Rime (Guittone d'Arezzo)/Onne vogliosa d'omo infermitate: differenze tra le versioni

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Onne vogliosa d'omod’omo infermitate
impossibel dico esser sanando,
e spezialmente quando
è in carne di folle odioso amore.
{{R|5}}E dice alcuno aver non podestate
d'amord’amor matto lungiare,
ni d'astenerd’astener peccare.
E se ciò è vero, iniquo è Dio signore,
comandando che non pote om servare:
{{R|10}}crede, matto, scusare,
nesciente o reo Dio incusando;
ma si sé 'ncusa’ncusa e danna e mal peggiora,
ché parvo è fornicare,
picciol male onne fare,
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pote omo sanare.
Non vole a Roma andare
{{R|25}}ver d'Alamagnad’Alamagna ritto om caminando:
om contra sé pugnando
no è più che voler esser vinciuto.
Non già dico spegnando esser leggero
acceso forte in om d'amored’amore foco,
{{R|30}}a ciò che nulla o poco
vole, chi meglio vole, ess'ammortareess’ammortare;
e si ben vole, è grave. E ch'èch’è più fero
che combatter om sée?
Duro ème piagar mee,
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ma se non vol di piano vincer, como
{{R|40}}vorrà, sé afrigendo omo?
Und'ioUnd’io opero vano
se pria voler non sano.
E gravissimo è, grave esso sanando,
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{{R|50}}assegnare devere;
ma bon suo fugge matto.
Ah, nemico s'ès’è fatto
saggio e vero amico se stesso;
s'els’el fugge, ei punge appresso
{{R|55}}e lo prende e reten forte valendo.
Laida e dannosa in corpo è malatia,
schifare cibi degni utili e boni
e dilettar carboni,
e più molto voler sé 'nnaverare’nnaverare.
{{R|60}}E quale ciò non disvoler vorria?
Nullo già, se non fusse al tutto stolto.
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{{R|65}}dea star catuna cosa.
Quanto più di corpo anima vale,
tanto più grav'ègrav’è in essa onne nocenza.
Anima a corpo è maggio
no è a bestia omo non saggio:
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{{R|80}}che segue in carne vil brutta voglienza.
Desconverrea non poco a banchero bono
vetro alcun comprare libra d'argentod’argento;
e non più, per un cento,
suo, sé e Dio dare in via piggiore?
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donne, cavaleri, cherci, baroni
e gente orrata, oh quanta! ,
bruttisce e ont'haont’ha manta,
credendose avanzar piacevolezza;
{{R|95}}ché vizio esto mattisce e fa parere
desvalendo om valere,
matt'omomatt’omo più sapiente
com più matto e'e’ se sente.
E ch'èch’è d'amanted’amante a matto?
{{R|100}}Oh, follori quanti e quanti
fanno per senno amanti!
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{{R|105}}chi po che disorrare?
Bono bene e per bene esser vol fatto.
Male d'amord’amor male ho tanto mostrato,
e bono via piggior dei più dei mali,
omini non bestiali
{{R|110}}derebber desiderio prender guerendo,
und'èund’è fatto ora mai curare grato.
Donimi Dio curando onne 'ntelletto’ntelletto,
ed a infermi retto
voler sanando e cor forte seguendo.
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ma cui Dio afferma e lieva e cui no nente;
vole Dio bono, ma no a chi non vole,
e non forz'èforz’è a chi vole:
senza che po pugnare?
{{R|125}}Troppo è laid'laid’, om posare,
Dio volendo lavori,
fornendo i suoi misteri,
si d'omod’omo è Dio scudieri.
Quanti e quanto confonde
{{R|130}}sperar troppo a poco, unde
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ragion voglia vertù vizio al totto,
e ciò far com ho mostro al mio malato,
dico che parta d'essad’essa, und'èund’è sorpriso,
{{R|140}}del tutto oreglie e viso,
penser, memoria, e sia di lei non motto.
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pur conven sia sconfitta
e spirto aggia di lei vettoria piena.
Non ten d'amard’amar gran mena
{{R|160}}corpo, a cui a pena viver lice.
E se grave cura esta om vol dir sia,
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servo in sé regger franco
{{R|185}}e regie regger vil servo appellando.
Assegnat'hoAssegnat’ho con Dio guerir chi vole;
ma di mal che non dole
guerendo, sostener vol chi dolore?
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{{R|200}}alma e Dio defendendo,
pregio e amor reggendo,
e degnità d'umanitated’umanitate e nome
non pugni? Acerbe pome,
misero, fugge, e non venen, gustando.
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{{Conteggio pagine|[[Speciale:Statistiche]]}}