Le cene ed altre prose/Prima cena/Novella prima: differenze tra le versioni
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''SILVESTRO RISDOMINI credendosi portare al Maestro
Non sono però molti anni passati, che in Firenze fu un valentissimo uomo medica, che si chiamò maestro Mingo; il quale già sendo vecchio, e dalle gotte tormentato, si stava in casa, e per suo passatempo scriveva, a utilità delle persone, qualche volta alcune ricette. Ora accadde che a un suo compare, chiamato Salvestro Risdomimi, si ammalò la moglie; onde colui avendo molti medici provato, e niuno avendone né saputo né potuto, non che guarire, conoscere pure la infermità di colei, se ne andò finalmente al suo maestro Mingo, e gli contò della moglie frutta la malattia; e di più gli disse, come tutti i medici che
la donna, lo pregava pure che le desse e ordinasse qualche rimedio. Il medico rispondendo
diceva: se io potessi pure venire a vederla, qualche riparo le faremmo noi; nondimeno arrecami domattina il segno; e se io vedrò di poterle giovare, non mancherò
La donna, volenterosa di guarire, ne fu contenta, sì che Salvestro impose a una fanticella giovane che essi avevano, di ventidue anni o in circa, che stesse intorno a ciò avvertita e in orecchi; e acconciolle uno orivolo di quelli col destatojo, e le comandò che tosto sentito il romore badasse, e la prima orina che la donna facesse, mettesse e guardasse dentro un orinale; e andatosi in
Colui, non pensando altro, sotto il mantello messoselo, ne andò volando al medico suo compare; il quale, veggendo il segno, meraviglioso e ammirato ne rimase, a Salvestro dicendo: costei non mi pare che abbia male alcuno. Colui diceva pure: così
Ella era di Casentino, e come voi sapete, ne ventidue anni, bassa, ma grossa della persona, e compressa e alquanto brunetta; le carni aveva fresche e sode, ma nel viso colorita e accesa; gli occhi erano grossi, e piuttosto che no lagrimosi e in fuora; di maniera che pareva che schizzar le volessero dalla testa, e che gittassero fuoco; uno scorzone da macinare a raccolta, e un cavallotto, vi so dire, da cavare altrui
Partissi allegro Salvestro, e alla moglie portò la buona novella, lietamente aspettando e con disio il giorno vegnente, per intendere il modo di ritornar sana la sua cara consorte. Così la sera, cenato che egli ebbe, stette alquanto intorno alla donna, confortandola, e dipoi, commesso il medesimo alla serva,
Venne finalmente la sera; ed egli, fatto ordinar benissimo da cena, volle in presenza della moglie mangiare, avendo fatto intorno al letto accomodare un quadro, e con un suo compagno, uomo piacevole e faceto, motteggiando sempre, cenò allegramente. Alla fine dato licenza al compagno, e alla fante detto che se ne andasse a dormire in camera sua, e solo rimasto, si cominciò in presenza della donna a spogliare, burlando e ridendo tuttavia. La moglie, meravigliosa non meno che timida, attendeva pure la fine di quello che far volesse; il quale, restato come Dio lo fece, se le coricò a lato, e cominciò di fatto, toccandola e stringendola, ad abbracciarla e a baciarla. A cui la donna, quasi sbigottita, ciò veggendo e sentendo, disse: ohimè! Salvestro, e che vuol dir questo? sareste voi mai uscito del cervello? che è ciò che voi volete fare? Colui, rispondendo, diceva pure: sta ferma, non dubitare, pazzerella: io procaccio tuttavia di guarirti. E volle, questo detto, acconciarsi, per salirle addosso; ma colei, alzando la voce, prese a dire: ohimè! traditore, a questo modo volete ammazzarmi? e non volete avere pacienza tanto, che da sè stessa mi occida la malattia, che sarà tosto, senza volere affrettarmi con sì strano mezzo la morte? Come! rispose Salvestro, io cerco mantenerti in vita, anima mia dolce: questa è la medicina al tuo male, così mi ha commesso il compar nostro maestro Mingo, che sai quanto egli sia intendente fra gli altri medici; e però non dubitare: sta cheta e salda, a fine che prestamente guarita, esca di questo letto. Colei, gridando pure e scuotendosi, non rifinava di riprenderlo e di garrirlo, ma sendo debolissima, dalla forza e
Salvestro, levatosi, le portò al letto di sua mano confezione e trebbiano, come se ella fosse stata di parto; la quale più mangiò e più di voglia la mattina, che per lo addietro non aveva fatto in otto giorni; di che lietissimo il marito ne andò al medico, e ogni cosa gli raccontò per filo e per segno; onde il medico ne rimase consolato, e confortollo che seguitasse. Salvestro, da lui partitosi, poichè egli ebbe recato a fine certe sue faccende, in su
In questo mentre, venutone il carnovale, accadde che una sera dopo cena, sendo Silvestro e la moglie al fuoco, lieti e pien di festa cianciando e ridendo, la Sandra veduto che lo scambio
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