo ogni escremento,<br />
pur
E consiste nel moto il sentimento<br />
di due mammelle che
e movon certi muscoli
Quindi
del senso interno
là dove a guisa di forato vaglio<br />
una parte sovrasta ale narici.<br />
è destinata
che qual pomice o fongo avendo i fori,<br />
rompe
È la spugna del cranio umida e tale {{R|120ª ottava}}<br />
che
traendo a sé la qualità reale<br />
degli oggetti soavi ed odorati.<br />
Line 976 ⟶ 971:
ai ventricoli suoi per duo meati,<br />
che non si serran mai, talché con esso<br />
Ma tra risi e piacer frapor non deggio {{R|121ª ottava}}<br />
di severa dottrina alti sermoni,<br />
però
di pungente desio fervidi sproni<br />
e del mio dir questo fiorito seggio<br />
soggiungerà la prova ale ragioni.<br />
Senti auretta che spira. - In cotal guisa<br />
mirando van le prospettive ombrose,<br />
miniere di rubini apron le rose.<br />
Stan disposti
con leggiadre pitture ed ingegnose,<br />
e di forme diverse e color vari<br />
Line 998 ⟶ 993:
compassate a misura e ben composte,<br />
le cui fabriche egregie e maestrie<br />
la dea del loco addita al suo
movendo seco per quel suolo i passi,<br />
fatto a musaico di lucenti sassi.<br />
Line 1 009 ⟶ 1 004:
o candida o purpurea o damaschina,<br />
nascer fa solo il fior senza la spina.<br />
Ciò
ciò che produr ne sanno i colli iblei,<br />
le piagge ebalie o
quanto mai ne nutriste orti panchei,<br />
prati
con stella favorevole e benigna<br />
tutto in quegli orti accumulò Ciprigna.<br />
Vi suda il gatto etiope e ben discosto {{R|126ª ottava}}<br />
lascia di sua virtù traccia per
né vi manca per tutto odor composto<br />
di pasta ispana o di mistura maura.<br />
Line 1 029 ⟶ 1 024:
havvi la spina arabica e la spica,<br />
che più groppi di verghe estolle in alto;<br />
colà di Siria il virtuoso asfalto;<br />
spunta mordace il cinnamomo altrove<br />
Line 1 035 ⟶ 1 030:
Tra i più degni germogli il panaceo {{R|128ª ottava}}<br />
le sue foglie salubri implica e mesce<br />
da cui medico umor distilla ed esce;<br />
e col libico giunco il nabateo<br />
e
Chi può la serie annoverar di tante,<br />
ignote al nostro ciel, barbare piante?<br />
Fumante il sacro incenso erutta quivi {{R|129ª ottava}}<br />
scioglie il balsamo pigro in dolci rivi<br />
i preziosi e nobili sudori;<br />
stilla in tenere gomme
i suoi viscosi e non caduchi umori<br />
Mirra, del
Non potè far, che del materno stelo {{R|130ª ottava}}<br />
non compiangesse il figlio il caso acerbo.<br />
- Siati sempre (gli disse) amico il cielo,<br />
tronco,
Le tue chiome non sfrondi orrido gelo,<br />
le tua braccia non spezzi austro superbo<br />
Line 1 059 ⟶ 1 054:
Sì parla, ed ella la cangiata spoglia {{R|131ª ottava}}<br />
dal sommo crine ala radice estrema<br />
per la memoria
tutta crollando allor, palpita e trema.<br />
sestessa inchina e par languisca e gema<br />
e, sparsi
fa lagrimar
amano il bel ligustro e
e narciso e giacinto, aiace e croco<br />
e con la bella clizia il vago acanto.<br />
Arde la rosa di vermiglio foco,<br />
Ride la calta e pallida ed essangue<br />
tinta
Ancor non eri, o
ancor non eri in novo fior cangiato.<br />
Chi diria che di sangue, oimé! dipinto<br />
dei di testesso in breve ornare il prato?<br />
Presago già, benché confuso e vinto,<br />
ciascun compagno tuo
Havvi il vago tulippo, in cui par voglia {{R|134ª ottava}}<br />
quasi in gara con
qual
qual tinto
che degli ostri
trapunto ad ago o pur con spola intesto<br />
drappo non è che si pareggi a questo.<br />
Ma più
qual re sublime in maestà sorgea<br />
e, con scorno del bianco e del vermiglio,<br />
in alto il gambo insuperbito ergea;<br />
dolce gli arrise, indi di Mirra al figlio<br />
segnollo a dito
- Salve (gli disse) o sacra, o regia, o degna<br />
del maggior gallo e fortunata insegna.<br />
Ti vedrà con stupor
chiara quanto temuta e gloriosa;<br />
ma quante volte di dorata e bella<br />
diverrai poi purpurea e sanguinosa?<br />
Non sol negli orti miei convien
ti ceda omai la mia superba rosa,<br />
ma, fregiato di stelle, anco il tuo stelo<br />
merita ben che si traspianti in cielo. -<br />
Non so se
di natura portento e meraviglia,<br />
e ceda ogni altra pur stirpe selvaggia.<br />
Al no più tosto il mio pensier
né deve altro stimarne anima saggia,<br />
ché star non può, né dee puro e sincero<br />
tra
Disse alcun,
del sempiterno lor sommo fattore<br />
le stelle, onde la flotte il manto copre,<br />
son caratteri
Or miracol maggior la terra scopre;<br />
quasi bei fogli apre le foglie un fiore,<br />
Line 1 123 ⟶ 1 118:
Benedicati il cielo e chi lo scrisse, {{R|139ª ottava}}<br />
o sacro fior, che tanta gloria godi,<br />
e i fiori, in cui
leggersi antica musa, or più non lodi.<br />
Chi vide mai,
primavera di spine e lance e chiodi?<br />
e che tra mostri al Redentor rubelli<br />
pullulasser
In India no, ma
portasti i primi semi
tu, che del tuo gran Re tragici e mesti<br />
spieghi in picciol teatro i funerali.<br />
da
che gli olivi irrigaro,
angosciose sudò stille di sangue.<br />
Ahi! qual pennello in te dolce e pietoso {{R|141ª ottava}}<br />
Line 1 144 ⟶ 1 139:
al sol più caldo, al più gelato verno<br />
dentro le tue misteriose foglie<br />
spieghi
Qualor bagnato
con muta lingua e taciturna voce,<br />
anzi con liete lagrime, riveli<br />
e rappresenti ambizioso ai cieli<br />
per gran pietate il tuo funesto riso<br />
dà materia di pianto al paradiso.<br />
Line 1 156 ⟶ 1 151:
Sirio non latri ed aquilon non strida,<br />
né di profano agricoltor giamai<br />
vil piè ti calchi o falce empia
ma con
ti nutrisca la terra, il ciel
Favonio ognor con la compagna Clori<br />
dela
Te sol
tue pompe invidi e tua beltà vagheggi;<br />
in te si specchi, a te
stupido il sol
Ma né questi né quella al vanto aspiri<br />
che di luce o color teco gareggi,<br />
Line 1 170 ⟶ 1 165:
qual non ebber giamai, porpora ed oro.<br />
Lagrimette e sospir calde e vivaci {{R|145ª ottava}}<br />
angeli sien del ciel
che rapiscan
e, mille in te stampando ardenti baci<br />
di devota dolcezza e di pietade,<br />
dal fiel che ti dipinge amaro e grave,<br />
traggano
Tutto al venir
rivesta il bel giardin novi colori;<br />
umili in atto intorno e reverenti<br />
piegan la cima i rami, ergonla i fiori;<br />
vezzose
gli applaudon con sussurri adulatori;<br />
tuttutti a salutarlo ivi son pronti<br />
gli augei cantando e mormorando i fonti.<br />
Con
ogni germe villan fatto civile,<br />
gli fa devoto affettuose offerte<br />
Line 1 196 ⟶ 1 191:
il crespo bosso in ampio testo ordiva,<br />
che nel giro del lembo altero e vago<br />
ordin di fiori in vece
Quivi il lentisco di terribil drago<br />
e
formava il fischio e
Colà
capace tazza al natural fingea,<br />
dove il licor dele rugiade sparte<br />
Line 1 208 ⟶ 1 203:
fabricava il timon nave o galea,<br />
su la cui poppa i vaghi augei cantanti<br />
La Gioia lieta e la Delizia ricca, {{R|150ª ottava}}<br />
La Diligenza i fior dal prato spicca,<br />
e la Fragranza i semplici lambicca,<br />
e la Soavità sparge le foglie;<br />
la Superbia
La Morbidezza languida e lasciva, {{R|151ª ottava}}<br />
la Politezza dilicata e monda,<br />
la Nobiltà che
la Vanità che
la Gentilezza affabile e festiva,<br />
la Venustà piacevole e gioconda<br />
e, con
il Lusso molle
Venner questi fantasmi ed, a man piene {{R|152ª ottava}}<br />
Poi con tenaci e tenere catene,<br />
trasser legati il giovane e la diva<br />
là dove
O fusse degli odor
laquale il trasse a quel beato loco,<br />
o pur che vinto alfin dala stanchezza<br />
schermo cercasse
quivi colui che
e
con un fastel di fior sotto la fronte<br />
erasi addormentato a piè
La pesante faretra e
sostiene un mirto e ne fa scherzo al vento;<br />
un sonno dolce, a lusingarlo intento;<br />
fan con moto talor lascivo e lento<br />
vaneggiar, tremolar,
le bionde chiome e le purpuree piume.<br />
Quando la madre il cattivel ritrova {{R|155ª ottava}}<br />
tosto pian pian, pria che si svegli o mova,<br />
per
Amor si desta e di campar fa prova<br />
e si scusa e lusinga e piagne e prega;<br />
non
simulando rigor, stringe la sferza.<br />
- Tu piagni (gli dicea) tu crudo e rio, {{R|156ª ottava}}<br />
che di lagrime sol ti pasci e godi?<br />
E pur dianzi dormivi e pur,
sognavi ancor dormendo insidie e frodi.<br />
Tu che turbi i riposi al dormir mio<br />
e
tu,
dormivi forse al mormorar
Così dice
folgora di dispetto un lampo vivo;<br />
il bei volto veder senon giolivo,<br />
corre a placarla e - Serenate omai<br />
quel sembiante (le dice) irato e schivo.<br />
Vorrò veder,
dal vostro sdegno il suo perdono in dono. -<br />
Come veduto il pasto, in un momento {{R|158ª ottava}}<br />
Line 1 277 ⟶ 1 272:
o come innanzi al più sereno vento<br />
si dileguan le nubi e riede il sole,<br />
così
Venere ale dolcissime parole.<br />
- Piace (risponde) a me,
per maggior guerra mia, dargli la pace.<br />
Arbitro è il cenno tuo del mio consiglio, {{R|159ª ottava}}<br />
quanto puoi
E che curar
Tu
Porta Amor
tende Amor il lacciuol, tu
Amor ha il foco e tu dai
Ma sappi, anima mia, che quale il vedi, {{R|160ª ottava}}<br />
quel
volge il mondo sossovra e sotto i piedi<br />
ha con tutti i celesti il gran tonante.<br />
Ben
ma non gli creda alcun accorto amante.<br />
Scelerato, fellon, furia, non dio,<br />
sì partorito mai non
È cieco sì, non perché già gli strali {{R|161ª ottava}}<br />
se ferir vuol, non veggia ove rivolga,<br />
trovar ben sa, senza
Cieco ei
né gli cal,
e cieco è sol però
per dar la morte a chi si fida in lui.<br />
Fiero accidente e rapido volere, {{R|162ª ottava}}<br />
desio
scende al cor per la vista e vuol godere,<br />
cerca il diletto e sol
Ma poiché lusingato ha col piacere,<br />
ai più fidi e devoti è più rubello.<br />
Gli altri affetti
scaccia e
Sotto la sua vittoriosa insegna {{R|163ª ottava}}<br />
piangon
Mansueto e feroce, ama e disdegna,<br />
prega e comanda, or pene or dà conforti.<br />
Line 1 327 ⟶ 1 322:
Qual Proteo ha qualità varia e leggiera,<br />
in tante forme si trasforma e tante.<br />
Ha
faticosa e difficile
Ha faci e reti e lacci ed arco e dardi, {{R|165ª ottava}}<br />
Mostra viso benigno e dolci sguardi,<br />
or salta, or vola e non ha stabil loco.<br />
Forma falsi sospir, detti bugiardi,<br />
spesso
Quelche giova non cura o quelche lice,<br />
né teme genitor né genitrice.<br />
La spada a Marte e la saetta a Giove {{R|166ª ottava}}<br />
toglie di mano e sì
Repentino e furtivo assalti move,<br />
né con scarse misure i colpi libra.<br />
Line 1 344 ⟶ 1 339:
passa, attosca gli spirti in ogni fibra.<br />
Va per tutto e per tutto or cala, or poggia,<br />
ma sol
Ciò che del mentitor
ciò
dalo dio
nelo studio imparò dela menzogna.<br />
Non conoscer giustizia e romper fede,<br />
Line 1 356 ⟶ 1 351:
chiunque il segue di tradir si vanta.<br />
Astuto uccellator, mago sagace,<br />
i sensi alletta e
Indiscreto furor, tarlo mordace,<br />
rode la mente e la ragion ne schianta.<br />
Passion violenta, impeto cieco,<br />
tosto si sazia
Ceda del mar Tirren la fera infida {{R|169ª ottava}}<br />
e del fiume
ehe forma a danni altrui canto omicida<br />
e piange
questi toglie la vita e par che rida,<br />
ferisce a morte e per pietà ne langue;<br />
in gioconda prigion, di vita incerto<br />
tiene altrui preso e mostra
Non ebbe il secol mai moderno o prisco {{R|170ª ottava}}<br />
mostro di lui più sozzo o più difforme,<br />
ma
non si mostra giamai nele sue forme;<br />
Medusa
nel morso ala tarantola è conforme;<br />
ha rostro
man di nibbio, unghia
Non giova a fargli schermo arte o consiglio, {{R|171ª ottava}}<br />
poiché per vie non conosciute offende.<br />
Line 1 384 ⟶ 1 379:
ma stillato per gli occhi in pianto scende.<br />
E così lascia in disusata guisa<br />
senza il corpo toccar,
Chi non vide giamai serpe tra rose, {{R|172ª ottava}}<br />
mele tra spine o sotto mel veleno;<br />
chi vuol veder il ciel, di nebbie ombrose<br />
cinto
venga a mirar costui, che tiene ascose<br />
le graǺzie in bocca e porta il ferro in seno:<br />
lupo vorace in abito
fera volante e corridore augello.<br />
Lince privo di lume, Argo bendato, {{R|173ª ottava}}<br />
Line 1 400 ⟶ 1 395:
ferita cruda di pietoso amico,<br />
pace guerriera e tempestosa calma,<br />
la sente il core e non
Volontaria follia, piacevol male, {{R|174ª ottava}}<br />
stanco riposo, utilità nocente,<br />
Line 1 406 ⟶ 1 401:
temerario timor, riso dolente,<br />
un vetro duro, un adamante frale,<br />
di discordie concordi abisso eterno,<br />
paradiso infernal, celeste inferno.<br />
Era a gran pena dal mio ventre al sole {{R|175ª ottava}}<br />
questo seme di vizi uscito fora,<br />
dela faretra avea ben fermo ancora,<br />
quando del fiero ingegno, acerba prole,<br />
maturò le perfidie innanzi
e seben
con la malizia avantaggiò
Iva ala scola, a quella scola in cui {{R|176ª ottava}}<br />
virtù
e piangea
che sì fatte dottrine aborre e sdegna;<br />
e,
pien di poma portava un picciol cesto<br />
che di fronde di palma era contesto.<br />
Perché non si smarrisse o
fusse ai tetti materni almen ridutto,<br />
sospeso gli
di breve in forma un titolo costrutto;<br />
eravi affiso un pergameno bianco<br />
di minio e
e scritto
"Questi è di Vener figlio e di Vulcano."<br />
Poco tardò, che di trovar gli avenne {{R|178ª ottava}}<br />
la Vigilanza,
con
poi la Consuetudine seguia.<br />
Costoro in guisa tal
ebro il tennero a bada, infinché tutti<br />
del suo panier si divoraro i frutti.<br />
Or,
il malvagio scolar giunto
nela più degna ed onorata parte;<br />
quindi poi sorto, a recitar si mise<br />
la lezion su le vergate carte<br />
e, quasi pur con indice o puntale,<br />
la tabella scorrea con
ma peroché non ben del suo dettato {{R|180ª ottava}}<br />
seppe le note espor, con scorni ed onte<br />
ne fu battuto,
al Senno precettor ruppe la fronte.<br />
Così fuggissi ed
non osando tornar, calò dal monte<br />
e con la turba insana e fanciullesca<br />
venne in desio
e, mancandogli corda, agli aurei crini {{R|181ª ottava}}<br />
svelle una ciocca e lungo fil ne stende<br />
e, questo immerso entro i zaffir marini<br />
in vece
Gittan lo stame ancor gli altri Amorini,<br />
perde il tempo ciascuno e nulla prende;<br />
Line 1 466 ⟶ 1 461:
tragge carco il lacciuol di ricco peso.<br />
Guizzava apunto in quella istessa riva, {{R|182ª ottava}}<br />
dove i dolci
intendeano a pescar, ninfa lasciva,<br />
cui pari altra non ebbe occhi leggiadri;<br />
mentre perle costei cogliendo giva<br />
dal cavo sen dele cerulee madri,<br />
vide folgoreggiar per entro
del pargoletto dio la treccia bionda.<br />
Ala luce
tosto che sente Amor tremar la canna,<br />
con
presa è la ninfa e di dolor
giunge
apena
Tra questi indugi ecco la notte oscura, {{R|184ª ottava}}<br />
Allor ramingo e pien
vassi lagnando e non sa far ritorno,<br />
ma pur, riconosciuto ala scrittura,<br />
Line 1 489 ⟶ 1 484:
Io per punirlo allor la verga prendo,<br />
ed ei si scusa e supplica piangendo:<br />
"Pietà (diceami) affrena
pietà, madre, mercé, perdono, aiuto,<br />
dal severo maestro io fui battuto.<br />
E
che sia per poco un fanciullin perduto?<br />
anco in più ferma età, né meraviglia,<br />
perdé per sempre Cerere la figlia.<br />
Se questa volta il rio flagel deponi, {{R|186ª ottava}}<br />
insegnerotti, pur che mi perdoni,<br />
a pescar cori, iquai ti son sì cari;<br />
sappi, che non si fan tai pescagioni<br />
senza
pon
e se ne scampa alcun, battimi poi.<br />
Nel mar
per trarre un cor fugace al suo desio.<br />
Ma però che
chi vuol
usi
qualor uom
se
Con queste ciance, del suo fallo stolto {{R|188ª ottava}}<br />
campò la pena il lusinghier crudele.<br />
Ma per altra follia non andò molto,<br />
vassene in un querceto ombroso e folto<br />
e seco a depredar gli aurei fialoni<br />
van gli alati fratelli in più squadroni;<br />
e
orso o mosca non è che
cerca
spia
e nel pedal
vede coverti di pungenti essami;<br />
vulgo
sta sussurrando a fabricar la cella.<br />
Chiama i compagni e lor la cova addita {{R|190ª ottava}}<br />
Line 1 535 ⟶ 1 530:
folle chi cani attizza o vespe irrita,<br />
ché non si sdegnan mai senza vendetta;<br />
pecchia
e, dela guancia impallidito
di timor, di dolor palpita e langue:<br />
"Madre madre ( mi dice) un picciol mostro,<br />
e mi scopre la man tinta di sangue,<br />
un che quasi non ha dente né rostro<br />
e sembra
minuto animaletto, alata serpe<br />
hammi il dito trafitto in quella sterpe".<br />
Io,
mentre che i lumi rugiadosi e vaghi<br />
gli asciugo e la ferita aspra gli chiudo,<br />
"Che
(rispondo) il pungiglion rigido e crudo,<br />
da pianger figlio o da stupir non hai:<br />
e tu, fanciullo ancor, che piaghe fai?"<br />
vide un giorno per
Suora minor dela Fortuna è questa<br />
e tien le chiavi
sempre andando e tornando e mai non posa;<br />
lungo, diffuso e folto il crine ha, salvo<br />
verso la coppa
Per poterla fermar,
molto attento ed accorto aver conviene,<br />
e vuol gran senno a custodirla bene;<br />
frutto di suo sudor non gode intero<br />
chi la prende talor né la ritiene.<br />
Egli appostolla e tante insidie tese,<br />
che,
Ma
e la chioma fugace ebbe distretta,<br />
di lentisco una gabbia intesser volse<br />
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O poco cauto! Intanto ella si sciolse;<br />
così perde piacer chi tempo aspetta:<br />
gli uscì di mano e gli svanì dagli occhi.<br />
Quante da indi in poi colpe diverse {{R|196ª ottava}}<br />
da lui commesse, io qui trapasso e celo?<br />
Taccio quando di neve il sen
e si stracciò di su la fronte il velo;<br />
lassa, allor per mio mal le luci aperse,<br />
allora fu
gli sbendò gli occhi e
Fuggì tremando assiderato e molle, {{R|197ª ottava}}<br />
tutto stillante il sen pruine e brume,<br />
al cieco albergo, ove lo Sdegno folle<br />
tien di torbida fiamma acceso lume;<br />
e però
riscaldando le membra, arse le piume;<br />
quindi tacito e mesto a casa venne<br />
con la fascia squarciata e senza penne.<br />
quando sotto le piante Onor si pose,<br />
al cui saggio ammonir crebbe in orgoglio<br />
con ingiurie villane ed oltraggiose.<br />
E perché la Ragion,
siede reina a giudicar le cose,<br />
citollo al tribunal del suo governo,<br />
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anzi un regno per sé solo e diviso {{R|199ª ottava}}<br />
a dispetto fondò dela Ragione;<br />
volse
in disprezzo di Giove e di Plutone;<br />
ma beate suol far poche persone;<br />
dove i dannati suoi stanno in tormenti.<br />
Dele più chiare e più famose lodi {{R|200ª ottava}}<br />
del mio folletto hai qualche parte intesa,<br />
ma del gran fascio di cotante frodi<br />
sappi, che quel
Di sue prodezze intempestive or odi<br />
la misera Speranza un giorno batte,<br />
balia che lo nutrì del proprio latte.<br />
Indi da me scacciato
del color dela porpora e del foco<br />
e dala Rabbia e dal Furor sospinto,<br />
che
prese a giocar con
costui,
vinselo e trionfò dele sue spoglie.<br />
Ma di
sen gio, ventura a ricercare, altrove,<br />
insopportabilmente insuperbito;<br />
e, mentre inteso a far
scorrea
tra i sepolcri di Menfi infausta sorte<br />
guidollo a caso ad incontrar la Morte.<br />
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del naso monco le caverne oscure,<br />
dele fauci sdentate i duo rastelli,<br />
del ventre aperto
Amor mirar non seppe a bocca chiusa;<br />
non si seppe tener, che non ridesse {{R|204ª ottava}}<br />
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e, quella notte, in un medesmo tetto<br />
abitanti concordi, ebber ricetto.<br />
Levati la diman,
fero effetti contrari e questi e quella.<br />
ancor serban
Morte induce ad amar
Amor tragge a morir la gioventute.<br />
Adon bella mia pena e caro affanno, {{R|206ª ottava}}<br />
luce degli occhi miei, fiamma del core,<br />
guardati pur da questo rio tiranno,<br />
Così parla Ciprigna
fuor del boschetto, ove trovaro Amore.<br />
Amor si va le lagrime tergendo,<br />
e con occhio volpin ride piangendo.
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