Orlando furioso (1928)/Canto 33: differenze tra le versioni
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{{IncludiIntestazione|sottotitolo=Canto 33|prec=../Canto 32|succ=../Canto 34}}
<poem>
{{O|1}} Timagora, Parrasio, Polignoto,
Protogene, Timante, Apollodoro,
Apelle, più di tutti questi noto,
e Zeusi, e gli altri
di quai la fama (mal grado di Cloto,
che spinse i corpi e dipoi
sempre starà, fin che si legga e scriva,
mercé degli scrittori, al mondo viva:
{{O|2}} e quei che furo
{{Ac|Leonardo da Vinci|Leonardo}}, Andrea Mantegna, Gian Bellino,
duo Dossi, e quel
{{§|Michel, più che mortale, angel divino|{{Ac|Michelangelo Buonarroti|Michel}}, più che mortale, angel divino}};
Bastiano, Rafael, Tizian,
non men Cador, che quei Venezia e Urbino;
e gli altri di cui tal
qual de la prisca età si legge e crede:
{{O|3}} questi che noi veggiàn pittori, e quelli
che già mille e
le cose che son state, coi pennelli
Non però udiste antiqui, né novelli
vedeste mai dipingere il futuro:
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{{O|4}} Ma di saperlo far non si dia vanto
pittore antico né pittor moderno;
e ceda pur
del qual trieman gli spirti de lo
La sala
Merlin col libro, o fosse al lago Averno,
o fosse sacro alle Nursine grotte,
fece far dai demonii in una notte.
{{O|5}}
mirande prove, a nostra etade è estinta.
Ma ritornando ove aspettar mi denno
quei che la sala hanno a veder dipinta,
dico
dal gran splendor, si dileguò
né più vi si vedria, se fosse giorno.
{{O|6}} Quel signor disse lor: -
che de le guerre che son qui ritratte,
fin al dì
e son prima dipinte, che sian fatte.
Chi
Quando vittoria avran, quando disfatte
in Italia saran le genti nostre,
potrete qui veder come si mostre.
{{O|7}} Le guerre
di là da
dal tempo suo fin al
Merlin profeta in questa sala messe;
il qual mandato fu dal re britanno
al franco re
e perché lo mandassi, e perché fatto
da Merlin fu il lavor, vi dirò a un tratto.
{{O|8}} Re Fieramonte, che passò primiero
con
poi che quella occupò, facea pensiero
di porre alla superba Italia il freno.
Faceal perciò, che più
vedea di giorno in giorno venir meno:
e per tal causa col britanno Arturo
volse far lega;
{{O|9}} Artur,
del profeta Merlin non fece mai,
di Merlin, dico, del demonio figlio,
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per lui seppe, e saper fece il periglio
a Fieramonte, a che di molti guai
porrà sua gente,
<span style="font-size:80%">10</span> Merlin gli
gli altri che poi di Francia scettro avranno,
o di ferro gli eserciti distrutti,
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e che brevi allegrezze e lunghi lutti,
poco guadagno ed infinito danno
riporteran
che
<span style="font-size:80%">11</span> Re Fieramonte gli prestò tal fede,
e Merlin, che così la cosa vede,
avere
la sala per incanto istoriata,
ove dei Franchi ogni futuro gesto,
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<span style="font-size:80%">12</span> Acciò chi poi succederà, comprenda
che, come ha
qualor
incontra
così,
per porle il giogo e farsene signore,
comprenda, dico, e rendasi ben certo
<span style="font-size:80%">13</span> Così disse; e menò le donne dove
incomincian
fa lor veder, che per tesor si muove,
che gli ha Maurizio imperatore offerto.
- Ecco che scende dal monte di Giove
nel pian da
Vedete Eutar, che non pur
ma volto in fuga e fracassato e vinto.
<span style="font-size:80%">14</span> Vedete Clodoveo,
mila persone fa passare il monte:
vedete il duca là di Benevento,
che con numer dispar vien loro a fronte.
Ecco finge lasciar
e pon gli aguati: ecco, con morti ed onte,
al vin lombardo la gente francesca
corre, e riman come la lasca
<span style="font-size:80%">15</span> Ecco in Italia Childiberto quanta
gente di Francia e capitani invia;
né più che Clodoveo, si gloria e vanta
che la spada del ciel scende con tanta
strage
morti di caldo e di profluvio
sì che di dieci un non ne torna salvo.
<span style="font-size:80%">16</span> Mostra Pipino, e mostra Carlo appresso,
come in Italia un dopo
e
che venuto non
ma
il successore, e al papa il suo onor rende.
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che con sua gente par che tutto cuopra
da le Fornaci al lito pelestino;
e faccia con gran spesa e con
il ponte a Malamocco, e che vicino
giunga a Rialto, e vi combatta sopra.
Poi fuggir sembra, e che i suoi lasci sotto
<span style="font-size:80%">18</span> - Ecco Luigi Borgognon, che scende
là dove par che resti vinto e preso,
e che giurar gli faccia chi lo prende,
che più da
Ecco che
ecco di nuovo cade al laccio teso;
ecco vi lascia gli occhi, e come talpe
lo riportano i suoi di qua da
<span style="font-size:80%">19</span> Vedete un Ugo
e che
e due o tre volte gli ha rotti e disfatti,
or dagli Unni rimessi, or dai Bavari.
Poi da più forza è stretto di far patti
con
né guari dopo lui vi sta
e
<span style="font-size:80%">20</span> Vedete un altro Carlo, che
del buon Pastor fuoco in Italia ha messo;
e in due fiere battaglie ha duo re morti,
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<span style="font-size:80%">21</span> Lor mostra poi (ma vi parea intervallo
di molti e molti, non
scender dai monti un capitano Gallo,
e romper guerra ai gran Visconti illustri;
e con gente francesca a piè e a cavallo
par
e che
e fuor abbia
<span style="font-size:80%">22</span> e la gente di Francia malaccorta,
tratta con arte ove la rete è tesa,
col conte Armeniaco, la cui scorta
giaccia per tutta la campagna morta,
parte sia tratta in Alessandria presa:
e di sangue non men che
il Tanaro si vede il Po far rosso.
<span style="font-size:80%">23</span> Un, detto de la Marca, e tre Angioini
mostra
a Bruci, a Dauni, a Marsi, a Salentini
vedete come son spesso molesti.
Ma né
aiuto sì,
ecco li caccia fuor del regno, quante
volte vi vanno, Alfonso e poi Ferrante.
<span style="font-size:80%">24</span> Vedete Carlo ottavo, che discende
da
che passa il Liri e tutto
senza mai stringer spada o abbassar lancia,
fuor che lo scoglio
su le braccia, sul petto e su la pancia;
che del buon sangue
la virtù trova
<span style="font-size:80%">25</span> Il signor de la rocca, che venìa
mostrato che
io vi dirò quel
il bisavolo mio,
e quel che similmente mi dicea
che da suo padre udito
<span style="font-size:80%">26</span> e
avolo, e
che
che qui vedete bianche, azzurre e rosse:
udì che, quando al re mostrò il castello
gli disse quel
<span style="font-size:80%">27</span> Udì che gli dicea
di quel buon cavallier che lo difende
con tanto ardir, che par disprezzi il fuoco
che
nascer debbe in quei tempi o dopo poco
(e ben gli disse
un cavalliero, a cui sarà secondo
<span style="font-size:80%">28</span> Non fu Nireo sì bel, non sì eccellente
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Nestor, che tanto seppe e tanto visse,
non tanto liberal, tanto clemente,
che verso
non abbia ogni lor vanto a restar lieve.
<span style="font-size:80%">29</span> E se si gloriò
quando il nipote in lei nacque di Celo,
se Tebe fece Ercole e Bacco lieta,
se si vantò dei duo gemelli Delo;
né questa isola avrà da starsi cheta,
che non
quando nascerà in lei quel gran marchese
<span style="font-size:80%">30</span> Merlin gli disse, e replicògli spesso,
che più il romano Imperio saria oppresso,
acciò per lui tornasse in libertade.
Ma perché alcuno
vi mostrerò, predirli non accade. -
Così disse; e tornò
di Carlo si vedean
<span style="font-size:80%">31</span> - Ecco (dicea) sì pente Ludovico
che sol per travagliar
chiamato ve
e se gli scuopre al ritornar nimico
con Veneziani in lega, e vuol pigliarlo.
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apre la strada e, lor mal grado, passa.
<span style="font-size:80%">32</span> Ma la sua gente
del nuovo regno, ha ben contraria sorte;
che Ferrante, con
il signor mantuan, torna sì forte,
o in terra o in mar, che non sia messa a morte:
poi per un uom che gli è con fraude estinto,
non par che senta il gaudio
<span style="font-size:80%">33</span> Così dicendo, mostragli il marchese
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che costui comparito in mille imprese
sarà più risplendente che piropo,
ecco qui ne
con un trattato doppio il rio Etiopo,
come scannato di saetta cade
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passa con scorta italiana i monti,
e svelto il Moro, pon la Fiordaligi
nel fecondo terren già
Indi manda sua gente pei vestigi
di Carlo, a far sul Garigliano i ponti;
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<span style="font-size:80%">35</span> Vedete in Puglia non minor macello
de
e Consalvo Ferrante ispano è quello
che due volte alla trappola
E come qui turbato, così bello
mostra Fortuna al re Luigi il volto
nel ricco pian che, fin dove Adria stride,
tra
<span style="font-size:80%">36</span> Così dicendo, se stesso riprende
che quel
e torna a dietro, e mostra uno che vende
il castel che
mostra il perfido Svizzero che prende
colui
le quai due cose, senza abbassar lancia,
han dato la vittoria al re di Francia.
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<span style="font-size:80%">37</span> Poi mostra Cesar Borgia col favore
di questo re farsi in Italia grande;
suggietto a lei, par
Poi mostra il re che di Bologna fuore
leva la Sega, e vi fa entrar le Giande;
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<span style="font-size:80%">38</span> - Vedete (dice poi) di gente morta
coperta in Giaradada la campagna.
Par
e che Venezia a pena vi rimagna.
Vedete come al papa non comporta
che, passati i confini di Romagna,
Modana al duca di Ferrara toglia,
né qui si fermi, e
<span style="font-size:80%">39</span> e fa,
che
Vedete il campo
a sacco Brescia, poi che la ripiglia;
e quasi a un tempo Felsina soccorre,
e
e
par si riduca del lito de Chiassi.
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la gente ispana; e la battaglia è grande.
Cader si vede e far la terra rossa
la gente
Piena di sangue uman pare ogni fossa:
Marte sta in dubbio
Per virtù
che resta il Franco, e che
<span style="font-size:80%">41</span> e che Ravenna saccheggiata resta.
Si morde il papa per dolor le labbia,
e fa
scendere in fretta una tedesca rabbia,
di qua da
e che posto un rampollo abbia del Moro
nel giardino onde svelse i Gigli
<span style="font-size:80%">42</span> Ecco torna il Francese: eccolo rotto
da
con troppo rischio ha il giovine condotto,
del quale il padre avea preso e venduto.
Vedete poi
la ruota di Fortuna era caduto,
creato il novo re, che si prepara
de
<span style="font-size:80%">43</span> e con migliore auspizio ecco ritorna.
Vedete il re Francesco inanzi a tutti,
che così rompe
che poco resta a non gli aver distrutti:
sì che
che domator
si nomeran de la cristiana Chiesa.
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usino i suoi, gli è tolta la cittade.
<span style="font-size:80%">45</span> Ecco un altro Francesco
di virtù
che, fatto uscirne i Galli, si ripiglia
col favor de la Chiesa il patrio suolo.
Francia anco torna, ma ritien la briglia,
né scorre Italia, come suole, a volo;
che
le chiude il passo, e le taglia il camino.
<span style="font-size:80%">46</span> Federico,
di gloria eterna,
ma più con diligenza e con ingegno,
Pavia difesa dal furor di Francia,
e del Leon del mar rotto il disegno.
Vedete duo marchesi, ambi terrore
di nostre genti, ambi
<span style="font-size:80%">47</span> ambi
Di quel marchese Alfonso il primo è figlio,
il qual tratto dal Negro negli aguati,
vedeste il terren far di sé vermiglio.
Vedete quante volte son cacciati
il Vasto signoreggia, e Alfonso è detto.
<span style="font-size:80%">48</span> - Questo è il buon cavallier, di cui dicea,
quando
che già profetizzando detto avea
Merlino a Fieramonte cose assai:
che diferire a nascere dovea
nel tempo che
contra ai barbari insulti avria mistiero.
<span style="font-size:80%">49</span> Costui dietro al cugin suo di Pescara
con
vedete come la Bicocca cara
fa parere
Ecco di nuovo Francia si prepara
di ristaurar le mal successe imprese:
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<span style="font-size:80%">50</span> Ma quella che di noi fa come il vento
la leva fin al cielo, e in un momento
a terra la ricaccia, onde
fa
mila persone aver fatto raccolta
il re, che mira a quel che di man gli esce,
non se la gente sua si scema o cresce.
<span style="font-size:80%">51</span> Così per colpa
e per bontà del re che se ne fida,
sotto
quando la notte il campo
che si vede assalir dentro ai ripari
dal sagace Spagnuol, che con la guida
di duo del sangue
farsi nel cielo e ne lo
<span style="font-size:80%">52</span> Vedete il meglio de la nobiltade
di tutta Francia alla campagna estinto.
Vedete quante lance e quante spade
han
vedete che
né per questo si rende o chiama vinto,
ben
lo stuol nimico, e non è chi
<span style="font-size:80%">53</span> Il re gagliardo si difende a piede,
e tutto de
ma virtù al fine a troppa forza cede.
Ecco il re preso, ed eccolo in Ispagna:
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del campo rotto e del gran re prigione.
<span style="font-size:80%">54</span> Rotto a Pavia
per dar travaglio a Napoli, in camino,
restar si vede, come, se la cera
gli manca o
Ecco che
lascia i figliuoli, e torna al suo domìno:
ecco fa a un tempo egli in Italia guerra;
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e le profane cose ire ugualmente.
Il campo de la lega le ruine
mira
e dove ir dovria inanzi, torna indietro,
e prender lascia il successor di Pietro.
<span style="font-size:80%">56</span> Manda Lotrecco il re con nuove squadre,
non più per fare in Lombardia
ma per levar de le mani empie e ladre
il capo e
che tarda sì, che trova al Santo Padre
non esser più la libertà contesa.
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è la sirena, e tutto il regno volta.
<span style="font-size:80%">57</span> Ecco
per dar soccorso alla città assediata;
ed ecco il Doria che la via le toglie,
e
Ecco Fortuna come cangia voglie,
sin qui
che di febbre gli uccide, e non di lancia,
sì che di mille un non ne torna in Francia. -
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che tutte saria lungo riferire,
in vari e bei colori avea raccolte;
Tornano a rivederle due e tre volte,
né par che se ne sappiano partire;
e rilegon più volte quel
si vedea scritto sotto il bel lavoro.
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mirando e ragionando insieme un pezzo,
fur dal signore a riposar menati,
Già sendo tutti gli altri addormentati,
Bradamante a corcar si va da sezzo,
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né può dormir sul destro né sul manco.
<span style="font-size:80%">60</span> Pur chiude alquanto appresso
e di veder le pare il suo Ruggiero,
il qual le dica: - Perché ti consumi,
dando credenza a quel che non è vero?
Tu vedrai prima
né le pupille amar degli occhi miei. -
<span style="font-size:80%">61</span> E par che le suggiunga: - Io son venuto
per battezzarmi e far quanto ho promesso;
e
altra ferita, che
Fuggesi in questo il sonno, né veduto
è più Ruggier che se ne va con esso.
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Il ben fu sogno a dileguarsi presto,
ma non è sogno il martire aspro e fiero.
quel
A che condizione, occhi miei, sete,
che chiusi il ben, e aperti il mal vedete?
<span style="font-size:80%">63</span> Il dolce sonno mi promise pace,
ma
il dolce sonno è ben stato fallace,
ma
Se
non oda o vegga mai più vero in terra:
se
possa io dormir senza destarmi mai.
<span style="font-size:80%">64</span> O felice animai
sei mesi tien senza mai gli occhi aprire!
Che
tal veggiare alla vita, io non
sente morte a veggiar, vita a dormire:
ma
deh, Morte, or ora chiudimi le ciglia! -
<span style="font-size:80%">65</span> De
simile
quando svegliata Bradamante armosse
per fare a tempo al suo camin ritorno,
rendute avendo grazie a quel signore
del buono albergo e de
<span style="font-size:80%">66</span> E trovò che la donna messaggera,
con damigelle sue, con suoi scudieri
uscita de la rocca,
là dove
quei che con
fatto avea riversar giù dei destrieri,
e che patito avean con gran disagio
la notte
<span style="font-size:80%">67</span> Arroge a tanto mal,
ed essi e i lor cavalli eran rimasi,
battendo i denti e calpestando il loto:
Line 609 ⟶ 604:
la messaggera, appresso agli altri casi,
alla sua donna, che la prima lancia
gli abbia abbattuti,
<span style="font-size:80%">68</span> E presti o di morire, o di vendetta
Line 615 ⟶ 610:
acciò la messaggera, che fu detta
Ullania, che nomata più non aggio,
la mala opinion
forse di lor, si tolga del coraggio,
la figliuola
tosto che fuor del ponte ella si mostra;
Line 623 ⟶ 618:
che nessun gesto di donzella avea.
Bradamante ricusa, come quella
Pur tanto e tanto fur molesti,
che negar senza biasmo non potea,
abbassò
li mandò tutti; e qui finì la guerra:
<span style="font-size:80%">70</span> che senza più voltarsi mostrò loro
lontan le spalle, e dileguossi tosto.
Quei che, per guadagnar lo scudo
di paese venian tanto discosto,
poi che senza parlar ritti si foro,
che ben
stupefatti parean di maraviglia,
né verso Ullania ardian
<span style="font-size:80%">71</span> che con lei molte volte per camino
dato
che non è cavallier né paladino
La donna, perché ancor più a capo chino
vadano, e più non sian così arroganti,
Line 648 ⟶ 643:
<span style="font-size:80%">72</span> - Or che dovete (diceva ella), quando
così
pensar che sia Rinaldo o che sia Orlando,
non senza causa in
se migliori di quel che siate suti
contra una donna, contra lor sarete?
Line 661 ⟶ 656:
far di sé in Francia esperienza nuova,
cerca giungere il danno alla vergogna
in che ieri ed oggi
se forse egli non stima utile e onore,
qualor per man di tai guerrier si muore. -
<span style="font-size:80%">74</span> Poi che ben certi i cavallieri fece
Ullania, che
la qual fatto avea nera più che pece
la fama lor,
e dove una bastava, più di diece
persone il detto confermar di quella;
essi fur per voltar
da tal dolor, da tanta rabbia oppressi.
<span style="font-size:80%">75</span> E da lo sdegno e da la furia spinti,
né si lascian la spada onde eran cinti,
e del castel la gittano nel fosso:
Line 681 ⟶ 676:
e fatto sul terren battere il dosso,
che, per purgar sì grave error, staranno
senza mai vestir
<span style="font-size:80%">76</span> e che
o sia la strada piana, o scenda e saglia;
né, poi che
saran per cavalcare o vestir maglia,
guadagnato per forza di battaglia.
Così
essi a piè se
<span style="font-size:80%">77</span> Bradamante la sera ad un castello
di Carlo e di Rinaldo suo fratello,
Quivi ebbe buona mensa e buono ostello:
ma questo ed
che poco mangia e poco dorme, e poco,
non che posar, ma ritrovar può loco.
<span style="font-size:80%">78</span> Non però di costei voglio dir tanto,
che
la solitaria fonte i duo destrieri.
La pugna lor, di che
non è per acquistar terre né imperi,
ma perché Durindana il più gagliardo
Line 711 ⟶ 706:
<span style="font-size:80%">79</span> Senza che tromba o segno altro accennasse
quando a muover
che lo schermo e
e lor pungesse il cor
e si venne a trovare agile e destro.
I spessi e gravi colpi a farsi udire
incominciaro, ed a scaldarsi
<span style="font-size:80%">80</span> Due spade altre non so per prova elette
ad esser ferme e solide e ben dure,
ma quelle fur di tempre sì perfette,
per tante esperienze sì sicure,
Line 737 ⟶ 732:
ove potea gravare e nuocer poco.
<span style="font-size:80%">82</span>
e fa spesso al pagan stordir le braccia;
e quando ai fianchi e quando ove confina
la corazza con
ma trova
sì
Se dura e forte la ritrova tanto,
avvien
<span style="font-size:80%">83</span> Senza prender riposo erano stati
gran pezzo tanto alla battaglia fisi,
che volti gli occhi in nessun mai
aveano, fuor che nei turbati visi;
quando da
e da tanto furor furon divisi.
Ambi voltaro a un gran strepito il ciglio,
Line 756 ⟶ 751:
<span style="font-size:80%">84</span> Vider Baiardo a zuffa con un mostro
avea più lungo di tre braccia il rostro;
avea la piuma negra come inchiostro;
avea
occhi di fuoco, e sguardo avea crudele;
<span style="font-size:80%">85</span> Forse era vero augel, ma non so dove
o quando un altro ne sia stato tale.
Non ho veduto mai, né letto altrove,
fuor
questo rispetto a credere mi muove,
che
che Malagigi in quella forma trasse,
acciò che la battaglia disturbasse.
<span style="font-size:80%">86</span> Rinaldo il credette anco, e gran parole
e sconce poi con Malagigi
Egli già confessar non glielo vuole;
e perché tor di colpa si vorrebbe,
Line 780 ⟶ 775:
che di questo imputato esser non debbe.
Fosse augello o demonio, il mostro scese
sopra Baiardo, e con
<span style="font-size:80%">87</span> Le redine il destrier,
subito rompe, e con sdegno e con ira
contra
ma quel veloce in aria si ritira:
indi ritorna, e con
lo va battendo, e
Baiardo offeso, e che non ha ragione
di schermo alcun, ratto a fuggir si pone.
Line 795 ⟶ 790:
Segue di sopra la pennuta belva
con gli occhi fisi ove la via seconde;
ma pure il buon destrier tanto
Poi che
ritorna in cielo, e cerca nuova caccia.
<span style="font-size:80%">89</span> Rinaldo e
veggono la cagion de la lor pugna,
restan
fin che Baiardo salvino da
che per la scura selva il fa fuggire;
con patto, che qual
a quella fonte lo restituisca,
ove la lite lor poi si finisca.
<span style="font-size:80%">90</span> Seguendo, si partir da la fontana,
Molto da lor Baiardo
Gradasso, che non lungi avea
sopra vi salse, e per quelle foreste
molto lontano il paladin lasciosse,
tristo e peggio contento che mai fosse.
<span style="font-size:80%">91</span> Rinaldo perdé
del suo destrier, che
il più spinoso luogo, il più selvaggio,
acciò che da quella ugna si celassi,
Line 831 ⟶ 826:
Ma poi che far si vide poco frutto,
dolente e a piedi in campo se ne venne.
Or torniamo a
diverso da Rinaldo il caso avvenne.
Non per ragion, ma per suo gran destino
Line 837 ⟶ 832:
<span style="font-size:80%">93</span> e lo trovò ne la spelonca cava,
da
perciò
Ben de la convenzion si raccordava,
ma non è più disposto
e così in mente sua tacito parla:
<span style="font-size:80%">94</span> - Abbial chi aver lo vuol con lite e guerra:
io
Da
già venni, e sol per far Baiardo mio.
Or
chi crede che depor lo volesse io.
Se Rinaldo lo vuol, non disconviene,
come io già in Francia, or
<span style="font-size:80%">95</span> Non men sicura a lui fia Sericana,
che già due volte Francia a me sia stata. -
Così dicendo, per la via più piana
ne venne in Arli, e vi trovò
e quindi con Baiardo e Durindana
si partì sopra una galea spalmata.
Ma questo a
Rinaldo e tutta Francia a dietro lasso.
<span style="font-size:80%">96</span> Voglio Astolfo seguir,
a uso facea andar di palafreno
che
Poi che
da un mare a
tornò verso ponente alla montagna
che separa la Francia da la Spagna.
<span style="font-size:80%">97</span> Passò in Navarra, ed indi in Aragona,
lasciando a chi
Restò lungi a sinistra Taracona,
Biscaglia a destra, ed arrivò in Castiglia.
Vide Gallizia e
poi volse il corso a Cordova e Siviglia;
né lasciò presso al mar né fra campagna
Line 883 ⟶ 878:
<span style="font-size:80%">98</span> Vide le Gade e la meta che pose
ai primi naviganti Ercole invitto.
Per
dal mar
Vide le Baleariche famose,
e vide Eviza appresso al camin dritto.
Poi volse il freno, e tornò verso Arzilla
sopra
<span style="font-size:80%">99</span> Vide Marocco, Feza, Orano, Ippona,
Algier, Buzea, tutte città superbe,
corona
Verso Biserta e Tunigi poi sprona:
vide Capisse e
e Tripoli e Bernicche e Tolomitta,
sin dove il Nilo in Asia si tragitta.
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Poi diè le spalle ai monti di Carena,
e sopra i Cirenei prese la strada;
e traversando i campi de
venne
Rimase dietro il cimiter di Batto
e
<span style="font-size:80%">101</span> Indi giunse ad
che di Maumetto pur segue lo stilo.
Poi volse agli altri Etiopi le penne,
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tra Dobada e Coalle in aria a filo.
Questi cristiani son, quei saracini;
e stan con
<span style="font-size:80%">102</span> Senapo imperator de la Etiopia,
di gente, di cittadi e
quindi fin là dove il mar Rosso ha foce;
e serva quasi nostra fede propia,
che può salvarlo da
Gli è,
ove al battesmo loro usano un fuoco.
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dentro di Nubia, e visitò il Senapo.
Il castello è più ricco assai che forte,
ove dimora
Le catene dei ponti e de le porte,
gangheri e chiavistei da piedi a capo,
e finalmente tutto quel lavoro
che noi di ferro usiamo, ivi usan
<span style="font-size:80%">104</span> Ancor che del finissimo metallo
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eran le perle, eran le ricche gemme.
Quivi il balsamo nasce; e poca parte
Il muschio
quindi vien
vengon le cose in somma da quel canto,
che nei paesi nostri vaglion tanto.
<span style="font-size:80%">106</span> Si dice che
a quel re dà tributo e sta suggetto,
levare il Nilo, e dargli altro ricetto,
e per questo lasciar subito afflitto
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gli diciàn Presto o Preteianni noi.
<span style="font-size:80%">107</span> Di quanti re mai
il più ricco fu questi e il più possente;
ma con tutta sua possa e suo tesoro,
gli occhi perduti avea miseramente.
E questo era il minor
molto era più noioso e più spiacente,
che, quantunque ricchissimo si chiame,
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<span style="font-size:80%">108</span> Se per mangiare o ber quello infelice
venìa cacciato dal bisogno grande,
tosto apparia
le mostruose arpie brutte e nefande,
che col griffo e con
spargeano i vasi, e rapian le vivande;
e quel che non capia lor ventre ingordo,
vi rimanea contaminato e lordo.
<span style="font-size:80%">109</span> E questo,
e vistosi levato in tanto onore,
che, oltre alle ricchezze, di più nerbo
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e pensò muover guerra al suo Fattore.
Con la sua gente la via prese al dritto
al monte onde esce il gran fiume
<span style="font-size:80%">110</span> Inteso avea che su quel monte alpestre,
era quel paradiso che terrestre
si dice, ove abitò già Adamo ed Eva.
Con camelli, elefanti, e con pedestre
esercito, orgoglioso si moveva
con gran desir, se
di farla alle sue leggi ubbidiente.
<span style="font-size:80%">111</span> Dio gli ripresse il temerario ardire,
e mandò
che centomila ne fece morire,
e condannò lui di perpetua notte.
Alla sua mensa poi fece venire
che gli rapisce e contamina i cibi,
né lascia che ne gusti o ne delibi.
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uno che già gli avea profetizzato
che le sue mense non sariano oppresse
da la rapina e da
quando venir per
un cavallier sopra un cavallo alato.
Perché dunque impossibil parea questo,
privo
<span style="font-size:80%">113</span> Or che con gran stupor vede la gente
sopra ogni muro e sopra
entrare il cavalliero, immantinente
è chi a narrarlo al re di Nubia corre,
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inginochiossi, e le man giunte stese,
e disse: - Angel di Dio, Messi novello,
mira che proprio è a noi peccar sovente,
a voi perdonar sempre a chi si pente.
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né chiederti ardirei gli antiqui lumi.
Che tu lo possa far, ben creder deggio,
che sei
Ti basti il gran martìr
senza
almen discaccia le fetide arpie,
che non rapiscan le vivande mie.
<span style="font-size:80%">116</span> E di marmore un tempio ti prometto
edificar de
che tutte
e dentro e fuor di gemme ornato sia;
e dal tuo santo nome sarà detto,
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cercando invan baciare al duca il piede.
<span style="font-size:80%">117</span> Rispose Astolfo: - Né
né son Messia novel, né dal cielo vegno;
ma son mortale e peccatore
di tanta grazia a me concessa indegno.
Io farò
per morte o fuga, io ti levi del regno.
che per tuo aiuto qui mi drizzò il volo.
Line 1 072 ⟶ 1 067:
<span style="font-size:80%">119</span> Dentro una ricca sala immantinente
apparecchiossi il convito solenne.
Col Senapo
il duca Astolfo, e la vivanda venne.
Ecco per
percossa intorno da
ecco venir
tratte dal cielo a odor de le vivande.
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per lunga fame attenuate e asciutte,
orribili a veder più che la morte.
le man rapaci, e
grande e fetido il ventre, e lunga coda,
come di serpe che
<span style="font-size:80%">121</span> Si sentono venir per
si veggon tutte a un tempo in su la mensa
rapire i cibi e riversare i vasi:
e molta feccia il ventre lor dispensa,
tal che gli è forza
che non si può patir la puzza immensa.
Astolfo, come
contra gli ingordi augelli il ferro stringe.
<span style="font-size:80%">122</span> Uno sul collo, un altro su la groppa
percuote, e chi nel petto, e chi ne
ma come fera in su
poi langue il colpo, e senza effetto cala:
e quei non vi lasciar piatto né coppa
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<span style="font-size:80%">123</span> Avuto avea quel re ferma speranza
nel duca, che
ed or che nulla ove sperar gli avanza,
sospira e geme, e disperato stassi.
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per discacciare i mostri ottima sia.
<span style="font-size:80%">124</span> E prima fa che
di calda cera
acciò che tutti, come il corno suoni,
non abbiano a fuggir fuor de la terra.
Prende la briglia, e salta sugli arcioni
de
e con cenni allo scalco poi commanda
che riponga la mensa e la vivanda.
<span style="font-size:80%">125</span> E così in una loggia
con altra mensa altra vivanda nuova.
Ecco
Astolfo il corno subito ritrova.
Cli augelli, che non han chiusa
udito il suon, non puon stare alla prova;
ma vanno in fuga pieni di paura,
né di cibo né
<span style="font-size:80%">126</span> Subito il paladin dietro lor sprona:
volando esce il destrier fuor de la loggia,
e col castel la gran città abandona,
e per
Astolfo il corno tuttavolta suona:
fuggon
tanto che sono
ove il Nilo ha, se in alcun luogo ha, fonte.
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entra sotterra una profonda grotta,
che certissima porta esser si dice
di
Quivi
come in sicuro albergo, ricondotta,
e giù sin di Cocito in su la proda
scesa, e più là, dove quel suon non oda.
<span style="font-size:80%">128</span>
finì
e
Ma prima che più inanzi io lo conduca,
per non mi dipartir dal mio costume,
poi che da tutti i lati ho pieno il foglio,
finire il canto, e riposar mi voglio.
</poem>
[[fr:Roland furieux - Chant XXXIII]]
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