Epistolario di Renato Serra/Alla madre - Venerdì 1901: differenze tra le versioni

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Cara mamma,
 
tu ti lamentavi nella prima cartolina, ch'ioch’io ebbi da te, perchè io scrivevo poco e dicevi che sperare una lettera da me era uno sperar tropp. Eccoti accontentata. A dire il vero, anche questa volta non avrei avuto bisogno di una lettera per darti poche notizie di me e della mia vita costì, che sarebbero state benissimo in una cartolina. Ma oggi mi trovo in un certo stato di tristezza e di melanconia, che mi dà un vero e proprio bisogno di espandermi un pò sulla carta con voi. Non so; sono certi momenti che si provano quando si è da un pezzetto lontani da casa, e si vive così, in mezzo al frastuono di una città grande e alla giovanile tumultuosa popolazione di un'universitàun’università, più solitari, più isolati abbandonati, che non in una campagna deserta. Sono mille cosette, mille piccole sensazioni che vi percuotono ad ogni momento, lasciandovi ognuna un certo senso di disagio e di malessere; per non parlare degli incomodi materiali, di cui io m'accorgom’accorgo molto meno: l'andarel’andare a mangiare ora in un luogo, ora in un altro, in compagnie diverse di amici e di ignoti; soli talvolta, il passare quasi tutto il proprio tempo lontani da casa o a scuola o nelle biblioteche o in giro qua e là nelle locande e per le strade, senza trovare spesso nella folla seccante una faccia amica con cui scambiare una parola, non che una persona cara e una parola affettuosa, e poi quando si viene a casa, il venire come in una locanda, in una camera nuda, fredda, priva di quell'auraquell’aura di famigliarità, in cui alitano confusamente tante impressioni e tanti ricordi di ogni maniera, e in essi si vive e si respira così bene; in una camera, in cui si sente che sono passati e scivolati via, senza lasciar niente di sè, tanti abitatori avventizi; in cui si passano qualche volta ore e ore, leggendo o scrivendo, senza che il silenzio muto e squallido sia rotto e ravvivato da una voce nota che risuona all'orecchioall’orecchio con quell'armoniaquell’armonia e bellezza tutta particolare che dà l'affettol’affetto scambievole; senza che su lo sfondo monotono delle pareti si disegni per un solo momento l'apparizionel’apparizione della mamma, del babbo, di un fratello, su cui gli occhi si riposano con tanto piacere e con tanta dolcezza; il venirsi a letto solo solo senza avere avuto un bacio da te e dal papà, senza sentire, dopo spento il lume, nel buio il quieto respiro delle care persone, che vi dormono accanto, che empie e illumina e popola l'arial’aria oscura e tacita; tutto ciò, dico, insieme con tante altre piccole cose eccita nell'animonell’animo tante piccole impressioni di disagio e di melanconia, che si assommano poi e si fanno sentire fortemente tutte insieme in certi momenti. Dato poi che io speravo in questa settimana di vedere te o il papà, e invece molto probabimente non vedrò nessuno fino a quando verrò a Cesena in vacanze (per fortuna sarà presto), resta spiegato molto facilmente come io questa sera trovandomi in casa solo per studiare un pò prima di andare a letto, sia stato preso a un tratto da un bisogno indefinibile, invincibile di scriverti, per dirti ... che so io? che ti voglio tanto bene a te e al babbo e ai miei fratelli, e che sento tanto la vostra mancanza e che non potendolo fare in realtà e in persona, vi mando per lettera mille baci caldi e ardenti e mille parole affettuose di amore che mi sento risuonare e vibrare nel cuore, ma che adesso non so dire. Proprio come srivevo da bimbo nelle letterine d'auguriod’augurio per le feste. Soltanto che allora c'erac’era qualcuno che mi dettava o pressapoco, e mi aiutava a manifestare in una forma un pò corretta quegli incomposti moti dell'animodell’animo infantile, mentre adesso ho scritto già senza pensarci tutto quel che mi passava per la testa e mi accorgo di aver fatto un certo periodo, che non oso rileggere, e che deve rispettar molto poco la grammatica e la sintassi! Non importa, tu non ci baderai. Notizie da darti ne ho poche: ti raccomando intanto di scrivermi una bella letterona, dandomi notizie di tutto quel che succede a voi, della salute, dell'umoredell’umore tuo e del babbo, di quel che fanno Nino e la Pia etc. Della mia salute non ti posso dir nulla, se non che a me pare di star bene: mangio di buon appetito, non ho mal di stomaco, nè mal di testa; solo ieri, e oggi ho avuto un tremendo principio di raffreddore, che oraperò sembra deciso a svanirsene con mio grande piacere. La mattina non mi posso alzar molto presto (tanto non ho quasi mai lezione, perchè Puntoni che la fa alle 9 è a Roma da vari giorni); ma gli è che vado a letto tardi la sera; del resto se ci vado presto non posso addormentarmi. Faccio le mie passeggiate, regolarmente; non così succede per la medicina: ma penso che mi rifarò a casa.
 
Le lezioni dell'Universitàdell’Università vanno avanti bene: quelle di {{AutoreCitatoAc|Giosuè Carducci|Carducci}} che proseguono mi danno un intenso diletto; e molto anche profitto e imparo dalle altre; così pure sono contento dei miei studi nelle biblioteche, etc. Ti dissi già che ora mi trovo spesso col prof. Lovarini, cui aiuto in un suo lavoro per la pubblicazione di certe cronache antiche cesenati; e passo belle ore con lui in una conversazione che è tutta un tesoro per me.
 
Oltre al Comitato per le Onoranze a Carducci, se ne è costituito un altro per onoranze accademiche, molto più modeste, come si capisce, a Gandino, il quale pure compie il suo quarantesimo anno di magistero; e in questo comitato sono stato eletto io a rappresentare le matricole; per fortuna ci saranno poche brighe, ma avrei avuto sempre più caro che mi avessero lasciato rifiutare.